mercoledì 26 maggio 2021

Mercoledì 27 maggio 2021: ultimo Inno alle MADRI di maggio e di sempre...

 Lasciatemi concludere con l’Inno alle MAMME di maggio e di sempre con alcuni testi in prosa e in poesia, che mi riguardano molto da vicino.

Ed ecco un’altra madre rivissuta dalla propria figlia in un racconto poetico, che devo ridurre purtroppo all’essenziale per ovvi motivi di spazio. Titolo: Quasi un SOLILOQUIO - Lettera a mia madre di Daniela Leone (20 ottobre 1997- lunedì. E Daniela aveva appena ventuno anni ed era già da due anni volata verso la Capitale).

Ciao amore della mia vita,

è primo pomeriggio ed io sono seduta sulla scalinata della “mia” bellissima piazza di S. Maria in Trastevere. Ho un’ora di tempo prima di attaccare a lavorare e mi è venuta una voglia incredibile di scriverti - SAPORE AGRODOLCE DI FORTE SENSAZIONE - BISOGNO/DESIDERIO DI UN QUASI/CONTATTO - ABBRACCIO ETEREO. (…)

Mi piacerebbe condividere con te queste emozioni, quasi per donarti la vita come tu hai fatto con me. Riesco a vederti, ancora curva sul “tuo” tavolo/scrivania, di fronte alle “tue” carte, alle “tue” affezionatissime “tratto-pen” nere; e sento il tuo respiro (intermittenti spasmi di stanchezza) e il tuo profumo di casa (di una casa che forse non ancora ti appartiene del tutto - rifiuto di un sogno disincantato). Mi ritrovo bambina nelle tue braccia… mani lisce ad accarezzarmi le guance (CALORE - SICUREZZA - DOLCEZZA); sorriso malinconico; mi perdo ancora nel tuo sguardo e nella tua voce che mi culla teneramente nella notte - non ho più paura dell’uomo nero se tu sei accanto a me - non smettere, ti prego - continua a cantare…

Mamma, mammina - ci sono io accanto a te - vorrei poter ricomporre la tua allegria e lasciarmi inebriare ancora dalla tua risata (impotente guardo con gli occhi dell’anima gli spazi vuoti nel puzzle della mia Lina ragazza - di quella tua felicità ancora intoccata - vorrei poter essere ancora più forte per ritrovarne i pezzi andati perduti…). Ti stringo a me. Forte, sempre più forte. Ascolto la ritmìa del cuore - trattengo il fiato - la sincronizzo alla mia (momento più atteso della giornata dormire con mamma… anche allora mi piaceva sentirti respirare, tutta attenta a non perdere il ritmo…).

-          - FILO DIRETTO -

 

Sono FELICE. Sto scoprendo il MIO mondo… (…)

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… le quattro e venti, il tempo è scaduto! È tempo di andare… un bacio tenerissimo

                                         la tua Daniela.

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SILENZIO ASSORDANTE… FUORI C’E’ UNA SPLENDIDA LUNA.

NB. Ehi, mi senti? Sono vicina a te… sempre “nel persempre”!

(da: diciottosettembresettantasei. SECOP edizioni, Bitonto 2001)

È anche questa una poeticissima pagina in prosa (dalla scrittura molto particolare e originale), che propone un rapporto diverso da quello che ci ha commosso nel romanzo precedente di Matteo Gelardi. Qui si tratta di una madre non più tanto giovane e di una figlia giovanissima. Un rapporto, vissuto tra una madre fragile (in apparenza) e una figlia forte (in apparenza), che ha comunque saputo far tesoro, per amore, delle esperienze vissute, nel bene e nel male, con la propria mamma. Ed è un andare indietro nei ricordi per scoprire la necessaria presenza di lei a proteggerla dalle paure di bambina, prendendo sempre più consapevolezza, col trascorrere del tempo, di ritrovarsi, oggi più che mai, in un rapporto capovolto: ora è la figlia che esorta la mamma a RI-NASCERE e a non aver paura della vita né per sé né per i figli e i nipoti, che sono diventati rami di uno stesso albero, con profonde radici, ma ognuno col proprio cielo, le proprie foglie, i propri frutti… Un rapporto di profonda tenerezza e di caparbia volitività a spiccare il volo per una conquista, del tutto personale, di libertà, e di sempre più ampia conoscenza di sé e degli altri, senza perdere mai le radici, profondamente ancorate al cuore di sua madre… Come è più o meno il destino di ogni mamma, eternamente annidata nell’anima di chi rimane, vita della sua vita, a percorrere il sentiero di rose e di spine della “propria” Vita…

Ed ora ecco una mamma che ha già percorso buona parte della sua esperienza di madre. La poesia è di Primo Leone “GOMITOLO DI LANA”: a ricordarcela “oltre la soglia del tempo”.

