venerdì 30 aprile 2021

Venerdì 30 aprile 2021: e parole, poesie, riflessioni di fine aprile...

Approfitto subito di un commento della carissima Giulia Basile per fare una puntualizzazione e una riflessione. Giulia mi scrive, commentando una poesia di Ada De Judicibus sul blog di martedì 27 aprile: La parola poetica è rubata all’anima e mai si presenterà nuda alle folle. Secondo me c’è un malinteso di fondo, e potrei anche sbagliarmi. Ma qui ci ritroviamo appunto per confrontarci. Il verso conclusivo di Ada si riferisce alle parole “nude stupite”, che non vogliono riferirsi alla nudità delle parole in senso “scoperte” senza l’afflato poetico che parte appunto dall’anima, ma proprio nel senso contrario di “innocenza, candore”, ricche di verità perché “dettate dal sentimento e dallo stupore”. Questa è la mia interpretazione, anche perché conosco profondamente la poesia di Ada De Judicibus. Potremmo riparlarne certo, ma solo per apportare altre motivazioni alla mia interpretazione, dovuta appunto alla lunghissima conoscenza dei versi e della personalità della nostra Autrice. E siccome, siamo veramente alle ultime parole abbinate agli ultimi Autori non ancora presi in esame nel Retino in riferimento all’Antologia Il Sentimento della Scrittura, mi sembra giusto riportare stralci di alcune poesie e prose poetiche di questo libro davvero prezioso per comprendere cosa spinga lo scrittore o il poeta a scrivere e perché scelga nella sua scrittura determinate parole, che alla fine ne decretano lo stile. Ed ecco alcuni versi o alcune espressioni in prosa. E mi piace partire dalla Prefazione di Raffaella Leone, curatrice (razionale-creativa) della magica Antologia. Ed ecco la conclusione di una prosa che è già poesia: Prima di lasciare il Lunapark, concedetevi “un altro giro di giostra”, quello in sella al cavallo di legno intarsiato dell’antico Carosello, dove almeno una volta, come in un carillon, si galoppano i sogni ad occhi aperti. E di Silvana Mangano: Dobbiamo cercare e ancora cercare quegli strani segni che nascondono parole di Vita, che narrano la Vita e la sua musica dolce e drammatica insieme. L’arte è la strada maestra di questa ricerca… forse. Esempio luminoso di perfetta sintesi, come in Raffaella, fra pensiero razionale e pensiero creativo per raccontarci, con poche parole e “strani segni” di magico sentire, la “musica” e la “drammaticità” della “Vita”, purché sia Vita. E l’Arte è la strada maestra sempre (e non forse, come timidamente azzarda Silvana, sempre attenta a rispettare il pensiero altrui), per percorrere tutte le vie creative possibili della conoscenza di noi e degli altri nostri simili in armonia con il Creato e tutti gli esseri viventi. Si fa strada con la dolce fermezza della sua scrittura poetica Elina e tutto diventa sogno, leggerezza, fantasia, parole di terra e di vento: … Questa è l’anima della scrittura, farsi foce e voce del cielo, sbocciare in un unico embrione di tempo, poiché vi è una voce in ogni foglia, nella profondità dei legni e oltre le stelle. Il silenzio del nostro albero-sogno intinge un nuvolario e frasi di vento nel nero dell’inchiostro. E la scrittura appare in tutta la sua definizione, in tutta la sua magia. Dina Ferorelli ha versi di luce sulla sabbia del tempo che si fa storia, incisa sulla roccia, di “universi di silenzi e solitudini” in un fervore di parole “sacre e divine” che si librano nell’aria nell’intensa ricerca di un Cielo più azzurro di quello della nostra povera quotidianità. Non a caso il titolo della sua poesia è “Parole sospese”: Scrigni di luce/ parole sospese/ sul tabernacolo del cuore// Scritte sulla sabbia/ piramidi d’eternità incise/ sulle pergamene della storia// Scolpite sulla roccia/ goccia su goccia a lenire/ universi di silenzi e solitudini// Dono delle tue mai/ olio sulla tavola imbandita/ scrutare con gli occhi/ le mie parole sospese. Non così le parole di Anna Mininno che puntualizzano, in versi che si snodano lapidari e transitivi come prosa, tutti i dubbi che costellano la nostra storia affidata al caso di un destino spesso avverso alla realizzazione dei nostri sogni: La vita è imprevedibile./ Nel bene e nel male ti sconcerta./ Così nelle incertezze come nelle pseude-sicurezze./ Che essa ti si impone e tu non puoi contrastarne il corso./ E tu non sai se mai