mercoledì 26 gennaio 2022

Mercoledì 26 gennaio 2022: NICO MORI, poeta nella vita e nella scrittura...

A un anno dal suo ultimo viaggio tra il mare e le stelle, ripropongo di Nico una sua struggente poesia “IL VIAGGIO”:

Partono

all’alba i pescatori di sogni quando

il primo sole arrossa le vele

e il pensiero,

lontano da tortuosi labirinti della mente,

vola su bianche montagne di nuvole.

 

Navigano

verso promesse e miraggi dell’orizzonte,

tra furibonde tempeste di perché,

alla vana ricerca di una dea del mare

che incantevole,

sensuale, magica e innocente,

imprigioni l’Infinito in un sorriso

e nei solchi dell’anima semini speranze.

 

Giungono

a sera sull’orlo del mondo e, nel buio della notte

Incombente, scorgono l’ultimo approdo,

il porto sconosciuto dove la corrente e il vento

spingono le barche nell’ultima traversata.

 

Allora, con occhi stanchi,

accendono lanterne rosse con l’olio dei ricordi

e vanno, scivolando nel silenzio,

verso l’ASSOLUTO

pescatori di sogni…

Il viaggio, dunque, metafora della vita. Parla di Nico e dei poeti, pescatori di sogni, ma parla di noi, di ciascuno di noi. Vorrei puntualizzare solo alcune mie interpretazioni e riflessioni. Per esempio: “e nei solchi dell’anima semini speranze”, bellissimo verso in cui l’anima diventa metafora di terra fertile e coltivata con cura, arata in attesa dei semi per fare germogliare a primavera le “speranze”. Ed è già un respiro, un protendersi verso il futuro. Che sia breve o lungo non importa. È importante agire, muoversi, navigare per mantenere viva nel cuore la Speranza, nostra eterna primavera dell’anima. Ma presto purtroppo giunge la “sera” tra “promesse” (le attese) e “miraggi” (le illusioni), “sull’orlo del mondo”, e di noi stessi, confine oltre il quale c’è l’altro dal mondo, l’altro da noi, il nulla o l’ASSOLUTO (il TUTTO), ma già la notte incombe e, nel quasi buio, gli “occhi stanchi” per tanto cercare (e spesso non trovare) scorgono a malapena “l’ultimo approdo,/ il porto sconosciuto”. Ed è questo porto sconosciuto che ci angoscia, come tutto ciò che sfugge alla nostra mente, il mistero dell’inconosciuto, che necessariamente occorre affrontare, senza soste e senza una via di fuga, il poter tornare indietro: “la corrente e vento/ sospingono le barche nell’ultima traversata”. Allora, vanno, “scivolando nel silenzio”: occorre riflettere sull’azione non voluta, ma subìta dello “scivolare” non “in” silenzio ma “nel” silenzio: “in” restituirebbe la volontà di chi scivola di lasciarsi andare nell’abisso silenziosamente, “nel” indica la condizione/atmosfera dell’abisso stesso. A mio parere. Ma per fortuna i pescatori di sogni fino alla fine scorgono non l’abisso del NULLA ma sentono l’immergersi nell’ASSOLUTO! Come già la storia del fiume nell’Oceano… E aggiungo due prose poetiche di Nico, su cui riflettere ancora: “ALLA RICERCA DI ME”

Oggi mi sono svegliato… vuoto di me.

Ho ritrovato le chiavi di casa, il telefonino, gli occhiali, esattamente dove li avevo lasciati ieri sera, ma di me… nessuna traccia.

Devo essermi perso, stanotte, nel quartiere malfamato dell’anima che talvolta frequento, tra grovigli di malinconie che tolgono il respiro e pensieri ladri che, al buio, tendono agguati per rapinare emozioni che nascondo nelle tasche.

Aspetterò che il sole sia alto… e andrò a cercarmi.

“L’ASSENZA”

È stato scritto che il dolore e lo strazio dell’assenza di persone care misurano la grandezza e l’intensità dei nostri amori. Perché non la felicità?

Forse perché felicità ed estasi sono concetti finiti, hanno un massimo e ci riempiono di attimi intensi da vivere ma circoscritti nei confini del sogno.

Il dolore - invece - non ha confini: spazia e si trascina oltre il limite di noi e del tempo.

Il dolore naviga nell’Oltre, dove l’assenza dell’altro spegne ogni luce e, nel buio assoluto, i ricordi non sfumano ma, vivi più che mai, graffiano a sangue il cuore.

A tutti noi i commenti… Ciao, Nico. A presto a tutti voi. 

venerdì 21 gennaio 2022

Venerdì 21 gennaio 2022: GIOVANNI GASTEL e ancora le nostre tante testimonianze sul "NOI"...

Devo vincere un po’ di scoramento dovuto ad alcuni commenti piuttosto negativi sulla possibilità che oggi si possa davvero cominciare a sperare di ritrovare l’intesa semplice e corale della nostra gente vissuta neanche tanto indietro negli anni, più o meno cinquant’anni fa, quando nelle nostre case la televisione aveva sostituito il caminetto e aggregava parenti, vicini e conoscenti per guardare insieme le trasmissioni sui due canali Rai, a cui si aggiunsero via via le reti berlusconiane. Allora si praticava il “NOI” senza averne neppure consapevolezza, aggiungendo sempre un posto a tavola per bere sia pure un semplice bicchiere di vino alla salute. I miei scettici interlocutori parlano di impossibilità di aggregazione non solo per il Covid 19 che ancora imperversa, con tutte le pericolose e più contagiose varianti, lasciandoci senza respiro, nelle nostre case e fuori, ma per un nemico più subdolo a partire dal cellulare, che ha perso la semplice funzione di chiamata e risposta per assumere infinite varianti sui social: FB, Twitter, Instagram, Messenger, Tik Tok e chi più ne ha più ne metta, non più per comunicare ma per isolarsi nel proprio mondo virtuale, che ha sostituito sempre più quello reale, con tutte le devastanti conseguenze che ben conosciamo. Certo, non bisogna disconoscere i pregi di un sano utilizzo dei social. Basta dominarli senza lasciarsi dominare. Ma qui è il punto. Siamo davvero in grado di dominarli?  E ho paura anch’io. Ma alcune pagine Fb, il social che io pratico di più, mi lasciano ben sperare. A cominciare da Circolare Poesia, a cui ho già accennato. L’“IO” e il “tu” che concretamente diventano “NOI”. E le testimonianze sono davvero tante. Provo a proporle.

