lunedì 25 febbraio 2019

25 febbraio: ancora su "Duetto Profano" di Giovanni Gastel


                                                   GIOVANNI GASTEL
                                                  DUETTO PROFANO

Incontrare per la prima volta Giovanni Gastel è riconfigurare tutte le ipotesi che sia stato possibile fare in precedenza: il fotografo di fama internazionale, lo scrittore di successo e raffinato poeta è un sorridente signore che ti viene incontro, ti abbraccia e ti fa sentire come se lo conoscessi da sempre. L’aristocrazia della sua nascita è aristocrazia del cuore.
Duetto Profano, il suo “romanzo giovanile”, pubblicato molti anni dopo e per la prima volta dalla Casa editrice SECOP, ormai affermata in campo nazionale e all’estero, ha una sua chiara e catturante veste tipografica.
Il testo è diviso in capitoli che si alternano tra “la realtà” e “il romanzo”, ma qual è la realtà e quale il romanzo?
Seguire l’intestazione dei capitoli è inoltrarsi in un percorso labirintico, tornare sui propri passi, forzare porte che si aprono su pareti dove le immagini riflesse non sai mai se sono reali o un solo un gioco di specchi.
Il protagonista non ha un nome ma, sia nella “realtà” sia nel “romanzo”, ha alcuni   elementi che lo connotano: i libri e il libro che va scrivendo.
Il linguaggio cambia nella duplice scrittura del libro: pieno di aggressività verbale nella “realtà”, elegante e a tratti fortemente poetico nel “romanzo”.
Eccellente prova d’autore, nonostante la giovanissima età.
Nella “realtà”, il giovane protagonista è iniziato alla scoperta della violenza, del dolore, delle bestialità, che possono compiere gli uomini, da un libro che, quando era ancora bambino, gli mostra, dopo sue insistenze, un ragazzotto seduto sulla sua stessa panchina in un parco: “… che modo atroce di scoprire il mondo, di capire gli uomini, che modo atroce di crescere. Guardavo quei corpi dilaniati, quelle membra deturpate dai più bestiali esperimenti, guardavo quegli ebrei evirati, torturati, sezionati. Guardavo i loro occhi fissi, trasudanti orrore, paura, morte. […] Quando ho chiuso il libro ho guardato il tipo con occhi nuovi, ho guardato tutto con occhi nuovi”. È perdere l’innocenza, uscire fuori da una adolescenza difficile, con un padre noioso che non lo comprende, e con la madre, morta anni prima, che viene sostituita dalla televisione. La televisione che gli racconta favole, lo fa viaggiare con le sue immagini in remoti paesi e gli fa conoscere gli usi del mondo e quello che il mondo ritiene sia il limite fra il bene e il male. E continua l’elogio della “meravigliosa scatola di plastica” che ancora si illumina al suo tocco di mille immagini, sempre pronta, comprensiva, disponibile. Ma coltiva un sogno: scrivere un libro.
Anche il protagonista del “romanzo” sta scrivendo un libro, un libro dalla difficile gestazione che in realtà non scrive mai; ha un fratello lontano, la cui presenza è ancora avvertibile nella grande casa di famiglia a cui fa spesso ritorno e che lo accoglie, come rigenerandolo, nella luce che entra dalle finestre e “sembra inventare la stanza che illumina, crearla dal nulla”.
Dopo un mese trascorso da solo, arrivano gli amici di infanzia, sollecitati forse dalla madre che non capisce perché si voglia restare soli a diciotto anni (e ci fa scoprire quindi la sua età), ma solo uno di essi, Guido, attira la sua attenzione ed è l’unico che vuol rivedere.
C’è molta ironia in questo libro: “ saprò se l’idea che mi son fatta di lui è vera o è solo il frutto della mia fantasia. A volte quando una persona non parla si crede di scorgere chissà quale mistero dietro il suo silenzio… e si dimentica di pensare che forse quella persona non ha niente da dire…”.
Guido con il suo silenzio lo induce a parlare, ad aprirsi, a confidarsi, il dialogo viene facile, ma c’è qualcosa che non convince, qualcosa di oscuro nel suo nuovo amico.
Il protagonista della “realtà”, ha ventitré anni e scrive perché scrivere è un modo di   riorganizzare la vita, inventarsela, dorme fino a tardi, con i soldi che gli invia suo padre in una busta gialla per l’università che ha smesso di frequentare; vive in un mondo in cui non si riconosce: “Però sarebbe bello vivere senza pensare, senza avere paura. […] Il fatto è che abbiamo voluto sapere la differenza tra il bene e il male”.
Quanta ironia nella sua descrizione del peccato originale, e dalla sua scrivania parla con Dio, parla con i santi e con chi gli pare, ma alla fine delle sue considerazioni c’è tutta la consapevolezza della sua solitudine.
“Il romanzo”. Anche qui una busta gialla con i soldi arriva al protagonista con le esortazioni del padre. Anche lui legge, legge tanto perché leggere diventa una necessità. Fino all’incontro con Paola.
Nel libro di Gastel, le donne sono vissute perlopiù come manipolatrici: Anna, nella “realtà”, con la sua mania di organizzargli la vita; l’altra, Paola, nel “romanzo”, vuole insegnargli a vivere.
Paola è bella, allegra, ai libri preferisce la vita, vuole “viaggiare, parlare, conoscere il mondo com’è, senza intermediari”. Paola lo induce a viaggiare, ad affrontare la gente, lo porta a casa sua, una casa che lo inquieta, ma dove si ferma e, con il padre di Paola e la sua nuova compagna e con un nuovo ospite, egli affronta il tema di Dio e della religione: “Io non so se credo, signore, non lo so. A volte credo in Dio, sì, disperatamente. A volte credere mi sembra inutile e vano. Ma sempre sento qualcosa di magnifico ed emozionante nel suo nome. Se poi fosse un’invenzione dell’uomo a maggior ragione bisognerebbe rispettare la sua grandezza. Non riesco a immaginare nulla di più emozionante per l’uomo che la creazione di Dio”. Questo discorso suscita l’interesse e l’ammirazione di Paola e di suo padre e sembra integrarlo nel loro mondo, ma è evidente che qualcosa sta finendo, anche nel suo rapporto con la bella e spregiudicata ragazza.
“La realtà”. Volutamente volgare la requisitoria contro babbo Natale, ma quanta amarezza nella dissacrazione!
“Il romanzo” procede per il protagonista con la riscoperta del proprio corpo, la consapevolezza di poter vivere una vita diversa superando la timidezza nascosta dietro “un’assurda incastellatura di parole” e accettare la propria normalità e i limiti, i vizi, le paure nascoste. “Accettare la vita significa in fondo accettare la morte”.
Nella “realtà” il linguaggio cambia, diviene volutamente aggressivo, volgare.
Anche qui c’è il desiderio di iniziare, di provare, di trovare un lavoro, ma che sia “una cosa stramba e disinibita, eccentrica”, per ricominciare, anche senza più ideali. La “mediocrità ha i suoi vantaggi”. Non importa che il libro, giunto ormai quasi alla fine, rimarrà incompiuto, il libro che lo avrebbe reso unico, eccezionale agli occhi degli altri, ma che sembra non interessare più a nessuno, mentre il padre e Anna continuano a sollecitarlo a trovarsi un lavoro. Una prima consapevolezza di sconfitta.
“Il romanzo”. Paola. Non c’è più nel protagonista la certezza del suo amore né della poesia che lui avvertiva dentro per lei, ma la consapevolezza che l’uomo nuovo che stava prendendo forma nel suo Io più profondo “così pieno di assurde passioni, di tristezze profonde e vive, era una creazione di Paola, nasceva in lei e per lei sola aveva ragione di esistere”, e ora sa che l’uomo nuovo cercherà di trovare, comunque, la sua strada anche dopo la dura rivelazione che gli impone una scelta definitiva. Il ritorno in macchina lo pone di fronte al dopo, al cosa resti dopo di lei, ma ritornare ad essere quello di prima non è più possibile. Tornare nella vecchia casa di campagna è già un atto di volontà, di coraggio. E, nei viali del grande giardino, si rende conto che sono finiti i tempi delle fughe, del suo bisogno della gente, dell’amore; che è possibile “vivere altre vite”. E cerca l’amico Guido, ma Guido è ormai un uomo distrutto che gli dice congedandolo: “ora vai, ragazzo, non ho più niente per te”. È tempo, dunque, che cammini da solo.
“La realtà”. Un anno è trascorso, tante cose sono cambiate, il bilancio è amaro. Anche se i capelli sono ancora lunghi, ci si accorge che a ventiquattro anni si vedono forse le cose in un’ottica diversa, si insinua il dubbio che il padre non avesse poi tutti i torti e si avvicina il tempo di venir riassorbiti dal gioco perverso della quotidianità: casa, ufficio, rispettabilità e “allora sarà davvero finita e io non me ne accorgerò nemmeno”.
“Il romanzo”. La visita a Guido, ormai in stato vegetativo all’ospedale, dopo un incidente di macchina imprevedibile o volontà di annullamento totale, gli è comunque di aiuto, ancora una volta l’amico gli viene incontro, “Come avrei vissuto da quel giorno non era chiaro, ma avevo ora con me il segreto della vita, il segreto della sua fragilità e della sua forza”. Anche Paola è ormai una voce del passato, si può non rispondere alla sua telefonata inaspettata e tanto attesa e bruciare la diapositiva con il suo volto fino ad ora tenuta in tasca.
Il sole riapparso fra le nuvole forma astratte geometrie fra i caseggiati, ancora, forse, gioco illusorio di specchi o nitida realtà?
Qui finisce il “romanzo”.
“La realtà”. La squallida scena del motel col sesso a pagamento forse è una balla, anche il libro forse è una balla come tutta la storia? Ma il libro esiste veramente perché “domani partirà dentro una busta gialla verso il suo destino”, una emblematica busta gialla come quella in cui arrivavano i soldi del padre.
“La realtà. Seconda parte”.
Il padre è morto, calato nella fossa, il padre voluto morto per tutta la vita e che forse il protagonista non ha mai capito, con il quale si sono reciprocamente delusi, e ora egli è libero dai suoi silenzi, dalla sua compassione, dai suoi soldi che gli hanno permesso comunque di vivere. Di leggere. Di scrivere.
La lettura e la scrittura possono realmente salvarci o sono anche esse supporti illusori della vita, in cui registriamo comunque e sempre una sconfitta?
Siamo, dunque, destinati alla sconfitta in entrambi i casi o un nuovo inizio è sempre possibile?
Questo, a mio parere, il messaggio aperto a più soluzioni di Duetto Profano.
Quanto ci sia di autobiografico nel libro di Gastel non è dato saperlo, forse una chiave di lettura può darcela lo stesso autore con i versi di una sua poesia:

                Approdato come un naufrago in una terra
                sconosciuta, ho misurato il territorio e appreso
                la lingua dei nativi. Sono invecchiato raccontando del
                mio mondo lontano, ma ancora la notte nel buio
               sogno navi amiche che mi riportino a casa”

                                                             Marisa Carabellese
Ed ecco il commento di Giovanni Gastel
Bellissima lettura del nostro ‘Duetto’. Ringrazia moltissimo Marisa per questa   splendida recensione, intensa e puntuale! Ne sono davvero felice”.
E non poteva essere diversamente. Per motivi di lunghezza, abbiamo dovuto, purtroppo, sintetizzarla per poterla postare sulla pagina di SECOP edizioni, ma qui sul mio blog i lettori sanno che devono armarsi di coraggio e di pazienza per arrivare fino in fondo. Scrivo sempre tantissimo. È la mia passione e perdizione. Ma non demordo. Snaturerei me stessa e la mia scrittura.
La recensione di Marisa è motivo di nuove profonde riflessioni sul romanzo di Giovanni Gastel; un romanzo scritto a diciassette anni, ma che rivela nelle sue pagine, così complesse e ben articolate, tra realtà e fantasia, la maturità di un uomo che ha già vissuto molteplici esperienze di vita in contesti culturali diversi, con regole diverse e condizionamenti diversi, riuscendo a spezzare le catene della giovanissima età con la sola forza del suo talento poliedrico, sostenuto dalle innumerevoli letture dei classici (e non solo), che gli hanno dato sempre una marcia in più per comprendere le ingarbugliate vie della mente e del cuore, sue e degli altri, e per continuare, in una ricerca spasmodica di sé, a chiedersi il senso della vita e della morte, con una irrefrenabile ansia di scoprire Dio, dovuta alla sua eccezionale sensibilità, per farne perno della sua esistenza e per non perdersi nei meandri bui della notte di questo nostro tempo.
Per non registrare, come avviene per i tanti personaggi di Duetto Profano, le amare sconfitte dei sogni e dei progetti di vita di più generazioni a confronto e di due diverse condizioni sociali, così bene evidenziate dalla intensa, puntuale, insolita analisi di una lettrice straordinariamente acuta e attenta ai particolari come Marisa Carabellese, e dischiudersi, invece, alla visione più ampia e più luminosa dell'Amore e della Speranza… grazie alla presenza di Dio nel mondo…
E tra le pagine di Giovanni e di Marisa mi sembra di scorgere la luce dei versi di un altro carissimo amico, che ho perso circa due anni fa, su Colui che è essenzialmente amore e ci viene incontro sempre. per non lasciarci mai soli.
                AMORE
“È certamente uno di loro (lui?)
per discrezione camuffato: appoggia
alla fine la mano sulla nostra
spalla, la scuote un poco, la sospinge
verso l’amore che la pietà vince
e il tempo, da quell’attimo di luce
vivo per sempre”.
                                               Torino, 1 luglio 2015
(Giorgio Bàrberi Squarotti, Le voci e la vita, SECOP edizioni, 2016)