Mia madre/ È un gomitolo di lana/ che ancora protegge/ le mie ansie,/ srotola memorie,/ quasi un bozzolo/ di seta/ che gira e rigira,/ fuso di pietra/ che rincorre labirinti/ di lantana./ Ancora/ quel filo/ disegna figure nel buio,/ ancora quel gomitolo/ si dipana tre le mani/ oltre la soglia del tempo/ come foglia che mai cade/ e si rialza e va giù/ e ritorna/ prima di cadere/ sulle ombre della sera/

 quando il vento/ è un sussurro lieve/ un brivido appena/ che il filo di lana/ avvolge e nasconde./ Quante radici/ intorno al cuore ruvido/ di questa lana/ intorno ai miei inverni/ ormai deserti,/ sempre più stanchi/ e non più bianchi/ della stessa neve/ dove lasciavi impronte/ ad inseguire le tue ansie,/mentre il filo d’Arianna/ costruiva i miei ritorni/ e le mie fughe…/ Tu mi parlavi/

del tempo delle fate/ degli orchi delle streghe/ e di boschi incantati/ dove la fantasia/ è un regno da  bruciare./ Ancora…/ nel bosco/ di tutti i miei fantasmi/ quel filo di lana/ si dipana oltre l’orizzonte/ dove cadono inesorabili/ i silenzi della memoria.

Una “madre/gomitolo di lana” ha già una connotazione d’altro tempo: è accoglienza morbida e calda a proteggere ancora le ansie del figlio con pochi capelli ormai e ormai poche illusioni. Ed è, nei giorni del disincantato inverno del figlio, una presenza costante “che srotola memorie”… L’esatto contrario della mamma precedente: Viva, bella, capelli lucenti, profumata di primavera… Ma è un gomitolo che la rende eterna attraverso tutte le stagioni attraversate ed ora ricordate nell’inabissarsi del poeta nelle profonde radici che la mamma, evitando di trasmettergli le sue ansie di anni e dolori da non potersi dire, ha messo intorno al suo cuore di figlio. Radici, che si sono nutrite di fiabe e favole, di boschi incantati in cui ancora brucia di luce e riscalda la sua fantasia. Oltrepassando tutti i possibili o inevitabili “silenzi di memoria”. Ma davvero ci sono i “silenzi di memoria” se quel “filo di lana” continua a dipanarsi oltre l’orizzonte che ci vuole sconfitti, ma rimane sempre un po’ più in là delle nostre mani tese, intente a raccogliere e a conservare i ricordi “fino all’ultimo respiro…”?

E infine permettetemi di dedicare una poesia anche alla mia MAMMA. È una poesia scritta dieci anni fa e già pubblicata nella silloge L’ora dell’ombra e della riva, e rivisitata alla luce cupa di questi nostri giorni.

Per mamma venti anni dopo

(Il 1° aprile di venti anni fa mia madre

è andata via verso le stelle per sempre

ed io sono ancora qui a cercarla

                nel firmamento)

 

Un soffio di tempo la distanza

della tenerezza dei tuoi occhi dai miei,

un’eternità il tempo della distanza

da quel mattino d’inizio primavera quando

tu pregasti inerme e silenziosa d’andare via.

- Ancora? - mormoravi distrutta dall’attesa,

già pronta per il viaggio di sola andata.

“Ancora?” pigolavi al nostro cuore straziato.

E noi con funi e catene a trattenerti ancora,

con baci di liquido amore a lasciarti andare.

Nei campi solo ieri ho visto gemme

di mandorli e peschi e ciliegi

rifiorire tra i sempreverdi ulivi.