E vorrei cominciare dalla mia carissima amica Cettina Fazio Bonina, che vive sempre le sue “Mission impossible” pensando soprattutto agli altri in uno sforzo davvero titanico di intessere reti di collaborazioni, condivisioni, di amicizia: L’amicizia è un dono immenso - scrive davanti al suo caminetto acceso e un sorriso dolcissimo di invito nella sua accogliente casa tra le labbra - da coltivare nel giardino della vita con un cuore ricco di valori ed energia e arricchire sempre con un fiore e un sorriso! Sempre e solo con il cuore il mio buongiorno giunga a te! Ebbene, Cettina, dopo solo pochissime ore, ha ricevuto non solo il mio commento (Il calore del tuo sorriso e delle tue parole vince il fuoco del caminetto, che pure racchiude in sé il senso dello stare insieme. Il senso più vero e profondo dell’amicizia…), ma ha ricevuto 99 bellissimi ed entusiasti commenti, con sole pochissime voci discordanti. Dunque? Ce la possiamo fare? Bastano un sorriso e un caminetto acceso? Potrebbe essere un inizio. Una speranza.

Una comune amica poetessa, Eva Muti, le ha mandato un messaggio tenerissimo con brevi amorevoli parole, e un messaggio preconfezionato, di quelli che si inoltrano più e più volte, ma con una promettente frase: Coltiva sempre pensieri positivi. L’entusiasmo non può crescere in un terreno pieno di paure. Ecco l’entusiasmo è contagioso e spinge ad avere coraggio, ad osare, a superare ogni paura. Da soli è difficile. Insieme tutto diventa più facile, come ho già scritto. E Cettina ha entusiasmo da vendere in tutto quello che fa!

David La Mantìa scrive e io sottoscrivo: Comincia da una pianta,/ dalla più esile, dall’acqua,/ falla crescere al sole, custodiscila/ dal vento, dalla pioggia./ Quando avrà radici profonde,/ quando le foglie saranno larghe/ per proteggere gli insetti/ in cerca di riparo, non avrai finito/ il tuo compito. Trovane un’altra/ e un’altra ancora, popola il tuo giardino di piccole speranze,/ fanne ombra per i minuscoli,/ i dimenticati, gli invisibili. E mi sembra superfluo rilevare la stupenda metafora che questo messaggio contiene in sé. David è maestro insuperabile nella profondità dei contenuti e nel praticare, con estrema disinvoltura, per quanto riguarda la forma, le tantissime categorie delle nostre figure retoriche. E qui mi taccio.

Elina Miticocchio ha un dono prezioso da farci, prendendo lo spunto dalle parole di Charlie Chaplin “Non troverai mai arcobaleni se guarderai in basso”. Leggete e poi mi direte: Ho scelto di non farmi mai mancare lo sguardo verso chi mi cammina a fianco oppure si trova a fare un pezzo di strada con me. Siamo nati per imparare ad occuparci della nostra dimensione che nella sua singolarità è sempre legata all’altro è si nutre di pazienza per l’altro. Se saremo accanto a chi tace, a chi è disorientato o semplicemente fermo nel proprio io, potremo dire che la nostra esistenza è un dono di restituzione da corrispondere alla Vita. Devo ammettere di non aver mai pensato in questi termini al “NOI” e alla pazienza (dal latino patior = soffrire. Patire insieme? Ma anche prendere tempo con avvedutezza e meticolosità. Fino al prendersi cura?). Infatti, è “necessario” usare pazienza per comprendere l’altro che è comunque “necessario” alla nostra esperienza esistenziale come misura di noi. Ma è anche vero che dobbiamo essere in grado di misurare la pazienza che ogni “altro da noi” esercita per comprenderci nel nostro “io” più profondo perché solo così si realizza la vera reciprocità, che è l’anticamera del “NOI”, in una “restituzione” che dobbiamo alla Vita stessa. Ma allora cosa c’entra la bellissima esortazione di Chaplin a guardare il cielo per incontrare l’arcobaleno? Intanto, a mio parere, puntualizza che nella vita occorre saper individuare la direzione giusta verso cui rivolgere il nostro sguardo per accorgerci che esiste “altro” oltre la realtà quotidiana. Per esempio, il meraviglioso, il nuovo, il diverso, che ci aprono ad orizzonti altri in cui sapremo perderci e ritrovarci: un io senza più io, ma con una identità che si misura con tanti altri io fino a scoprire che siamo singolarità che si restituiscono a vicenda il “NOI”. E tutto questo è bellissimo. È stabilità e movimento, fermezza e fermento di intenzioni e di azioni che producono superamento e cambiamento.

Poi, m’imbatto su FB in “Parole al Vento” che riportano un aneddoto di cui tutti noi dovremmo fare tesoro: “Lei ha 85 anni e ogni notte impasta molti chili di pane che cuocerà nel suo forno a legna la mattina seguente, per donarlo ai poveri del suo paese. Lei ha una buona pensione ma sa bene che molte famiglie non hanno di cosa sfamarsi. Potrebbe benissimo dedicarsi ai suoi hobby preferiti, ma non sarebbe soddisfatta di non aver donato nulla agli altri. ricorda sempre i momenti della sua infanzia in cui c’era poco cibo sulla tavola, pertanto ha deciso di trascorrere il resto della sua vita facendo del bene. Dice sempre: “Il pane è Cristo e io lo dono agli altri con il cuore”. Complimenti a questa signora e che Dio le dia la forza e la benedica! Segue una foto della signora curva ad infornare le sue pagnotte, tantissime, croccanti e benefiche. Quanta tenerezza e quanta positiva “invidia” per questa sconosciuta signora anziana che, con il suo luminoso esempio, lascia una scia di luce ogni giorno per le vie del suo paese per restituire ai poveri un sorriso gratuità e sazietà.

Mi fermo qui perché domani mattina, alle ore 11, riprendo a catturare con il mio “Retino” alcune parole che urgono in gola per essere sviscerate nella loro ESSENZA, a modo mio. E domani le parole non riguardano oggetti o situazioni o atmosfere. Riguardano una Persona, indimenticabile, indimenticata. Immensa nel cuore di quanti lo hanno conosciuto ed amato anche soltanto attraverso le sue innumerevoli opere come Fotografo, Poeta, Scrittore, Artista geniale. Gentiluomo generoso e umile, capace, come nessuno mai al giorno d’oggi, di praticare compiutamente, fino a pochi mesi fa, il “NOI”, prodigandosi quotidianamente per donare gioia agli altri pur sacrificando sé stesso, il proprio tempo, il riposo necessario in una vita frenetica e senza respiro di quiete:

                                                     GIOVANNI GASTEL

Mi affiancheranno due carissime amiche: Caterina De Fusco e Angela Strippoli. Sulla pagina FB o YouTube di SECOP edizioni troverete domani il link per seguirci in diretta… Buona emozione a tutti!

 

 

venerdì 14 gennaio 2022

Venerdì 14 gennaio 2021: "NOI" e ancora "NOI": testimonianze...

Riprendo il discorso interrotto sul “NOI” con le tante testimonianze che ho cercato di raccogliere tra alcuni di noi che vivono benissimo il “NOI”, superando indifferenza, individualismo, forse anche un tantino di arroganza per la consapevolezza dei propri talenti, vestendoli della necessaria umiltà per giungere agli altri con assoluta sincerità di cuore e coraggio.