giovedì 21 febbraio 2019

21 febbraio: il primo giorno senza


È l’alba di un nuovo giorno. I lucernari sono pieni di brina che, al primo pallido sole di febbraio, si va sciogliendo in rigagnoli, vissuti immediatamente da me come silenziose ma evidenti lacrime. E, altrettanto immediatamente, fulmineo, mi è tornato alla mente un pensiero doloroso: già, un carissimo amico, all’alba di ieri, con il suo zaino carico di libri, si è librato nel cielo che si sfogliava di sole, quasi petali di rosa in caduta libera per bilanciare quel volo senza ritorno.
Livio Sossi ha intrapreso il suo ultimo viaggio, almeno sui binari di questo nostro mondo malandato e assordato da parole cattive, per intraprenderne di nuovi lungo scie di fiabe luminose e leggere da raccontare ai tanti bambini, fiori rinati in un prato senza fine, in attesa di un “pifferaio magico”, come io ero solita chiamarlo, in grado di incantarli. E lui ora è lì e si va accorgendo che il suo zaino ha la leggerezza delle nuvole, e sprigiona un profumo di nuove gemme, il canto delle allodole, e sorride a questo precoce inizio di primavera che sboccia su quelle bocche di innocenza e candore. E con loro sta dimenticando treni e stazioni, felice di potersi spostare, libero come il vento, nella immensità di tutti i cieli…
Livio è stato per me e la mia famiglia, per oltre un decennio, un amico discreto, sorridente, gentile, attento. E la cosa più insolita e inaspettata è che fu lui per primo a contattare Peppino, mio genero, e non viceversa come si potrebbe pensare. Peppino aveva pubblicato, nel 2007, il libro Abbecedario dei Diritti dell’Infanzia del grande scrittore serbo Ljubivoje Rsumovic, che il prof. Sossi faceva studiare in inglese ai suoi studenti universitari perché non era mai stato tradotto in italiano e pubblicato in Italia. Livio vide il libro alla Fiera di Bologna e volle conoscere l’editore che lo aveva pubblicato grazie alla traduzione del poeta serbo Dragan Mraovic, nostro grande amico. Di qui la nascita di un rapporto di lavoro e di amicizia che neppure la morte può interrompere. Livio in questi anni ha spesso soggiornando nella nostra casa, quasi fosse la sua. Sedeva alla nostra tavola. Condivideva il nostro pasto e le nostre abitudini quotidiane. Chiacchieravamo amabilmente di libri, cultura, scuola, insegnanti. Progettavamo insieme nuove avventure: libri per bambini da pubblicare, illustratori e scrittori da contattare, albi illustrati da completare. Entusiasta e infaticabile, ci contagiava con le sue narrazioni e la sua inconfondibile voce roca. Abbiamo anche lavorato tanto insieme per realizzare il suo capolavoro: l’Antologia della poesia italiana contemporanea per ragazzi Cieli Bambini dei più grandi autori per l’Infanzia della nostra Letteratura, a partire dagli anni Sessanta dello scorso secolo fino ai nostri giorni. Sono tantissimi gli autori italiani che vi fanno parte con le loro poesie suddivise per sezioni, in cui trovano spazio tutti i generi della poesia contemporanea, per ragazzi dai nove ai novant’anni. Un’antologia che ha avuto enorme successo grazie all’infaticabile opera di divulgazione e promozione in Italia e all’estero del sempre entusiasta suo Curatore.
E la nostra casa, in quell’anno della sua prima pubblicazione, 2012 appunto, si animò di scrittori, poeti e illustratori che lavoravano con noi, in un impensabile trascorrere di ore, sotto la bacchetta magica di quell’intransigente, imprevedibile, impareggiabile, stratosferico direttore d’orchestra, che Livio era ed è stato fino a ieri, alla ricerca delle parole poetiche, con cui giocare, riflettere, emozionarsi. La sua agenda era un pullulare di nomi, indirizzi, numeri di autori, che lo chiamavano continuamente e a cui rispondeva continuamente, con pazienza, gentilezza, generosità di giudizio. Sempre.
Aveva una compagna di viaggio, Maura, che condivideva con lui le sue passioni letterarie e non. Una Donna straordinaria, coraggiosa, autentica, libera. La sera, prima di andare a letto e dopo l’ultima sigaretta (ne fumava davvero tante!) Livio la chiamava: “Ciao, amòre”, con la o aperta tutta sua, per raccontarle della giornata. Si avvertiva nell’aria una filo indissolubile ad unirli, una chiave a doppia mandata di “amorosi sensi” a custodire il segreto della loro unione “incantata”.
Un giorno di qualche anno fa, ci siamo incontrati tutti a Matera, dove Maura ormai risiedeva per lunghi periodi. La piazzetta del nostro incontro si accese d’improvvisa fiamma di tenerezza negli occhi di Livio persi negli occhi della sua donna. Li univa un amore straordinario che si riverberava a comprendere Joshuà, il loro unico figlio. a loro oggi va il mio abbraccio più affettuoso.
Ma io non posso fare a meno ancora di ricordare. Ad ogni nuovo ritorno nella nostra casa o in libreria, mi veniva incontro a braccia spalancate per un abbraccio di cuore: “Angelaaaa”. Più volte mi diceva che avrebbe scritto la prefazione a qualche mio libro. L’ultima volta, qualche mese fa, ci siamo salutati con la promessa da parte sua di presentare da qualche parte il mio romanzo e con la “battuta d’arresto da parte mia: “Ci conto!”. Pur sapendo in cuor mio che difficilmente sarebbe accaduto. Troppi impegni, troppi viaggi, troppi voli della sua mente effervescente glielo avrebbero, come sempre, impedito. Il suo grande amore era per la letteratura per e dei bambini. Gli adulti potevano aspettare…
Bambini e adulti, da cui si è fatto tanto amare, da ieri in poi, purtroppo, non potranno più ascoltare la sua voce, ma continueranno a sentirsi migliori e più leggeri con le sue tante parole rimaste nel cuore.


Sei volato in cielo con i palloncini. Ciao, Livio con amore


 Ecco alcune testimonianze di tanto affetto lasciato lungo le strade dei suoi passi come briciole di pane (di immagini e poesie) per assicurarsi sempre il ritorno…
È così
eterno Peter Pan policromatico, ora hai un vestito di cielo anche tu.
Avrai già preso a respirare d'azzurro ogni nuvola disegnata dal vento.
E sarai fiume di parole in piena per i tuoi nuovi interlocutori di sempre.
Ci saranno anche lì, nell'invisibile, visibile ora ai tuoi occhi, stormi ecumenici di angeli danzanti, elfi e figure mitologiche già in fila per venirti a salutare con le tavole illustrate tra le mani e i sogni tra i capelli.
Anche Gianni, con il suo verde orecchio, cerca di raggiungerti per raccontarti l'ultima su quel tale che di bambini, con i libri che aveva aiutato a fare, ne aveva resi felici più di un milione.
Compresa me che ti sarò per sempre grata, Livio, generoso enigmatico amico mio straordinario.
 Grazie per l'avventura bella nei nostri giorni felici a tessere fili immaginifici per riscrivere e ricolorare il mondo.

Raffaella Leone

Ogni volta mi facevi fare il giro del mondo della letteratura per l’infanzia in un pomeriggio. E ne uscivo frastornato sì, ma felicissimo di aver imparato tante cose in un tempo così breve. Una sera andammo a cena a Sant’Onofrio. Mangiammo insieme i ravioli dolci di carnevale, da Claudio. Eravamo stanchi e affamati e tu li divorasti tutti direttamente dal vassoio, continuando a raccontare e raccontare e raccontare storie mirabili di autori, illustratori, editori piccoli e grandi, celebri e dimenticati.
Quando ti chiedevo “Livio, quanti libri hai?”, mi rispondevi che avevi dovuto cambiare casa per tenerli tutti insieme, e comunque lo spazio era ancora insufficiente. “È un problema, sai?...” mi ripetevi sempre, con quella tua indimenticabile e bellissima voce rauca.
Stamattina non abbiamo perso solo un grande studioso italiano, un maestro esemplare, un saggista brillante, un autentico intellettuale di impegno civile, ma un pezzo enorme della cultura mondiale dedicata all’infanzia, in tutte le sue forme, di cui tu stesso eri «promotore instancabile», come si legge nel Dizionario della letteratura per ragazzi (Fabbri) alla voce che la scrittrice Teresa Buongiorno ti aveva dedicato già qualche anno fa. Che la memoria di te, dei tuoi libri, dei tuoi insegnamenti e delle tue innumerevoli iniziative rimanga per sempre viva. Ciao Livio! E grazie!
Davide Francioni

