Sì, imperativo
categorico è RICOMINCIARE. Ma per farlo dobbiamo lasciarci alle spalle gli anni
trascorsi che più ci hanno fatto male o riprenderli ad uno ad uno per
verificare quanto si possa e si debba salvare per non perdere la memoria di noi
in una continuità a restituirci l’intero di ciò che siamo e che è, come già
detto, molto di più delle singole tessere che costituiscono il mosaico della
nostra vita? Io penso che quest’ultima ipotesi di soluzione sia la più giusta
per noi e per chi amiamo soprattutto. Per questo riprendo a parlare delle
persone care che in questi ultimi anni ho perduto e di cui rintraccio
continuamente voci, gesti, parole, nell’oceano del cuore. E parto da Primo Leone che proprio ieri,
traslocando momentaneamente dalle stelle presso cui ha fissa dimora, ha
festeggiato nella nostra casa i suoi 81 anni, ricordandoci con le “parole in
fondo al mare” (99 pensieri in libertà) la sua mai spenta voce: Una coperta di seta azzurra/ per avvolgere
le stelle/ad una ad una.; Una strada deserta/ quattro case in fila/ a tessere
l’ombra per la sera.; E la mia ombra/ disegnata dal sole/ si è spenta nella
sera. (Bari 1983). E ancora, meno lontana nel tempo, ecco “Il vino il tempo
la nostalgia”: È qui / che vorrei fermare il
mio tempi,/ tra le braccia di queste viti/ avvinghiate alla terra,/ dormire sul
cuore verde/ di queste foglie,/ legare i miei sogni/ con i tralci vibranti/ dei
grappoli gonfi di sole/ e di cieli spensierati…/ È qui
/ che voglio aspettare i canti/ della festosa vendemmia,/ ricordare
l’allegria/ del vino nei bicchieri,/ quando l’anima è un brindisi/ di sangue vivo /
senza ieri e senza domani,/ soltanto sogni progetti speranze…/ e
l’ebbrezza di un amore/ rosso rubino/ che ti scalda il cuore…/ È qui
/ che vorrei fermare/ le mie ansie e le mie illusioni…/ È qui
/ ancora immortale/ come il vino nelle vene/ che non conosce
sconfitte…/ È qui / - tra i richiami di sempre - / che
aspetterò/ tutte le vendemmie dell’eternità./ … quando l’aria/ è un canto di
sole e di cielo/ quasi una nota di
musica/ che ti risuona sulla pelle/ e il mondo è solo un ricordo/ da
disperdere…/ È qui / dove il tempo è immobile/ in attesa / sui tralci delle viti, tra le mani
gonfie/ del vino di domani…/ Ricordi si sgretolano/ Lungo quel fiume
misterioso/ Di vino e di sangue/ Per le nostre vite infinite (da Premio Rabelais 2004 Poiché
tutto è, fors’anche una storia d’amore, 2004). Infine: La strada fino a ieri/ passa tra i tuoi occhi/ si disperde ormai
stanca/ come un sogno che si muove appena/ come un giorno disegnato sul muro/
come l’acqua inventata dai naviganti/ una terra sconosciuta ci aspetta/ prima
dell’orizzonte… (da Lontano da ieri,
Secop 2008). Ma poi c’è Nico Mori, il mio carissimo amico Nico,
che desidero ricordare con uno stralcio della poesia “Metà di me” da Al confine di me (Secop, 2015), in cui
c’è tutta la sua personalità di molteplici perché, tra la necessità di vivere
nel mondo del lavoro, con onestà, competenza, coerenza, e l’incoercibile
bisogno di immergersi nel mare (suo habitat naturale) con infinita poesia, alimento quotidiano del suo
cuore e della sua anima: Metà di me non
mi appartiene/ naviga/ dove il chiaro dell’aurora boreale/ si stempera nel blu
infinito della notte./ Metà di me si dissolve in milioni di grani/ e si sparge
e combina/ in simpatia con miliardi di atomi/ sulla linea d’ombra/ al limite di