Il primo che mi viene in mente è Aurelio Pitino, un amico che vive a Torino e che ha ricevuto dal buon Dio il meraviglioso dono di una voce possente, ricca di straordinarie sonorità che ha messo da tempo immemorabile (oltre trent’anni) al servizio degli altri, costituendo un gruppo Gospel “Anno Domini Gospel Choir” con altri talentuosi e con voci bellissime, di cui è l’indiscusso Maestro. Il gruppo è ormai famoso non solo in Italia ma anche all’estero con la partecipazione persino ad uno degli ultimi Festival di Sanremo, accompagnando l’ospite d’onore, il nostro tenore Andrea Bocelli, e al Casinò di Montecarlo per la notte di Natale 2021. Dal 2021 sono tornati a cantare nei teatri dopo il lungo silenzio dovuto alla pandemia Covid 19. E hanno un fitto diario di incontri per tutto il nuovo anno. Ma quello che mi preme sottolineare è che Aurelio Pitino sta creando in tutta Italia altri gruppi Gospel in un gemellaggio senza precedenti che li porta a cantare insieme anche se sono distanti in Sicilia, Campania, Toscana, Marche, Lombardia. Gruppi che continuano a moltiplicarsi grazie alla bacchetta magica di Aurelio, che abbina al coro, balletti classici, letture poetiche, performance teatrali. Con tanta passione per l’Arte in genere e tanto Amore per portare ovunque la Voce del Signore in una circolarità che è un Inno continuo alla Vita.


Poi, come già anticipato qualche giorno fa, c’è l’attivissimo Mattia Cattaneo (Bergamo) che sta facendo egregiamente la stessa operazione di diffusione della cultura poetica in particolar modo ma non solo, con il suo numeroso e affiatatissimo gruppo di “CIRCOLARE POESIA”, ben 1.292 membri di cui già conoscete alcuni nomi. Felicissimo il sodalizio con David La Mantìa e Maria Concetta Giorgi. Ed ecco la sua bellissima testimonianza e consonanza:
https://lalibreriadicircolarepoesia.weebly.com/

Nasce oggi questo spazio di "libreria" seppur virtuale ma dove trovarsi senza perdersi.
Circolare Poesia si dà un po' di forma ma rimane nella sua semplicità... che la contraddistingue.
Si troverà un elenco (stile scaffale) con gli autori e le autrici passati o passate da Circolare Poesia (elenco sempre in aggiornamento).
Attiva presto anche una sezione segnalazioni/recensioni o note di lettura (David la Mantia e Maria Concetta Giorgi so che mi posso affidare a voi su questo ultimo aspetto). Sempre in totale libertà e tranquillità. Seguiamo una linea? Sì, quella della condivisione.

LALIBRERIADICIRCOLAREPOESIA.WEEBLY.COM

My Site

Una libreria virtuale?
No, molto di più.
Un luogo dove trovare senza perdersi.
Radunare poesia in una libreria per "non perdere il filo"…


Di qui si dipanano e continuano senza sosta le tantissime attività culturali di Mattia e del gruppo… Grazie, Mattia, per tutto questo!

E David La Mantìa (Grosseto):​ Fu una sera, una sera di primavera. Insegnavo da un paio d'anni, non di più. Ricordo che dormivamo a Meta di Sorrento, e che alcune allieve ed io ci fermammo a parlare di quello che ci avrebbe atteso al ritorno. È stata la classe che ho amato e che amo di più. Qualcuna di loro oggi racconta che in realtà ci addormentammo. Altre che in realtà non ci sedemmo mai, ma che cominciammo a correre e che ancora non abbiamo smesso di farlo. Forse cantammo tutta la notte Guccini in un bungalow. Qualcuna forse neppure c'era. Di certo, scoppiò a piovere così forte che facevamo quasi fatica a sentirci, quasi a vederci, quasi ad immaginare la nostra presenza reciproca. Eppure, al buio, seduti in quel che restava di un bar, continuammo, grondanti e febbricitanti, a inventare percorsi, a prevedere quel che sarebbe stato, a raccontarci sogni e miraggi, quasi senza accorgerci che l'acqua li stava portando via, una volta per tutte. Splendida testimonianza, David, del significato autentico e concreto della condivisione. Peccato per la conclusione realisticamente amara che dobbiamo oggi cercare di superare insieme. Ma le tue testimonianze sono innumerevoli. Dovrei scrivere un trattato solo su di te, Mattia e Conci (Maria Concetta Giorgi). Siete imperdibili e meravigliosi, anche se spesso purtroppo vi perdo, ma so come ritrovarvi. Nella circolarità del cerchio è facile. Possiamo anche scoprire l’infinito in “NOI” e fuori di “NOI”.

Di Maria Concetta GiorgiViaggiamo dentro ciò che si vede e non si vede, nella fatica di districarsi da un’alba a volte estenuante, da un giorno diverso o sempre uguale. Eppure il viaggio serve, la meta esiste, ne conosciamo la strada. Veloci naviganti che lentamente si risvegliano dai sogni, siamo noialtri. Altri noi. Ma Conci ha scritto questa splendida poesia ispirandosi ai versi di un altro autore straniero. Aggiunge, pertanto, la fotografia della sua emblematica poesia tratta da una pagina del libro Quando non ci sono (Einaudi Editore) di Alfonzo Brezmes, con traduzione di Mirta Amanda Barbonetti. Ecco il testo, intitolato appunto “Gli altri”: Appaiono all’improvviso, dietro la ragnatela/ dell’alba. Argonauti estenuati/ che tornano a mani vuote/ dal viaggio più bello. Lentamente/ si risvegliano dai sogni e, ad uno ad uno, - come se già conoscessero la strada -/ passano da questa parte dello specchio/ fino a tornare ad essere noi stessi. E tutto si fa suggestivo e sognante, ma quanto vero nello specchiarci negli altri in cui scopriamo inevitabilmente noi stessi, la nostra “noità”.

E, intanto, leggo sul mio blog quanto mi scrive Mariateresa Bari, impregnata quotidianamente di poesia: I primi versi riguardano la pagina con la prosa bellissima di Mimmo Mancini nel ricordo delle mani di sua madre: Da soli mai, grazie alle tue mani generose che sempre ci accompagnano attraverso i sentieri dell'essere, del senso, della felicità. Ecco alcuni versi, di qualche mese fa, a proposito di mani che raccontano... “Le mani sono volto// Guardati le mani/ sono tazze dense in cui nuotare, / abissi in cui calarsi a cercare/ tra cumuli e nembi/ neri neri/ pieni di pece e vuoti di luce/ abbacinati da una manciata di lampi./ Sono volto le tue mani,/ solcato da comete fedeli/ al tuo firmamento di solitudine,/ terra fertile di acrobazie./ Guarda, guarda / nell'afa / un verde profumo di alba /spunta”. Ed è di ieri una poesia ispirata ai funerali di David Sassoli, un uomo immenso nel suo immenso donarsi agli altri: La mia umile voce sul "NOI"! Un abbraccio grato a te, Angela 💖🌹 “Fragore d'acqua/ Una carezza sul sagrato/ di un'alba sonnolenta/ alla fontana degli sguardi/ Il lento movimento / di un tintinnio d'anime/ dove si intrecciano/ i respiri di fiori e ricordi/ Un refolo di stelle/ che muove parole”.