Già cantano al sole questa nuova stagione

che ingioiella il verde tenero delle zolle

di rugiadosi diamanti stillanti gocce di luce

SENZA DI TE

E uno splendore di rami festosi esige

un impossibile ritorno al nostro abbraccio.

T’ingemmavi anche tu d’eterna primavera

con fili di perle e di corallo e collanine d’oro

che ti ornavano il collo e la pelle chiara.

E un profumo fresco di fresie e giunchiglie

ti avvolgeva come nuvola di rose di giardino.

Tu sapore d’estate, di mare e di rosse angurie.

Sapore di lontananza, di silenzi e d’attese.

Sei andata via, ed io come da bambina

ti do le spalle per non vederti sparire

all’orizzonte di giorni dimentichi di ieri,

che rifiutano il ricordo delle tue parole,

di ogni tuo andare che colmava di spine

le strade dei nostri insaziati incontri,

rari sempre più rari, strangolati da giorni

imperdibili di lavoro e di stanchezza

in un silenzio di squarciati deserti prima

di ogni noi attraversati e dopo ogni noi

da attraversare lungo il tuo sorriso di pianto.

(nemesi ignorata e temuta sono oggi, madre,

madre anch’io di lontananze se non di silenzi,

di mute preghiere e di inevitabili attese

lunghe

più dei lunghi abbracci da vivere

                                          sulla soglia dell’alba).

E con queste meravigliose MAMME nel cuore ci salutiamo.

                                       Angela De Leo

lunedì 24 maggio 2021

La parola alata in frammentata primavera di maggio e di luna...

 Nata di maggio

appartengo ai colori accesi

di papaveri rose tulipani

Profumo di scalpitante

allegria mi arde nelle vene…

                      *

Io nacqui alle otto di una sera

che sfogliava petali di rose

per farne farfalle profumate

in un campo di ciliegi e melograni

- tra papaveri da scoppiare tra le dita

scrivevo i miei ti amo ad un amore

volto di sole e un buco dentro il cuore -

Io nacqui con negli occhi gli aquiloni

a conquistare un cielo di turchesi

barchette di carta al gioco dei bambini

in un altrove che mi strania e mi cattura…

                      *

C’è come una festa di ali

in questo tiepido pomeriggio

di piena primavera con rose

che tornano a ridere in giardino.

Petali blu franano lungo pareti

trasparenti del vaso sul tavolo.

Dipingono di voli i miei occhi.

                      *

… un amore antico

tenero cartoncino

        di ricordi

a pensarmi delicata farfalla

nel fulgore dei nostri verdi anni

(tra ricami di cielo e zolle di giorni)

                   poesia

                     *

Smarginata foglia

         il cielo

Ignora il verde della siepe

un binario vuoto

disteso all’orizzonte

(urlano papaveri impazziti

l’incognita dietro l’angolo)

                     *

     Su coni di luci

         antichi misteri

                (brevi le albe)

                      *

S’abbatte sui tetti rossi e i lucernari

(“riccioli rossi” e occhi di cristallo)

un cielo liquido che frana di gocce,

e di terra bagnata e di rose profuma.

Richiamo a gloria di campane l’alba

della domenica, giorno del Signore.

S’infrange di pioggia e cinge il capo

non d’alloro come s’addice ai poeti

ma di mirto e d’uva come vogliono

amore e follia, ebbrezza e sogno

che un giorno m’appartennero

come ago e filo, sonno e cuscino,

fiamma e calore, come ti dissi,

“dorso e palmo della stessa mano”.

                      *

Irraggiungibile sogno

negli occhi del gatto

L’uomo e la sua ombra

tendono alla luce

(scoprono un chiarore appena…)

                      *

Un clamore di sogni

sul bianco del cuscino

abbacinato di verde

(quando sarà certezza

il coro delle foglie bambine)

                       *

Corre il bisbiglio tra ali

di cieli a primavera

              senza confini

Raccontano storie di case

(l’uomo piantò stele di pietra

per realizzare certezze)

                  *

Attraversano il giorno

senza vederlo mille occhi

          Due occhi

attraversano il giorno

e l’accendono di mille colori

                        *

di treni fermi alla stazione

di arrivi senza partenze

                … non dirmi

Io resto qui dove

colmo è il cielo di luce

(mi acceca il rosso dei papaveri)

                         *

sorriso di tenerezza all’indirizzo

          di un antico amore

troppo lontano per ricambiare

l’assordante mistero che divise

la pallida luna e l’ardente sole.