ogni verità/ dove certezze sconfinano nel dubbio/ e l’umano sapere è attonita
coscienza dell’immenso./ Metà di me non mi appartiene, naviga/ tra l’Orrido e
il Meraviglioso/ in consapevoli teorie dell’incanto/ verso lontani/ magici
bagliori…; in risposta a tutto questo, mi sembra necessario fare
riferimento a una lettera di Herman Rojas, lontano amico di tutti noi quando
era semplicemente un poeta cileno scappato dalla sua terra perché ribelle al
regime militare di Pinochet, e amico fraterno di Nico anche dopo il suo ritorno
in patria. Questa lettera è di solo qualche anno fa. Dopo un lungo silenzio
poetico di Nico… Le omissioni sono mie per via di una lettera molto lunga e
ricca di ricordi e di sollecitazioni a tornare a pubblicare le sue poesie, di
cui tutti avvertivamo la mancanza: Caro
Nico (…) non lasciarci senza la tua parola, senza i tuoi sogni, senza la tua
folle geografia italica, senza il tuo mare, senza la tua tenerezza. Vai oltre i
“confini di te”, con tutta la forza che hai, non fermarti, non spegnerti (…). I
nostri confini sono come l’utopia alla quale non rinunceremo mai. Perché tu e
io siamo l’orizzonte e, insieme, noi siamo l’utopia. Pescatori di meraviglie,
ricordi? A costo di annegare nei mari della luna. Ti abbraccio con l’immenso
affetto di un fratello. Germàn (lettera contenuta nell’ultimo libro di Nico
Mori PESCATORI DI MERAVIGLIE e altre
storie (Secop, 2020). E che dire di Giorgio Bàrberi Squarotti, della sua
preziosa amicizia, di cui mi ha fatto dono fino agli ultimi istanti della sua
vita terrena? Di lui mi piace riportare qui una poesia “La memoria di Dio”, che
è sintesi della sua originalissima vis poetica, a cui hanno attinto tanti altri
grandi poeti fino ai nostri giorni e oltre, guadagnandosi ampia fama anche per
il futuro: Matilde disse - Ora semino
l’erba,/ dove ci sono ancora nude chiazze/ di terra dell’inverno - e con il
gesto/ solennemente largo della mano,/ nell’eccesso del gioco, sparge il seme/
lieve; e subito Gabriele versò/ con cura lenta l’acqua che lo aiuti/ a nascere.
Abbaiò un cane, una gazza/ nera e bianca attraversò l’eden, rapida,/ e si
nascose nell’abete, un’ala/ di brezza scosse leggermente il tiglio./ Ecco:
l’eterno si è concluso, il tempo/ scorre: pensaci Tu a conservarlo/ nella
memoria, per tutti. (Monforte d’Alba, 20 agosto 2011 - da LE VOCI E LA VITA, Secop 2016). Ma poi mi viene
incontro la mia amatissima Silvana
Folliero, alle cui sollecitazioni, imperiose e affettuose, dobbiamo la
nascita della nostra Casa editrice e l’eredità di una fascinosa Rivista
culturale da lei fondata a Roma, “Dialettica tra le culture”, e che dal
prossimo numero passa alla Secop, che intende darle respiro nazionale e
internazionale, come è giusto che sia, con sede anche a Roma (curata da Antonio Scatamacchia, grande amico e collaboratore
di Silvana per lunghi anni) e a Firenze (ancora in fieri). Di Silvana Folliero,
eccezionale e severo critico letterario vi offro uno stralcio del Saggio
introduttivo a Tersicoree, un libro
antologico di racconti, pubblicato dalla Secop nel 2005 e illustrato con
inchiostro di china dalla mano delicata e incisiva di Ombretta (Leone): … Deve
esserci nuova linfa. Il XX secolo è alle nostre spalle, davanti abbiamo il XXI
(è il tempo cronologico dopo Cristo) con una piccola porzione già passata.