Cari amici vicini e lontani, questo è uno di quei post che non si vorrebbero mai scrivere. Oggi ero al lavoro e ho ricevuto un messaggio accorato da una delle mie più care amiche. Silvia sa che sono spesso in riunione oppure in viaggio di lavoro e si era immaginata che non mi fossi ancora accorta di quello che stava succedendo su Facebook. Una miriade di messaggi di cordoglio stava costellando il diario di Livio Sossi e di quello di sua moglie Maura Picinich su Facebook perché il Professore ci ha lasciati improvvisamente a causa di un infarto. Sono rimasta stranita. Il mio pensiero è andato subito al post che Livio aveva scritto proprio ieri sera sul libro “È tempo di andare", quasi fosse un triste presagio.
Sono affranta. Non riesco ancora a crederci. Eravamo amici io e lui. Io lo stimavo profondamente.
Tutti noi abbiamo perso una persona speciale, dall'animo gentile.
Livio era uomo pieno di speranza, che con la sua particolare sensibilità riusciva a tirare fuori il meglio da tutti e in ogni situazione. Nonostante avesse conosciuto bene anche l’avidità, l’invidia la cattiveria degli esseri umani, continuava a sognare di vedere crescere e migliorare la civiltà umana grazie ai bambini.
Sotto quelle enormi sopracciglia, nei suoi occhi attenti e fiduciosi c'erano sempre comprensione, ottimismo, tenerezza, gioia di vivere e di condividere. Era una persona libera da pregiudizi, che amava non solo il suo prossimo, ma il genere umano in generale. Era un uomo giusto ed equilibrato che non diceva mai nulla di banale.
Il contributo di Livio al mondo culturale
italiano e specialmente a quello della letteratura per l'infanzia è enorme. Così come l’aiuto ed il supporto che ha generosamente prestato non solo a scrittori, illustratori e case editrici, ma anche ad iniziative culturali come il Notte di Fiaba Illustration Contest, che è nato proprio grazie a Livio. Grazie Livio. Grazie davvero.
Purtroppo te ne sei andato. Ma certamente te ne sei andato perché eri caro a Dio. Ciao Livio! Vivrai sempre dentro di noi! Alla cara moglie Maura e all’amato figlio Joshua vanno le più sentite condoglianze di tutti noi di Notte di Fiaba.
Chiara Tomasi

MI PIACE RICORDARTI COSI.
Da "Lettera a Franco Villani" di Livio Sossi
Sono commosso. E quando sono commosso le parole stentano ad arrivare. Si frantumano in una sarabanda di pensieri che si inseguono e si rincorrono senza interruzione: non è facile esprimere la gioia e l’emozione che ho provato nell’aprire la busta che conteneva l’edizione privata della tua Lettera a Livio con la bella introduzione di Rocco Trivigno. In esergo, un pensiero di Wittgenstein: “Solo con lo zaino colmo di libri posso scalare l’enorme montagna della cultura”. E lo zaino ricolmo di libri, il mio zaino, quello che porto sempre con me per condividere con gli altri le mie letture, è in fondo il protagonista di questo libro che tu, Franco, hai voluto dedicare al mio lavoro: una grande testimonianza di affetto e di riconoscenza; un saggio sull’importanza dell’atto di lettura nella scuola che risponde alle domande: “Che cosa, come, perché leggere?” e che sviluppa quella metodologia di lavoro che ormai da anni applico nei miei incontri con docenti, bibliotecari e ragazzi, in Basilicata e nelle altre regioni italiane.
Franco Villani

Al mio amico caro Livio che ha seminato parole e immagini di bellezza...che il viaggio sia leggero, che le nuvole siano lievi, che il cielo sia pulito, che la primavera sia vera. Con affetto e stima. L
Loredana Frescura

Ero una ragazzina, allora si era piccoli a lungo. Amavo profondamente il mio lavoro. Sentivo sì una specie di dolore, mancanza di ali, pesantezza. Ma cercavo di non farci caso. La cosa più bella era quando riuscivo a far lavorare gli illustratori per la prima volta. Sognavo di essere così, come loro. Libera. Gioivo della loro gioia. Sapevo di avere tanto dalla vita ma quel rischio, quell’avventura colma di espressività era la cosa più bella del mondo e non osavo neanche desiderarla. Livio arrivò col suo vocione allo stand della casa editrice. Doveva intervistare mia madre sulle novità. Mi chiese se io fossi “quell’Arianna dei gatti grassi”. Arrossii violentemente come ancora adesso riesco a fare e gli risposi di sì. Cominciò a scuotere la testa in quel suo modo buffo un po’ storto e mi disse “lo sai che se vuoi puoi uscire dalla gabbia? Le tue illustrazioni sono magnifiche e lavorando sodo diventerai una grande illustratrice”. Grazie Livio non posso credere che non ci sei più. Maura ti abbraccio con tutto l’amore che sai.
Arianna Papini

"Il problema non è far leggere i ragazzi, ma far sì che incontrino i libri giusti"
LIVIO SOSSI (1951-2019)

Abbiamo conosciuto e incontrato un galantuomo della parola, nella persona di Livio Sossi, grande scrittore di letteratura per l'infanzia. Più volte a Bitonto, Corato e in Puglia. Oggi lo abbiamo improvvisamente perso. Resta il suo messaggio di autentica cultura. Una lezione pedagogica destinata in realtà a tutte le età. Un abbraccio dalla redazione di Primo piano a sua moglie, a tutta la sua famiglia e ai suoi amici pugliesi, in particolare Angela De Leo, Raffaella Leone e Peppino Piacente, grazie a cui Sossi è stato tante volte ospite nelle nostre città.
PRIMO PIANO

This morning died Livio Sossi, one of the brightest and the most charming people I know. I'm SO, SO, SO SAD!
You always stay in my heart, dear Livio
RIP my dear professor and friend
Livio Sossi  (Trieste 18 ottobre 1951 - Trieste 20 febbraio 2019)
Questa mattina è morto Livio Sossi, una delle persone più brillanti e affascinanti che conosca. Sono così, così, così triste!
Tu rimani sempre nel mio cuore, caro Livio
RIP mio caro professore e amico 
Viive Noor

Il nostro grande Livio Sossi non è più tra noi. Un uomo e un amico straordinario, ma soprattutto il maggiore saggista, esperto di letteratura per l’infanzia, editoria e illustrazione. Punto di riferimento per tutti gli illustratori per l'infanzia italiani e stranieri. Professore di Storia e Letteratura per l’Infanzia all’Università di Udine e all’Università del Litorale di Capodistria (Slovenia). Conduttore del programma radiofonico sulla letteratura per ragazzi Doroty & Alice in onda per radio Capodistria. Direttore artistico del polo museale dello Spazio Brazzà a Moruzzo (Udine).
Collaborava con l’Agenzia letteraria Ti Press di Roberto Toso e con diverse case editrici come consulente, direttore editoriale di collana (Falzea, Edicolors, Arianna Secop, Albalibri, Euno, Campanotto, Lupo e altri).
Curatore, consulente scientifico e direttore artistico di mostre e manifestazioni culturali sulla letteratura per l’infanzia e sul mondo dell’illustrazione.
Livio parlava ai ragazzi come nessuno.Promuoveva la lettura, l’illustrazione e la letteratura giovanile in Italia e all’estero. Teneva corsi di aggiornamento. seminari e workshop per docenti, bibliotecari, operatori culturali, genitori e ragazzi . Ha ottenuto importanti riconoscimenti tra cui il Premio Fantasia d’Oro per la critica e la Medaglia d’Oro del Ministero della Cultura della Repubblica Slovacca per la sua opera di promozione della letteratura slovacca per l’infanzia in Italia. Potremmo dire ancora tante cose bellissime di lui; ma in questo momento sentiamo un grande vuoto per una grande perdita
Bianca Maria Tricarico

Questa mattina è volato in cielo Livio Sossi, un amico, un uomo buono, una persona estremamente competente che ha lasciato un'impronta indelebile nella letteratura per bambini e ragazzi.
Ciao, Livio, non sarai dimenticato.
Dino Ticli

