martedì 28 marzo 2023

Martedì 28 marzo 2023: pioggia grandine neve: il pianto dei germogli sconfitti...

E ieri a sorpresa, tra tanta primavera, ci è piombato addosso l’inverno con la sua pioggia, la sua grandine, la sua neve, il suo vento gelido. Il cuore ha provato una stretta al cuore. Per i germogli andati in frantumi: il tiglio, il pesco, l’albicocco, il ciliegio; e tra l’erba tenerella: i tulipani, le fresie, le pratoline, le limonelle o limoncine, delicate sottili desiderose di sole. E non posso fare a meno di parlarne, di esternare il mio pianto. Come quello del giovane agricoltore foggiano per i suoi tulipani distrutti. Eppure, io amo la pioggia, i temporali, la neve che m’incanta. E la mente mi riporta indietro nel tempo, al mio amatissimo nonno della pioggia, dei temporali, della neve. Lui con me sempre.

<Non così quando pioveva. Allora era il suono cadenzato della pioggia a cullare i miei occhi. E la tua voce era un’eco che danzava tra le gocce del cielo, che veniva giù, e i miei pensieri colmi di te. Sempre così la pioggia. Anche oggi che non sono più bambina. Non dormo ma la pioggia mi calma. Mi porta da lassù fili d’acqua cui aggrapparmi per non naufragare e per tentare ogni volta la risalita. Mi porta la tua voce. Che mi offre un ombrello sempre più rabberciato, ma sicuro di rifugio e protezione.

                                  La pioggia m’intenerisce e mi rallegra

La pioggia ha un vago segreto di tenerezza

una sonnolenza rassegnata e amabile,

una musica umile si sveglia con lei

e fa vibrare l'anima addormentata del paesaggio.

È un bacio azzurro che riceve la Terra,

il mito primitivo che si rinnova.

(…)

È l'aurora del frutto. Quella che ci porta i fiori

e ci unge con lo spirito santo dei mari.

Quella che sparge la vita sui seminati

e nell'anima tristezza di ciò che non sappiamo.

La nostalgia terribile di una vita perduta,

il fatale sentimento di esser nati tardi,

o l'illusione inquieta di un domani impossibile

(…)

E son le gocce: occhi d'infinito che guardano

il bianco infinito che le generò…

(Federico G. Lorca, stralci della poesia “Pioggia”)

Piove. Il cielo viene giù e, come da bambina, sporgo le mani oltre i vetri, che mi portano l’autunno in casa, per afferrarlo nelle gocce trasparenti e leggere che raccontano forse storie di lacrime o solo pioggia che cade, sussurro di parole lontane. Ripropongono un tentativo di rossoazzurro perpendicolare che è più un desiderio che un colore. Cadono gocce di cielonuvole sulle mie labbra assetate e sul viso proteso al fresco incanto. Cadono sul giallo bruciato del giardino che è un colore vero d'alberi di foglie di siepi. Fanno salire dal basso profumo di terra... ricordo lontano... il cortile... un inno di gelsi rossi e di rose che mi esalta e mi rincuora. La pioggia, a volte, può essere Musica d’arpe con mani d’angeli, Ritmo di marce di bimbi nel gioco del loro andare alla conquista del mondo, Voce antica in un richiamo d’altro tempo oltre il tempo

(cielo a pecorelle pioggia a catinelle… rosso di sera bel tempo si spera rosso di mattina la pioggia s’avvicina… ed erano modi di dire… rosso di sara beltempo si spara… e diventava un dramma… quando piove e tira vento fra’ martin resta in convento… ed era racconto… marzo pazzerello se c’è il sole prendi l’ombrello… già proverbio con avvertimento… non saltare sotto la pioggia ché ti bagni tutta… ansia e preoccupazione e ammonimento… pio-ve pio-ve acqua di limo-ne… quasi un gioco quasi cantilena quasi voci di strada che entravano in casa e allagavano stanze e contagiavano allegria… e piove piove sul nostro amor… fu canzone e palpito del cuore e fu addio…)

Mi piace la pioggia. Mi fa sentire meno sola. Accompagna la mia nostalgia. S’intrufola nella malinconia degli occhi e nei terrapieni del cuore a fatica costruiti. Poi tace e le stillanti foglie brillano di diamanti e rubini che il cielo sparge a piene mani. Splendore di luce rossodorata, ora che l’autunno si frantuma nel canto di questo tramonto… e il passato ritorna a legarmi ai giorni andati che mai più saranno e che pure sono... Sempre così la pioggia... sempre così i tramonti pennellati d’autunno in una follia di venti e di foglie ad avvolgere l’anima...

                               Nella pioggia io ero... sono... rinasco...>

        (A. De Leo, Le piogge e i ciliegi, vol. 1, Secop edizioni, Corato-Bari 2018)

Ma ci sono anche ricordi di piogge primaverili: <E intanto la pioggia…

(tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt)

e sentirmi protetta da quel cielo che precipitava giù a creare una cortina di fili trasparenti e di suoni slargati e di voci attutite e di umori di asfalto bagnato senza profumo di terra sui miei giorni veloci, stanchi, vuoti di me, dei miei figli, del mio uomo, di mia madre, di te.

le piogge primaverili che cadono

sono lacrime, forse?

volteggiando i fiori di ciliegio

scompaiono

e non c’è uomo

che non li rimpiangerà…

(da Man’yoshu, antica raccolta

di poesie giapponesi)

Pioggia di parole a coprire la pioggia d’acqua. E il cielo in cascata liquida a coprire il ricordo delle ciliege. Le ciliege neppure più un ricordo. Quasi.

                                 E, oggi, ricomincio. Riprendo a raccontare.

