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venerdì 15 febbraio 2019

15 febbraio: ancora prose e poesie d'amore


NATA PER AMARE

Seguo con lo sguardo gli strani segni di fumo che disegno con la mia sigaretta.
Stasera sono sola. Anche ieri sera ero sola e, forse, lo sarò anche domani.
Mi distendo, rassegnata, con un po’ di rabbia dentro, sulla poltrona di pelle del mio soggiorno e vorrei lasciarmi andare e stordirmi, riempendo la mente di pensieri e di ricordi. Ma non è facile.
Allora metto a fuoco una sola idea.  Lego ad essa mille immagini e mi ripeto che sono viva, viva in un giorno che sta per morire. Viva e cosciente di essere presente a me stessa ed alla realtà che mi circonda. Viva nell’anima, nonostante i ricordi che bruciano e fanno male. Viva, con radici che affondano in giorni senza ritorni, in stagioni che fioriscono solo nei rimpianti. E allora do il via ai ricordi e mi rivedo…
Sì, eccomi!  Io e il tempo già vissuto, io e l’amore.
Quante volte ho detto “Io amo” per dare voce al mio cuore!
Amore negli occhi, nei sorrisi, nelle mani, nel corpo, nell’anima.
Io bambina, innamorata del giorno, della voglia di fare, ballerina di una danza ritmata dalla fretta di vivere. 
Io, esuberante e incantata, con le canzoni gridate a squarciagola per raccontare al mondo la mia gioia di esistere.
Io, adolescente, onda azzurra di un mare inquieto e trepida ansia a cercare di scoprirmi ogni giorno più donna. Negli immancabili chiaroscuri dei miei pensieri, esplodevano i colori di ogni attesa primavera e l'immutata voglia d’amare. Felice, talvolta, di dimenticarmi tutto e tutti per rifugiarmi nel sogno.
Allora la felicità era ovunque. Nasceva dal nulla. A volte era tutta nella mia corsa in bicicletta con il vento nei capelli, totalmente ubriaca di felicità.
Donavo al mondo risposte di tenera passione e mi esaltava
rotolarmi nel verde dei prati vestiti di sole o ritagliarmi con lo
sguardo un angolo di cielo, in cui far entrare animate nuvole e magiche fantasie.
 Poi vennero gli anni in cui era una festa l’incontro con amiche e amici.
Mi piaceva il mare e mi piaceva provare un tuffo al cuore, quando i miei occhi cercavano fugaci incontri di sorrisi o di sguardi rivolti a me.
                            Mi  sembrava di vivere per amare.
Nell’anima vele bianche contro l’infinito e pensieri in volo a cercare la mia seconda ala
(da Gelido è l’inverno-Diario epistolare, Fos edizioni 2017)
 Anna Maria De Leo

Essere soli?
Soli dinanzi a sé stessi…
Nell’ora del dolore
Nell’ora ultima
Nell’ora di gravi decisioni
Un’ombra ti avvolge,
Quasi caldo mantello
A riscaldarti il cuore…
Tutto si oscura…
Ma nella mente sorge una
Presenza…
Come sole di mezzanotte
Piano rischiara gli incubi
Una nenia antichissima
In lontananza
S’ode…
La mente cheta il cuore
In tumulto
Nuovi pensieri
Nuove forme
Salgono dall’orizzonte del Nulla
Braccia di eterno Amore
Ci stringeranno
Al Cuore…
(poesia inedita)
Silvana Mangano

Haiku
poi l’accarezzo
e ancora poi le parlo
sola con lei, io

Katauta
sei tu, fratello
ombra di te, fratello -
ad est del cielo blu
(da Puzzle, SECOP edizioni 2012)
Anna Mininno

Quanto a Laura, casualmente era capitato di incontrarla. Affascinante sempre e mille miglia lontana e indecifrabile. Mai Marco aveva saputo o voluto dirsi sinceramente perché non aveva giocato le sue carte con quella donna, eppure sapeva bene che una persona così s’incontrava una sola volta.
Una sola volta.
Sotto la pioggia fine di quel sabato sera, Marco si sentiva un vecchio ma voleva Laura, la voleva da urlare, da stare male.
Sul cellulare doveva ancora essere rimasto il suo numero.
(da Al confine di me, SECOP edizioni 2015)
Nico Mori

VOCE
Più prezioso
il silenzio della campagna
se un remoto potare zappare gli dà voce,
se il moto di un trattore
rivela presenze.
                          Amo il silenzio abitato
da suoni lontani.
Amo la mia gente,
l’eco del suo lavoro.
(da I musici di Haydn, SECOP edizioni 2015)
Ada De Judicibus Lisena

Occhi di pane
E venne un uomo dagli occhi di pane,
profumo di erba rorida,
calore di meriggi d’aprile.