 ...stamattina ci ha lasciato improvvisamente Livio Sossi, Professore di Storia e Letteratura per l’Infanzia all’Università di Udine e all’Università del Litorale di Capodistria (Slovenia), saggista ha ricoperto molti altri incarichi. Ne ha dato annuncio la sua cara moglie Maura Picinich che abbraccio.
...stamattina ci ha lasciato improvvisamente Livio Sossi, Professore di Storia e Letteratura per l’Infanzia all’Università di Udine e all’Università del Litorale di Capodistria (Slovenia), saggista ha ricoperto molti altri incarichi. Ne ha dato annuncio la sua cara moglie Maura Picinich che abbraccio.
Nato a Trieste 67 anni fa, dai primi anni '70 si è dedicato alla letteratura per l'infanzia, illustrazioni ed editoria per i più piccoli.
Ebbi il piacere di incontrarlo a Corato al Festival Fiero del libro organizzato da Raffaella e Peppino Piacente della Secop editore e il suo volto scavato mi conquistò subito come anche il suo eloquio, la sua passione per l'arte della parola e dell'immagine. Parlammo di poesia e di musica. Di certo è la perdita di un uomo di grande generosità e di grande cultura.
Vincenzo Mastropirro
 · 
"Arrivo
sulle rive
di Trieste
appena un poco
triste
di doverti dire addio.
Se si potesse chiudere
il mare in una rima
starebbe intero dentro
amare"
Scelgo questi versi di Chiara Carminati, friulana come lui, per dare un saluto a chi l'amore lo portava sullo sguardo e sul sorriso: quel grande amore verso la letteratura per l'infanzia che è come un mare, capace di farti sognare, sempre, ad ogni età.
Grazie Livio Sossi, per quell'entusiasmo contagioso che è la linfa vitale di chi crede nella potenza dell'arte, e un abbraccio pieno di affetto a Maura Picinich: se è vero che la poesia va "oltre" lo spazio e il tempo rimanendo immortale, sono sicura che Livio Sossi sta sorridendo e abbracciando tutti noi.
Chiara Sallemi

Rosanna Maranto E posso ancora vederti, sentirti, progettare, fissare, studiare, scoprire, imparare e imparare e imparare.
Quanto hai ancora da dirmi?
Oggi sono stata circondata e travolta dal tuo affetto, attraverso le tante persone che tu mi hai fatto conoscere, attraverso le persone che io ti ho fatto conoscere. Una girandola di lacrime, di dolore, tutti orfani, tutti in reciproche condoglianze.
A tutti hai lasciato la tua carica, la tua passione, la tua sapienza.
La mia famiglia è cresciuta con te, in questi brevissimi 7 anni, volati e troppo pochi ma talmente intensi da averci donato l'amore per il libro illustrato ed è in ogni dove che ti troveremo Livio, perchè sono certa non ci lascerai mai.
Non puoi, non devi.


Joshua ed io ringraziamo tutti per le testimonianze di affetto che stiamo ricevendo. Livio avrebbe voluto che io rimanessi lucida. Io l'ho trovato senza vita e me lo sono stretto a lungo parlandogli e sussurrandogli grazie. Abbiamo camminato 47 anni insieme, a volte separati da impegni, ma condividevamo tutte le idee.Magari io più turbolenta, lui più pacato
Oggi Joshua mi ha detto "Nemmeno immagini quanto bene ti voleva. Me lo diceva sempre,"
Ho lasciato sempre che inseguisse i suoi sogni, perché lo vedevo realizzato e felice. Non mi sono mai pentita anche se ero sola.
È giusto così e così sia.
Ciao Livio, ciao Amore.
Maura Picinich






domenica 17 febbraio 2019

Domenica, 17 febbraio: ancora prose e poesie d'Amore

17 febbraio. Alle 5 del mattino. Il sole puntiglioso è appena un filo di luce nel buio. Un petalo rosso all'orizzonte del nuovo giorno. Un canto blu che incanta il cielo. La poesia di un ricordo. 
"Al di là dei cancelli, mio figlio, nato di febbraio, è un coriandolo pazzo sfuggito al buonsenso che non ho mai posseduto: eredità che non ho mai dato.
Nella sua camera è di casa Bruce Springsteen con la sua Jersey Girl, a gola spiegata (roca, accorata, nostalgica), da dividere con Tom Waits, il suo autore. Jersey Girl sarei io, nelle intenzioni, trent'anni fa.
- Quando l'ascolterai pensami - detto sotto altri cieli..."
(Le prigioni del cuore, Forum/Quinta Generazione, Forlì 1993)
E stamattina ecco nuovamente che nasci e mi porti la felicità di quel giorno a germogliare nel cuore, come nuova attesa di già quasi primavera, in un rifugio d'alberi che temono ancora coriandoli di neve di questa domenica di Carnevale, dove gatti nel giardino sono gomitoli di lana a riscaldare le mie mani, che temono l'inverno. L'alba di questo giorno è esplosa di gioia come allora, quando ti accolsi tra le mie braccia e seppi che avevi cancellato il gelo di lunghi mesi nella mia casa...
Ti auguro un compleanno di allegria e di tenera follia con Viviana e con quanti ti vogliono bene in un turbinio di sogni: coriandoli in volo ancora tutti da realizzare...
La tua Jersey Girl (più acciaccata di tanti anni fa, ma sempre vibrante d'amore. Per te e gli altri della nidiata. Per la vita!!!).
(inedito. Per il compleanno di mio figlio, Giuliano)
Angela De Leo

Di stagione in stagione
Vorrò aprire le porte della vita
E con le nude mani
Scolpire di carezza in carezza
Sulla pietra millenaria
Una sola parola:
amore.
(da Je suis Janette, SECOP edizioni, 2018)
Enzo Quarto



GERMOGLIEREBBERO

Se passasse l’Aratro
Sulla terra arida dei nostri cuori
Ed una copiosa rugiada
Inumidisse le dure zolle
Germoglierebbero fiori all’infinito
(da Non sono chimere, SECOP edizioni, 2015)
Franco Di Gioia

Si chiuse così la porta dietro le spalle… e, dopo tutto ciò, aveva bisogno di tornare a sognare… ormai non lo faceva più da tanto tempo. Abbiamo bisogno di sogni per sopravvivere agli ostacoli che la vita ci pone davanti, per superare: cattiverie, difficoltà, problemi di ogni sorta… Finalmente poteva guardare avanti e non più indietro, ricominciare ad assaporare la vita, sentire quel sapore dimenticato, il gusto di fare, di provare, di sorridere… In quel momento così delicato e terribile per certi versi, che certificava la fine di una unione, ricordò che un sorriso gli era comparso sulle labbra.
Era consapevole, infine… consapevole di sé e della sua vita, di quanto fosse necessario guardare al presente e non più al passato con tutte le sofferenze vissute.
(da In volo senza rete, SEcop edizioni, 2017)
Donato Marinelli

L’amore

È certamente uno di loro (lui?)
per discrezione camuffato: appoggia
alla fine la mano sulla nostra
spalla, la scuote un poco, la sospinge
verso l’amore che la pietà vince
e il tempo, da quell’attimo di luce
vivo per sempre.
                      Torino, 1 luglio 2015
(da Le voci e la vita, SECOP edizioni 2016)
Giorgio Barberi Squarotti

Quando so che vieni
Quando stai per arrivare
Quando cammini nella mia direzione
il tempo ti fa attorno un mulinello

Stai per accadere

Ascolto ogni battito di avvicinamento

Piano
Muoviti piano… lento
(da Scritture d’amore, SECOP edizioni, 2015)
Roberta Lipparini