E, come sempre, mi trovi qui tra le mie carte e le mie nuvole. In una nuova casa che ha finestre d’aria e sandali che affondano nel verde di un giardino d’alberi e di rose, lantane e gelsomini e grappoli d’azzurro-pervinca in caduta libera sotto un arco di glicini in fiore. (…). E parto, come so, dalle piogge di parole, d'acque e di stelle cadenti. Che quel vuoto hanno colmato in terrapieni da percorrere per poter crescere e diventare forte e resiliente (non mollare mai guardati allo specchio e scopri nei tuoi occhi i sogni che devi ancora realizzare negli orecchi l'eco dei passi che ti hanno preceduto e li hanno preparati tra le mani aghi e fili di pioggia per lavare ferite ricucire progetti ricamare nuovi arcobaleni senza la pioggia non c'è arcobaleno non lasciarla cadere come sabbia dalle tue mani non disperdere tutti i colori della vita per rifugiarti nel grigio dell’indifferenza non mollare mai non m…) Parto dalle parole che mi hanno cullato e insegnato a camminare e a scoprire il piccolo mondo della nostra casa per andare oltre. Dalle foglie bambine di fremente tenerezza che mi hanno incantato.

                                                      Parto da te

(aveva un vecchio cappello, la giacca logora. L'acqua gli passava attraverso le scarpe. E le stelle attraverso l'anima...) (Victor Hugo, “Ho incontrato per la via”). (…).  Tu, inseguitore di sogni... Sogni che mi hanno nutrito e mi vivono dentro ancora... Sì, comincio da te. Che continui ad essere sogno e realtà. Ad esserci e a proteggermi. Comincio da te, ma con te è tutto un mondo ormai sparito che rivive nella memoria e si fa presente, palpitante e vero ai nostri giorni.

(ritornano di pioggia e di vento

le tue magiche parole che sotto

il piombo di giorni di sgomento

raccolgo in un canto d’amore

 e del sogno che non può morire).

(stralcio di “Scroscia a maggio la pioggia”,

da L’ora dell’ombra e della riva, Secop, 2015)> (Le piogge e i ciliegi, vol.1, op. cit.)

E sarebbe bello continuare con i ricordi di vento, di grandine di neve, ma tempo e spazio mi sono tiranni. Riporto qui ancora qualche testimonianza a me cara. Quella, per esempio, di Francesca Pice, sensibilissima amica, amante come me della pioggia. In una dedica, su un meraviglioso libro regalatomi Mozart e la pioggia (del grande scrittore e poeta francese Christian Bobin), mi scrive alcuni versi intrisi di pioggia di Pier Paolo Pasolini: Ora sento in me un sapore/ di pioggia caduta,/ ogni vivacità della vita/ ha uno sfondo di pianto... Nella prima pagina, intanto, leggo un testo intitolato “Bianca e leggera”: La mia prima conoscenza della vita è stata bianca e leggera. È una scena che mi ha raccontato spesso mia madre. Esce dalla maternità tenendomi tra le braccia. Siamo prossimi alla fine del mese di aprile eppure nevica. Immagino che sia stato il bagnato dei fiocchi a toccarmi per primo, più che la loro luce o la loro danza. Il loro lato piovoso.(…). Sono vivo perché   dalle prime ore mia madre e il lato piovoso della neve mi hanno parlato con amore. Oggi quando vado per strada e la pioggia scivola sul mio volto imparo a rinascere, ritorno agli albori, al primo incontro con la mortalità della vita. È rinfrescante questa mortalità. Come Mozart, esattamente come Mozart. E, tra le pagine da me divorate scopro di Bobin due righe che mi giungono al cuore in una ridda di ulteriori ricordi: La pioggia non mi parla della pioggia ma di qualcun altro di cui è la bambina

Ne riparleremo. Ma queste righe mi hanno riportato ad una prosa poetica del carissimo nostro autore Piero Meli, apprezzato scrittore e fotografo, che con la sua scrittura visionaria ieri ha fatto fiorire sulla sua Pagina FB una splendida primavera danzante con la pioggia: Il cielo pochi minuti fa era ancora azzurro e, quasi per magia, è mutato, si è trasformato. Le nuvole hanno iniziato a danzare, si sono via via avvicinate, si sono strusciate e hanno preso a corteggiarsi. Ora incessanti fanno l’amore, in un tripudio di luci e suoni, di lampi e tuoni. È il 27 marzo, ma il canto dei tuoni è quello tipicamente estivo. Rimbombano amplificati e trasportati dall’aria calda di questi primi giorni di primavera. Come per magia, su via Sparano sono sbucati i venditori di ombrelli. La loro personalissima danza della pioggia deve aver funzionato. Si aggirano tra i passanti rimasti sorpresi dall’improvviso acquazzone. Un ragazzo contratta e si accaparra un mini ombrello sgangherato in cambio di una cinque euro stropicciata. Una ragazza si scatta un selfie con il palazzo Mincuzzi sullo sfondo, qualcuno si rifugia in un bar. Un temporale improvviso è una buona scusa per un caffè e una zeppolina rigorosamente fritta. Qualcuno parla al telefono con la fidanzata e sorride con gli occhi. Istanti di questo lunedì che si cristallizzano nella mia mente mentre aspetto che le nuvole terminino le loro effusioni. (Il tizio dell’alba). Ditemi se ne valeva la pena. Tutto sembra danzare con la stessa pioggia in una esaltazione corale del cuore. Tutto si fa sogno d’amore e incantamento di sguardi, di sorrisi. Magia della pioggia e di occhi che sanno “vedere” oltre… E oggi è tornato il sole. Alla prossima pioggia. Angela 

domenica 26 marzo 2023

Domenica 26 marzo 2023: "Primavera d'intorno./ Brilla nell'aria/... " (Leopardi)

Prima di cominciare, desidero ringraziare la carissima Giulia Basile, che mi conforta con la sua presenza costante nel nostro blog e con le sue tenerissime parole, che sono davvero una carezza dell’anima spesso provata da problemi di salute sempre più invalidanti. Per fortuna la scrittura, soprattutto poetica, mi distoglie dai cattivi pensieri, e poi i vostri affettuosi commenti, di cui vi sono tanto grata. Grazie a Rita Vecchi, sempre cara al mio cuore. Grazie a Luigi Lafranceschina, ritrovato collega e amico di tempi migliori. Grazie a Mariateresa Bari e a Maria Pia Latorre, sempre generose nei miei riguardi e sempre attente ai miei testi. Grazie a Maria Antonietta Bellezza, mia carissima amica di una vita. Grazie ad Anna Maria Staffieri sempre prodiga di bellissimi commenti. E un grazie corale a tutti voi che mi seguite con stima e affetto ricambiati. Vorrei aver più tempo da dedicarvi. Ma sono sempre qui a scrivere per non mancare ad una mia necessità e al mio incontro con tutti voi, che mi seguite nella scrittura e nelle mie vicende personali, di cui, nel bene e nel male, vi rendo partecipi. La vita è fatta di inverni, ma anche di primavere. Ogni stagione ha il suo fascino. Ogni stagione comporta una “pietra d’inciampo”. L’importante è sapersi rialzare sempre dopo ogni caduta. Con maggiore fermezza, maggiore consapevolezza, maggiore coraggio. E riprendere il nostro viaggio da soli e insieme. Per farci compagnia e ritrovare il sorriso che ci rende più veri e più umani. Più solidali. Perché, prima o poi, la primavera ritorna… E finalmente Primavera. Bellissima la poesia “Il passero solitario” con un quasi inizio sfolgorante di bellezza e una conclusione purtroppo quasi sempre amara, tipica della poesia leopardiana. Vi ripropongo lo stralcio più saliente: a rallegrarci il “core”:

D’in su la vetta della torre antica,

passero solitario, alla campagna

cantando vai finché non more il giorno;

ed erra l’armonia per questa valle.

Primavera d’intorno.

     Brilla nell’aria

e per li campi esulta,

sì ch’a mirarla intenerisce il core.

Odi greggi belar, muggire armenti;

e gli altri augelli contenti, a gara insieme

  per lo libero ciel fan mille giri,

pur festeggiando il lor tempo migliore:

tu pensoso in disparte il tutto miri;

non compagni, non voli,

non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;

canti, e così trapassi

dell’anno e di tua vita il più bel fiore…

Non è il caso di commentarla. L’hanno fatto abbondantemente i nostri professori di lettere a scuola. La conosciamo a memoria. Un tempo imparavamo a memoria persino la Divina Commedia di Dante. E penso che non sia stato un male. Ricordare è fondamentale per non perdere la nostra storia e la nostra identità. Mi piace, invece, il confronto. Scoprire altri testi, altre poesie che mi suscitano emozioni da condividere.

Ed ecco di Giulia Basile: Con la Primavera oggi si festeggia anche la POESIA, ed io voglio aggiungerci anche l’amore per il mio paese, a cui dedicai i versi che leggete qui, pubblicati nel mio secondo libro di poesie del lontano maggio 1990 con prefazione di Pietro Tateo che chiuse così: Giulia Basile ha l’infinita pazienza del vivere, del fare e del farsi proprio attraverso la poesia. Poesia   infatti dalla sua radice greca vuol dire “fare, operare”. La poesia della Basile vuol essere salvifica: indica la strada di un modo di essere nel mondo e di raggiungere la pienezza dello spirito.

“IL MIO PAESE”: Quando da ragazza/ il lavoro dei campi/ riempiva il tempo della domenica/ dalla cima di un vecchio mandorlo/ guardavo il mio paese./ Bianche le sue case, Noci/ si stendeva sulla collina murgese come un lungo biscotto/rigonfio al centro ancora da infornare./ Aspettavo l’eco delle campane/ dalla piazza suonate a mezzogiorno./ Era il primo riposo/ per le mie mani bianche, consumate,/ e quando verso il vespro/ gli altri due campanili di vedetta/ mi lanciavano una corda di salvezza,/ che fretta ci mettevo nel tornare!/ A piedi o in bicicletta/ mi pareva di volare/ verso il mio paese/ a forma di biscotto ancora da infornare.

Quanta allegria, quanta giovinezza, libera e fiera, in questi versi che, indirettamente con l’arrivo della Primavera, che festeggia la POESIA, è tutta un brioso sussulto del cuore nell’amore per il suo paese, intravisto tra i rami un mandorlo “antico” e raggiunto con le ali ai piedi, anche andando in bicicletta. e mi viene in mente una breve poesia di Italo Calvino sulla giovinezza, che per me è sempre metafora di primavera: La giovinezza è tante/ cose, anche una particolare acutezza dello sguardo/ che afferra e registra/ un enorme numero/ di particolari sfumature

Di Luigi Lafranceschina nella versione italiana, “DISGELO”: Si è svegliato al sole/ il tenero pesco!/ Nei giorni di disgelo/ Spuntano le gemme/ E i fiori rosa/ E la cresta tremola a un refolo di brezza./ Non c’è più neve/ Sui rami penduli/ E alza la chioma/ Alla soglia del cielo/ Dove in cerca di caldo/ Sciamano folletti./ Ride la luna/ Sotto i suoi raggi/ E tinge d’argento/ Il margine del bosco/ Di cedui e fustaie./ È primavera!/ E dalle nebbie pigre/ Risuscitano i monti./ In lontananza uno stallone/ Scalpita sul prato./ Riprende il picchio/ A perforare i tronchi./ Piangono le larve/ A portata di becco./ In fuga la formica!  

Ci sono delle perle da evidenziare in questi versi che offrono al nostro sguardo un quadretto dinamico e suggestivo, impreziosito da particolari che risalgono al passato eppure sono presenti nel cuore del poeta: lo stallone nei prati in lontananza, il picchio che rompe il silenzio e il tronco dell’albero, le larve che piangono a quel rumore assordante e per loro fatale, la formica in fuga… Ma cosa dire del tenero pesco che “alza la chioma/ Alla soglia del cielo”? e gli ossimorici versi “E dalle nebbie pigre/ Risuscitano i monti.”?. “Ride la luna” ed è già Primavera: ridente e folle, e visionaria a inargentare boschi e folletti. E anche il nostro cuore esulta!   

Primavera è con noi. Facciamo gli scongiuri contro un nuovo gelo a mortificarla, a mortificarci. A presto Angela

  

mercoledì 22 marzo 2023

Mercoledì 22 marzo 2023: altre VOCI a portarci, con tanto Sole, PRIMAVERA e la sua POESIA...