E, infine, concludo con altri splendidi versi di una mia amatissima amica, Silvana Mangano, che non è social, ma di tanto in tanto mi manda queste perle meravigliose, che umilmente non osa chiamare poesie: E venne un nuovo tempo…/ Bussò discretamente alla porta/ Un po’ logoro negli abiti/ Veniva da miglia e miglia di deserto… mi disse// Venne ad accomodarsi/ vicino al camino,/ felice e meravigliato/ come un fanciullo/ di quel fuoco allegro e scoppiettante// Fermati un po’,/riscalda il cuore// Poi riprenderai/ il tuo infinito cammino// Grazie per avermi accolto nel cuore…/ Quando vorrai io ripasserò/ E insieme andremo per le vie delle stelle// Chiudi gli occhi/ Tuffati nella luce tra bagliori d’arcobaleno…/ Danzano le lettere/ Scrivono parole nuove/ d’acciaio flessibile/ Costruiscono Realtà Nuove/ Le vecchie forme si dissolvono/ Ed è sempre una nuova alba/ Resta un nostalgico antico stupore… Sì, resta un cammino da percorrere insieme e un nostalgico stupore per il passato che ripercorre una nuova alba. Testimonieremo ancora…

mercoledì 12 gennaio 2022

Mercoledì 12 gennaio 2022: vorrei oggi ricordare due uomini del "NOI": David Sassoli e Fabrizio De André...

Ieri, 11 gennaio, mentre io ricordavo tra le lacrime la morte del mio amatissimo nonno, avvenuta nel lontano 1967, uno dei pochi uomini “NOI” che ho conosciuto nella mia lunga vita, anche se ne ho incontrati parecchi che mi abitano dentro, mi raggelava la notizia della morte prematura di David Sassoli, fino a ieri sorridente e autorevole Presidente del Parlamento Europeo, un uomo quanto mai importante, ma soprattutto un uomo buono, generoso, altruista, ricco di umanità. Un uomo che ho sempre stimato, apprezzato, ammirato, al di là del ruolo ricoperto, dapprima come giornalista e poi come politico. Una vita attraversata con passione, dal giornalismo alla politica, sotto la luminosa eredità di Don Lorenzo Milani, il “prete scomodo”, e del suo “I CARE”, scritto a caratteri cubitali sui muri della sua scuola per i ragazzi diseredati di Barbiana. Sassoli lo aveva conosciuto personalmente da bambino in quanto suo padre era uno dei tanti parrocchiani di don Milani. Sulla sua scia aveva cominciato a scrivere articoli per giornali locali per poi passare a <Il Giorno> fino ad entrare nella RAI, diventando volto noto per molte famiglie italiane che avevano cominciato a seguirlo su Rai 1, di cui divenne anche vicedirettore. Dopo il 2009 decise di dedicarsi alla politica, militando nel Partito Democratico, Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici, fino a ricoprire la carica di Presidente del Parlamento europeo. Questa in sintesi la sua biografia. Ma David Sassoli è stato un europarlamentare che si è battuto per la giustizia e lo sviluppo sociale, la solidarietà, l’uguaglianza, la difesa dei diritti umani e della Pace. L’uomo del “NOI”, dunque: gentile, affabile, sorridente. Un grande idealista nel rispetto della democrazia e dei diritti umani a tal punto da desiderare che nei saloni dell’Europarlamento di notte venissero ospitati i senzatetto che dormivano lungo le strade infreddolite di Bruxelles o di Strasburgo, dove aveva i suoi uffici. E si è battuto fino alla fine per una Europa unita con uno sguardo lungo verso orizzonti di Pace, quotidianamente voluti da tutti e da ciascuno in atti concreti di solidarietà verso i migranti, i poveri di tutto il mondo, i confini e i muri da abbattere per costruire ponti e strade verso nuovi domani, con i giovani protagonisti del proprio e dell’altrui futuro. La sua morte ci sgomenta anche per questo. Chissà quanto avrebbe potuto dare ancora all’Umanità con la sua Umanità. Le tante lacrime della gente comune stanno da ieri a testimoniarlo, ma il cordoglio sincero e commosso è di tutti in tutto il mondo.

Ma l’11 gennaio del 1999 è volato tra le stelle anche un altro “NOI”, che ha cantato per chi aveva fiori da offrire pur vivendo nel “letame” di una umanità diseredata e spesso emarginata contro il luccichio dei diamanti della cosiddetta “gente bene”, più volte da lui denunciata nei tanti vizi e nelle scarse virtù: Fabrizio De André. Mi piace riportare a riprova di quanto vado scrivendo il postin cui si parla del rammaricato commento di Davide Nicola sui propri canali social: Fabrizio De André, scomparso ventitrè anni fa, e David Sassoli, il Presidente del Parlamento Europeo venuto a mancare nella notte per una grave complicanza dovuta a una grave disfunzione del sistema immunitario (non dovuta alla vaccinazione). L’ex tecnico del Genoa cita un passo de “Il Pescatore”: <Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno,/  non si guardò neppure intorno,/ ma versò il vino e spezzò il pane,/  per chi diceva ho sete e ho fame>. Poi una frase emblematica di Sassoli: <I poveri non possono aspettare e non possiamo restare indifferenti rispetto alle persone in grave difficoltà>. <Due grandi uomini così diversi, uniti dal senso di Solidarietà come valore fondante> chiosa Nicola.

Beh, possiamo citare insieme le tante bellissime canzoni di Faber e scoprire sempre in lui il “NOI” a volte sottinteso e a volte così lampante da illuminare le voci sarde dei valori eterni perduti in questo nostro tempo effimero e distratto, oppure ritrovarlo continuamente nell’album musicale “La buona novella”, in cui parla dei Vangeli e di Cristo,  o più semplicemente in “Bocca di Rosa”, in “Andrea” o nel “Fiume del Sand Creek”, “La guerra di Piero” (… Sparagli Piero, sparagli ora/ E dopo un colpo sparagli ancora/ Fino a che tu non lo vedrai esangue/ Cadere in terra a coprire il suo sangue// E se poi gli sparo in fronte o nel cuore/ Soltanto il tempo avrà di morire/ Ma il tempo a me resterà di vedere/ Vedere gli occhi di un uomo che muore…) e persino ne “Il testamento”, dove però c’è l’ultimo verso che dolorosamente descrive la solitudine della morte per ciascun essere mortale: “quando si muore si muore soli”.

