lunedì 29 giugno 2020

"Fuma stronzo, fuma..." - Il mio incontro con Vittorio Gassman

[Pagina estratta del numero di giugno di DIALETTICA TRA LE CULTURE - Roma]

Dal 1996 al 2002 ho lavorato in un famoso studio di registrazione e produzione musicale, qui a Roma. Sono stati i 6 anni più folli e divertenti della mia vita. Un caleidoscopio di esperienze, emozioni, avventure, incontri, amicizie, feste, personaggi, musica, allegria, vita.
6 anni irripetibili.
Ho incontrato tantissimi artisti, con tanti di loro ci sono diventato amico.
Tra tante personalità artistiche ho avuto, nel 2000,  l'immenso onore e privilegio di incontrare anche Vittorio Gassman, pochi mesi prima della sua scomparsa.
Il Maestro doveva registrare una collana di cd nella quale recitava le poesie più rilevanti e rappresentative della letteratura italiana dell'800 e del 900.
Sua la scelta.
Un progetto importante, monumentale che vedeva anche la prestigiosa partecipazione di Roberto Herlitzka, Ugo Pagliai e Lina Sastri.
Ci dettero due settimane di preavviso. Quindici giorni in cui si viveva una strana eccitazione mista a paura. Tutto doveva essere perfetto: la registrazione non doveva avere intoppi e lo studio doveva essere al massimo dell'efficienza e della confortevolezza.
Arrivò il giorno, di pomeriggio. Vittorio Gassman scese dal taxi,  strinse la mano al tassista accennando un sorriso, alzò la testa, guardò oltre il tettuccio della macchina e ci scorse dall'altra parte della strada. Eravamo tutti sull'uscio dell studio, in piedi, quasi sull'attenti, trattenendo un po' il respiro. All'epoca avemmo tutti la malsana idea di ossigenarci i capelli, una selva di teste bionde/bianco ghiaccio, protopunk fuori tempo massimo. Gassman si avvicinò, ci squadrò uno per uno, sorrise e strinse la mano a tutti, addirittura presentandosi con un dolcissimo e rassicurante "Piacere, Vittorio". Fummo tutti investiti da un'aurea strana, infondeva benessere elettrizzante. Era molto alto con un'andatura sicura ed elegante. Chiese un caffè. Chiamai il bar, arrivò un ragazzo che per poco non fece cascare tutto non appena si accorse della presenza del più grande rappresentante vivente del cinema e teatro italiano. Gassman lo ringraziò con garbo e gli strinse la mano.
Il primo giorno di registrazione passò in fretta. Gassman non perdeva un colpo, lucido e determinato, divorava intere poesie con  grazia inusitata, la solita classe immensa. Le uniche pause o rifacimenti erano dovuti ad una tosse radicata, era l'unico autorizzato a fumare in sala. E di sigarette ne fumava davvero tante e ad ogni colpo di tosse si rimproverava (il suo "fuma stronzo, fuma"... da autodedicarsi in maniera reiterata era quasi un mantra, era  la nostra catarsi, lo sciogliersi della tensione in una risata liberatoria e salvifica). Non solo sigarette, come vizio incontrollabile, ma anche tanti cioccolatini. Aveva la predilezione per una marca particolare. Mi premurai in seguito di farglieli trovare tutti i giorni, tranne una volta. Al solito bar erano finiti, girai per altri bar ma nulla. Comprai  qualcosa di simile e glieli portai, convito che non li avrebbe graditi. Lui li guardò, guardò me, riguardò i cioccolatini e, in anticipo sulla mia mortificazione, mi sorrise dicendo: "grazie, sono proprio quelli che volevo". Mi rincuorai. Quasi si fosse creato un legame segreto tra noi.