E oggi Primavera si presenta con tanto sole ed è già POESIA. Intanto, vi ringrazio di vero cuore tutti voi, uno per uno, per aver letto, commentato (commenti bellissimi che mi hanno commosso profondamente!), condiviso la mia gioia per il compleanno di Anna Paola. Ma ho letto splendide poesie sulla POESIA e vogliono farvene dono, rubando dalle pagine FB versi che ho scoperto e che mi hanno regalato emozioni. Spero che gli Autori perdonino le mie buone intenzioni! E così comincio:

Mauro Contini con “Una voce antica”: Attraversa le stagioni/ il passo perduto,/ vaga per le stanze/ di una memorabile armonia/ un pensiero che ti riguarda,/ - intuite lontananze/ misura i suoi confini l’anima -/ un’ora acuta/ in un tempo piatto,/ riempie il destino/ un cielo vuoto,/ anche il tuo sguardo/ è un gesto d’amore,/ - dissipare è una legge/ del sentimento -/ in dissolvenza il tuo volto,/ lievi le tue mani/ varcano i confini/ dell’immaginazione,/ una voce antica/ sussurra il tuo nome.

Maria Pia Latorre: Buongiorno. Confrontarsi attraverso la poesia con mondi diversi dal nostro. La poesia avvicina, annulla le distanze. Maria Pia sceglie una poesia bellissima del poeta siriano Nizar Qabbani sulla poesia: Quando un giorno troverai un uomo…// È possibile che lui trasformi ogni atomo delle tue molecole// In poesia…// E renda ogni capello dei tuoi capelli… Poesia// Quando un giorno troverai un uomo…// È possibile – come ho fatto io – che lui ti lavi con la poesia…// Che ti trucchi con la poesia…// Che ti pettini con la poesia…// E allora ti scongiurerò…// De deguirlo senza indugiare…// Perché non importa che tu sia mia…// non importa che tu sia sua…// Quel che conta è che tu sia// Della poesia… (da “Pane e quotidiano”, Rubrica a cura di Maria Pia Latorre e Ezia Di Monte, 22 marzo 2023)

Di Francesco Paolo Dellaquila “I poeti”: Per alcuni ci sono ancora/ per altri/ dormono sui libri/ che mai riescono a scrivere fino in fondo// sì perché bisogna dirlo/ sono sempre difficili/ le parole dei poeti// i poeti/ non dicono ciò che già sai/ inutile per loro/ parlarti di cielo e di mare/ così come li vedi// i poeti/ traducono l’intrinseco più remoto/ muovono l’oggetto/assolvono il silenzio col pensiero/ colmano il senso del vuoto/ liberano beatitudini assolute/ e cantano/ tutte le melodie/ del dolore e dell’amore// i poeti/ o li ami o li odi/ io li amo (fpd)

Mattia Cattaneo scrive: non “festeggio” la poesia, auguro a tutti buoni eventi per il 21 marzo. preferisco considerarla ogni giorno come parte di me che si svela poco a poco e mi dà modo di conoscere meglio me stesso e di ricordarmi quante volte sono morto e sono rinato.// allora buona giornata della poesia e buon inizio di primavera.

Nicoletta Parisi, direttrice del reparto Libri ella Feltrinelli di Bari, propone la poesia del poeta, scrittore e saggista cileno Roberto Bolano: La poesia entra nel sogno/ come un palombaro in un lago./ La poesia, la più coraggiosa si tutti,/ entra e cade/ a piombo/ in un lago come il Loch Ness/ o torbido e infausto come il lago Balaton./ Contemplatela dal fondo:/ un palombaro/  innocente/ avvolto nelle piume/ della volontà./ La poesia entra nel sogno/ come un palombaro morto/ nell’occhio di Dio. (da I cani romantici, SUR 2018)

Il poeta Michele Carniel scrive: Nel giorno dedicato alla Poesia, io dedico questo mio testo al mio Maestro Armando Saveriano che 2 anni fa mi spinse a scrivere versi…: Ho devoluto all’aria 3 sorrisi:// Il primo,/ per la Poesia (lo dico pianissimo)/ la direzione sofferta dei miei giorni/ la stazione dove ristorano i miei morti./ Scrivo le mie righe per diletto/ Scrivo le mie righe per difetto/ Ricordo voci che urlavano “la poesia ci salverà”/ ma dall’orizzonte non emerge nessuna zattera/ resto in piedi per essere più vicino al cielo/ mi muovo da fermo e colpisco forte/ mi resta in mano solo il cuore/ per sfidare da guerriero il verdetto della sorte.// Il secondo,/ per Alda./ Se è vero che ‘il poeta vende i suoi guai  migliori’/ io acquieto quelli della pazza che mi vive accanto/ che mi scopa l’amore con una carezza di fumo/ e mi bacia la fronte con giustizia di parole./ Hai educato il mio cuore con la tua poesia/ nelle stanchezze sfatte delle mie serate/ e con un brivido zittito solo da ‘I sepolcri’ a te cari./ Ti sorrido sì/ e se ti busso alla porta non aprirmi/ lo faccio soltanto per non morire adesso.// Il terzo,/ alla ‘Trisomia 21’./ A chi diffonde lo sguardo gentile/ d’una genuinità non nutrita a parole/ di vite rubate al cielo prima d’ogni volo./ Se solo sapessi rubare all’ipocrisia/ la contagiosità d’una bugiarda umanità/ donerei a voi la chiave per aprire la mente/ a chi nega lo sguardo al sorriso perfetto.

Rita Bonetti Ritabù, straordinaria poetessa, per la Giornata della Poesia propone alcuni versi di Emily Dickinson: Non so incontrare la Primavera – con distacco -/ Sento l’antico desiderio -/ Un’Urgenza a protrarsi, mescolata,/ Una Licenza d’essere bella -/ Una Competizione nei miei sensi/ Con qualcosa, nascosta in Lei -/ E quando svanisce, il Rimorso/ Di non aver visto di più di Lei -

E di Rita Vecchi, che stimo e amo, ecco una bellissima quanto amara Poesia intitolata “TRA POCHE ORE”. Non è stata scritta per la Giornata Mondiale della Poesia, ma è un omaggio sempre e comunque alla POESIA: La domenica sera è un castello di carte/ che crolla, improvviso;/ è un regalo avvolto in troppi strati/ di carta dorata,/ che, aperto, delude/ e viene riposto in un canto/ di polvere e oblio./ La domenica sera/ è un baleno di luce sbadata,/ rifratta da plumbei vetri,/ interrotta da un davanzale feroce/ che ne rompe l’incanto,/ e rotola sul pavimento/ in frammenti grigiastri,/ dispersi fra oblique piastrelle/ ormai mute di passi./ La domenica sera è una coperta leggera/ che non scalda, in un giorno di neve,/ è una cortina di malinconia sospesa,/ per il saluto di un caro amico,/ che parte, lasciando l’abbraccio,/ ma senza voltarsi/ per un altro sorriso. (19 marzo 2023)