Molti di noi sentono il bisogno di capire ciò che accade, di comprendere i
significati più nascosti, meno evidenti. Il precipitare degli avvenimenti ci
rende timorosi, ritardatari e insufficienti, ed anche - però - maggiormente
agguerriti di fronte al non visto, al non udito. Se percepiamo le onde sonore
del futuro - attraverso speciali antenne che alcuni hanno - si fa strada poco a
poco la consapevolezza del vissuto e, insieme, la cognizione di ciò che siamo
nel profondo, sia pure nella contraddizione e nel dubbio. Si rafforza così la
facoltà della divinazione e della comprensione attraverso proprio la forza dirompente dei
fatti. Una fenomenologia costruttiva che alcuni scrittoti hanno e, nel nostro
caso, la esprimono nella narrativa. Un piccolo drappello di coraggiosi, forse
di temerari; ma loro, uomini e donne del drappello, hanno la capacità di
estrarre pepite d’oro dal terriccio. Proprio perché sono immersi nella società
drammatica e delittuosa di oggi sanno perforare sé stessi attraverso la mente e
la parola; sanno capire il dolore, la sconfitta, la follia. Silvana è andata via
solo qualche anno fa, ma l’ha preceduta la sua tenera e discreta compagna Anna Borra, che ha lasciato di sé
splendide fotografie e delicatissime e accorate poesie d’amore. Eccone un
esempio con “Oltre il tempo”: …
Infinità del mio arco/ - teso -/ nella
luce, verso te./ E tu, amore, in me/
per l’eternità.// “Essere Te”// Vorrei che non ci legasse/ - soltanto -/ una
parola detta nel buio/ della mia solitudine,/ essere te/ senza che niente
impedisse/ di respirare vicini,/ restare in pace, con te,/ nel silenzio/ di
questa sera che muore./ Vorrei trovarti tra la folla/ che cammina in vie
desolate,/ prenderti e non lasciarti,/ non lasciarti a dire/ che il tempo ci
annienta/ mentre la torre lontana/ batte rintocchi di morte.// Non ingoiare
amari/ calici di vita fredda,/ quella che incombe su noi/ come una gelida notte/
che non ha stelle nel cielo/ e non ha echi di gioia, d’amore,/ ma intenso/ freddo,
come il delirio/ della mia mente, stasera…// essere te, con l’anima nella tua anima,
avere/ ancora vent’anni, col fuoco/ della passione che arde/ e riscalda il tuo
cuore/ e lo carezza qual fiamma/ che non si distrugge nel buio.// Essere paga,
soltanto,/ di una tua lacrima/ e darti gioia;/ desiderare, oltre il tempo,/ questo
tuo amore infinito/ con l’anima/ nella tua anima. (25 maggio 1955). Quanto
amore e dolore in questi versi, che troveranno in questo nuovo anno diversa e
più ampia collocazione, così come Silvana avrebbe voluto. E, intanto, il ricordo di un’altra grande amica, Rossella Lovascio, grande scrittrice barese e prefatrice di una mia
silloge di poesie, mi serra la gola. Quanti sogni e progetti insieme! Quante speranze
naufragate nell’arco di pochi anni. Vorrei proporvela così, andando indietro
nel tempo con “Gli inizi. La forza delle idee”: Eravamo, intorno al 1970, giovani. Non proprio ragazzi, ma giovani
un po’ pazzi e presuntuosi. Le nostre ambizioni non arrivavano a pensare di
voler cambiare il mondo, ma la nostra città, Bari, sì. Michele Ardito, pittore
poderoso che aveva vissuto molti anni in Lucania, terra che amava moltissimo, e
io convincemmo Renato Gagliano, dinamico titolare della Libreria Roma, a unirsi
in sodalizio per incominciare a mutare il volto culturale della nostra terra. (…).
Ci dividemmo i compiti: io dovevo presentare gli autori che Renato, in contatto
con le case editrici, avrebbe invitato, Michele, invece, doveva curare i
rapporti tra pittura e letteratura. Non chiedemmo dei finanziamenti, ma ci
autotassammo per le spese (da I
giorni e le parole, Bari 2009). Avrei voluto riportare almeno una pagina di
questo suo raccontarsi per raccontare di quanti autori famosi sono stati
ospitati, nel tempo, presso la Libreria Roma di Renato Gagliano, e quanti autori di Bari e dintorni hanno frequentato
per decenni la libreria e, forse, continuano a farlo. Renato, altro mio grande
amico, è sempre ricco di passione e di progetti culturali e spirituali. Tra i tanti amici scrittori e poeti che ho perso in questi ultimi anni,
e che hanno preso dimora nella culla/urna del cuore, mi piace ricordare la
immensa e indimenticabile Maria Marcone,
col suo fedele e innamoratissimo compagno di vita Antonio Ricci. Quante confidenze tra noi! Quanta sintonia d’intenti!