… Il re tacque, e, avendo mostrato di non aver paura della morte, permise loro di fare una visita dettagliata, cercando di scoprire sui loro volti quanto fossero preoccupati per lo sviluppo della malattia. Se ne andarono più sconfortati di quando erano venuti. Allora, il giorno del giudizio era proprio giunto.
Sentiva la febbre diventare sempre più alta. Prima avrebbero chiamato Pasic e solo dopo avrebbero trasmesso la comunicazione. Senza Pasic non veniva emanato alcun comunicato reale, tanto meno l’avrebbero fatto in quel momento.
-         Come mi sento?... Che cosa mi chiedono?... Non ho niente! - disse re Pietro all’infermiere, avvicinatoglisi per sistemare meglio i cuscini e sorpreso di aver trovato sotto il cuscino un paio di calze di lana da contadini.
-         Che cos’è questo, Sua Maestà?
-         Infilamele per riscaldarmi i piedi - il re non diede alcuna spiegazione. Era un ordine.
Anche se non gli era gradita quella non risposta e anche se quelle calze non erano da re, l’infermiere eseguì l’ordine.
-         Morirò senza vergogna - il re era contento e i suoi occhi brillarono stranamente, provocando la perplessità dell’infermiere. (…)
La notizia della morte di re Pietro, avvenuta il 16 agosto 1921, fu comunicata dal Governo reale. Era firmata da Nikola Pasic.
I giornali scrissero che, a causa del calvario albanese, Sua Maestà re Pietro non era più di questo mondo…
Non ci fu alcun giornale che non avesse scritto della vita povera del re serbo, morto in un letto militare di ferro, con calze contadine ai piedi.
(da Le calze di re Pietro, SECOP edizioni, 2012)
Milovan Vitezovic
  


(fine quarta parte)

sabato 16 febbraio 2019

16 febbraio: ancora prose e poesie d'amore



 Piccola gioia
Tendo la mano alla piccola gioia
di una pagina aperta

come se sul foglio
potessi poggiare un bacio

come una rosa appena sbocciata
nella neve di giugno

rubata all’infanzia
nella scrittura dei sogni
(da: Alle radici dell’erba, silloge di poesie di prossima pubblicazione)
Elina Miticocchio

Sei l’amore    
                               
Nel risveglio del giorno riaffiori
amore dipinto di tenerezza,
i volti incipriati di luce.

Sospirano i nostri corpi
nei rinnovati abbracci
inebriati dall’oro del mattino.

Mi sussurri dolci fantasie
a fior di labbra, in un diluvio di baci
distillati di pura emozione.
Sei l’amore
Sei l’amore sorseggiato
conquistato condiviso
sei l’amore dato e compiuto

Mi avvolge l’onda della tua voce
gesticolo, rincorro la vita
mi fermo al solito crocevia.

Mi specchio nelle vetrine illuminate
in cerca del diadema dei tuoi occhi.
Ti piacerà il colore del mio tempo?    

Intorno a me è terra bruciata
ma non mi arrendo
sorvolo il mondo con le tue ali.
Sei l’amore
Sei l’amore sorseggiato
conquistato condiviso
sei l’amore rimasto sospeso

Sei questo cielo tempestato di stelle
un’alba che declina in mare
la clessidra di un tempo negato.

Una rosa saltella nel petto
figlia diletta, dono dell’universo
parla di te all’infinito.

Vestita del suo candore
più di ogni altro dono
fino a te, mi porta per mano.
Sei l’amore
Sei l’amore sorseggiato
conquistato condiviso
sei l’amore che va oltre la vita
(da: silloge inedita Negli occhi il sole)
Dina Ferorelli

La più grande poetessa serba di tutti i tempi (Desanka Maximovic, n.d.a.) venne a Bari per la prima volta alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso (…)
Un giorno, (…) Dragomir Brajkovic, poeta serbo scomparso recentemente, le disse che aveva avuto notizia che, giusto in quei giorni, una rivista turca aveva pubblicato i suoi versi d’amore, che lei aveva scritto quando ormai aveva oltre novant’anni! I turchi, nella Presentazione, avevano detto che non avrebbero mai potuto credere che l’Autrice avesse più di novant’anni, ma appena venti, se non avessero conosciuto l’età vera della poetessa. Quei versi erano tanto freschi, colmi d’amore, scritti col cuore e l’anima che sembravano scritti appunto da un’autrice ventenne.
Desanka rispose:
“Caro Brajcovic, se non posso essere più una protagonista dell’amore, sono pur sempre capace d’essere un filosofo dell’amore”.
(da Libro Bohemien, SECOP edizioni 2011)
Dragan Mraovic

Portatemi ali del cuore

Portatemi, ali del cuore,
dove il sole è ancora alto
e splende ardito e fiero
sulle miserie umane,
ignorandole.
Portatemi, ali del cuore,
dove il mare è ancora innocente
invito al coraggio e alla libertà
di essere uomini…
(il respiro di un giorno d’Amore voglio)

Portatemi, ali del cuore,
dove la luna si dondola
ai rami della notte.
E si fa eco di stelle
il vagito che mi attraversò
tra le braccia di mia madre
mentre diventavo per l’ultima volta
                      madre…
Portatemi, ali del sogno,
negli occhilaghi di mia figlia
a specchiare i miei occhi
      per riconoscerci
                     io e te
nell’incontro che il tempo volle
perché ci fosse ancora un tempo
                  da cullare…
La ninnananna che ha nido nei sogni
si scoprì fiore ancora da sfogliare
 per non dimenticare il canto
la spiga di grano
                         il filo d’erba
che oggi ride sul tetto rosso
           della tua casa…
(il respiro d’Amore lungo una vita
                 per te voglio…)
(poesia inedita per mia figlia Daniela)
Angela De Leo

Fughe d’orgoglio
sono fuggito di casa tante volte
senza mai muovermi da lì,
da te fuggivo.
dal tuo sorriso amaro,
dai tuoi sogni non miei
dalle debolezze.
tuo era il riscatto
cercato nella schiena dritta
mai piegata al favore,
mia era l’incapacità
di crederla una cosa buona.
(da E passato un silenzio, SECOP edizioni 2018)
Federico Lotito

Prima di uscire di casa, si concesse un ultimo istante d’indugio davanti allo specchio. Dove, come faceva ogni mattina, si soffermò a rimirarsi, scoprendosi davvero carina.
Le piacque da morire il modo in cui si era vestita e truccata quel giorno. Quindi, si voltò di tre quarti, soffermandosi ad osservare come le cascasse il maglione sui pantaloni.
Si trovò fresca, sbarazzina. Si sorrise e si fece una smorfia soffiando nelle guanciotte come se stesse gonfiando un palloncino. Quindi, continuando a guardare il proprio volto nello specchio, tirò fuori la punta della lingua e diresse verso se stessa una boccaccia.
Lo sberleffo con la linguaccia era ormai un rito scaramantico di ogni mattina. Non era cosa di iniziare la giornata senza averlo fatto, prima di uscire di casa. Non farlo portava male.
Sgonfiate le guance, restò ancora per un attimo a fissare il proprio volto. Questa volta con espressione seria. E finalmente decise di ammettere di volersi bene. (…)
Era proprio orgogliosa di se stessa. Assolutamente. Indugiò ancora una volta a guardare la sua immagine nello specchio. Ammiccò compiaciuta a se stessa, strizzando quei suoi occhioni dal taglio inusuale. Così vezzosamente orientaleggianti.
Essere nata con la sindrome di Down non le era mai pesato così poco.
(da Straordinarie polarità lunari, SECOP edizioni, 2017)
Cosimo Lerario