E Vito de Leo, altro poeta e pittore che stimo e apprezzo molto in entrambe le versioni, ritiene “interessante” l’articolo “Chi è il poeta?”La risposta in versi di Umberto Saba (sololibri.net)… e lo propone. L’articolo fa riferimento alla Poesia “Il poeta” di Umberto Saba, “scritta con un linguaggio piano, semplice, discorsivo, che tuttavia - dietro l’apparente limpidezza espressiva, cela un significato più profondo. (Alice Figini): Il poeta ha le sue giornate/ contate,/ come tutti gli uomini; ma quanto quanto variate.// L’ora del giorno e le quattro stagioni,/ un po’ meno di sole e più di vento,/ sono lo svago e l’accompagnamento/ sempre diverso per le sue passioni/ sempre le stesse; e il tempo che fa/ quando si leva, è il grande avvenimento./ del giorno, la sua gioia appena desto./ Sovra ogni aspetto questo/ d’avverse luci, le belle giornate movimentate/ come la folla in una lunga storia,/ dove azzurro e tempesta poco dura,/ e si alternano messi di sventura/ e di vittoria.// Con un rosso di sera fa ritorno,/ e con le nubi cangia di colore/ la sua felicità,/ se non cangia il suo cuore./ Il poeta ha le sue giornate/ contate,/ come tutti gli uomini; ma quanto,/ quanto beate!

Per finire, desidero condividere con voi una filastrocca e un acrostico, simpaticissimi e teneri, che fanno ben sperare, sfiorando con delicatezza il cuore. La deliziosa filastrocca, intitolata “DIVERSI”, è dell’estroso Marco Zanchi, severo penalista, che ha uno spiccato amore per la scrittura, in prosa e in versi, per i bambini e per gli adulti con il cuore bambino: Siamo tutti di versi/ tutti siamo poesia/ se la vita attra versi/ non smarrire la via// Siam più o meno estro versi/ e poi sia quel che sia/ ma dell’amore che versi/ resta la poesia

Di Anna Mininno, poetessa raffinata quanto timida ed essenziale, questo imperdibile acrostico: P iù in alto/ O ltre le parole/ E rge la sua dimora/ S u venti e su deserti s’alza/ I nsegna respiro d’anima/ A bitando amore

E anche per oggi è tutto. Buona POESIA e mille emozioni a tutti noi. Vi abbraccio. Angela

 

 

martedì 21 marzo 2023

Martedì 21 marzo 2023: ANNA PAOLA, nata nel primo giorno di PRIMAVERA, è ( per me) POESIA...

 Nonostante la pioggia insistente e il cielo grigio, è tornata Primavera, miracolo di rinascita come ogni anno, come sempre. Anna Paola, mia adorata fanciulla in fiore, figlia di mia figlia Raffaella e di Peppino Piacente, mio amatissimo genero, compie oggi 24 anni a darmi la misura del tempo che inesorabilmente ci attraversa, lasciandoci via via senza più difese. Per fortuna gli anni giovani a regalarci sorrisi fioriti d’azzurro e una rinnovata gioia di vivere. A lei questa notte ho dedicato questi miei versi:

I tuoi occhi mi parlano di anni insieme

trascorsi

nella casa dei terrazzi e dei giardini,

in questa notte di pioggia

che il cielo di marzo cancella,

e l’equinozio  

solo ricamo di mille stelle, intuite

nei silenzi siderali che mai ci appartennero.

Ma palpitano giorni di complice allegria

complici io e te

di abbracci dolcissimi in notti d’insonnia

a proteggere

il tuo sonno leggero, la mia poesia.

Ad ogni incontro di noi

riprendiamo a regalarci Amore,

 dimentiche del tempo e delle stagioni

che più non mi danno appigli

 di rinnovato incanto.

Ma ci sono ancora Sogni intrecciati

alle tue mani indomite e fiere

- piume cristalli foglie coralli -

sui nostri domani sotto il curvo cielo

che bacia la mia preghiera per te

perché la vita ti sia esplosione d’incanti

a conservare accesa nell’anima

 la nostra gioia d’essere insieme

mai vinta

mai arresa al dolore e al pianto.

In questa notte di pioggia che precipita

sul cuscino

scrivo versi per te che sei respiro e sogno.

E i miei aquiloni addormentati trascini

verso l’azzurro che ti appartiene,

con la tua risata improvvisa

 che taglia le molte ore sul libro

           - per me astruso -

 aperto sulle tue ginocchia

e riempie la danza dei tuoi capelli al vento…

Ricorderai

             - piccola mia -

morbide le tue dita di bianca luna

sul mio corpo stanco da risanare,

sui capelli di grano arso di sole

fragili e indifesi all’ingiuria del tempo

e delle mie cinque stagioni.

(la tenerezza del mio cuore bambino

ricorderai

 ad afferrare la rosa appena sbocciata

 dei tuoi anni in fiore

per fartene dono di verde canto

in questa alba che POESIA ha illuminato di sole…).

E per oggi può bastare. Ho voluto fare solo un omaggio a lei, Anna Paola, che incarna la Primavera e mi dona ancora un sogno per rinascere… Buona Primavera a tutti con sempre un sogno da sognare. Magari insieme! Angela

  

lunedì 20 marzo 2023

Lunedì 20 marzo 2023: Giornata Mondiale della FELICITA'. Si può essere felici? Confrotiamoci...