Irruppe come il maestrale,
impetuoso
e ardito,
spazzando nembi
gravidi di pioggia.

Seppe cancellare i sospiri,
il pianto,
i lutti del cuore.
 Mi costruì ali di speranza
e mi condusse.
(da Canti per un cuore vagabondo, SECOP edizioni 2016)
Rosalba Fantastico Di Kastron

Lascio che tutto accada
Che ogni cosa abbia inizio e compimento
Lascio che le ombre scivolino
E la luce ritorni
Lascio che la vita mi assorba
E poi mi trascuri
Che lo sguardo vaghi tra le forme
Cangianti come chiome al vento
Lascio che il pensiero trovi conforto
In questo cinguettio invernale
E che la felicità sia l'estasi d'una fiammata
Lascio che le parola scorrano
Come acque di ruscello senza troppi gorgoglii
Né echi che interrompano questo placido [accadere
Questa calma di gennaio
Questo candore che sa di raro tepore
(poesia inedita, postata su fb)
Luciana De Palma


(fine seconda parte)






domenica 16 settembre 2018

In una serata dolce di fine estate



Al tepore di una serata dolce di fine estate, nel cortile ombroso d’alberi, di piante e foglie di un pergolato che cantava l’inno di grappoli d’uva e di promesse di vino, in tanti abbiamo fatto corona ad Anna Maria e Gianni per ascoltare le voci che accarezzavano di ricordi la nostra commozione.
Prima, però, c’è stata in grande semplicità l’inaugurazione della Retrospettiva di alcune delle bellissime opere pittoriche che Nicola Parisi ci ha lasciato a imperitura testimonianza della sua Arte e della sua singolare e poliedrica creatività.
Poi, testimoni le stelle e una falce di luna che, in silenzioso ascolto, dondolava il dolore (licenza poetica voluta!) per farlo addormentare, come nelle antiche sere la nonna faceva con noi bimbi, nella culla di legno, per spegnere il nostro pianto, Raffaella ha dato il benvenuto con un fremito di commozione nella voce, facendo un giro largo sul significato della parola FOS, che riempie di LUCE le parole pubblicate in libri, come “Gelido è l’inverno”, scritti per un desiderio dell’anima, nell’intimità di un dolore o di una storia tutta familiare, ma che, poi, prendono consistenza e volo con la forza dell’intensa verità che contengono.
“Gelido è l’inverno”, infatti, è la sintesi di migliaia di lettere che quotidianamente Anna Maria scrisse più di quarant’anni fa, di qui il sottotitolo, “Diario epistolare”, per salvarsi da un dolore strangolante per la morte del suo giovanissimo sposo, dopo appena due anni di matrimonio, in un incidente stradale.
Raffaella ne ha parlato con delicatezza, con tenerezza e discrezione, riportando alla memoria l’indelebile ricordo di una realtà straziante, che improvvisamente le si presentò agli occhi, in tutta la sua cruda verità, lei bimba di appena sei anni, rispecchiandola negli occhi di lacrime di suo padre, che pure non aveva mai visto piangere. Opponendo così il suo stupore doloroso di bambina all’immenso tormento del cuore disperato di sua zia, allora giovanissima donna innamorata e madre di una piccolina di nove mesi, che già sussurrava “papà”, e di un bimbo ancora da sentire palpitare sotto il cuore. Attente parole, quelle di Raffaella, per evitare l’esplosione di quel feroce dolore in pianto irrefrenabile e inconsolabile. Poi, ecco Mario Sicolo, il meraviglioso relatore con l’arduo compito di penetrare in quelle pagine “sacre” come un tabernacolo, e lo ha fatto in punta di piedi e di penna, con infinita tenerezza e “sapientia cordis”, cominciando col ricordare il momento in cui Gianni, nuovo e attento compagno di Anna Maria da oltre venticinque anni, era andato a portargli il libro per dargli la possibilità di leggerlo e poterlo poi presentare.