Alcune sue opere inedite, in prosa e in poesia, affidatemi perché le facessi
pubblicare dalla nostra Casa editrice, sono rimaste nel cassetto per la morte
improvvisa di Antonio. Maria Marcone, spirito tormentato ma estremamente
genuino e forte nelle sue fragilità, mi si è uncinata nell’anima e me la porto
con me sempre. E che dire di Cris Chiapperini,
il mio amatissimo Cris, compagno generoso di tanta POESIA vissuta e recitata? Perdita
incolmabile. Lui il nostro angelo custode, mio e di Filippo Mitrani, altro mio grande amico del cuore. Anche Cris mi
affidò una cartellina con le sue originalissime poesie, ma il suo volo tra le
stelle e tutte le mie dolorose vicissitudini ne hanno momentaneamente bloccato
la pubblicazione. Peccato! Non ho a portata di mano la magica cartellina per
farvi assaporare alcuni suoi versi di meravigliosa tessitura. Ma lo farò
sicuramente, appena l’avrò recuperata tra le migliaia di “carte preziose” che
occupano persino i miei armadi oltre ai tanti scaffali delle tante librerie
presenti nella nostra casa. Non così per Gabriella Maleti,
compagna sempre presente nella vita di Mariella
Bettarini, che non ha bisogno di presentazioni. Noi tre ridevamo di noi perché
accomunate non solo dal sacro fuoco della scrittura poetica, ma anche dall’anno
di nascita 1942. In questo nuovo anno festeggiamo gli ottanta tondi tondi, ma
Gabriella è volata via anzi tempo. Di lei ecco “Una poesia” (per Elda), cioè
per la mamma di Mariella nel giorno del suo dolente Commiato: madre di dolore/ madre tua di scavi/ di
carene a fondo/ di rigovernature/ madre scoperchiata di cento corone d’acqua/
regge un peso nel ventre/ un fiato notturno/ un odore vegetale e sacrale/ e
pianoforti e altre città/ madre di primavera/ madre tua di sussulti e di
perdite/ passata senza rumore/ da inutili personaggi sonori/ a colpi di cuore/
madre di calendule/ di grandi fiori nel cervello/ vibrante come un getto negli
occhi/ madre tua/ che mangia con la leggera foga degli abbandoni/ alla tavola
di un re sprovvisto/ madre romantica r presente/ intera madre tua (da M.
Bettarini, Poesie per mamma Elda,
Secop edizioni 2019). E vorrei concludere,
ancora una volta ma non per l’ultima volta, con Giovanni Gastel. Quasi dieci mesi fa, più o meno nelle prime ore
del pomeriggio, affidò i suoi sogni
d’amore a Dio e acconciò le ali per raggiungerLo, dove ogni ansia terrena si
placa e si annulla nella Sua divina carezza. Ma è rimasto nel nostro cuore con
tutta la Bellezza che ci ha regalato con le sue foto e le sue poesie, con tutta
l’amorevole generosità con cui ha accolto ciascuno di noi, pago di veder
fiorire la gioia ad ogni suo sguardo, ogni sua parola, ogni suo sorriso a chi
aveva incontrato per un giorno o per la vita. Erano questi gli “abbracci” le “attenzioni
minime e immense” che lo rendevano davvero felice. Infatti, solo due anni fa,
così scriveva sulla sua Pagina FB: Un abbraccio vi
manderò/ da questo mio mondo di
parole./ Un abbraccio forte/ da
questa mia solitaria isola./ Un
abbraccio aspetterò/ mentre qui
scende la sera/ inesorabilmente come
il destino./ Un abbraccio/ che porterò con me fino al giorno/ in cui memoria e sogno/ balleranno confusi nella mia mente./ Un abbraccio. (Castellaro 2019). Era
questo il suo costante aprirsi agli altri per offrire e ricevere amore, senza
mai pensare a una “deminutio” della sua fama e grandezza, del suo NOME.
Desiderava solo amare ed essere amato. Grazie e ancora GRAZIE, Giovanni! Ed
io rispondo così oggi ai suoi
abbracci di sempre: Frementi destrieri i giorni/ galoppano con te
verso/ il tuo lago e anticipano la gioia/ dell’incontro nell’abbraccio/ delle
acque che sanno di te/ a rivoluzionare il mondo/ nell’impeto d’assalto alle
buone/ maniere che di giorno sono ferrea/ regola “misura dell’onestà dell’uomo”/
della sua inviolata dignità,/ ma di notte complice il mistero/ che canta e
incanta con serti di poesie/ impallidiscono e si acquattano vinte/ mentre ti
brillano tra le mani e i fogli/ luci a migliaia per percorrere altre vie./ E tu
novello Robin Hood corri/ a rubare il sogno dei buoni sentimenti/ ormai in
disuso per restituirlo/ alla gente che lo ignora e si accalca/ all’ombra del
tuo albero maestro/ che sa il bene e il male/ e riaccende di rinnovato amore/ per
il mondo/ per gli altri e per la vita/ l’alba di nuovi domani/ (e farai dono di
te ancora ancora ancora…).
E per oggi mi fermo qui. Non ho più
parole. Solo lacrime di ricordi, commozione, gratitudine. E il Nuovo Anno si
tinge di Rimpianto/Speranza. E siamo ancora insieme… per RICOMINCIARE! Tutti!