                                           (fine terza parte)

venerdì 15 febbraio 2019

15 febbraio: ancora prose e poesie d'amore


NATA PER AMARE

Seguo con lo sguardo gli strani segni di fumo che disegno con la mia sigaretta.
Stasera sono sola. Anche ieri sera ero sola e, forse, lo sarò anche domani.
Mi distendo, rassegnata, con un po’ di rabbia dentro, sulla poltrona di pelle del mio soggiorno e vorrei lasciarmi andare e stordirmi, riempendo la mente di pensieri e di ricordi. Ma non è facile.
Allora metto a fuoco una sola idea.  Lego ad essa mille immagini e mi ripeto che sono viva, viva in un giorno che sta per morire. Viva e cosciente di essere presente a me stessa ed alla realtà che mi circonda. Viva nell’anima, nonostante i ricordi che bruciano e fanno male. Viva, con radici che affondano in giorni senza ritorni, in stagioni che fioriscono solo nei rimpianti. E allora do il via ai ricordi e mi rivedo…
Sì, eccomi!  Io e il tempo già vissuto, io e l’amore.
Quante volte ho detto “Io amo” per dare voce al mio cuore!
Amore negli occhi, nei sorrisi, nelle mani, nel corpo, nell’anima.
Io bambina, innamorata del giorno, della voglia di fare, ballerina di una danza ritmata dalla fretta di vivere. 
Io, esuberante e incantata, con le canzoni gridate a squarciagola per raccontare al mondo la mia gioia di esistere.
Io, adolescente, onda azzurra di un mare inquieto e trepida ansia a cercare di scoprirmi ogni giorno più donna. Negli immancabili chiaroscuri dei miei pensieri, esplodevano i colori di ogni attesa primavera e l'immutata voglia d’amare. Felice, talvolta, di dimenticarmi tutto e tutti per rifugiarmi nel sogno.
Allora la felicità era ovunque. Nasceva dal nulla. A volte era tutta nella mia corsa in bicicletta con il vento nei capelli, totalmente ubriaca di felicità.
Donavo al mondo risposte di tenera passione e mi esaltava
rotolarmi nel verde dei prati vestiti di sole o ritagliarmi con lo
sguardo un angolo di cielo, in cui far entrare animate nuvole e magiche fantasie.
 Poi vennero gli anni in cui era una festa l’incontro con amiche e amici.
Mi piaceva il mare e mi piaceva provare un tuffo al cuore, quando i miei occhi cercavano fugaci incontri di sorrisi o di sguardi rivolti a me.
                            Mi  sembrava di vivere per amare.
Nell’anima vele bianche contro l’infinito e pensieri in volo a cercare la mia seconda ala
(da Gelido è l’inverno-Diario epistolare, Fos edizioni 2017)
 Anna Maria De Leo

Essere soli?
Soli dinanzi a sé stessi…
Nell’ora del dolore
Nell’ora ultima
Nell’ora di gravi decisioni
Un’ombra ti avvolge,
Quasi caldo mantello
A riscaldarti il cuore…
Tutto si oscura…
Ma nella mente sorge una
Presenza…
Come sole di mezzanotte
Piano rischiara gli incubi
Una nenia antichissima
In lontananza
S’ode…
La mente cheta il cuore
In tumulto
Nuovi pensieri
Nuove forme
Salgono dall’orizzonte del Nulla
Braccia di eterno Amore
Ci stringeranno
Al Cuore…
(poesia inedita)
Silvana Mangano

Haiku
poi l’accarezzo
e ancora poi le parlo
sola con lei, io

Katauta
sei tu, fratello
ombra di te, fratello -
ad est del cielo blu
(da Puzzle, SECOP edizioni 2012)
Anna Mininno

Quanto a Laura, casualmente era capitato di incontrarla. Affascinante sempre e mille miglia lontana e indecifrabile. Mai Marco aveva saputo o voluto dirsi sinceramente perché non aveva giocato le sue carte con quella donna, eppure sapeva bene che una persona così s’incontrava una sola volta.
Una sola volta.
Sotto la pioggia fine di quel sabato sera, Marco si sentiva un vecchio ma voleva Laura, la voleva da urlare, da stare male.
Sul cellulare doveva ancora essere rimasto il suo numero.
(da Al confine di me, SECOP edizioni 2015)
Nico Mori

VOCE
Più prezioso
il silenzio della campagna
se un remoto potare zappare gli dà voce,
se il moto di un trattore
rivela presenze.
                          Amo il silenzio abitato
da suoni lontani.
Amo la mia gente,
l’eco del suo lavoro.
(da I musici di Haydn, SECOP edizioni 2015)
Ada De Judicibus Lisena

Occhi di pane
E venne un uomo dagli occhi di pane,
profumo di erba rorida,
calore di meriggi d’aprile.

Irruppe come il maestrale,
impetuoso
e ardito,
spazzando nembi
gravidi di pioggia.

Seppe cancellare i sospiri,
il pianto,
i lutti del cuore.
 Mi costruì ali di speranza
e mi condusse.
(da Canti per un cuore vagabondo, SECOP edizioni 2016)
Rosalba Fantastico Di Kastron

Lascio che tutto accada
Che ogni cosa abbia inizio e compimento
Lascio che le ombre scivolino
E la luce ritorni
Lascio che la vita mi assorba
E poi mi trascuri
Che lo sguardo vaghi tra le forme
Cangianti come chiome al vento
Lascio che il pensiero trovi conforto
In questo cinguettio invernale
E che la felicità sia l'estasi d'una fiammata
Lascio che le parola scorrano
Come acque di ruscello senza troppi gorgoglii
Né echi che interrompano questo placido [accadere
Questa calma di gennaio
Questo candore che sa di raro tepore
(poesia inedita, postata su fb)
Luciana De Palma


(fine seconda parte)






giovedì 14 febbraio 2019

14 febbraio: San Valentino, festa di chi si vuol bene


San Valentino è stata per me sempre la festa “di chi si vuol bene” e non ha bisogno del 14 febbraio per ricordarselo e ricordarlo agli altri suoi cari: fidanzato/a, marito/moglie, amante/amante, madre/figli, padre/figli, fratello/sorella/ parenti, amici, conoscenti, tutti contrassegnati da autentico affetto, sincero trasporto del cuore. In questo giorno, comunque, ero solita fare gli auguri dapprima a mia madre. Lei si schermiva col suo sorriso dolce e malioso: “Ma io che c’entro?”. Ed io a lei: “Tu sei l’origine di tutto. Se oggi sono qui è grazie al tuo amore, e dunque?”.
Ma l’Amore si espande in maniera esponenziale, quando lo sentiamo vibrare dentro, perché diventa Amore per la natura, per l’ambiente, per la bellezza, per l’Arte, per la Vita. Tutto si fa Amore, rendendoci rispettosi del mondo che ci circonda e di quello che ci vive dentro. Innamorati, gioiosi, appagati di ciò che siamo e abbiamo. Grati a CHI ci ha fatto DONO del CUORE per darci la possibilità di AMARE. E l’Amore si fa Preghiera. Il nostro ritorno al Creatore “cum tucte le tue creature” (Cantico di San Francesco). Ma, ancor di più mi piace riportare qui, di San Francesco, “La preghiera semplice” perché, ancora più del Cantico, ci parla del vero Amore e di come si traduce in azione e non solo in preghiera. Se solo riuscissimo a farla nostra anche in minima parte, saremmo una umanità migliore. Proviamoci. E non è necessario essere credenti per apprezzare e fare nostra questa preghiera…
Oh! Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace:
dove è odio, fa’ ch'io porti amore,
dove è offesa, ch'io porti il perdono,
dove è discordia, ch'io porti la fede,
dove è l'errore, ch'io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch'io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch'io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Oh! Maestro, fa’ che io non cerchi tanto:
di essere compreso, quanto di comprendere.
di essere amato, quanto di amare
poichè:
Se è dando, che si riceve,
perdonando che si è perdonati,
morendo che si risuscita a Vita Eterna.
Amen.