Ebbene, Mario ha evidenziato l’atteggiamento di “cura e di amore”, avuto da Gianni, verso quelle pagine, quasi “gli consegnasse un figlio”, ben sapendo che lì, in quello scrigno prezioso, non si parlasse del sentimento tenace e solidale, suo e di Anna Maria, vissuto nella intensità di comuni esperienze dolorose del passato, ma di quello di un giovane uomo, appassionatamente ricambiato.  Protagonista di quelle lettere “in sola andata” Nicola Parisi, prematuramente scomparso ai giorni da vivere, per la sua giovane compagna Anna Maria, solo per “necessità di continuare”, ma sempre presente nel suo cuore e nella sua mente tanto da farle vergare, col sangue e con rabbia, impotenza e disperazione, quelle pagine ribollenti di vita e di morte.
Mario ha proseguito, in un appassionante crescendo di accorte parole, per non riaprire ferite e, nello stesso tempo, per raccontare il suo discreto attraversamento in quelle pagine e in quel dolore. Commozione generale, lacrime, stemperate di dolce incanto che sempre le parole di Mario sanno magicamente creare. Poi, le letture di alcune lettere: la prima delle tante pubblicate (ma tantissime sono rimaste nella intimità inviolabile dei quaderni di Anna Maria), una di Nicola alla ragazza che amava e del cui amore non era ancora certo, un racconto della sua breve vita, già tanto provata dalla perdita prematura della madre, e qualche altro testo molto significativo. Le voci sono state quelle di Mariella Sivo, Federico Lotito, Luciana De Palma. Bravissimi tutti e tre i lettori che hanno restituito Nicola in mezzo a noi. Sì, Nicola c’era! Ed era commosso pure lui per la nostra commozione. L’atmosfera si è fatta sempre più raccolta e dolente...
Ha provveduto Anna Maria a stemperarla con il racconto, oggi amaramente divertente ma allora drammatico, dei discorsi di “consolazione” di due vecchie signore che parteciparono alla prima serata di lutto di Anna Maria, nella confusione totale di quel lunghissimo giorno disperato per tutti.
Rinfrancati da qualche risata, hanno preso la parola il carissimo amico Nico Mori, che ha evidenziato, con molto calore ed efficacia, la forza e il coraggio di Anna Maria che ritrovò una ragione di vita, oltre che nelle sue adorate figlie, in una chitarra e nella sua voce graffiante che riempiva l’aria di poesie sue e di noi poeti, traducendole in   bellissime canzoni. Poi è intervenuta la dolce amica Rosalba Fantastico di Kastron che ha sussurrato la sua ammirazione per Anna Maria, ma anche per la nobiltà d’animo di Gianni con la sua eccezionale dimostrazione d’amore nei riguardi della sua compagna. La serata di magico rammemoramento si è conclusa con un ricco buffet salato, che ci ha riconciliato con i semplici piaceri della vita, in una ritrovata e simpatica convivialità. E finalmente, per tutti, la spensieratezza di rinnovati sorrisi...



