venerdì 30 agosto 2019

Venerdì 30 agosto 2019: voglia di Bellezza


Il canto improvviso dell’alba mi ha riportato alla realtà dei colori, delle forme e delle dimensioni. E tutto si fa definito, certo, chiaro. Almeno in apparenza. Sì, solo in apparenza. Perché è un giorno ancorato ad una rada insicura e accidentata, dopo più di mille naufragi. Occorre farsene una ragione e cercare sulla riva i sentieri meno impervi, più ampi e lineari, magari fioriti, e con ventagli di chiome d’alberi a creare un’ombra che ci possa riparare dagli abbagli dell’ultimo sole agostano. Siamo tutti cercatori di certezze che mai saranno, mentre i dubbi fanno a gara per intrufolarsi nei pensieri e creare nuove incertezze. E i sentieri larghi e chiari e fioriti, appena immaginati, si perdono tra sterpaglia e rovi e pietre d’inciampo. Meglio trovare rifugio nella propria casa, dove i muri sono muri e le finestre sono finestre e tutto ha un suo ordine anche nel disordine di una casa viva e vissuta. Ma la mia voglia di libertà mi porta a desiderare insoliti spazi e imprevedibili orizzonti.
Esco sulla terrazza romana che s’affaccia sul verde degradante fino al mare di Ostia che si distende in un fiume di luce scintillante. Ecco la prima bellezza che si offre allo sguardo e si fa parola. Come non descrivere quanto gli occhi colgono e raccolgono quasi fossero laghi ad incontrare il mio stupore? E tutto si fa armonia, musica, inno al nuovo giorno. Sono felice di questa vita che mi scorre nelle vene e mi fa esplodere il cuore di gratitudine per i tanti doni che riesco ancora a racchiudere tra le mani prima che mi sorprenda la notte.
Dono è questo nuovo risveglio e il canto e l’incanto.
In questo tempo che mi rimane
breve come un volo di farfalla
che mi vibra dentro
e lungo come il rimpianto
che non mi lascia tregua
conservare vorrei
in uno scrigno da maneggiare
con cura
tutti i respiri del cielo che non ho
saputo afferrare
la voce di mio nonno perché
non vada perduta
gli occhi di mia madre
che sapevano la carezza non data
i pensieri di luce delle mie figlie
e per me la cura d'amore
Peter Pan cuore del figlio
matto da legare
e mani di tenerezza antica
per i sogni
dei miei due ragazzi d'oro puro
perché ne conservino il ricordo
e la presenza quotidiana
per i giorni dell'assenza
che verranno
E lasciare andare vorrei
sparse al vento della notte
perché nessuno le veda
le lacrime versate e i pensieri
"corvi neri" che atterrirono
le ore senza scampo dei tormenti
Le parole inutili lascerei
quelle mai pronunciate
per troppo pudore o timore
che non ebbero suono
di risentimento o di perdono
E quelle scritte che non ebbero
Senso
La tristezza di ogni inganno
L'amarezza di ogni dono rinviato
Il canto della nostalgia e l'incanto
per chi mi ha abbagliato
senza donarmi la luce di una stella
Il dolore per ogni indifferenza
lascerei andare
e per tutto quello che non meritava tanto dolore
Lasciare vorrei
a chi non mi ha creduto
il peso di ogni macigno a curvarmi
le spalle e l'anima
E tremante come margherita dopo il disgelo
librarmi vorrei
nell'immenso azzurro cielomare
portando tra dita di preghiera
lo stelo dorato di una poesia
non ancora sbocciata alla Vita...
(un puntino luminoso nell'infinito
                   essere vorrei...).
(mia poesia inedita per tutti quelli che amo e per gli altri ancora…)

martedì 20 agosto 2019

20 agosto 2019: in attesa che si compiano nuovi misfatti...