Finì la prima giornata, Gassman sempre con grande educazione, chiese un taxi. Lo chiamai.
Il taxi arrivò, ma Lui si attardò un bel po' prima di lasciare la sala, continuando a parlare con tutti noi e non risparmiando grandi sorrisi che accompagnava a movimenti degli occhi, a volte semichiusi a volte spalancati, penetranti e profondi. Era estasi pura sentirlo parlare con il suono magico della sua voce, il suo gusto nella ricerca delle parole, perfino le sue pause trasudavano eleganza. Noi ascoltavamo rapiti, completamente ipnotizzati.
Suonarono alla porta, era il tassista, furioso. Stava aspettando da un quarto d'ora ed era pronto ad inveire finchè non si accorse del suo cliente speciale. Diventò immediatamente docile, riverente, quasi servile, dalla bocca gli uscì solo un flebilissimo: mi scusi Maestro...
Gassman sgranò gli occhi, lo guardò e dopo una breve pausa seguita da un profondo respiro gli prese la mano e disse: "no, perdonami tu, mi ero trattenuto con i miei amici. Andiamo".
Fu un gesto meraviglioso, dolcissimo e carico di significati. Un signore, un artista immenso, ma soprattutto un uomo dalla statura enorme. Non faceva differenze, dispensava sorrisi e grandi strette di mano a tutti. Impressionante e straordinariamente grande nella sua semplicità
Le successive giornate di registrazione passarono senza intoppi.
Vittorio Gasmann lavorava sodo, senza pause, si concedeva solo pochi intervalli tra una poesia e l'altra perchè le impreziosiva con aneddoti personali, frutto di studio,  cultura, passione. Intrecciò una benevola relazione di amicizia con il fonico Jacopo, che gli era sempre accanto per le registrazioni, lo trattava come un figlio. Durante le pause rideva e scherzava con i suoi illustri colleghi, continuando a prendere bonariamente in giro il "povero" Herlitzka, altro gigante della recitazione.
Quando finì il lavoro e arrivò il giorno del commiato fu come al solito molto gentile, ci salutò tutti, dal primo all'ultimo, anche chi non aveva avuto a che fare direttamente con lui. Grandi sorrisi ed anche qualche abbraccio.
Si chiuse la porta, ma rimasero aperti  i nostri cuori, le nostre anime, annaffiate per due settimane da un incommensurabile ricchezza artistica ed umana.
Un paio di settimane dopo, Vittorio Gassman presentò su un canale Mediaset in seconda serata una riedizione del suo Mattatore, credo sia stata la sua ultima apparizione in tv. Vedemmo tutti insieme la prima puntata. Gassman aveva i capelli ossigenati come i nostri. Abbiamo tutti voluto ostinatamente credere ad un piccolo, affettuoso omaggio.
Di sicuro il miglior regalo possibile mai ricevuto è stata la sua presenza nelle nostre vite, seppur per pochissimo tempo. Una presenza con un valore inestimabile fatta di racconti, aneddoti, battute intelligenti e illuminanti, sorrisi e poesia. Tanta Poesia.
“Mi disturba la morte è vero. Credo che sia un errore del padreterno. Io non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me... che farete da soli?”
Ecco, Maestro, non faremo niente, siamo tutti più soli, infinitamente più soli. Da vent'anni esatti.
Grazie di cuore, Maestro.
           Giuliano Leone