hai allentato la presa./ Se l’hai allentata./ O se avessi provato a tenerla./ E se fosse servita tenerla./ E tu non sai se il contrario avrebbe funzionato./ Se sarebbe stato gestibile./Se sarebbe stato quello giusto./ Se./ Se non hai capito che è lei a decidere./ E che talvolta supera la follia./ E che è un graffio continuo sulla pelle./ Un graffio che ti fa sentire vivo. Ma il verso conclusivo contraddice ogni amara (in)certezza e si fa canto e speranza. Ma degli Autori presenti nell’Antologia continuerò a parlare in sincronia con il Retino, oggi desidero completare questo “giro” di poesie, brani poetici e riflessioni con quanto catturato su fb e non solo. E parlo del meraviglioso azzurro che ci dona, e da cui ci sentiamo avvolti “in sospensione”, appunto, come in un dipinto magico e visionario di Chagall, “Azzurrando azzurrando” della nostra cara Mariateresa: Si puntina di mare la pupilla/ sguaiata di vertigini/e svela il segreto di una vela/ che sbadiglia carezze/ sulla fronte dormiente delle onde…/ / C’è un equilibrio instabile/ in quel mistero/ una ricerca antica che sveglia l’alba/ dalle voragini del tempo e dello spazio/ e con frammenti di luce ricompone il giorno.// Azzurrando azzurrando. Ed è un alternarsi di forti contrasti poetici, come è nelle corde di Mariateresa che alterna continuamente il dolce/amaro della vita, della scrittura, della parola. Ma tutto si risolve in tanto azzurro cielo/mare in cui ritroviamo l’ardimento delle onde e delle vele, frammentato in ogni attimo in sé conchiuso che fa “pieno il giorno” (e narcisisticamente mi autocito ah ah ah). Ma il giorno diventa pieno e luminoso anche su questa nostra amata e distrutta “Madre Terra”. E trovo bellissimo il messaggio in prosa, colmo di poesia, di David la Mantia: Lasciate scritto ai vostri vicini/ di rispettare le croste degli alberi,/ di non voltarsi al primo vento,/ di non temere per le tegole/ (le rondini fanno loro buona guardia,/ mettono nidi ai confini, sugli orli)./ lasciate scritto ai vostri vicini/ che occorre lasciare porte/ e finestre spalancate,/ se il cielo è aperto. Canto alla natura e alla libertà del prendersene cura con vincoli d’amore, mentre il “cielo aperto” è un invito a “viverlo tutto” nella sua immensità, “spalancando porte e finestre” per darci ulteriori possibilità di scoperta continua e di continuo incontro con gli altri abitanti dei cieli e dei mari e della terra e di ogni altro essere “diverso” da noi, in un inno alla fratellanza universale che comincia da un semplice messaggio in “versi”… E in tutto questo incanto non può mancare la sfolgorante superluna di questi giorni a consolarci per il tanto buio dentro e intorno a noi, la tristezza e pianto che stiamo purtroppo vivendo. Ecco una poesia di Lizia De Leo intitolata “LUNA D’APRILE”: È quando ho il cuore a pezzi/ che mi appari/ LUNA/ /rosata e rugiadosa/ nel cielo senza stelle.// Il tuo richiamo luminoso/ mi spinge ad affacciarmi/ al balcone interno/ e incantarmi/ mentre svetti sui tetti/ nella pienezza del tuo splendore.// Chissà se nel mistero/ di questi astri disseminati/ nell’infinito universo/ costruirò un ponte/ per un appiglio alla vita… (28 aprile 2021). Gettare ponti, dunque, ci rende meno soli, meno fragili, meno vulnerabili… Grazie a tanta sensibilità e a tanta Poesia, a rendere luminoso anche il buio del cuore provato da tante ferite, ma sempre proteso a trovare un appiglio che sia forte richiamo alla Vita… E vorrei concludere con una prosa poetica di Simone Cristicchi, che mi ha dedicato il suo libro Alla ricerca della felicità con una frase molto profonda e significativa, su cui riflettere tanto: A Angela/ La felicità è una porta/ che si apre solo/ verso l’esterno// buon viaggio Mi ha lasciato senza parole: occorre aprirsi agli altri per compiere il viaggio verso una possibile felicità. Da soli non è possibile condividere timori ed esperienze, paure ed emozioni, attimi di smarrimento e duraturi progetti per percorrere un sentiero o la via maestra, un tratturo o un’autostrada, un fiume o l’intero mare verso la felicità. Che ce ne faremmo se non avessimo la gioia di raccontarla, cantarla, urlarla, sussurrarla, viverla con la luce intima e intensa di uno sguardo di complicità, di commozione? E ho scelto lo stralcio di un paragrafo intitolato: “Quale felicità?”