L’alba mi ha sorpreso alla chetichella, in sordina. Con gli occhi fosforescenti di Lilith, la gattina nera di mia figlia Ombretta. Se dovessi credere al “buonsenso popolare”, mi preoccuperei: “se un gatto nero ti attraversa la strada, affrettati a fare i dovuti scongiuri!!!”. Ma quasi mai la massa (o, meglio, “il gregge di lana” di fallaciana memoria) ha dimostrato “buonsenso”. Certo, non si deve mai generalizzare. È il mio imperativo categorico, e di molti altri ancora. Non detengo alcun primato e ritengo di non avere ambizioni in tal senso. Solo un po’ di buonsenso! E Lilith è la gattina più adorabile che io conosca: giocherellona, indaffarata, curiosa, divertente. È, con gli altri mici di casa (Rosco e Lamù), il nostro passatempo preferito. E non posso neppure ignorare il più anziano cuginetto Zaghi che, con l’altra mia figliola romana, Daniela, viene quasi quotidianamente a soggiornare sulla terrazza di Ombretta, Resort a cinque stelle per mici dispettosi e umani accomodanti…
No, no, niente a che fare con i pentastellati, che oggi sono chiamati con quelli della lega e pd e leu e fratelli d’Italia e forza Italia a definire, pro tempore (ma tutti sembrano ignorarlo! Almeno questa è la mia percezione! Tutti pensano di conquistare poltrone e conservarle a vita fino alla settima generazione!), i destini di questa nostra povera Italia (l’unica che merita la maiuscola iniziale!) così sfilacciata, smembrata, svenduta, dimenticata, ma continuamente strumentalizzata a destra e a manca.
No. Non vi aspettate da me un discorso da politologa, sono soltanto una semplice poetologa con l’unica passione di scrivere scrivere scrivere, magari con poesia… di Poesia. Tutto il resto mi sfiora, ma non mi tocca. Purtroppo è così. Non amo le ideologie. Preferisco le idee. Non amo i partiti. Coltivo l’utopia di uomini onesti e disinteressati (oggi in estinzione o del tutto estinti sotto questo cielo capovolto e confuso) al servizio di una Patria amata, salvaguardata, difesa per amore e con amore; una Patria-Matria (I. Calvino?) come Bene comune che tutti ci abbraccia e a cui tutti dovremmo appartenere. Ma pare che questa posizione non sia molto gradita a quelli che sostengono che ci si debba schierare e ingabbiare in questa o in quella corrente politica per non essere dei voltagabbana dell’ultima ora.
Ebbene, non amo schierarmi e ricevere ordini di scuderia. Amo scegliere di volta in volta la persona che stimo per le sue doti di onestà, dignità, intelligenza, lungimiranza, altruismo, solidarietà, umanità, evidenziate in tutto il suo coerente percorso esistenziale che personalmente conosco. Non sono doti facili da riscontrare negli esseri umani e soprattutto in un’unica persona, ma sono sempre possibilista. E qualche volta mi capita di fare centro. Anche se i risultati non mi danno quasi mai ragione. Per le ragioni sopra esposte.
Ma occorre andare avanti e non mollare mai. Anche quando commettiamo degli errori di valutazione oggettiva con la nostra inevitabile soggettività. Ma questo è un altro discorso che bisognerebbe approfondire: ciascuno ha il suo punto di vista che difficilmente mette in discussione; un punto di vista, che purtroppo condiziona ogni ragionamento, dalla partenza all’arrivo, di ogni tematica presa in esame, per via della personale percezione/visione dei fatti e degli accadimenti, non solo politici ma esistenziali.