                         *

Solo così per colmare silenzi…

(tingono di rossa nostalgia

l’esaltata spuma del cuore)                

                         *                             

Ombre d’azzurre ali

sfilacciano il cielo

(contraddizione di stelle

  cadenti in pieno sole)

                         *

La luna voltagabbana

cambia umore ad ogni

      quarto di luna

   (Sorride sorniona

all’umana incoerenza)

               *

La finestrella si cercò

           un varco

fra blocchi di case scure

         a farle paura…

… e continuò a sognare              

                      *

Il mistero

ha sentinelle di spine

e un percorso di rami fioriti

                    *

Se il tempo fosse una fiaba

attraverserei la tua infanzia

per offrirti castelli di maghe

      e regine

           un bosco di parole

                     epifanie di sole

                    *

… e stanotte la luna

       cristallo di neve

     imbrigliato alle stelle…

                 *

Luna morbida luna di panna

gomitolo di nuvola arruffata

nel cielo di stelle e di velluto

faccia di gatto con orecchioni

di bimbo o di mamma pancione

pieno di luna

                  *

Luna a metà fetta d’anguria

In un disfarsi di luna invecchiata

insopportabile luna divisa

dall’altra faccia smarginata

luna separata luna divorziata

infelice luna

                             *

Quarto di luna culla o cappello

parentesi di luna aperta e chiusa

dondolo altalena falce con stellina

virgola d’argento filo di bianca luna

luna sgomitolata frammenti perduti

luna sbrindellata

                             *

Luna sparita luna perduta svanita

vuoto di luna scucita sparpagliata

luna ingoiata nel buio della notte

o nell’altra metà del cielo rinata   

da innamorati vissuta tra le stelle

luna incantata

                  *

Accade davvero

accade che mi perda ancora

tra le stelle nel mio letto

     e che le ore notturne

         abbiano canto di luna

                  *

Ombre arrossate di sangue

Oscurano mondo e cuore

Una chiara alba di pace vorrei

Con canti di mia madre al balcone

Il cielo a comprenderci d’azzurro

Esultanza di ragazzi dietro al pallone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

venerdì 21 maggio 2021

Venerdì 21 maggio 2021: un incontro magico: Roberta Lipparini e Bianca Solazzo...

Altissima e bianca la parola scavata nel fiume dei gigli - nulla è a caso nella scatola dei colori sei fanciulla e cammini su fili di rose tessi finestre alla luce cerchi l'ombra, poi la allontani. Le stanze del respiro si allargano nuove visioni chiedono asilo si scuciono dalla tua bocca… (Elina Miticocchio)

Mi piace cominciare da questa stupenda prosa altamente poetica per parlare della presentazione online di soli due giorni fa dell’Albo Illustrato di Roberta Lipparini e Bianca Solazzo dal titolo teneramente evocatico Ti ricordi di me? Perché ritengo che ogni parola sembra fare riferimento alle due autrici di questo libro per bambini, e per adulti col cuore bambino. A partire dalla copertina, sintesi perfetta del contenuto. Purtroppo, non posso riportare le parole preziose degli interventi molto interessanti di Gianna Lomangino, la infaticabile libraia della libreria Hamelin di Bitonto, e di Barbara Buttiglione, Presidente Presidio del Libro di Bitonto. Entrambe appassionate e competenti relatrici, che mi hanno preceduta dietro l’attenta e brillante introduzione di Raffaella Leone PR della SECOP edizioni e sapiente conduttrice della serata. Vi invito, perciò, a prendere visione del video della diretta per assaporare tutti gli imperdibili passaggi delle diverse voci, accomunate da un unico “sentire”.  Dunque, rimangono le mie parole perché ho annotato diligentemente quello che avrei dovuto dire del libro, essendo io preposta al ruolo di interlocutrice con le due Autrici. E così, in realtà, abbiamo dato vita ad una serata con due mamme e due figlie al centro della presentazione che, via via, si è fatta sempre più corale. Ma, al centro del centro, c’erano soprattutto loro: il magico Albo Illustrato, Roberta Lipparini, autrice dei testi, e Bianca Solazzo, autrice delle illustrazioni: un libro, una mamma, poetessa, incantata di fronte alla natura e al miracolo della vita, e una figlia giovanissima, che avvolge, con una carezza del cuore, le filastrocche materne attraverso immagini ricche di colori, che rivelano tanta complicità di esperienze e confidenze vissute insieme, talmente belle da avvertirne la totale aderenza al mondo trasognato che ogni parola ritmata e dolcemente musicale porta con sé all’interno dell’Albo.

