A un anno dal suo ultimo viaggio tra il mare e le stelle, ripropongo di Nico una sua struggente poesia “IL VIAGGIO”:
Partono
all’alba
i pescatori di sogni quando
il
primo sole arrossa le vele
e
il pensiero,
lontano
da tortuosi labirinti della mente,
vola
su bianche montagne di nuvole.
Navigano
verso
promesse e miraggi dell’orizzonte,
tra
furibonde tempeste di perché,
alla
vana ricerca di una dea del mare
che
incantevole,
sensuale,
magica e innocente,
imprigioni
l’Infinito in un sorriso
e
nei solchi dell’anima semini speranze.
Giungono
a
sera sull’orlo del mondo e, nel buio della notte
Incombente,
scorgono l’ultimo approdo,
il
porto sconosciuto dove la corrente e il vento
spingono
le barche nell’ultima traversata.
Allora,
con occhi stanchi,
accendono
lanterne rosse con l’olio dei ricordi
e
vanno, scivolando nel silenzio,
verso
l’ASSOLUTO
pescatori
di sogni…
Il viaggio, dunque, metafora della vita. Parla di Nico e dei poeti, pescatori di sogni, ma parla di noi, di ciascuno di noi. Vorrei puntualizzare solo alcune mie interpretazioni e riflessioni. Per esempio: “e nei solchi dell’anima semini speranze”, bellissimo verso in cui l’anima diventa metafora di terra fertile e coltivata con cura, arata in attesa dei semi per fare germogliare a primavera le “speranze”. Ed è già un respiro, un protendersi verso il futuro. Che sia breve o lungo non importa. È importante agire, muoversi, navigare per mantenere viva nel cuore la Speranza, nostra eterna primavera dell’anima. Ma presto purtroppo giunge la “sera” tra “promesse” (le attese) e “miraggi” (le illusioni), “sull’orlo del mondo”, e di noi stessi, confine oltre il quale c’è l’altro dal mondo, l’altro da noi, il nulla o l’ASSOLUTO (il TUTTO), ma già la notte incombe e, nel quasi buio, gli “occhi stanchi” per tanto cercare (e spesso non trovare) scorgono a malapena “l’ultimo approdo,/ il porto sconosciuto”. Ed è questo porto sconosciuto che ci angoscia, come tutto ciò che sfugge alla nostra mente, il mistero dell’inconosciuto, che necessariamente occorre affrontare, senza soste e senza una via di fuga, il poter tornare indietro: “la corrente e vento/ sospingono le barche nell’ultima traversata”. Allora, vanno, “scivolando nel silenzio”: occorre riflettere sull’azione non voluta, ma subìta dello “scivolare” non “in” silenzio ma “nel” silenzio: “in” restituirebbe la volontà di chi scivola di lasciarsi andare nell’abisso silenziosamente, “nel” indica la condizione/atmosfera dell’abisso stesso. A mio parere. Ma per fortuna i pescatori di sogni fino alla fine scorgono non l’abisso del NULLA ma sentono l’immergersi nell’ASSOLUTO! Come già la storia del fiume nell’Oceano… E aggiungo due prose poetiche di Nico, su cui riflettere ancora: “ALLA RICERCA DI ME”
Oggi
mi sono svegliato… vuoto di me.
Ho
ritrovato le chiavi di casa, il telefonino, gli occhiali, esattamente dove li
avevo lasciati ieri sera, ma di me… nessuna traccia.
Devo
essermi perso, stanotte, nel quartiere malfamato dell’anima che talvolta
frequento, tra grovigli di malinconie che tolgono il respiro e pensieri ladri
che, al buio, tendono agguati per rapinare emozioni che nascondo nelle tasche.
Aspetterò
che il sole sia alto… e andrò a cercarmi.
“L’ASSENZA”
È
stato scritto che il dolore e lo strazio dell’assenza di persone care misurano
la grandezza e l’intensità dei nostri amori. Perché non la felicità?
Forse
perché felicità ed estasi sono concetti finiti, hanno un massimo e ci riempiono
di attimi intensi da vivere ma circoscritti nei confini del sogno.
Il
dolore - invece - non ha confini: spazia e si trascina oltre il limite di noi e
del tempo.
Il
dolore naviga nell’Oltre, dove l’assenza dell’altro spegne ogni luce e, nel
buio assoluto, i ricordi non sfumano ma, vivi più che mai, graffiano a sangue
il cuore.
A tutti noi i commenti… Ciao, Nico. A
presto a tutti voi.
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