In verità nessun uomo che è vissuto per gli altri muore solo. C’è sempre il cuore di qualcuno o di tanti ad accompagnarlo in un ricordo senza fine…

 

 

 

  

domenica 9 gennaio 2022

Domenica 9 gennaio 2022: se all' "io" e al "tu" sostituissimo il "NOI"?...

Tre giorni fa abbiamo festeggiato con l’Epifania il mistero dei Magi in cammino verso la grotta di Betlemme per offrire i loro doni (oro, incenso e mirra) a Gesù Bambino. Il Re dei re, nato povero in una grotta e depositato con amore da Maria, sua madre, in una mangiatoia perché fosse riscaldato dal fiato di due animali da lavoro: il bue e l’asinello. E abbiamo approfondito il bellissimo significato e l’infinito senso del DONO, di cui ho parlato sulla mia pagina FB. “Dono” che qui, sul blog, si accende come fiore d’inverno al sorgere dorato della nuova alba del Nuovo Anno, che ci vede nuovamente insieme a fare scongiuri e a sperare in un cielo migliore. Ed è il dono stesso che presuppone un “io” (che compie il gesto del donare), un “tu” (che riceve quel pensiero) e una parola magica “grazie” (che trasforma immediatamente l’io e il tu in “NOI”).

E, allora, mi sembra giusto riportarmi al libro di Simone Cristicchi, da cui siamo partiti, alcuni mesi fa, per scoprire che la parola, che segue a quelle già evidenziate nel percorso che insieme stiamo facendo alla conquista della felicità, è proprio il pronome personale “NOI”, declinato al plurale. Già, dopo il talento e le riflessioni su questo dono che, in varia misura, ciascun essere umano riceve alla nascita da madre natura o dal buon Dio, subito Simone procede con alcuni esempi di persone con talenti particolari che sarebbero rimasti perlopiù sconosciuti se, in qualche modo, non fossero stati scoperti e comunicati agli altri, che magari non avevano avuto la stessa intuizione ma possedevano le competenze giuste per prendersene cura e sostanziarli di nuovi apporti. In pratica, anche il talento ha bisogno di un “NOI” per esprimersi al meglio di sé. Da soli si fa poca strada. Insieme si moltiplicano orizzonti e percorsi.

Il suo paragrafo intitolato “Noi” ha un esergo: Tutta la felicità nel mondo deriva dal pensare agli altri; tutte le sofferenze nel mondo derivano dal pensare solo a sé stessi. (Shantideva).

Simone scrive: Ci capita spesso di passare dall’Io al Noi per un evento di breve durata, forse più abbandonandoci alla sua potenza che non domandandoci cos’è che l’ha provocata e come potremmo prolungarla. Ci sentiamo uniti magari allo stadio, davanti a una partita degli Azzurri, durante un concerto, o cantando dai balconi, com’è accaduto nella prima ondata della pandemia. E dopo? Che succede dopo? Siamo soddisfatti, compiaciuti, ma non tentiamo di ricreare quella sensazione di insieme. Eppure siamo stati noi a generarla. Senza “ognuno”, non esisterebbe “tutti”. È come se avessimo le chiavi, ma ci dimenticassimo di usarle. Come se avessimo la cura, ma non riuscissimo a diagnosticarci la malattia, cioè l’individualismo. Il noi emerge come un istinto di sopravvivenza durante le catastrofi, viene fuori naturale, significa che in fondo lo sappiamo che non ci si salva mai da soli. Soltanto se si passa alla dimensione ristretta del nostro Io a quella cosmica del Noi, si può capire quanto siamo strettamente connessi, quanto abbiamo bisogno gli uni degli altri per essere felici. Dal momento in cui nasciamo, non viviamo di solo pane, ma di relazioni umane, di carezze, di parole. Ognuno è responsabile della nostra felicità e noi siamo responsabili della felicità di ognuno. Io credo che ci si senta un noi quando si capisce di appartenere alla grande famiglia dell’Umanità e che il diverso è comunque un fratello, chiunque esso sia; che ogni forma di vita su questo pianeta ha senso di esistere; che ognuno di noi, centravanti o riserva in panchina, deve dare il suo contributo alla squadra. Non c’è azione individuale che non si ripercuota sulla collettività. Non c’è sofferenza personale che non intacchi in qualche modo gli altri. Diceva Gandhi: “Tu e io non siamo che una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi”.

Cristicchi continua con altri esempi, altre sottili riflessioni sul senso di fratellanza che ci accomuna in particolari momenti della nostra vita o della storia dell’umanità. Diamo il meglio di noi, però, solo nei momenti peggiori, ma velocemente dimentichiamo. Eppure quando siamo insieme non abbiamo paura perché ci sentiamo più forti degli eventi di gran lunga più forti di noi. Dunque, ci abbandoniamo alla fiducia che gli altri suscitano in noi e che noi proviamo per gli altri. La fiducia è un sentimento bellissimo fino a quando non viene tradita. È questo che dobbiamo evitare con tutte le nostre forze se vogliamo salvarci tutti ed essere felici insieme. A questo punto mi sembra giusto riportare uno scritto emblematico del poeta e pensatore zen Thich Nhat Hanh, rivisitato dal mio amico, docente universitario di bioetica, Francesco Bellino: guardando questa pagina, ci si accorge subito che dentro c’è una nuvola. Senza la nuvola, non c’è pioggia; senza la pioggia, gli alberi non crescono; e senza alberi non si può fare la carta. La nuvola è indispensabile all’esistenza della carta. Si può dire allora che la nuvola e la carta inter-sono, perché senza nuvola non c’è carta. Guardando più a fondo, comprendiamo che la pagina che stiamo leggendo dipende da tante cose, dal sole, dal taglialegna, dal grano e dal pane che il taglialegna ha mangiato, dai suoi genitori. In questo foglio di carta ci siamo anche noi. Quando lo guardiamo, il foglio diventa un elemento della nostra percezione. La nostra mente è lì dentro. Nel foglio di carta è presente ogni cosa: il tempo, lo spazio, la terra, la pioggia, i minerali, la luce del sole, la nuvola. Ogni cosa co-esiste nel foglio. “Questo foglio, così sottile, contiene tutto l’universo” (Thich Nhat Hanh). La nostra realtà fisica e spirituale è fatta di inter-esistenza. Siamo strettamente interconnessi gli uni agli altri. Né dobbiamo temere di perdere la nostra unicità in questo processo continuo di inter-connessione. E a questo proposito bellissima è la pagina riguardante la rete di Indra, tra induismo e buddhismo, che ci rivela il segreto dell’universo. Racconta di una rete di fili infinita presente in tutto il Cosmo. I fili orizzontali corrono attraverso lo spazio, i fili verticali attraverso il tempo. Ad ogni incrocio di fili c’è una persona con una perla di cristallo; ogni perla riflette la luce proveniente da ogni altra perla e dall’intero universo. Tutte le persone vengono illuminate simultaneamente. Altra versione riguarda una tela multidimensionale che, al mattino presto, si ricopre di gocce di rugiada. E ogni goccia di rugiada contiene il riflesso di tutte le altre gocce di rugiada. E in ogni goccia di rugiada riflessa, i riflessi di tutte le altre gocce di rugiada in quel riflesso. E così all’infinito