lunedì 18 giugno 2018

Gelido è l’inverno (FOS Edizioni, 2018) di Anna Maria De Leo

Gelido è l'inverno

È di qualche giorno fa la pubblicazione di un libro che sicuramente catturerà l’attenzione di molti lettori perché commovente e vero. Si tratta di un diario epistolare, scritto quotidianamente, per più di dieci anni, oltre quarant’anni fa, da una donna giovanissima allora, straziata dal dolore per la perdita improvvisa del suo giovane sposo, dopo appena due anni di matrimonio in perfetta armonia.
Anni, anni, anni. Sì, gli anni del dolore scandiscono, in questo libro, il tempo del non avere più tempo, bruciato nello spazio di una tragedia che ha bloccato per sempre il tempo di vivere insieme, di progettare insieme, di tendersi la mano per procedere nel mondo e nella vita a piccoli passi, ma quanto preziosi perché vissuti in un delirio di giovinezza e di felicità, tanto agognata e finalmente raggiunta. Ma gli dèi sono invidiosi della felicità degli umani. Non bisogna mai urlarla la felicità se vogliamo che duri...  
Pubblicare Gelido è l’inverno in piena estate è come essere sorpresi da un “fulmine a ciel sereno”, ma è forse il tempo giusto per leggerlo in tanti, avendo un po’ tutti nell’estate una alleata di tempo libero, di mente sgombra dagli impegni lavorativi, e di giornate più distese e “vuote”. Ma gelido è stato il lunghissimo inverno di dolore di chi ha scritto queste pagine. E un gelido inverno offre la bellissima copertina al nostro sguardo: alberi spogli, quasi braccia imploranti tregua da ogni male ad un cielo di nebbia e di foschia, ma i tronchi affondano radici in un terreno di verde tenero come rinnovate speranze di giovani virgulti a spegnere il dolore e a rinnovare primavera. Gelido è l’inverno è uno dei quadri che Nicola Parisi ha lasciato come presenza di sé nella sua casa.
E, oggi, è un libro che prende immediatamente il cuore e ci inchioda alle tante lettere che Anna Maria De Leo ha freneticamente scritto per strangolare il dolore che la strangolava.
In realtà, oggi sembra assurdo affidare il proprio dolore ad una lettera; sembra molto più facile farlo attraverso i social, comunicando in tempo reale persino la morte di un proprio caro quasi per oggettivare il dolore così non devasta più di tanto perché non appartiene più solo a chi lo prova, ma lo si riversa sulla “piazza virtuale”, che ne farà oggetto di commenti e di parole, ben presto diluito in mille rivoli fino a disperderlo in brevi giorni, incalzato da altre notizie, altri commenti, altre parole. Brevi come il respiro. Soffocate anche dalle immagini, dai gift, dalle emoticon, dai like.
La lettera, invece, fino agli anni Settanta-Ottanta aveva conservato il suo profumo di intimità e il fascino trepido dell’attesa.
Anna Maria in quegli anni aveva solo quei quaderni bianchi a cui affidare le sue lettere, nelle quali trovavano nascondiglio, come in un nido silenzioso e protetto, i suoi pensieri, i suoi messaggi a Nicola, il suo momento in cui sentirsi ancora in comunione con lui.
Quante volte penso con rimpianto alle nostre serate. Alla nostra casa che era un vero nido sereno. A volte, seduti davanti al televisore, eravamo mano nella mano, quasi a tener vivo un dialogo nonostante le trasmissioni ci costringessero al silenzio. Ci bastava poco per essere felici e per sentirci “esistere” insieme. Una felicità fatta di piccole cose, di gesti affettuosi che riscaldavano l’anima. io per te, tu per me… Sempre uniti dall’amore!
Il suo nido era stato sbrindellato dall’uragano di un attimo ed ora era lei a volerlo ricostruire, in una casa ormai non più esclusivamente di loro tre “felici… felici… felici”, ma di una intera famiglia tutta stretta a lei vicino a tentare un conforto, una qualche amara compagnia, neri le vesti come nero il cuore. No. Non era quella la compagnia che le potesse restituire serenità in quella casa. Troppo nero e troppi occhi di pianto per consolare una giovanissima donna distrutta. E, allora, ecco le lettere per ricostruire in qualche modo, disperatamente, tenacemente, quel nido devastato, rametto dopo rametto, per ritrovarsi viva almeno con la sua bimba di breve felicità e con l’altro piccolino che di giorno in giorno le dava il sussulto di una nuova vita nel grembo disperato.     
E venne il tempo/ delle ore disperate/ a curvarmi le spalle. (…) A pugni stretti/ strappai l’anima/ e mi lasciai vivere.
E aveva solo ventisette anni.
Il libro contiene una sessantina di lettere delle migliaia scritte in un decennio di fittissima comunicazione unilaterale, ma necessaria per non impazzire. Sì, Anna Maria si è salvata anche per questo suo Diario quotidiano che la estraniava dalla insopportabile realtà per portarla in quell’“altrove”, dove era più facile sentire al suo fianco il marito adorato, dove poteva parlare con il suo Nicola nella speranza, e mai convinzione in verità, di essere ascoltata. Ma anche quella speranza l’ha tenuta in vita, prima ancora che la riscoprisse nei sorrisi spenti di Isabella, nei capricci tumultuosi di Nicoletta. Le due bambine a lungo sono state le rose e le spine dei tanti giorni di dolorosa solitudine. A lungo sono state il rimorso di essere sopravvissuta a Nicola che, a suo parere, avrebbe meritato più di lei di vederle crescere nell’arco luminoso delle sue braccia forti e protettive. Lei aveva avuto un’infanzia felice. Con lui, invece, la vita era stata già pesantemente in debito per avergli rapinato a soli nove anni gli occhi teneri di sua madre.