Ma, per una come me, l’Amore comprende anche la parola: detta, scritta; in prosa, in poesia. E, allora, desidero festeggiare questo San Valentino alla mia maniera: riportando sul blog alcuni testi in prosa e in versi di alcuni amici, poeti e scrittori, che hanno pubblicato con SECOP, la nostra Casa editrice, o che a breve pubblicheranno. O che, magari, non lo faranno mai, ma le ho lette su fb e mi sono piaciute molto. Sono tantissime le prose e le poesie d’amore che, in questi ultimi tempi, mi hanno emozionato in maniera particolare, ma devo necessariamente fare una feroce selezione per rispetto (e amore) nei riguardi dei lettori. Prometto, però, di continuare a postare le più coinvolgenti giorno dopo giorno (con qualche eccezione) fino al 21 marzo, giornata mondiale della Poesia. In ogni mia scelta troverete sempre l’Amore declinato in tutte le sue meravigliose sfaccettature:

È che dell'amore si contano le conseguenze.
Sempre dopo viene di casa il suo nome
e mai prima lo sai chiamare.
Te ne accorgi quando il mare
ha cancellato le impronte
e sulla sabbia s'ammucchiano scure alghe recise.
È che se balli al centro del cuore non hai peso né faccia.
Ma se ti sposti cadi e cammini sbilenco
con il cuore sulle spalle.
Ha ragione la tartaruga a camminare piano
che l'equilibrio è precario
e se si ribalta il cuore non si rialza.
Ma piano non è il tempo dell'amore
che il tempo non conosce
E ha battito accelerato per definizione.
E in un battito di ciglia vive.
E in battito d'ali muore.
(poesia inedita per San Valentino)
Raffaella Leone

PER SAPERE
                         (a Lina)
Ti vestirò di pane e fiori
E di fragranza dolce
Di prato e di fresco mattino
Ti vestirò di pane
Per sapere il tuo cuore
    Ti vestirò di fiori
    Per sapere il tu amore
    Per mangiarti
    Con la mia fame di te
    Per coglierti
    Petalo su petalo
   Mio pane quotidiano
   Mia primavera.
   Ti vestirò di pane
Soffice e caldo
Per i denti del mio cuore

Ti vestirò di fiori
Per le mie mani ansiose.
E sulla mia pelle
        Pane e fiori
La festa non avrà mai fine.
(da: Per oro e per sempre, silloge di poesie a due voci)
Primo Leone

Un abbraccio vi manderò
da questo mio mondo di parole.
Un abbraccio forte da questa mia solitaria isola.
Un abbraccio aspetterò
mentre qui scende la sera
inesorabilmente come il destino.
Un abbraccio 
che porterò con me fino al giorno
in cui memoria e sogno
balleranno confusi nella mia mente.
Un abbraccio.
(Castellaro de Giorgi 2019 - poesia postata sulla Pagina del noto Fotografo)
Giovanni Gastel

Ha scritto Emily Dickinson che “non c’è nave che possa come un libro portarci nelle terre più lontane”. Sono salito sul mio librino come su barca, di quelle con le lampare che illuminavano di quieto e misterioso bagliore gli orizzonti delle sere d’estate. È stato un viaggio meraviglioso. Ho toccato le rive della memoria, gli anfratti dei ricordi nascosti in questa nostra terra di Puglia, così altera, prodiga, severa e barocca, marinara e agreste. Il nostro mare, gli squarci di paese, gli alberi cavi, i nostri ulivi così nodosi e i manti argentei delle nostre campagne, i nostri cieli così lunghi. Ogni volta dai più diversi luoghi del cuore, il ritrovarsi in allegrezza di uomini e donne che hanno cercato e trovato in queste pagine una pausa per visitare la memoria. Perché c’è qualcosa di magico nel ricordo. Una specie di incantesimo che, se riusciamo ad assaporare, porta serenità, gioia, e una dolcissima malinconia. È stato un viaggio lento e lieve, un’oasi per difendersi dall’onda lunga della fretta, del tempo che bisogna afferrare al volo.
Il ricordo come narrazione, come racconto condiviso con gli altri, che a loro volta hanno da ricordare e da raccontare, e dunque con un effetto dirompente contro la solitudine. Il ricordo come storia, individuale, familiare e collettiva, e in questo allungarsi verso le radici sta il segreto della sua forza che ci trascina, in modo positivo, verso il futuro.
(da: E la chiamano estate, libro di racconti, giunto ormai alla II edizione)
Valentino Losito

I CINQUE ANNI DI SILVIA
(11/05/2013-11/05/2018)
Oggi sei tu
a raccontarmi fiabe
che inventi e interpreti
come un’attrice consumata.
Nella tua stagione magica
credi che il nonno
tornerà dal cielo
a rimettersi gli occhiali.
E le streghe cattive
saranno sempre catturate
da fate generose
e principi coraggiosi.
Ti senti principessa
che illumina le ombre
e scopre piogge ballerine
che lasciano respirare le stelle.
Meravigliosa la tua certezza
che le preghiere alla Madonnina
annulleranno il suo dolore
per il figlio perduto.
Per me sei brezza su fiori bagnati
stilla di infinito
rifugio della luna
eco di nuvole rosate.
E quando sei capricciosa e dispettosa
rimani vibrazione misteriosa
di gioco e di fantasia
a scoprire ovunque poesia.
E insieme
facciamo anima e danza,
scherzo e segreto,
leggerezza e colore…
E gioiosa musica.
(poesia inedita, postata su fb)
Lizia De Leo

Se potessi attingere a facoltà visionarie e autenticamente trasfiguranti le adopererei per inventare travolgenti composizioni di parole; vorrei costruire un racconto in cui al tocco incalzante della narrazione risponde l’esaltata raffinatezza della gamma cromatica degli intrecci ma non vorrei narrare da sola, mi serve un alleato: l’anima. L’anima vorrebbe incantare il lettore e sogna armonie di proporzione tra realtà e fantasia. Se riuscirà a tramutare il quotidiano per costruire una storia fondata sul gioco della svista, se ne stravolge il corso e sottolinea fino alle estreme conseguenze - in un linguaggio che non è più né il suo né il mio - la speranza che giace nella meraviglia, allora descriverà personaggi sconvolti da una ventata di follia espressiva! Se trasformerà persone ordinarie in colossi danzanti, se parlerà di come una ragazza diventa un’incantatrice immane intenta fino allo spasimo ad intrattenere con la poesia - ora viva d’una gioia pura e ora nobilmente rattristata dalla scoperta della realtà - la mia anima narrerà fedelmente della realtà della fantasia.
Se la mia anima riuscirà a meravigliare io mi conoscerò come non fossi in pari tempo una donna e un narratore, perché mi comprenderò come se la mia intuizione non avesse per intermediario un corpo, dalle cui affezioni l’anima si muove. Il mio corpo ha il peso della volontà concreta, è come un oggetto tra oggetti, ma se l’anima riuscirà ad attingere la poesia dal quotidiano so che avrò rappresentato un mondo dominato dalla bellezza.
(dal romanzo: Il fallimento della perfezione di prossima pubblicazione)
Eva Dolcemascolo

DONO (a mio marito)
Sei il mio pane di gioia consumata
L'olio consacrato per la vita
Osservatore commosso di rondini precoci
Voce pacata nei giorni di tempesta
Pausa condivisa accanto al caminetto
- lo sguardo della Luna alla finestra -
Sei ticchettio ritmato della pioggia
dopo mesi d'umiliante arsura
Lampada bianca accesa al davanzale
- non importa se non è Natale -
Sei la mia mano che trattiene una carezza
per non svegliarti
Una vecchia canzone cantata insieme
per colorare di musica l'età.
Sei Dono.

(poesia inedita di un libro di prose e poesie, ancora da definire)
Rita Vecchi

A RUBARMI IL RESPIRO

Oltre il fiume
lontano
sul punto dell'alba
lasciai le pazze corse
in discesa.

Vaghi riflessi
di rondine
e il cuore scoppiava...
L'ala sulla pelle
bruciava le tempie.

Non c'era, in quei giorni,
tra l'erba,
profumo di fiori
ma caldi capelli
a rubarmi il respiro.
(poesia inedita)
Gianni Brattoli


(fine prima parte)