Insomma, tutto brilla di luce propria riflettendo la luce di ogni altro da sé. Bellissima immagine di interdipendenza in tutto il Creato. E, dunque, non esiste più l’IO, ma esclusivamente il NOI. Dal particolare si passa all’universale. Ed è questa la legge che tiene coeso l’universo e lo rigenera continuamente in un continuo atto d’AMORE. “Amor che move il sole e l’altre stelle” (Paradiso, XXXIII, v. 145), l’ultimo della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Nei miei auguri per il Nuovo Anno ho parlato di “cordate” proprio nel senso di riscoprire la reciprocità, la solidarietà, la condivisione, l’empatia: sono tutte forme che rendono visibile e concretamente operativo l’AMORE. E tutti, nessuno escluso, ne traiamo vantaggio e ben-essere, psico-fisico, socio-culturale, spirituale nella meravigliosa famiglia dell’umanità. Purché ci sia AMORE, l’unico collante che dovrebbe tenerci uniti e in grado di perseguire, come fine ultimo, la PACE. Utopia? Forse. Anche perché, come più volte ho sostenuto, l’utopia non è ciò che non si realizzerà mai, ma ciò che non è stato ancora realizzato. E qui riscopriamo anche la SPERANZA. Uno sguardo lungo verso il futuro a comprendere le nuove generazioni.  Nostro atto di FEDE nella VITA. 

E vorrei concludere per oggi con un esempio luminoso che da qualche tempo ha coinvolto anche me su FB: il nutrito gruppo di CIRCOLARE POESIA, capitanato dall’infaticabile Mattia Cattaneo e validamente sostenuto da tanti poeti (David La Mantia, Maria Concetta Giorgi, Giovanni Sepe, Michele Carniel, Ginevra DellaNotte, Ritapoesie Ritabù, le mie carissime amiche poetesse Mariateresa Bari, Maria Pia Latorre, Roberta Lipparini, e tantissimi altri…), accomunati dal desiderio di scrivere poesie e comunicarle in una circolarità che è sinonimo di continuo confronto e di vera reciprocità. Ma tanti sono anche i poeti della nostra Casa editrice (SECOP edizioni, affiancata dalla FOS edizioni) che scrivono e pubblicano poesie con lo stesso intento: Francesca Petrucci, Elina Miticocchio, Eli Stragapede, Vito de Leo, Federico Lotito con Luciana De Palma, Alberto Tarantini, Zaccaria Gallo, e tanti altri ancora…

La prossima volta ci saranno anche alcune delle loro poesie a testimoniare questa bella realtà dei nostri giorni…

 

 

 

 

  

lunedì 3 gennaio 2022

Lunedì 3 gennaio 2022: un Nuovo Anno per RICOMINCIARE..