Ed ecco il titolo: un caldo colore di sole e di terra, e una prima, tenera, accorata, ansiosa domanda evocativa, “Ti ricordi di me?, che comporta un presente che si volge al passato e, quindi, alla memoria per dischiudersi al futuro e, cioè, a nuovi incontri, nuovi orizzonti da ipotizzare ancora insieme, mamma e figlia, dopo ogni necessario, inevitabile distacco. Culla di luna, la prima, e mistero di stelle, la seconda, a creare un sodalizio di creatività per la vita…

Di qui la suggestiva copertina con l’avvolgente onda su una linea di terra/cielo che, simile a una barca o a una culla, ripropone il mare attraversato e le sospirate stelle per ritrovare il sogno, che ci affascina e ci cattura in quanto legato, a mio parere, al ritorno ai primi giorni di vita della figlia nel dipanarsi del tempo della madre fino ai nostri giorni e oltre.

1^ Domanda: come è nata l’idea di questo libro e come si è sviluppata in una sorta di patto d’amore e di alleanza tra mamma e figlia? (Desidero che mi rispondiate entrambe). Risposte rivelatrici di due personalità molto creative e impregnate di Amore per l’AMORE e di Poesia per la POESIA. (vedere video)

Continuando sulla stessa suggestione, nella quarta di copertina, la barchetta, scortata da due alberi, radici e fonte di amore e di sostegno per la bambina sempre presente nelle parole e nelle immagini anche quando è assente, nutre il desiderio di avventurarsi da sola alla scoperta del mondo, come è giusto che avvenga per ogni nuovo nato che cresce e deve percorrere sempre più con autodeterminazione la propria vita, e portare la vela al largo. Sulla vela un’altra tenerissima domanda: “E se un giorno partirò/ per andare lontano/ terrai il mio ricordo/ chiuso in una mano?”, che evidenzia una struttura del libro “ad anello”. Questo mi suggerisce la possibilità di un capovolgimento: e se prima partissimo dalla metafora figlia-barchetta per giungere alla domanda della mamma-culla: “ti ricordi di me?” non diventerebbe inizio e fine con un nuovo inizio della domanda iniziale? Alfa e Omega di questo rapporto d’amore che il tempo non scalfisce e che va oltre il tempo e lo spazio. Oltre.

Meravigliosa, a mio parere, è anche l’impaginazione: molti versi di quasi tutte le filastrocche evidenziano una scrittura giocosa, che visualizza il senso delle parole-chiave con lettere che si muovono, danzano, sussurrano, volano a rendere più dinamico e magico il loro significato interno, realizzato con molto amore dalla curatrice Raffaella Leone. La prima poesia ne è l’esempio lampante (lettura prima filastrocca da parte di Raffaella).

Ed è, per me, anche conferma di due genitori che formano un grande albero, l’albero della vita, nonostante siano di “aria” di cielo e “brezza” di mare, trasparenti, leggeri, portati verso l’alto. In realtà, formano un albero forte di rami e di foglie per il bimbo/a fragile, reso/a sicuro/a dalla loro protezione. E l’albero della vita si ripropone ancora perché in queste pagine è tutta la vita che si dipana come un filo di molti colori e di molte fantasie, di tanto mare e tanto cielo illuminati da miliardi di stelle ad accendere ogni buio perché nessuno abbia più paura o si senta solo. a questo proposito, basta leggere la splendida sinossi di Raffaella per scoprire tutto l’universo poetico che illustrazioni e filastrocche le hanno suggerito.

