lunedì 7 dicembre 2020

La magia delle FINESTRE: lunedì 7 dicembre 2020

Ieri è stata una bruttissima giornata di vento e di pioggia. Con conseguente mal di testa feroce che ha detto stop alle mie consuete elucubrazioni e farneticazioni visionarie che si traducono in bisogno compulsivo di scrivere. Mi sono data così del tempo “vuoto” da riempire a tempo debito. Ma ecco che mi raggiungono dei messaggi di buona domenica da allargarmi/allagarmi il cuore. E questa “corrispondenza di amorosi sensi” mi sembra bellissima. Mi suggerisce la meravigliosa possibilità di una interazione con voi che seguite il mio “retino” e il mio blog, di cui di volta in volta farete parte perché insieme avrà più senso catturare con il “nostro retino”, dalle finestre spalancate, le parole.

E comincio col proporre alcuni messaggi stupendi che mi sono giunti ieri.

Carissima Angela, buona domenica a te, a tutti coloro che ti circondano con il loro affetto, e che ti seguono non come pesci all'amo ma inseguendo il flusso di luce che rischiara e coinvolge proveniente da te. Hai il dono della parola che ri-crea. Una parola che ri-crea la coscienza della parola. Anche la parola ha una coscienza. La coscienza avvolge la parola. Tu rendi disponibile la coscienza della parola alla parola. Così la parola ri-creata con la sua coscienza ci riporta alla luce che crea con la parola anche la coscienza della parola. Il Logos illumina tutte le coscienze dalla cellula più piccola del nostro corpo, con la sua particolare coscienza, alla più semplice parola che tu pronunci. Siamo tutti presenti alla coscienza del Logos che illumina. Ognuno di noi percepisce questa coscienza come luce intensa dorata che illumina, guarisce, o ri-crea, o ri-vive collegandoci al primo istante in cui fu creata la vita. Ogni parola ha la sua coscienza e la poesia la trasmette creando la relazione universale che ri-parte dal poeta ricollegandoci tutti e con tutto il creato. La parola guarisce tutti gli acciacchi ..., i problemi esistenziali ..., i limiti di ogni genere ... Infatti, posso scriverti mentre ti parlo accanto a me. Ben vivere, Peppe

Grazie, infinitamente grazie, Peppe carissimo, per questo messaggio che ha messo in fuga notte insonne, mal di testa, scoramento. Mi sono sentita gratificata, è inutile nasconderlo, ma soprattutto ho avvertito subito la necessità di fare tesoro delle tue profondissime riflessioni sulla “coscienza delle parole”. Logos si identifica, come sappiamo, sia col pensiero che con la parola, ma per Eraclito, il “filosofo oscuro”, ha anche il significato più ampio di “discorso dotato di senso” nel “dinamico divenire”, che incontra continuamente “i suoi opposti” e li supera. Solo dopo possiamo comprendere ogni singola parola, ogni singolo punto di vista, ogni situazione particolare e universalizzarli, riuscendo così a sentirci parte del tutto, come appunto ci suggerisce Peppe. Nel superamento di ogni egoismo e narcisismo. Nella comunanza che ci affratella e ci fa assaporare il senso dell’infinito è pacificante. La coscienza “che avvolge la parola” si traduce allora in poesia perché le offre quella illuminazione divina, di cui parla Paul Valery, per il quale le parole danzano con la nostra anima. Immagine meravigliosa, che potremmo benissimo condividere.

Ma Giuseppe Sblano , andando un po’ a ritroso, ha commentato così su "La magia delle FINESTRE nel "Retino delle parole": giovedì 3 dicembre 2020"Carissima Angela, ieri, dopo la lettura, ho dovuto abbassare il "finestrino" e dare spazio ad altre "suggestioni". Le tue sono intatte. La prima veniva dalla "finestrella" di "E lucean le stelle...". La seconda entrava con la tua luce accompagnata dall'ineliminabile anamorfosi. Un abbraccio, Peppe

Come non tener conto di quest’altro suggerimento che appunto ingloba la musica e il canto, mentre il tutto si slarga e si definisce alla luce del “prisma” borgesiano?

Puccini e la sua Tosca di disperato rimpianto e Luciano Pavarotti e il Teatro e i ricordi dell’amore dei nostri nonni per l’opera lirica e la Cassa armonica in piazza nei giorni della festa del Santo Patrono o delle Feste natalizie con tanta gente vestita a festa e con il cuore esultante per le varie “Arie” imparate a memoria nel corso degli anni. È anche tutto questo “anamorfosi”? penso proprio di sì.

E Giuseppe Sblano ha commentato su "La magia delle FINESTRE nel “Retino delle parole”: mercoledì 2 dicembre 2020"Carissima Angela, e una finestrella per la pace possiamo aprirla? Una finestra di acqua sorgiva. Zampillando risuscita! Un abbraccio, Peppe

E ancora prima su "La magia delle FINESTRE nel “retino delle parole”:1 dic 2020:

Una "fra le tante finestre" tratte da «Le mie prigioni» di un certo Silvio Pellico. «La stanza era a pian terreno e metteva sul cortile. Carceri di qua, carceri di là, carceri di sopra, carceri di rimpetto. M’appoggiai alla finestra e stetti qualche tempo ad ascoltare l’andare e venire de’ carcerieri, ed il frenetico canto di parecchi de’ rinchiusi. Pensava: «Un secolo fa, questo era un monastero: avrebbero mai le sante e penitenti vergini che lo abitavano, immaginato che le loro celle suonerebbero oggi, non più di femminei gemiti e d’inni divoti, ma di bestemmie e di canzoni invereconde, e che conterrebbero uomini d’ogni fatta, e per lo più destinati agli ergastoli o alle forche? E fra un secolo, chi respirerà in queste celle? Oh fugacità del tempo! Oh mobilità perpetua delle cose! Può chi vi considera affliggersi, se fortuna cessò di sorridergli, se vien sepolto in prigione, se gli si minaccia il patibolo? Ieri, io era uno de’ più felici mortali del mondo: oggi non ho più alcuna delle dolcezze che confortavano la mia vita; non più libertà, non più consorzio d’amici, non più speranze! No; il lusingarsi sarebbe follia. Di qui non uscirò se non per essere gettato ne’ più orribili covili, o consegnato al carnefice! Ebbene, il giorno dopo la mia morte, sarà come s’io fossi spirato in un palazzo, e portato alla sepoltura co’ più grandi onori». Così il riflettere alla fugacità del tempo mi invigoriva l’animo. Ma mi risorsero alla mente il padre, la madre, due fratelli, due sorelle, un’altra famiglia ch’io amava quasi fosse la mia; ed i ragionamenti filosofici nulla più valsero. M’intenerii, e piansi come un fanciullo.»

Tratto dalla più contemporanea opera «Il capitalismo della sorveglianza» di Shoshana Zuboff. «Dalla finestra sulla scrivania osservo le stagioni: prima il verde, poi il rosso e l’oro, poi il bianco, poi ancora il verde. Quando gli amici mi vengono a trovare, sbirciano nel mio studio. Ci sono libri e fogli impilati ovunque, anche sul pavimento. So che è una visione che li travolge, e a volte ho la sensazione che mi compatiscano per la mia devozione a questo lavoro, per come permetto che circoscriva i miei giorni. Non penso che si rendano conto di quanto io sia libera. A dire il vero, non mi sono mai sentita più libera di così. Com’è possibile?» Com'è possibile sentirsi liberi, anche alle finestre con le sbarre? Un abbraccione, Peppe

Anche questa pagina mi sembra molto interessante e degna di nota. Il primo riferimento è a Le mie prigioni di Silvio Pellico, libro che, secondo le note parole di Cesare Balbo, fu all’Austria “nocivo più di una battaglia perduta”. Ma quello che emerge di molto importante, a mio parere, è il riferimento ad ogni mutamento col passare del tempo. Il “Panta rhei”, attribuito ad Eraclito, anche nelle parole di Silvio Pellico, dunque. E non solo: dopo la morte niente ha più importanza delle sovrastrutture con cui impariamo a vivere i nostri giorni, complicandoci la vita stessa e rendendola sempre più inautentica e lontana dalla realtà (dalla verità?). Nelle parole della studiosa statunitense Shoshana Zuboff, invece, mi piace moltissimo il senso della gioiosa libertà che si avverte nell’assecondare la passione dello scrivere anche dietro vetri chiusi e sbarrati come ai nostri giorni. Carissimo Peppe, hai inciso profondamente con queste parole la verità che appartiene a tutti quelli che avvertono la scrittura come necessità di vivere, esprimersi, comunicare, realizzare il sogno di sé. Tra i nostri libri, a questo proposito, mi è facile ricordare di Zaccaria Gallo Sigillo di Necessità, un titolo bellissimo che sottintende il segreto messaggio della “necessità della parola”, quasi “sigillo”, parola antica e regale e, dunque, preziosa, su cui ritorneremo. Come torneremo più e più volte sulla parola “Pace”, polla sorgiva che potrebbe aiutarci davvero a ri-nascere e, quindi, a ri-sorgere, quasi canto dell’aurora ai primi raggi del sole.

Altro messaggio di ieri mi è stato inviato dalle mie carissime amiche Marisa e Liliana Carabellese, a cui va il mio affettuoso grazie: Cara Angela, il tuo retino delle parole cattura sempre. Che fascino ha quella clessidra che porta in su invece che in giù il suo magico contenuto! Auguri al carissimo Nicola, e a tutti i tuoi Nicola. A te un abbraccio grande da Liliana e da me, o, come dici tu, bacissimi! Marisa Altro bellissimo suggerimento: la clessidra. Spero di poterne parlare insieme a lungo perché il tempo è un altro topos caro a tutti i poeti e gli scrittori, ma anche presente ad ogni persona nella semplice quotidiana riflessione sul trascorrere inesorabile del tempo in ogni esistenziale esperienza.

E per oggi è tutto. Buona vigilia della Festa dell’Immacolata con tutte le sue tradizioni e i suoi riti. Ma, a proposito di vigilia, parola sottolineata dal carissimo Vito Di Chio nel suo splendido saggio Una finestra aperta su i sogni, dedicato alla mia “opera omnia”. E qui ritorna la finestra da cui non solo volano i sogni, ma anche tante parole da passare sotto la lente d’ingrandimento… come non parlarne?

Vi abbraccio, augurandovi una serena e coraggiosa VIGILIA. Ciao.    

 

  

2 commenti:

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  2. Altissima e bianca la parola scavata nel fiume dei gigli
    - nulla è a caso nella scatola dei colori
    sei fanciulla e cammini su fili di rose
    tessi finestre alla luce
    cerchi l'ombra, poi la allontani
    Le stanze del respiro si allargano
    nuove visioni chiedono asilo
    si scuciono dalla tua bocca
    e rapita dalla tua voce
    le catturo piano
    nel miotuo retino

    Istantanea dedicata alla poetessa Angela De Leo, al suo spazio prezioso dal titolo "Il retino delle parole".

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