Sì, imperativo categorico è RICOMINCIARE. Ma per farlo dobbiamo lasciarci alle spalle gli anni trascorsi che più ci hanno fatto male o riprenderli ad uno ad uno per verificare quanto si possa e si debba salvare per non perdere la memoria di noi in una continuità a restituirci l’intero di ciò che siamo e che è, come già detto, molto di più delle singole tessere che costituiscono il mosaico della nostra vita? Io penso che quest’ultima ipotesi di soluzione sia la più giusta per noi e per chi amiamo soprattutto. Per questo riprendo a parlare delle persone care che in questi ultimi anni ho perduto e di cui rintraccio continuamente voci, gesti, parole, nell’oceano del cuore. E parto da Primo Leone che proprio ieri, traslocando momentaneamente dalle stelle presso cui ha fissa dimora, ha festeggiato nella nostra casa i suoi 81 anni, ricordandoci con le “parole in fondo al mare” (99 pensieri in libertà) la sua mai spenta voce: Una coperta di seta azzurra/ per avvolgere le stelle/ad una ad una.; Una strada deserta/ quattro case in fila/ a tessere l’ombra per la sera.; E la mia ombra/ disegnata dal sole/ si è spenta nella sera. (Bari 1983). E ancora, meno lontana nel tempo, ecco “Il vino il tempo la nostalgia”:     È qui     / che vorrei fermare il mio tempi,/ tra le braccia di queste viti/ avvinghiate alla terra,/ dormire sul cuore verde/ di queste foglie,/ legare i miei sogni/ con i tralci vibranti/ dei grappoli gonfi di sole/ e di cieli spensierati…/     È qui     / che voglio aspettare i canti/ della festosa vendemmia,/ ricordare l’allegria/ del vino nei bicchieri,/ quando l’anima è un brindisi/      di sangue vivo  /  senza ieri e senza domani,/ soltanto sogni progetti speranze…/ e l’ebbrezza di un amore/ rosso rubino/ che ti scalda il cuore…/     È qui     / che vorrei fermare/ le mie ansie e le mie illusioni…/     È qui     / ancora immortale/ come il vino nelle vene/ che non conosce sconfitte…/     È qui     / - tra i richiami di sempre - / che aspetterò/ tutte le vendemmie dell’eternità./ … quando l’aria/ è un canto di sole e di cielo/   quasi una nota di musica/   che ti risuona sulla pelle/   e il mondo è solo un ricordo/ da disperdere…/     È qui     / dove il tempo è immobile/     in attesa     / sui tralci delle viti, tra le mani gonfie/ del vino di domani…/ Ricordi si sgretolano/ Lungo quel fiume misterioso/ Di vino e di sangue/ Per le nostre vite infinite (da Premio Rabelais 2004 Poiché tutto è, fors’anche una storia d’amore, 2004). Infine: La strada fino a ieri/ passa tra i tuoi occhi/ si disperde ormai stanca/ come un sogno che si muove appena/ come un giorno disegnato sul muro/ come l’acqua inventata dai naviganti/ una terra sconosciuta ci aspetta/ prima dell’orizzonte… (da Lontano da ieri, Secop 2008). Ma poi c’è Nico Mori, il mio carissimo amico Nico, che desidero ricordare con uno stralcio della poesia “Metà di me” da Al confine di me (Secop, 2015), in cui c’è tutta la sua personalità di molteplici perché, tra la necessità di vivere nel mondo del lavoro, con onestà, competenza, coerenza, e l’incoercibile bisogno di immergersi nel mare (suo habitat naturale) con  infinita poesia, alimento quotidiano del suo cuore e della sua anima: Metà di me non mi appartiene/ naviga/ dove il chiaro dell’aurora boreale/ si stempera nel blu infinito della notte./ Metà di me si dissolve in milioni di grani/ e si sparge e combina/ in simpatia con miliardi di atomi/ sulla linea d’ombra/ al limite di ogni verità/ dove certezze sconfinano nel dubbio/ e l’umano sapere è attonita coscienza dell’immenso./ Metà di me non mi appartiene, naviga/ tra l’Orrido e il Meraviglioso/ in consapevoli teorie dell’incanto/ verso lontani/ magici bagliori…; in risposta a tutto questo, mi sembra necessario fare riferimento a una lettera di Herman Rojas, lontano amico di tutti noi quando era semplicemente un poeta cileno scappato dalla sua terra perché ribelle al regime militare di Pinochet, e amico fraterno di Nico anche dopo il suo ritorno in patria. Questa lettera è di solo qualche anno fa. Dopo un lungo silenzio poetico di Nico… Le omissioni sono mie per via di una lettera molto lunga e ricca di ricordi e di sollecitazioni a tornare a pubblicare le sue poesie, di cui tutti avvertivamo la mancanza: Caro Nico (…) non lasciarci senza la tua parola, senza i tuoi sogni, senza la tua folle geografia italica, senza il tuo mare, senza la tua tenerezza. Vai oltre i “confini di te”, con tutta la forza che hai, non fermarti, non spegnerti (…). I nostri confini sono come l’utopia alla quale non rinunceremo mai. Perché tu e io siamo l’orizzonte e, insieme, noi siamo l’utopia. Pescatori di meraviglie, ricordi? A costo di annegare nei mari della luna. Ti abbraccio con l’immenso affetto di un fratello. Germàn (lettera contenuta nell’ultimo libro di Nico Mori PESCATORI DI MERAVIGLIE e altre storie (Secop, 2020). E che dire di Giorgio Bàrberi Squarotti, della sua preziosa amicizia, di cui mi ha fatto dono fino agli ultimi istanti della sua vita terrena? Di lui mi piace riportare qui una poesia “La memoria di Dio”, che è sintesi della sua originalissima vis poetica, a cui hanno attinto tanti altri grandi poeti fino ai nostri giorni e oltre, guadagnandosi ampia fama anche per il futuro: Matilde disse - Ora semino l’erba,/ dove ci sono ancora nude chiazze/ di terra dell’inverno - e con il gesto/ solennemente largo della mano,/ nell’eccesso del gioco, sparge il seme/ lieve; e subito Gabriele versò/ con cura lenta l’acqua che lo aiuti/ a nascere. Abbaiò un cane, una gazza/ nera e bianca attraversò l’eden, rapida,/ e si nascose nell’abete, un’ala/ di brezza scosse leggermente il tiglio./ Ecco: l’eterno si è concluso, il tempo/ scorre: pensaci Tu a conservarlo/ nella memoria, per tutti. (Monforte d’Alba, 20 agosto 2011 - da LE VOCI E LA VITA, Secop 2016). Ma poi mi viene incontro la mia amatissima Silvana Folliero, alle cui sollecitazioni, imperiose e affettuose, dobbiamo la nascita della nostra Casa editrice e l’eredità di una fascinosa Rivista culturale da lei fondata a Roma, “Dialettica tra le culture”, e che dal prossimo numero passa alla Secop, che intende darle respiro nazionale e internazionale, come è giusto che sia, con sede anche a Roma (curata da Antonio Scatamacchia, grande amico e collaboratore di Silvana per lunghi anni) e a Firenze (ancora in fieri). Di Silvana Folliero, eccezionale e severo critico letterario vi offro uno stralcio del Saggio introduttivo a Tersicoree, un libro antologico di racconti, pubblicato dalla Secop nel 2005 e illustrato con inchiostro di china dalla mano delicata e incisiva di Ombretta (Leone): … Deve esserci nuova linfa. Il XX secolo è alle nostre spalle, davanti abbiamo il XXI (è il tempo cronologico dopo Cristo) con una piccola porzione già passata. Molti di noi sentono il bisogno di capire ciò che accade, di comprendere i significati più nascosti, meno evidenti. Il precipitare degli avvenimenti ci rende timorosi, ritardatari e insufficienti, ed anche - però - maggiormente agguerriti di fronte al non visto, al non udito. Se percepiamo le onde sonore del futuro - attraverso speciali antenne che alcuni hanno - si fa strada poco a poco la consapevolezza del vissuto e, insieme, la cognizione di ciò che siamo nel profondo, sia pure nella contraddizione e nel dubbio. Si rafforza così la facoltà della divinazione e della comprensione attraverso proprio la forza dirompente dei fatti. Una fenomenologia costruttiva che alcuni scrittoti hanno e, nel nostro caso, la esprimono nella narrativa. Un piccolo drappello di coraggiosi, forse di temerari; ma loro, uomini e donne del drappello, hanno la capacità di estrarre pepite d’oro dal terriccio. Proprio perché sono immersi nella società drammatica e delittuosa di oggi sanno perforare sé stessi attraverso la mente e la parola; sanno capire il dolore, la sconfitta, la follia. Silvana è andata via solo qualche anno fa, ma l’ha preceduta la sua tenera e discreta compagna Anna Borra, che ha lasciato di sé splendide fotografie e delicatissime e accorate poesie d’amore. Eccone un esempio con “Oltre il tempo”: … Infinità del mio arco/ - teso -/ nella luce, verso te./ E tu, amore, in me/ per l’eternità.