Avrei dovuto scrivere di “felicità”, sapendo che era impossibile acciuffarla con le parole, perché le parole restano nella rete, mentre lei vola via dai buchi. Ho comunque tentato, perché a forza di tentativi, anche se non l’ho trattenuta, qualcosa è rimasto impigliato. Una frase, un’emozione, una visione. Se non mia, delle tante persone che ho incontrato, di cui solo una parte è finita nel libro. Ci si sente meno soli, quando si scopre che tutti si pongono le stesse domande, e ci si sente meno sbagliati, capendo che nessuno ha trovato la risposta giusta. Grande Simone! Questo piccolo stralcio è perfettamente aderente al nostro Retino, che cattura parole su cui riflettere, mentre la felicità “vola dai buchi” ed è “impossibile acciuffarla”, però è salutare procedere in compagnia di tutti quelli che si fanno la stessa domanda non avendo la risposta giusta. E come si potrebbe? Ognuno parte da sé e dalla propria esperienza di vita. Per questo è necessario “aprirsi all’esterno”, agli altri. Ci si sente “meno soli” e “meno sbagliati”. Ma non potrebbe essere già questo nuovo stato d’animo a regalarci un “friccico” di felicità? Ne riparleremo appena possibile. Ho scoperto tante parole di Simone Cristicchi, cantante, poeta, attore, persona profonda e ricca di grande umanità e di altrettanta generosità nei riguardi dei più indifesi e fragili, come chi lo segue sa: parole, che ho catturato nel nostro Retino per approfondirne tematiche ed esperienze, significati e sensi, sogni e progetti di vita. Per sentirsi in pace con sé stessi e con il modo intero. Per gettare ponti e sconfiggere la solitudine, la violenza e l’indifferenza: forse i mali peggiori di questo nostro tempo così difficile e destabilizzante per tutti. A stasera con il Retinoooooo. Alle 19 come sempre.


martedì 27 aprile 2021

Martedì 27 aprile 2021: poesie sulla parola poetica...

 E oggi il mio Retino ha catturato alcune poesie sulla parola poetica, inviatemi sul blog ed altre catturate su fb, perché molto profonde e molto attente alla importanza della parola oggi più che mai. Per esempio, questa della nostra Mariateresa intitolata “Dirupi”: Di lingua che tace/ ne abbiamo fatto letteratura./ Relegati nelle quattro mura/ del non senso, del non detto,/ stiliamo dizionari./ ce ne stiamo qui a ruminare parole/ a svuotare il cestino del dimenticatoio/ dai propositi appallottolati/ a svetare dei vetri le incrinature/ a sgomberare l’arredo di certezze./ Maschere./ Pagine sbagliate/ come risposte crocettate a caso/ nei tormenti, nei dubbi,/ di una via, di una vita,/ a strapiombo sui dirupi. (M. Bari. Eccoti, Angela cara, i versi che mi hai chiesto di condividere. Un caro abbraccio). E sempre di Mariateresa una risollevante puntualizzazione: Appena letto tutto d’un fiato… non sbagli. Quei versi sono miei. E ti ringrazio per averci “ravvisato lo stile”! E Mariateresa si riferisce a quanto naturalmente ho scritto e riportato due giorni fa. Certo, è fondamentale raggiungere uno stile proprio che ci renda unici e inimitabili. E tu, mia cara, dimostri di aver raggiunto questa meravigliosa fedeltà a te stessa, che si riverbera nella tua scrittura. Ne è testimonianza la poesia “Dirupi” che evidenzia con molta amarezza e sottile ironia una “lingua che tace” e che purtroppo abbiamo elevato immeritatamente a letteratura, non avendo più memoria di validi modelli a cui ispirarci, presi come siamo dall’apparire che ci fa perdere il valore dell’autenticità della nostra vita, che dovrebbe risolversi nell’autenticità della parola. E, invece, procediamo ad occhi chiusi, senza accorgerci, arroganti nelle nostre misere certezze, che stiamo sfiorando gli abissi in cui la nostra mente cade, quando racconta il “nulla”. Forte denuncia alla scrittura dei nostri giorni. Come non provare tristezza? Come non condividere? E continui: E sempre le tocchi, cara Angela, quelle corde. E