Tot capita tot sententiae!!!: i Latini sentenziavano!
In questi ultimi tempi, però, a quanti mi leggono (pochi o tanti, non importa) sarà parso strano il mio accanimento contro un certo salvini, pensando ad un mio schierarmi in maniera sconsiderata verso il benefattore dell’umanità e, nello specifico, degli italiani e dell’Italia.
Ebbene, miei carissimi amici e lettori, non mi sono schierata contro un certo viceministro, al suo posto potrebbe esserci un pinco pallino qualsiasi, mi sono schierata contro l’abominio della disumanità in noi esseri umani in ogni epoca e spazio vitale.
Oggi tocca a noi e mi duole constatare la disumanità in tanti di noi per ignoranza, per interesse verso il proprio “particulare” (Guicciardini), per indifferenza, per sentirsi sicuri in un tempo di grandi incertezze, e così via. E soprattutto la disumanità di tanti (tutti?) i provvedimenti legislativi presi in questi ultimi mesi di governo da chi avrebbe dovuto e dovrebbe governarci con “sapientia cordis” (intelligenza di mente e di cuore), ignorando e calpestando i Principi della nostra Costituzione e dei Diritti Universali dell’Uomo. Solo questo mi spinge ancora a parlarne.
Non amo questo modo di fare politica. Io sono ferma alla Politica che riguarda la Polis e che ci riguarda tutti. Nel rispetto delle Leggi che coinvolgono tutti i cittadini, che oggi sono “cittadini del mondo”, stretti in un “villaggio globale” (McLuhan), che ci vede tutti interconnessi e responsabili di ciò che accade nel mondo intero. Anche, e malgrado, con i “poteri forti economici” al Potere.
E ancora l’utopia mi assale e ride di me: sogno un pianeta senza confini, muri, steccati, porti chiusi, violenze, guerre. Siamo tutti in “comodato d’uso” su questa Terra e possiamo ritenerci fortunati perché siamo nati in un luogo piuttosto che in un altro, in una comunità piuttosto che in un’altra, in un diverso ceto sociale, che purtroppo ancora oggi è una realtà incontrovertibile...
Personalmente, mi ritengo una privilegiata perché ho potuto vivere del mio lavoro, conquistato col sacrificio dei miei genitori e dei miei nonni (in primis), e con il mio impegno quotidiano dentro e fuori la scuola. E con il mio lavoro e quello di mio marito abbiamo potuto comprarci una casa, allevare i nostri figli, dignitosamente, educandoli alla libertà di pensiero, all’amore verso gli altri (senza distinzione alcuna), alla dignità di ogni azione ed espressione.
Conosco e riconosco come legge fondamentale della vita solo quella dettata dai sentimenti positivi. Ecco perché ogni negatività mi vede “contro”. Senza colori giallo-verdi, rosso-gialli, rosso-rosa, bianco-verde e chi più ne ha più ne metta.
Appartengo solo ai colori che esplodono di creatività, immaginazione, fantasia.
Chi mi conosce lo sa bene. E chi mi conosce sa che, per me, l’Amicizia, l’Affetto, l’Amore vanno oltre ogni credo, ogni ideologia, ogni appartenenza, nel rispetto sempre della Persona.
E non mi si venga a parlare di traffici illeciti, di interessi venali in tutto ciò che riguarda le ong, i salvataggi in mare, i clandestini che vanno rimandati indietro secondo Convenzioni, Leggi, Concordati tra Nazioni, Paesi, Continenti, ecc. ecc.