// “Essere Te”// Vorrei che non ci legasse/ - soltanto -/ una parola detta nel buio/ della mia solitudine,/ essere te/ senza che niente impedisse/ di respirare vicini,/ restare in pace, con te,/ nel silenzio/ di questa sera che muore./ Vorrei trovarti tra la folla/ che cammina in vie desolate,/ prenderti e non lasciarti,/ non lasciarti a dire/ che il tempo ci annienta/ mentre la torre lontana/ batte rintocchi di morte.// Non ingoiare amari/ calici di vita fredda,/ quella che incombe su noi/ come una gelida notte/ che non ha stelle nel cielo/ e non ha echi di gioia, d’amore,/ ma intenso/ freddo, come il delirio/ della mia mente, stasera…// essere te, con l’anima nella tua anima, avere/ ancora vent’anni, col fuoco/ della passione che arde/ e riscalda il tuo cuore/ e lo carezza qual fiamma/ che non si distrugge nel buio.// Essere paga, soltanto,/ di una tua lacrima/ e darti gioia;/ desiderare, oltre il tempo,/ questo tuo amore infinito/ con l’anima/ nella tua anima. (25 maggio 1955). Quanto amore e dolore in questi versi, che troveranno in questo nuovo anno diversa e più ampia collocazione, così come Silvana avrebbe voluto. E, intanto, il ricordo di un’altra grande amica, Rossella Lovascio, grande scrittrice barese e prefatrice di una mia silloge di poesie, mi serra la gola. Quanti sogni e progetti insieme! Quante speranze naufragate nell’arco di pochi anni. Vorrei proporvela così, andando indietro nel tempo con “Gli inizi. La forza delle idee”: Eravamo, intorno al 1970, giovani. Non proprio ragazzi, ma giovani un po’ pazzi e presuntuosi. Le nostre ambizioni non arrivavano a pensare di voler cambiare il mondo, ma la nostra città, Bari, sì. Michele Ardito, pittore poderoso che aveva vissuto molti anni in Lucania, terra che amava moltissimo, e io convincemmo Renato Gagliano, dinamico titolare della Libreria Roma, a unirsi in sodalizio per incominciare a mutare il volto culturale della nostra terra. (…). Ci dividemmo i compiti: io dovevo presentare gli autori che Renato, in contatto con le case editrici, avrebbe invitato, Michele, invece, doveva curare i rapporti tra pittura e letteratura. Non chiedemmo dei finanziamenti, ma ci autotassammo per le spese (da I giorni e le parole, Bari 2009). Avrei voluto riportare almeno una pagina di questo suo raccontarsi per raccontare di quanti autori famosi sono stati ospitati, nel tempo, presso la Libreria Roma di Renato Gagliano, e quanti autori di Bari e dintorni hanno frequentato per decenni la libreria e, forse, continuano a farlo. Renato, altro mio grande amico, è sempre ricco di passione e di progetti culturali e spirituali. Tra i tanti amici scrittori e poeti che ho perso in questi ultimi anni, e che hanno preso dimora nella culla/urna del cuore, mi piace ricordare la immensa e indimenticabile Maria Marcone, col suo fedele e innamoratissimo compagno di vita Antonio Ricci. Quante confidenze tra noi! Quanta sintonia d’intenti! Alcune sue opere inedite, in prosa e in poesia, affidatemi perché le facessi pubblicare dalla nostra Casa editrice, sono rimaste nel cassetto per la morte improvvisa di Antonio. Maria Marcone, spirito tormentato ma estremamente genuino e forte nelle sue fragilità, mi si è uncinata nell’anima e me la porto con me sempre. E che dire di Cris Chiapperini, il mio amatissimo Cris, compagno generoso di tanta POESIA vissuta e recitata? Perdita incolmabile. Lui il nostro angelo custode, mio e di Filippo Mitrani, altro mio grande amico del cuore. Anche Cris mi affidò una cartellina con le sue originalissime poesie, ma il suo volo tra le stelle e tutte le mie dolorose vicissitudini ne hanno momentaneamente bloccato la pubblicazione. Peccato! Non ho a portata di mano la magica cartellina per farvi assaporare alcuni suoi versi di meravigliosa tessitura. Ma lo farò sicuramente, appena l’avrò recuperata tra le migliaia di “carte preziose” che occupano persino i miei armadi oltre ai tanti scaffali delle tante librerie presenti nella nostra casa. Non così per Gabriella Maleti, compagna sempre presente nella vita di Mariella Bettarini, che non ha bisogno di presentazioni. Noi tre ridevamo di noi perché accomunate non solo dal sacro fuoco della scrittura poetica, ma anche dall’anno di nascita 1942. In questo nuovo anno festeggiamo gli ottanta tondi tondi, ma Gabriella è volata via anzi tempo. Di lei ecco “Una poesia” (per Elda), cioè per la mamma di Mariella nel giorno del suo dolente Commiato: madre di dolore/ madre tua di scavi/ di carene a fondo/ di rigovernature/ madre scoperchiata di cento corone d’acqua/ regge un peso nel ventre/ un fiato notturno/ un odore vegetale e sacrale/ e pianoforti e altre città/ madre di primavera/ madre tua di sussulti e di perdite/ passata senza rumore/ da inutili personaggi sonori/ a colpi di cuore/ madre di calendule/ di grandi fiori nel cervello/ vibrante come un getto negli occhi/ madre tua/ che mangia con la leggera foga degli abbandoni/ alla tavola di un re sprovvisto/ madre romantica r presente/ intera madre tua (da M. Bettarini, Poesie per mamma Elda, Secop edizioni 2019). E vorrei concludere, ancora una volta ma non per l’ultima volta, con Giovanni Gastel. Quasi dieci mesi fa, più o meno nelle prime ore del pomeriggio, affidò i suoi sogni d’amore a Dio e acconciò le ali per raggiungerLo, dove ogni ansia terrena si placa e si annulla nella Sua divina carezza. Ma è rimasto nel nostro cuore con tutta la Bellezza che ci ha regalato con le sue foto e le sue poesie, con tutta l’amorevole generosità con cui ha accolto ciascuno di noi, pago di veder fiorire la gioia ad ogni suo sguardo, ogni sua parola, ogni suo sorriso a chi aveva incontrato per un giorno o per la vita. Erano questi gli “abbracci” le “attenzioni minime e immense” che lo rendevano davvero felice. Infatti, solo due anni fa, così scriveva sulla sua Pagina FB: Un abbraccio vi manderò/ da questo mio mondo di parole./ Un abbraccio forte/ da questa mia solitaria isola./ Un abbraccio aspetterò/ mentre qui scende la sera/ inesorabilmente come il destino./ Un abbraccio/ che porterò con me fino al giorno/ in cui memoria e sogno/ balleranno confusi nella mia mente./ Un abbraccio. (Castellaro 2019). Era questo il suo costante aprirsi agli altri per offrire e ricevere amore, senza mai pensare a una “deminutio” della sua fama e grandezza, del suo NOME. Desiderava solo amare ed essere amato. Grazie e ancora GRAZIE, Giovanni! Ed io rispondo così oggi ai suoi abbracci di sempre: Frementi destrieri i giorni/ galoppano con te verso/ il tuo lago e anticipano la gioia/ dell’incontro nell’abbraccio/ delle acque che sanno di te/ a rivoluzionare il mondo/ nell’impeto d’assalto alle buone/ maniere che di giorno sono ferrea/ regola “misura dell’onestà dell’uomo”/ della sua inviolata dignità,/ ma di notte complice il mistero/ che canta e incanta con serti di poesie/ impallidiscono e si acquattano vinte/ mentre ti brillano tra le mani e i fogli/ luci a migliaia per percorrere altre vie./ E tu novello Robin Hood corri/ a rubare il sogno dei buoni sentimenti/ ormai in disuso per restituirlo/ alla gente che lo ignora e si accalca/ all’ombra del tuo albero maestro/ che sa il bene e il male/ e riaccende di rinnovato amore/ per il mondo/ per gli altri e per la vita/ l’alba di nuovi domani/ (e farai dono di te ancora ancora ancora…).

E per oggi mi fermo qui. Non ho più parole. Solo lacrime di ricordi, commozione, gratitudine. E il Nuovo Anno si tinge di Rimpianto/Speranza. E siamo ancora insieme… per RICOMINCIARE!  Tutti!