lunedì 22 giugno 2020

Canto di rinascita-Inno alla vita di Isabella Antonacci


Mi hanno dato l’onore di leggere le parole di Angela, insieme con l’onere di scegliere la pagina da leggere. Onere davvero pesante, perché ogni pagina delle oltre 800 de Le piogge e i ciliegi è una Pagina, con la P maiuscola. E chi ha letto i due volumi sa di cosa sto parlando.
Ho pensato, allora, a una collana, una collana in cui si alternano il rosso corallo, carico di energia vitale, e il lunare candore della perla, simbolo della femminilità creatrice.
Ho pescato ogni singolo granello di questa collana nel mare Angela, Angelina, Lina, un mare che abbraccia le piogge e i ciliegi che trasmettono amore mentre lo raccontano, anche quando le parole si rivestono di malinconia.
Non canto più né la gioia né la disperazione. Si è perso il canto. Si è perso(pag. 303 vol. 2)
E, ti chiedo, Angela, la scrittura, come tu dici, “La scrittura mi si impone Mia degli Altri(pag. 176 vol. 2), cos’è, se non canto?
“… il mio libro
Il sovrapporsi di parole che, se le vedi sul foglio non riesci più a leggerle, ma se le vedi all’orizzonte sono il trenolungolungo di ogni mia meraviglia;
e, se le distendi sul rigo, formicolano silenziose, portando il carico di sogni e sgomenti, di stupori e paure;
e, se le leggi in verticale, diventano pioggia di pensieri che sembrano un imbroglio di lettere e, invece, irrorano l’anima e la rigenerano di ricordi per ridonarci una nuova fioritura;
e, se le vedi controvento, sono stormi di uccelli che nugolano nel cielo e lo ricamano in una danza che non ha soste né direzioni e mi portano in alto in alto dove tutto è
Inno alla Vita. Gioiosa libertà. Meravigliosa Armonia.” (Pag. 196 vol. 2)
Non è canto, canto corale, “La creatività moltiplicata per due e data in eredità ai figli”? (pag. 316 vol. 2)
“Le parole… I figli…” (pag. 315 vol. 2)
“Poi torna l’arcobaleno. E non so più se è un segno di speranza o ancora un’illusione questo insieme di colori che mi prefiguro per dipingere giorni migliori.” (pag. 303 vol. 2)
 Eccoti, “araba fenice a risorgere continuamente dalle mie ceneri” (pag. 322 vol. 2)
rinascere oltre la notte e le perdute sere(pag. 375 vol. 2)
Con “occhi incantati per scoprire un prodigio(pag. 325 vol. 2)
devo crederci ancora… sognare ancora… vivere ancora…non devo smettere di stupirmi…(pag. 354 vol. 2)
Come quando, bambina, giocavi con la luna
E in quel cortile io giocavo con la luna, quasi gomitolo di lana da imbrigliare ai rami del gelso e afferrare attraverso la finestrella delle rose per posarla sul mio cuscino.(Pag. 394 vol. 1)
La stessa luna, eterna bambina come te, che nasce e rinasce

 Ha un sorriso da emoticon
la luna bambina
che si culla nel volto scuro
del cielo e lo rischiara.
appena nata
quasi una nuova creazione
del mondo. senza pianto.” (pag. 327 vol. 2)
Senza pianto, sì, senza pianto.
Oggi è, ancora una volta, anzi, più che mai, tempo di nascita e di rinascita… anche per me…(pag. 204 vol. 1)
Grazie Angela, Angelina, Lina, grazie di essere ciò che sei.


Mia nota a questa bellissima pagina, portatami in dono da Isabella Antonacci che, con suo marito Umberto, sono venuti in libreria (la nostra libreria Secopstore a Corato) per la presentazione del meraviglioso saggio critico-letterario di Vito Di Chio, splendido saggista e prezioso amico, "Una finestra aperta sui sogni" (SECOP Edizioni, 2020)

Nel leggere e rileggere questa pagina, che desidero condividere con chi avrà la bontà di seguirmi ancora, dopo tanti inevitabili intervalli di silenzio, mi sono sorpresa, emozionata, commossa. Mi sono sentita attraversata dall'attenta lettura di Isa, dalla sua capacità di focalizzare alcune espressioni a me particolarmente care perché connotano la mia personalità e, quindi, la mia scrittura che da questa prende forma e vita, ma soprattutto mi sono sentita avvolta dal suo affetto profondo e sincero...
Grazie, Isabella, per la tua presenza nei miei giorni di rinascita e oltre. Angela, con gratitudine.