Anche io ho il mio incrollabile punto di vista, frutto di letture che comprendono tutti gli altri punti di vista. Mai fermarsi a una sola campana: questo il mio motto. Occorre leggere e ascoltare tutti per un vero confronto e una reale possibilità di scelta a quale punto di vista aderire o da cui prendere le debite distanze. Non mi piace leggere esclusivamente quello che è più confacente con le mie idee perché, così facendo, potrei correre il rischio di ignorare tutti gli altri orizzonti molto più vasti dei miei e di qualsiasi “pensiero unico”. E non prendo mai quello che leggo per oro colato. Ho bisogno di verificare con le esperienze vissute da me e soprattutto dagli altri in prima persona. E gli altri possono convincermi o meno, fino a che non mi dimostrano il contrario. Con dati di fatto alla mano.
E i dati di fatto oggi danno ragione a quei poveri migranti che scappano da altri orrori per affrontare l’orrore della morte nel Mediterraneo, dopo traversate di fortuna con la fine sempre in agguato. E, a costo di ripetermi, nessuna madre darebbe il proprio figlio in pasto agli avvoltoi umani o alla innocente ma crudele legge del mare, se non scappasse da morte certa nella propria terra. Né ritengo che quanti invocano leggi di sicurezza a suon di porti chiusi e di filo spinato sui muri rimarrebbero della stessa idea se su quel gommone ci fosse il proprio figlio a morire di morte lenta e sicura perché un folle salvini o chi per lui nega l’attracco nei nostri porti (facendosi vergognoso scudo delle parole “invasione”, “sicurezza”, “responsabilità” per “il bene di sessanta milioni di italiani”, tutti affidati alle sue “paterne cure”) ad una nave di moribondi per mancanza di cibo, di igiene, di salute, minata da giorni e notti di spietata navigazione, appesa solo all’esilissimo filo di una possibile salvezza. Di qui la progressiva totale disperazione negli occhi dei pochi superstiti in attesa della “terra promessa”.
Vorrei vedere uno solo di noi con un figlio alla deriva che attende solo una mano amica per potersi salvare. Con le unghie e con i denti strapperemmo gli occhi, in assoluta assenza del cuore, al salvini di turno.
E, invece, lui, questa volta il salvini salvini (ironia di un cognome tutto in riduzione, un ominicchio proprio “ini ini”) bacia blasfemamente crocifissi e madonne e noi stiamo a guardare applaudendo alla sua incrollabile fede… (in chi? In che cosa? Nella sua sfrontata capacità di mescolare le carte? Gioco praticato da tutti con un certo successo apparente. Nella scarsa memoria storica sua e dei suoi elettori? Anche noi popoli di migranti. Il suo disprezzo per il Sud più volte manifestato. Il suo curriculum vitae niente affatto affidabile. La sua sistematica assenza nelle importanti riunioni ai vertici europei… Nella dabbenaggine di chi ancora lo segue come il salv…atore-attore delle umane genti?).
E mi fermo qui perché potrei diventare anch’io impietosa, ma è un linguaggio che non mi appartiene…
E tra qualche ora sapremo della nostra povera ITALIA e di tutti noi e dei burattini e dei burattinai di lungo e breve corso… e chissà… vorrei essere possibilista… pur non fidandomi di nessuno!