E oggi parliamo di felicità. È d’obbligo. Dal 20 marzo 2013 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato La Giornata Mondiale della Felicità, che si celebra ogni anno con tematiche diverse. Quest’anno il tema di fondo è: il prenderci cura gli uni degli altri per un duraturo ben-essere psico-fisico di tutti gli abitanti del nostro Pianeta. Ed io, ligia a questo mandato, mi sono premurata di scrivere un quasi saggio collettivo, intitolato La coccinella dalle sette punte, sulla possibilità di essere felice, soprattutto con gli altri. La pubblicazione era prevista per oggi appunto, ma non si è fatto in tempo. Vedrà la luce, spero, fra qualche settimana? Per Pasqua forse. E incrocio le dita. Intanto, ritengo sia bello anticiparvi la Premessa, che è già qualcosa:

<Questo saggio/non saggio potrebbe definirsi forse un libro antologico, insolito perché tende ad abbinare gli scritti e i testi di grandi studiosi (filosofi, scrittori, poeti, scienziati, giornalisti, artisti, cantautori di chiara fama…) con quelli di tanti altri a me più vicini, più a portata di mano, i miei di casa (figli, nipoti, ecc.), amici di cordata, sodali della parola poetica e non, che vanno sempre più utilizzando i social e i nuovi mezzi di comunicazione per contaminare idee e forse per trovare una collocazione nel mondo culturale contemporaneo, dando una sbirciatina al futuro (o a tutti i futuri possibili, immaginati da ciascuno di noi in forme sicuramente diverse), che ben presto si farà presente e disegnerà il profilo di un mondo nuovo (o di altri mondi nuovi), nella speranza che possa essere migliore (o possano essere migliori) di quello che stiamo vivendo e, purtroppo, lasciando in eredità alle nuove generazioni.

Non è un momento storico felice, per cui anch’io parto, contro corrente, da una premessa negativa: la felicità non è…, con l’intimo desiderio che qualcosa all’improvviso mi faccia cambiare idea e mi permetta di guardare con maggiore ottimismo al mondo che verrà. E alla stessa felicità.

Quest’ultima, infatti, oggi come oggi, secondo me, non è tante cose che poi andrò ad   enumerare e ad analizzare per scoprire, via via, come potrebbe essere.

Non ho consigli sicuri, suggerimenti certi, ricette tipo Pomì: “o Pomì o così”. Cioè senza alternative: comprare a scatola chiusa senza discutere. Pena l’infelicità a vita.

Per parlare della Felicità, argomento sempre più attuale ai nostri giorni, così difficili da vivere a livello mondiale per le numerose ragioni che noi tutti conosciamo, ho cercato, prima di sparare a zero sulla possibilità “che ci sia”, sul “forse” e sul “potrebbe”, di informarmi attraverso i tanti libri che ne hanno parlato e che ancora ne parlano quasi fosse un imperativo categorico di ciascun essere umano cercarla quale unica via di uscita dal tunnel del Male o unica possibilità di realizzarsi nella vita.

“… E vissero tutti felici e contenti” come nelle fiabe.

Ma la vita, purtroppo, non è una fiaba. Anche se, volendo o potendo, potremmo renderla magica. Con un po’ di creatività, fantasia, immaginazione. Oggi, però, credo proprio che questi tre salvifici ingredienti servano a ben poco con la minaccia sempre più vicina di una distruttiva guerra nucleare appena fuori dalla nostra porta.

Ma intanto proliferano libri, saggi o romanzi, sillogi poetiche, canzoni, film, persino opere d’arte, trasmissioni televisive e opere teatrali che parlano di felicità: da cercare, perseguire, raggiungere.

I volumi sull’argomento sono davvero tanti: da quelli più conosciuti a quelli più recenti e forse non ancora scoperti e letti dai più. O almeno da me.

Penso, comunque, che dovrei partire dal recentissimo libro del pluripremiato scrittore Marco Balzano perché definisce, in svariati modi, cosa ha scoperto lui della felicità.

Ha pubblicato, infatti, con la Feltrinelli Cosa c’entra la felicità - una parola quattro storie, in cui descrive in terza persona, in una sorta di introduzione, il suo libro:

Felicità è una parola di cristallo, la più soggettiva del vocabolario. Cambia a seconda dei valori, delle condizioni di salute, delle idee, della fede, dell’età, del rapporto con il tempo e con la morte. Muta svariate volte nel corso della vita, poiché a cambiare siamo prima di tutto noi con il nostro orizzonte di desiderio. Definirla, quindi, non è impresa da poco, ma può rivelarsi un’avventura avvincente. Il suo significato, infatti, apre mille strade e mille orizzonti. Per me è uno stato di estasi, per te un momento di inconsapevolezza. Il luogo dove si trasforma di più è proprio la lingua, con i suoi labirinti etimologici perché le parole contengono immagini originarie, miniere di storie e di misteri, che nei sotterranei della nostra mente agiscono e danno forma ai pensieri e alle emozioni di ogni giorno. Marco Balzano varca la soglia della felicità con le chiavi della lingua, o meglio di quattro. Sono quelle in cui la civiltà occidentale affonda le sue radici: il greco e il latino della tradizione classica, l’ebraico di quella giudaico-cristiana e infine l’inglese, lingua universale del nostro tempo. In ognuno di questi idiomi la parola felicità dischiude immagini e significati molto differenti che illuminano valori etici e morali, questioni politiche, atteggiamenti psicologici e, più genericamente, maniere di guardare alla vita e alla morte, al futuro e alla memoria, agli altri e a noi stessi. L’etimologia restituisce alle parole la loro complessità (…). Capire da dove vengono e come sono arrivate a noi le parole ci mostra quanto influiscano sulla nostra vita e come ci plasmino. Al punto da poterci indicare nuovi modi di essere felici. Nota n. 1

Nota n 1 (cfr. M. Balzano, Cosa c’entra la felicità - una parola quattro storie, Feltrinelli, Milano 2022, p. 5)

Le sue parole meritano un saggio a parte sulla felicità tanto sono ricche di molteplici rimandi, ma non posso fare un saggio nel saggio. Sarebbe quantomeno inopportuno, per cui mi limito a dire: le parole del bravissimo Balzano si commentano da sole!

Ma molto significativi sono anche i libri elencati da mondadoristore.it sulla felicità e i mille modi per sfiorarla o raggiungerla o possederla: da Artur Schopenhauer a Ken Mogi.

Alcuni li ho letti. Di altri mi sono accontentata della sinossi anche perché io ho altre idee al riguardo, solo alcune in parte combacianti.