Credevo che la vita ti avesse sferrato tutti i suoi brutti tiri.
Era giunto da poco il tuo momento positivo e dovevi provare le gioie della paternità, raccogliere i frutti dei tuoi immensi sacrifici, avevi diritto alla tua parte di felicità…
L’ha tenuta in vita la rabbia per l’impotenza di fronte all’ineluttabilità del destino, di fronte alla protervia di una famiglia ricca e potente, ma priva di ogni etica, priva della delicatezza di mandare una voce di rammarico, un saluto non solo come atto doveroso e di umana pietà nei riguardi di una donna privata di suo marito e della gioia di vivere, ma soprattutto come vicinanza in una tragedia così immane da urlare al Cielo il nome del colpevole. Ma per alcuni esseri dis-umani non esistono colpe né pene né pentimenti, ma solo l’affannarsi a trovare il modo per sottrarsi persino al dovere di risarcire il danno con il minimo previsto dalla legge.
Amarezza che si aggiunse all’amarezza.
Hanno detto che la malattia gli ha, poi, procurato una fine lenta e straziante.
Io non gliela avrei mai augurata, nonostante tutto, nonostante non si sia degnato di scrivermi neanche un solo rigo né si sia interessato di noi e della tragedia che ci ha procurato.
Che il Signore lo perdoni!
Prima che morisse, gli hanno fatto firmare delle cambiali dal valore di venticinque milioni. I suoi legali temono che io rivendichi i miei diritti e corrono ai ripari.
Certe persone sono senza coscienza! I maledetti soldi, prima di tutto!
Sono solo poche lettere, ma quanto strazianti nella loro verità. E, con le lettere, alcune foto che sottolineano la gioia, il dolore. Ci sono anche le foto di alcuni quadri di Nicola Parisi a testimoniare la sua creatività, il suo talento pittorico, la sua solitudine prima di incontrare Anna Maria.  
Poi, il silenzio per molti anni ancora. Gli anni di un nuovo incontro con un uomo generoso, onesto, attento a colmare quanto era venuto a mancare troppo presto a lei e alle sue bambine, da lui amate come figlie. Gianni. Egli stesso reduce da vicissitudini dolorose e per questo in grado di comprendere e amare.
Gli anni degli studi e degli amori giovani.
Gli anni dei matrimoni e dei nipotini. Gli anni della rinascita e delle rinnovate perdizioni. Gli anni di ulteriori resurrezioni. Nel cortile della casa antica e di mai perdute presenze.
Le lettere erano rimaste per anni in silenziosa attesa di essere rilette alla luce dei nuovi passaggi esistenziali, così importanti da affievolire la loro voce, la loro preziosa missione. Sì, anche le cose, anche gli oggetti hanno una missione…
Poi, di nuovo improvvisamente, è accaduto qualcosa nella storia di Anna Maria, portandola ad un passo dal ricongiungersi a lui, al suo mai dimenticato Nicola che, ancora una volta, l’ha protetta rimandandola, generosamente, a quanti l’amano quaggiù. E lei, improvvisamente ha avvertito l’urgenza di riprendere carta e penna per ritornare a scrivere di un passato conservato, come una reliquia, nel profondo del cuore. E ha scoperto l’urgenza di riprendere quelle lettere ad una ad una per farne dono alle figlie, ai figli acquisiti, ai parenti e agli amici, e soprattutto ai nipotini perché la breve vita di un uomo tanto amato e tanto meritevole d’amore non venisse dimenticata. È stata questa urgenza a spingerla a pubblicarle, accompagnandole con un’ultima lettera… che risale a qualche mese fa.
Ed io mi fermo qui. Perché tutto il resto è sacro ed è da leggere con le mani giunte e in punta di piedi. Inebriati dal profumo dell’autenticità, oggi completamente in disuso. Inebriati dal senso che questo libro porta con sé a conforto di quanti hanno vissuto esperienze così devastanti da infrangere ogni desiderio di ritorno alla vita: la vita è spesso difficile e dolorosa, ma ci offre inaudite risorse per resistere ad ogni imprevisto, ad ogni ferita, ad ogni male, restituendoci prima o poi quello che sembrava perduto per sempre. “La vita dà e la vita toglie. Non esistono certezze né porti sicuri…” (Sonia Sacco). Basta non perdere mai il senso del valore della nostra esperienza vitale per non perderci definitivamente. Basta crederci. Anche i miracoli avvengono se li sappiamo scoprire.
E il miracolo più grande nella vita degli uomini è l’AMORE.
Gianni conosce bene i ricordi che mi legano a Nicola. Sa che è rimasto continuamente presente nei pensieri e nel cuore.
Spesso mi dice sorridendo che le belle storie d’amore si raccontano e si ascoltano sempre volentieri!
E noi ascoltiamo volentieri con una grande emozione nel cuore…
                                                                                      Angela De Leo