Particolare è poi, per quel che mi riguarda, l’illustrazione della casa fra le stelle perché mi riporta alla immagine di copertina della silloge di poesie di Francesca Romana Petrucci con la sua Casa tra le stelle, da lei sognata e poi ritrovata misteriosamente identica in una casa che è andata a visitare. C’è proprio da pensare che siamo una sola grande Anima nell’Universo. (lettura filastrocca da parte mia).

C’è, inoltre, in tutte le filastrocche il desiderio/bisogno di varie personificazioni/identità, che rivelano il nostro essere frammentati pur riconoscendoci nell’intero. Bellissime le filastrocche e le illustrazioni di queste personificazioni realizzate da Roberta e Bianca in un continuo guardarsi, fondersi, confondersi, scoprirsi e riconoscersi, così diverse, così uguali. E anche nella scrittura tutto questo viene visivamente curato nei minimi particolari perché tutto si risolva in puro incanto, meravigliosa magia. “E le stelle ci stanno a guardare”, come il romanzo di Cronin, di circa un secolo fa, ci suggerisce. Ma, oltre alla luce delle stelle a confortarci nel buio, la luce del giorno favorisce gli incontri, il guardarsi negli occhi per riconoscersi e sentirsi fratelli, oltre la tana, la casa, il nido, l’albero. Oltre ogni possibile esclusione dell’altro… Ed è questo volare oltre che rende la vita un’avventura con… destinazione ritorno! Ritorno come, quando, dove, perché? Oltre il tempo e lo spazio perché la creatività “ci fa rinascere infinite volte” (Fromm). Perché l’amore abbraccia tempo e spazio e si fa eternamente presente. (Lettura ultima filastrocca da parte dell’autrice).

2^ domanda: il senso del ritorno ha tante significazioni diverse. Nel suo significato più semplice e concreto è auspicabile? Magari per ritrovare la sicurezza nella casa, nel nido, nella tana o è il viaggio che dobbiamo augurare a noi, agli altri, ai figli, ai giovani, dopo ogni ritorno? Ma ritorno può anche significare il riportarsi anche dopo l’ultimo addio ai luoghi amati, alle persone che ci portano nel cuore e che ci “sentono” in ogni respiro del giorno; ci vedono in ogni stella che illumina il cielo; in ogni nuvola o fiore o canto d’usignolo, volo di rondine (solo a Roberta)

Conclusione:

E vorrei concludere con alcune metafore e similitudini catturate dal mio Retino dalla imperdibile quanto poetica Sinossi di Raffaella al libro.

Di questo splendido Albo Illustrato desidero allora sottolineare:

La “Leggerezza”: come onda di mare, nuvola di cielo, soffio di vento. 

La “Tenerezza”: come nido di ramo, volto di luna, acquerello di luce.

La “Solidità”: come albero di montagna, sguardo di quercia, cerchio d’universo. 

La “Incertezza”: come tutte le domande, come tutte le risposte, come tutta la vita intera. 

La “Sicurezza”: come matita che scrive, come parola sul foglio, come tana nel suolo.

La “Freschezza”: come rugiada che brilla di foglie, come mare che danza di onde, come alba che si schiude al giorno. 

E, infine, il “Volo”: come uccello verso il sole, canto verso l’alba, sguardo verso il cielo.

Con tutti gli orizzonti che potrà scoprire, raggiungere, cambiare per permettere a noi lettori di continuare a credere nella bellezza del Creato, con tutte le sue Creature, e continuare a sognare. 

Grazie. Angela


giovedì 13 maggio 2021

Giovedì 13 maggio 2021: 2 mesi dal tuo andare via in silenzio

di Giovanni Gastel: Poesie di commiato agli amici

Oggi due mesi dal tuo andare via in silenzio. Con tutto il tuo desiderio di pace dentro. Con tutta la tua poesia che connota una scrittura narrativa elegante, solo apparentemente semplice, ma sicuramente sincera e immediata. Con versi molto profondi e densi di significato (versi logofanici), in ogni accenno di cielo e di abisso a sfiorare l’anima. Abisso da cui risorgevi continuamente con la caparbia volontà di essere Amore per dare e ricevere amore all’ombra della tua mai spenta Poesia.