Non a caso, il titolo che ho voluto dare a questo mio saggio poco ortodosso e contro corrente, un po’ a “rovescio” e ricco di dubbi e di incertezze è:

                                                La coccinella dalle sette punte

per propiziarmi un po’ di fortuna, di cui questo insetto così simpatico pare sia “portatore sano” nel corso della sua lunga storia, passeggiando attraverso i secoli e a tutte le latitudini del nostro pianeta.

Sì, perché ritengo che ci voglia anche una buona dose di fortuna nella ricerca e scoperta di una probabile felicità. E la coccinella è rossa, colore che di per sé porta allegria, inneggia alla passione, mette fuoco nelle vene, fa pensare alla primavera quasi estate, alle fragole e ai papaveri, alle albe nei prati e ai tramonti sul mare. In più, ha quei puntini neri che fanno capriole nei nostri pensieri: più ne contiamo più la fortuna è certa. Se ce ne sono 22, apoteosi vincente a supporto della fortuna e della felicità, queste ultime sono assicurate almeno per tre generazioni con il resto di uno (3 per 7=21 + 1= 22!). Non fa una grinza.

E vada, allora, per la coccinella, pura metafora della Felicità. Purché le “punte” non siano spine, coltelli affilati, rovi roventi. Sono, infatti, le coccinelle, feroci predatrici e possono realmente tramutarsi in terribili nemici, cannibalizzare gli altri insetti, persino della loro stessa specie, se dovessero sentirsi attaccate. Anche per questo hanno diverse colorazioni e spesso, soprattutto d’inverno, vivono in colonie per difendersi dal freddo o dalle scarse risorse per la loro sopravvivenza. In questi casi, sono capaci di ricorrere anche a soluzioni estreme, come “decidere di deporre uova sterili extra per assicurarsi cibo” quando e dove scarseggia. Deliziose a vedersi, possono diventare “spietate e infallibili predatrici”.

Eppure tutti amano le innocue (solo in apparenza) coccinelle per la bellezza dei loro colori brillanti e perché considerate “preziosi portafortuna”.

Io spero di mettercela tutta per scongiurare ogni pericolo e salvaguardare la loro fama positiva, che offre quantomeno allegria agli occhi e al cuore. Nota 2

Nota 2 (cfr. “10 curiosità sulle coccinelle che forse non conosci”, articolo a cura di Salvatore Ferraro, kodami.it)>

Ma ritengo opportuno offrire qualche altro stralcio del libro per eventuali riflessioni e commenti, sempre graditi e di cui faccio sempre tesoro. Purtroppo, non sempre sono solerte nel rispondere a tutti, mio malgrado, ma le giornate sono ahimè di ventiquattro ore e, pur dormendo pochissime ore per notte e scrivendo anche di notte, non mi bastano a soddisfare il mio desiderio di ringraziarvi, uno per uno, come meritate. Potrebbe essere anche questo ringraziamento “ad personam” un motivo di felicità? Forse. Potrebbe:

<Prima parte:

la felicità non è…

un fine:

Ne L’arte di essere felici, Arthur Schopenhauer, vissuto nella prima metà dell’Ottocento e definito “filosofo del dolore”, partendo dal principio fondamentale della vita, elaborato in tutte le sue opere, riguardante “il dolore universale o cosmico” espone il concetto sulla felicità in ben 50 massime, che dovremmo leggere e rileggere di tanto in tanto per trovare forse il bandolo della intricatissima e intrigantissima matassa.

Intanto, nel libro, egli afferma: la felicità e i piaceri sono soltanto chimere che un’illusione ci mostra in lontananza, mentre la sofferenza e il dolore sono reali e si annunciano immediatamente da sé, senza bisogno dell’illusione e dell’attesa. 1. nota

1. nota (cfr. A. Schopenhauer, L’arte di essere felici, Adelphi, Milano 1997, p. 14)

Con chiara lucidità e stretto rigore logico a lui consueti, Schopenhauer afferma che la felicità significa imparare a vivere con la minore infelicità possibile, cioè “vivere passabilmente” accontentandosi di un possibile piacere interiore, intimo, personale che si può provare nella scoperta di sé.   

Estrapolo, in estrema sintesi, qualche regola fondamentale:

evitare l’invidia”, perché è una delle principali cause di infelicità per l’uomo;

evitare di tendere al risultato”, mentre è importante il percorso o processo per realizzare qualcosa a cui teniamo molto;

contagiare allegria”, ma controllare anche la smodata fantasia per conservare un sano realismo sulle aspettative;

valorizzare quello che si ha”;

evitare l’infelicità” in ogni modo lecito;

prendersi cura della propria salute” per poter aiutare gli altri;

evitare le situazioni spiacevoli” dovute ai nostri errori;

evitare il piacere personale” nel prendersi cura degli altri e magari sentirsi felici esclusivamente ed egoisticamente per questo.

Ci è lecito cercare la felicità solo eticamente, per poter essere in grado, fattivamente, di procurarla agli altri…

Ritengo che in queste massime Schopenhauer ci abbia dato una grande lezione per superare in qualche modo il dolore e giustificare la ricerca della felicità con il bene che si può fare agli altri, migliorandoli mentre ci si migliora.

In pratica, l’infelicità e la solitudine si vincono con l’Amore che possiamo provare per la natura, il “paesaggio” dentro e fuori di noi, per ogni creatura vivente, per i nostri simili, nella necessaria comprensione del proprio mondo interiore.

Dunque, l’Amore. L’Amore alla base della ricerca della felicità>.

Ma proviamo a vedere cosa succede nella parte seconda, dove si apre uno spiraglio di luce sul “potrebbe” della felicità:

<Seconda parte: la felicità potrebbe…

1.      Essere un Viaggio dentro e fuori di noi:

nei ricordi, nella memoria, nella storia, nella parola…

 

Tutta la nostra vita altro non è che un Viaggio tra due punti essenziali: la culla e l’urna. Un viaggio di sola andata, che ha percorsi diversi per ciascun uomo.

Ma è bene partire dall’alba per giungere al tramonto, e poi la sera, la notte. E dopo?

Ecco cosa scrive al riguardo, con una scrittura altamente poetica e filosofica, William Golding, premio Nobel per la Letteratura nel 1983:

La prima cosa a cui ci abituarono gli antenati fu il ritmo del lento passaggio dall’alba al rapido crepuscolo.