sabato 17 agosto 2019

16 - 17 agosto 2019: dopo l'euforia del sole di Ferragosto


Passati i giorni delle stelle cadenti, rimane nel cielo una luna piena che sfolgora di luce azzerando anche la luminosità delle stelle quanto e più dell’inquinamento luminoso dei nostri paesi e delle grandi città. Sono a Roma e dalla terrazza di mia figlia guardo Ostia lontana, sommersa da luci.
Non so se ancora oggi i giovani amino riunirsi sulle spiagge la notte di ferragosto per accendere grandi falò a trattenere il calore del sole e quella luce che pian piano scarseggia perché si va incontro al tramonto dell’estate e alle prime ombre autunnali, ai primi acquazzoni settembrini, alle prime nuvole che vanno spinte dal vento ignorando la meta, alle prime rondini che lasciano i nidi per i Paesi più caldi.
La mia adolescenza e la prima giovinezza salutavano così una estate che stava finendo come i Righeira ci ricordavano, con crudele allegria, dai jukebox dei bar affollati di gambe giovani e abbronzate. E un vociare d’attesa di chissà quali prodigiosi incontri. Forse del primo bacio. E i falò erano la nostra allegria, il nostro canto rossofuoco con le mille scintille che s’innalzavano fino al cielo: una riserva di lucciole (come io mi figuravo), che sfidava il mare con le sue lampare in lontananza; una riserva di stelle che sfidava il tremolio di quelle vere, restie a cadere, mentre noi cercavamo un appiglio ai nostri sogni da realizzare a tempo indeterminato. E non ci spaventava l’attesa che diventava speranza tra le nostre mani e un sorriso che sapeva di mistero e d’incanto. Cantavamo a gola spiegata le meravigliose canzoni dei mitici cantautori degli anni Sessanta… ed era tutta lì la nostra felicità, anche se non sapevamo riconoscerla… e il sole ci precedeva, accendendo le strade dei nostri quasi vent’anni…
Oggi, 17 agosto, qui a Roma è un nuovo giorno di sole e nuvole. Di venticello leggero. Forse di mare. Ci stiamo pensando. Roma solo apparentemente è deserta. Tutti sembrano essere scappati via. C’è ancora aria di vacanza. In realtà, basta andare ai grandi Centri commerciali per vedere una folla immane che si districa tra vetrine, carrelli, bibite ghiacciate, bambini che piangono o fanno capricci, e tanti tanti incollati ai loro cellulari senza guardare, senza vedere, senza comprare. No. Non ci sono io a trascinarmi tra quella folla, ma ne prendo visione, attraverso selfie e video postati sui social.
Mi prende un’angoscia da sopravvivenza.
Come si fa a ignorare questo cielo/sole/nuvole per guardare esclusivamente il proprio cell. sempre più intasato di pessime notizie e pochi squarci di luce?
Mi riprende un’angoscia di sopravvivenza…
Anziani adulti giovani non hanno più occhi per vedere e cuore per abbracciare il mondo, l’amico, le persone care, gli altri…
E ancora mi strangola un’angoscia da sopravvivenza…
Ma le mie figlie romane mi imbrigliano in progetti di fuga verso il mare. E così andiamo a incontrare una distesa azzurra quasi incontaminata. Almeno in apparenza.
Ed è subito gioia di vivere!
Vele bianche all’orizzonte vincono le residue nuvole, forano il cielo spinte dal vento. Fiori giganti e pietre levigate nelle aiuole, che delimitano questo ristorante affacciato sulla sabbia scura, incontrano il nostro stupore prima che si faccia marevelacieloazzurro. Brindiamo al nostro essere insieme tra terra e paradiso. Mancano solo gli assenti. Mancano. Quelli che non ci sono più e quelli che tra poco rivedrò in un abbraccio che sa d’infinito. Già, perché il nostro tavolo è il 98. Dico: “nelle operazioni di matematica (io che non so neppure cosa siano i numeri!), il nove si elimina (è un gioco che mi piace fare per ridurre all’essenziale una serie di numeri per ricavarne il significato misterico e non, in numerologia). Resta l’otto. Beh, se lo rovesciamo in orizzontale abbiamo l’infinito…”.
Vorrei continuare a disquisire poeticamente tra numeri, calici di vino bianco, vele, mare, cielo, azzurro, infinito, ma rischio di suscitare solo un oceano di risate.
Meglio tacere e respirare questo giorno di luce prima che le ombre della sera rivestano i miei occhi di rinnovata malinconia…
Per oggi i social possono aspettare…
almeno fino al cadere delle stelle e all’apparire della luna piena col suo volto eternamente stupito del suo stesso luminoso splendore… forse del suo sogno...