“Amici dolcissimi”

Amici dolcissimi

non è d’acqua la vostra trasparenza

non di luce che passa tra le foglie

non di gelida neve immacolata.

La vostra è trasparenza d’amore

carico di attenta paura

per me

per la mia disordinata vita

simile a quella di chi cammina sul filo

e a quel filo affida

senza apparente motivo

il suo incerto destino.

(Filicudi 2019)

L’aggettivo “dolcissimi” del vocativo “Amici” del primo verso racchiude tutta la tenerezza di un signore che ha fatto dell’amicizia un nodo d’amore forte e sincero. Non a caso, nel secondo verso parla di “trasparenza”, facendo riferimento all’acqua di una “società liquida” (Zygmunt Bauman), che diluisce sentimenti e li dilava, facendoli scolorire fino a perderli del tutto. Neppure la “luce” era trasparenza d’affetto degli amici né la “gelida neve immacolata”: la prima si sarebbe potuta spegnere negli anfratti ombrosi di foglie che pure ancora verdeggiano in tua assenza tra alberi lussureggianti del Parco di Villa Erba; la seconda si sarebbe potuta sciogliere prima di raggiungere il cuore. Solo l’amore compie il miracolo della verità. L’amore che era, secondo te, l’“attenta paura” per la tua incolumità perché, essendo tu un Artista a tutto tondo e appassionato amante della Poesia, avevi scelto tuo malgrado di vivere da funambolo sui precipizi del mondo e della quotidianità. L’amore è l’“attenzione” che trema per l’altro. L’amore non giudica. Ha solo paura che l’amico possa correre il rischio di cadere. È ansia per la sorte della persona cara, che osa il volo non a tutti consentito. È l’amore che “si prende cura dell’altro” e lo fa sentire compreso, protetto, amato. Sicuro, nonostante le proprie fragilità… oltre il proprio coraggio.

Grazie, Giovanni, per questa splendida poesia dedicata agli amici sinceri… e tu ne hai avuti davvero tanti. Ti era estranea la falsa adulazione spesso strumentale alla propria affermazione grazie al tuo nome, al tuo prestigio… non sapevi riconoscerla tanto volavi alto. Chi vola troppo alto difficilmente si accorge delle miserie umane. E, quando si accorge suo malgrado del precipizio, rimane attonito e spaventato come uno dei tuoi angeli in caduta libera e in preda a grande smarrimento, a doloroso senso di irrimediabile sconfitta. Ma la Poesia, per fortuna, come portentoso unguento, tutto risana.

E sull’amore, dato/ricevuto ecco un’altra testimonianza:

Così

nel silenzio

parlo d’amore con il mio ricordo.

Ma è difficile distinguere i dettagli

nella nebbia dell’anima.

Sono sorrisi e risa e baci

e corpi donati e poi abbandonati

che si alternano

a formare un grumo i sentimenti indistinti.

Ma questo è il cuore della nostra vita.

Caotico come le scatole dei bambini piene di giochi.

Resta con noi

amore

unico balsamo

che possa ancora dare senso al nostro cammino.

Milano 2020

Negli ultimi due anni, però, e soprattutto nel 2020, sempre più si avvertiva nei tuoi componimenti poetici una sorta di testamento, un messaggio da lasciare ai tuoi cari, agli amici, ai lettori:

Avrei dovuto parlarvi solo d’amore

come i cantanti di un tempo

e certo ora sarei meglio di quello che sono.

Così stanco sapete e come svuotato.

 

Ci vorrebbe una buona notizia

di quelle che fanno esplodere nel cuore la gioia.

 

Invece sono messaggi tristi da fuori e da dentro di noi.

Il tempo, le malattie, la morte altrui

percepite ormai con il distacco di un bollettino di guerra

mentre tu ancora sopravvivi

nella tua sempre più piccola trincea.

 

E guardi la televisione

mangi

poi a letto

col sonnifero che ti riporterà nel vuoto nero

fino al nuovo giorno.

 

Ma domani reinventerò un mondo puro

di bellezza e perfezione

in cui vivo solo.