Accettavano i piaceri del mattino, il bel sole, il palpito del mare, l’aria dolce, come il tempo adatto per giocare, un tempo in cui la vita era così piena che si poteva fare a meno della speranza. 1. nota

1 nota (cfr. W. Golding, L’oscuro visibile, Ebook, Mondadori-Oscar moderni, 1979)

Stupenda affermazione che mi spinge ad una riflessione “a latere” non del tutto fuori luogo per via della speranza che era insita nella stessa alba, e i nostri progenitori non dovevano attenderla o proiettarsi nel futuro per afferrarla.

                                                            Bacia l’alba che soavemente geme

                                                            le lievi onde che solleva giocando;

                                                            il sole bacia la nuvola del tramonto

                                                            e di porpora e oro le colora;

                                                            la fiamma che il tronco ardente avvolge

                                                             per baciare un’altra fiamma si sposta

                                                             e persino il salice piegandosi per il suo peso

                                                                sul fiume che lo bacia

                                                                                il bacio ricambia.

                                                                      (Gustavo Adolfo Bécquer)

Meravigliosa poesia di un altrettanto meraviglioso poeta spagnolo del 1800 che descrive in maniera mirabile il passare fulmineo del tempo e delle stagioni della vita senza avere, spesso, la possibilità di godere di tutta la bellezza che la natura offre al nostro sguardo da quando il pianeta Terra conta le sue origini. Allora diventa facile chiedersi:

Come coltivavano i nostri progenitori la speranza nella “non conoscenza”?

E come possiamo coltivarla noi oggi, visto che da tanto ormai, e soprattutto ai nostri giorni, abbiamo sollevato il “velo di Maya” e c’è sovrabbondanza di sapere, avendo anche sdoganato le tantissime esternazioni dei frequentatori seriali dei social?

Intanto, penso che, facendo riferimento al velo di Maya, sia opportuno richiamare alla memoria il nostro buon Schopenhauer, che ce ne ha parlato nelle sue tante opere sulla sofferenza esistenziale e il suo possibile superamento, indicando, per nostra fortuna, le tre vie della redenzione dell’uomo, sempre “oscillante” tra la noia e il dolore. E sono: l’Arte, la Pietà e l’Ascesi. Nota n.2

Nota n. 2 (cfr. A. Schopenhauer, La saggezza della vita. Gherardo Casini editore, laFeltrinelli, Milano 2010)

Ritengo che, purtroppo, siano tre soluzioni poco praticabili o realizzabili ai nostri giorni, in cui regna sovrano il culto del brutto, della volgarità e della violenza; la paura della guerra nucleare; il bisogno di immergersi tra la folla ritrovata quasi che il Covid 19 sia un lontano ricordo e non una minaccia sempre incombente, date le sue continue mutazioni.

Ma desidero cercare e trovare un valido appiglio di speranza soprattutto facendo riferimento alla Generazione Z di fine millennio e inizio nuovo millennio. Generazione, che è padrona della tecnologia digitale e ha nuove modalità di approccio al mondo virtuale e reale, più consapevole e responsabile dei pro e dei contro dei nuovi sofisticatissimi strumenti di informazione e comunicazione a livello planetario e interplanetario.

Oppure ai Ragazzi “Indaco” e “Cristallo”, che lasciano ben sperare in una nuova spiritualità, fatta di riscoperta del Cristianesimo e di un nuovo Umanesimo.

Sono, tra l’altro, anche ragazzi dotati di straordinaria memoria, chiaroveggenza, sensibilità artistica, attitudini paranormali, sensitività, telepatia, talento nelle sue molteplici applicazioni. E di AMORE nel sommo grado del PERDONO. Nota n. 3

Nota n. 3 (cfr. Generazione Z, Wikipedia, w https://it.m.wikipedia.org>wiki>)

Saranno questi nuovi nati tra i due millenni a favorire un cambiamento di rotta a livello mondiale e a scongiurare le guerre in atto e la distruzione del nostro pianeta?

Io spero nelle loro “ribellioni” positive e propositive e spero anche nelle loro parole nuove, in prosa e in versi, a tenerci compagnia durante il viaggio dell’anima in cerca di possibili rive di felicità.

Occorre munirsi di ricordi. Approdare all’infanzia del mondo, alla nostra infanzia, a quella dei nuovi nati per scoprire quanto diverso sia stato e sia il modo di essere bambini nello scorrere del tempo.

Ai primordi dell’umanità era appunto la “non conoscenza” a colmare gli occhi di “curiosità” per scoprire il mondo e farselo amico, in mezzo a enormi difficoltà di “adattamento reattivo” alla ostile realtà circostante.

La nostra infanzia, invece, ha avuto sapore di grandi scoperte e di enormi perdite di riferimenti valoriali da recuperare.

Oggi c’è tanta conoscenza e tanta realtà virtuale da confrontare con quella reale sempre più filtrata, spesso negativamente, dai nuovissimi strumenti di informazione e comunicazione anche a livello digitale.

Rimane la fiducia nei nuovi bambini e nella possibilità di una rinata Umanità, attraverso appunto un nuovo Umanesimo. Nuove possibilità di felicità? Forse.

Ma la fiducia è indispensabile, se vogliamo ogni giorno guardare il mondo con occhi nuovi e imparare nuove cose. Magari partendo dal punto 0.

È dal punto 0 che abbiamo cominciato ad aver paura? 

Dal sentirci improvvisamente scaraventati, come già ipotizzato, nella immensità del mistero della vita? Eppure il punto 0 potrebbe essere altro…>

E il saggio si dipana lungo un percorso di ricerca per scoprire tutte le possibilità che potremmo avere per sfiorare la felicità o raggiungerla almeno per pochi attimi o per tutta la vita. Impresa non facile. Per questo mi avvalgo della collaborazione di molti amici, parenti, lettori. Credo che sia venuto fuori un mosaico interessante. Un puzzle, in cui tutte le tessere si vanno ad incastonare per avere un quadro d’insieme abbastanza rassicurante per poter sperare di afferrare un pizzico di felicità, quanto basta (q.b.) per non sentirci mai soli in questa traversata che chiamiamo vita.

A presto, dunque, con l’AUGURIO che tutti INSIEME si possa provare, nonostante tutto, ad essere FELICI! Alla prossima. Angela