lunedì 5 agosto 2019

5 agosto 2019: si riprende a guardare le stelle


Sì, passate le tante tempeste, tra un turbinio di pensieri a raccogliere/lasciare andare fatti e misfatti di questa estate tutta da raccontare/tutta da dimenticare, ecco ritrovare le stelle e il loro incanto. C’è anche una falce di luna a chiudere in una parentesi quanto è stato: imperdonabili errori, dovuti a imprevedibili “imposizioni” di un Karma che ci porta laddove dobbiamo andare, in contrasto con ogni modo di essere, di pensare, di agire. Contro ogni progetto da realizzare a medio termine: momenti di incontri, riflessioni, confronti, emozioni da vivere in gioiosa armonia.
E, invece, il karma scombussola tutto con un pretesto assurdo quanto reale. No. Quel progetto non si deve realizzare. Bisogna accartocciarlo e gettarlo nella cartastraccia. Salta, così, la voglia di far bene, facendo tutto sbagliato. E gli errori, sia pure involontari, si pagano a caro prezzo. L’apparenza inganna, ma nessuno desidera andare a fondo, per scoprire cosa si possa celare oltre l’apparenza.
C’è sempre chi sa manovrare molto bene l’altrui credulità e chi sa giocare con maestria e astuzia le sue carte. Contro tutto questo è difficile andare, lottare, disperarsi. Nessuno è disposto a credere sulla parola il colpevole “in apparenza”, perché tutto sembra tramare contro di lui. Circostanze inconfutabili, indizi non trascurabili, amici e conoscenti della parte lesa “in apparenza”, disposti a mettere la mano sul fuoco che quanto ascoltato, “apparentemente” in confidenza, sia verità assoluta.
E, allora, come fa una come me, che ha sempre guardato le stelle, ignorando gli inciampi dei percorsi accidentati, a confutare dimostrando il rovescio delle apparenze? Ogni buca è un salto nel vuoto, una caduta, un dolore, una impossibilità di riemergere indenne. Faccia senza escoriazioni e mani pulite. Anima trasparente come il cielo d’estate.
Vinta da una ridda di pensieri come lantane inestricabili, chi ignora le beghe terrene perché ha gli occhi pieni di cielo non conosce difesa. E non sa neppure affilare le armi dell’offesa.
Paradossalmente, solo tornando a guardare le stelle, il ricamo perfetto e inconfutabile, visto purtroppo nel suo rovescio, che comporta nodi e fili fittamente intrecciati e disarmonie dei mille colori, che connotano gli innumerevoli incontri nella vita, si fa più chiaro e si intravede quel meraviglioso mosaico che ci riguarda e ci ridona il sorriso perduto e le attese spente e le speranze affievolite.
E, poi, c’è questa falce di luna a cancellare il buio e a sorridere di ogni mistificazione, a riportate la luce.
E, con la luce, tutto diventa più luminoso, definito, vero.
Oltre il buio, la luce. Occorre andare oltre…


venerdì 2 agosto 2019

2 agosto: ancora il mare da cercare...da salutare...


Una settimana fa precipitosa fuga dal mare. Stamattina siamo tornate a salutarlo.
Altro luogo, altro nome, ma sempre mare. Distesa azzurra che si confonde col cielo, in uno scambio di labbra d’amore. Sì, non importa che si chiami Ionio o Tirreno. Il primo, cristallino. Da cartolina. Il secondo, meno limpido e con la sabbia ferrosa, più scura, meno invitante di quella di Torre Lapillo, ma sempre e ancora mare, sempre e ancora sole, cielo, gabbiani in volo, vele a portare lontano, pensieri colmi d’azzurro per una serenità tutta da conquistare dopo due giorni di tempesta interiore, di miseri naufragi, imprevedibili e per questo più devastanti. Ma poi l’azzurro cielo/mare sgombro di oscure nuvole a riportarmi il sereno e pensieri positivi e un sorriso a contrastare quelli negativi, che ti fanno affondare in un pozzo di dolore, da cui bisogna riemergere per ritrovare il cuore e la sua innocenza. Non sempre è facile distinguere tra ciò che appare e ciò che è. Non sempre è facile dimostrare la propria incapacità di fare intenzionalmente del male. E che, se è accaduto, è avvenuto senza la cattiveria di colpire. Ma la consapevolezza di non poterlo dimostrare se non scoprendo il "vaso di Pandora", e rischiando di fare davvero male a più persone, logora più del male ricevuto in seconda battuta intenzionalmente. E i pensieri, né positivi né negativi, ma pensieri e basta, che pensano altri pensieri, riprendono a parlarmi del mare, del suo “eterno movimento”, delle onde e delle maree, degli scogli schiaffeggiati dalla spuma che s’innalza sfrangiata e luminosa quanto più il mare è in tempesta. Un richiamo alla vita. Alla sua quotidiana tranquillità e alle sue incontrollabili bufere. Alle sue mille direzioni verso mille e più orizzonti e la ricerca sempre più affannosa e disperata di un faro e della sua luce. Di un porto sicuro cui attraccare per non rischiare di perdersi e di morire fra i marosi dell’inesorabile tempesta. Un richiamo alla bellezza oltre ogni bruttura... oltre ogni inganno della vita stessa... Oltre ogni possibile dolore e pentimento...
“Gli uomini son come il mare”, mi canta dentro Vecchioni. E piango perché è vero!