Milano 2020

Sembra apparentemente un accorato messaggio di sconfitta, ma nella terzina conclusiva ecco rinascere in te la speranza nella tua capacità creativa che annulla tutta la stanchezza del disincanto per farti immergere nel tuo sognato e agognato mondo di “bellezza e perfezione”.

E bellezza e perfezione scoprivi nel miracolo compiuto dalla forzata “clausura” del mondo in seguito alla pandemia del Coronavirus, che stava già falcidiando una parte ingente di esseri umani inermi, sorpresi, sconcertati, impauriti, impreparati alla nuova “peste” del terzo millennio: la natura, purificata dall’assenza nefasta dell’uomo, si stava prendendo la rivincita sulla sconsiderata sua azione distruttiva e autodistruttiva.

C’è un tempo per tacere

per lasciare che le cose accadano.

E noi a guardarle

con la fissità assente delle statue.

C’è un abbraccio che non possiamo pretendere

ma solo sperare che arrivi.

Tutta questa azione è una lettura del mondo

su cui dovremo prima o poi ragionare nel profondo

come frati votati al silenzio.

È bastato un mese senza la nostra disordinata arroganza

E la natura ha portato i delfini a danzare a Venezia.

Milano 2020

E l’esultanza per quella “danza” dei delfini a Venezia, vista con i tuoi occhi di fotografo e cantata con la tua penna di poeta ti ha accompagnato con una insolita speranza fino all’estate, tempo e luogo, nella tua Filicudi, di respiro calmo e di poesie, non senza un pizzico di amarezza per il mondo lasciato alle spalle ma ancora fortemente avvertito nelle tue carni “inquiete e svuotate” che ti chiedevano di scoprire “l’errore”, da cui tutto aveva avuto origine nella tua vita di “sognatore” di sofferta sensibilità e di intima solitudine:

Giorni e notti.

Cosa resterà della nostra storia?

Qualche foto

una stropicciata lettera

troppe volte riletta.

 

Ha assorbito l’inverno questo cielo

e di nuovo io porto nell’estate

la mia fragile vita di parole.

 

Tutto è immobile

tranne il ricordo che si fa reale.

Altri giorni e notti

svuotato e inquieto

cercando l’errore che ha fatto di me quello che sono.

Fragile e combattivo

In questa mia inconciliabile ferita anima.

25 aprile 2020

E ancora, in tempi più recenti:

Come un cane sbandato

in cerca di pace

ho girato il mondo.

Molti cuori

hanno accompagnato

a tratti il mio cammino.

Quasi questa malinconia

fosse una calamita

e i miei occhi uno specchio

in cui ritrovarsi.

Non ho molto da lasciarvi

amici cari

qualche fotografia

qualche poesia…

L’eredità di un sognatore

cascato in un mondo che fatica a capire.

Milano 2020

E un presagio di morte imminente ti ha accompagnato fino al giorno 13 marzo 2021 ed io non voglio arrendermi al pensiero della tua assenza. E con me quanti (tantissimi nel mondo intero) che continuano ad amarti. Ed ecco il pensiero per te in questo giorno di tristezza e rimpianto:

Carissimo Giovanni, due mesi fa in silenzio e con la sola carezza del buon Dio a guidarti per mano sei volato nella Luce, lasciando sulla terra la scia luminosa del tuo passaggio intenso e ricco di mille vite almeno. E oggi con la forza ardente della tua immensa creatività illumini i nostri giorni vuoti della tua presenza fisica, colmandoli di tutti i doni che hai lasciato in chi ha avuto il privilegio di conoscerti, incontrarti, viverti accanto.

Le tue inimitabili foto, le tue meravigliose poesie, in cui la tua anima bella vibra di dolce malinconia e rara sincerità, le innumerevoli opere realizzate con geniali dita d'Artista sono qui con noi e vivranno per sempre rendendoti immortale. E sei presente soprattutto con tutto l'Amore che hai donato a piene mani a tutti con generosità, altruismo, umiltà e coraggio in questo nostro mondo opaco, triste, impaurito. Rimani Faro luminoso in tutto l'azzurro che ti appartiene. Ma, nella notte di questi giorni bui, accendi per noi e soprattutto per i tuoi cari tutte le stelle con mani di tenerezza. Oltre le mie mani in preghiera... Angela