ne fai melodie di luce. Ancora grazie per quel tuo “sguardo” che toccando si fa corpo! Un abbraccione. E il riferimento è a quanto ho detto sull’importanza dello sguardo durante la chiacchierata in diretta a “CIRCOLARE POESIA” con il superlativo conduttore e poeta Mattia Cattaneo, venerdì scorso. Ed era la GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO. E il libro ci conduce alle parole. Alla loro importanza. Ed ecco una poesia leggera come “bianca vela d’aria” e profonda come “tintinnio di pietre” proprio di Mattia, che conclude, riportando a sé la paternità della parola, nella sua ritrovata autenticità, in maniera viscerale e fortemente riconosciuta nel proprio sangue e nelle proprie vene: “è di nuovo figlia/ questa parola”: Il fruscio dell’alba/ e questo risveglio/ che sale/ tintinnio di pietre/ la tua pelle addosso// una casa sulla riva/ le soffia il cielo// bianca vela d’aria// è di nuovo figlia/ questa parola (Mattia Cattaneo). E Mariateresa si riscatta dall’amara poesia precedente con quest’ultima intitolata “La liberazione della parola”: Dal guinzaglio del rancore/ che strozza ogni meraviglia,/dalle iperboli del pensiero ottuso,/ persiane ostinate a non guardare,/ dall’edificio del giudizio,/ liberiamo la parola.// Dal generare illusioni sterili,/ dal nevrotico moralismo,/ dai fondali sabbiosi di ogni divisa,/ in fila/ nelle parate della solennità,/ liberiamola.// Perché la parola,/ nel suo farsi seme, implora cura/ e ad ogni bagliore, contemplazione. (M.Bari). Un salutare grido di ribellione, dunque, alla poesia iperbolica e vuota, per liberare la parola dalle catene di tutto ciò che inficia il suo valore e la sua dignità letteraria. Superba la parte conclusiva della poesia: “Perché la parola,/ nel suo farsi seme, implora la cura/ e ad ogni bagliore, contemplazione”. E l’anima si colma di luce di mai spenta poesia. E accesa poesia di luminosi versi è il componimento poetico tenerissimo, rammemorante, ironico, tutto giocato sul “detto/non detto”, sulle “bugie/verità”, su un ti amo a mezza voce, di Rita Ritabù Poesie, intitolato “Il BACIO”: A dire il vero non so dirti nient’altro/ potrei dirti che c’ero/ nell’ombra di quella sera// La tua bocca di fianco/ e dopo/ più dentro di me/ il tuo bacio// Una fossa scavata/ nell’anima mia bambina// Bello inventare parole/ che mai saranno fra me e te/ Il giardino che ho dentro/ profuma di parole taciute/ che non è di parole/ che io t’amo. Ed è un canto d’amore tenerissimo, evanescente eppure maturo e forte quello che mi giunge da Silvana Mangano intitolato “Il canto dell’anima”: vaga silenzioso di notte…/ Ascolta dietro le porte…// Seduto sulla soglia di mondi lontani/ Guarda le stelle… raccoglie/ frammenti di cielo…// All’alba svanisce…// Si nasconde furtivo/ Nelle crepe dei cuori/ Negli occhi ridenti/ Nei corpi straziati…/ Nelle parole non dette…// Attende la notte e le stelle… Canto notturno della vita, in tutte le sue declinazioni di gioia e di dolore. La notte favorisce la contemplazione e il sogno colmo di stelle, per non perdere la capacità di sognare e di scorgere anche nel buio la insopprimibile luce che ci guida, orienta, salva. E “le parole non dette” si fanno segreto di verità, intuite e mai rivelate perché germinate nella parte più profonda delle “anime affini” e nel silenzio condivise. Ancora lo sguardo, ancora il sogno, l’amore, le parole taciute e proprio per questo più vere… Ma ecco ancora una poesia della mia amatissima amica Ada De Judicibus intitolata “LE PAROLE CHE SCRIVO”: Gli oggetti della mia casa,/ quelli che il tempo non divorerà,/ chi li avrà fra le mani?/ Giorno dopo giorno/ con gelosia di avaro li ho lustrati.// Le parole che scrivo,/ quelle che inseguo e fermo, carezzo ed amo,/ chi ne sarà curioso?/ Chi le raccoglierà, pietruzze di riva,/ le girerà fra le mani, un istante,/ nude stupite? (da Quasi un diario, 1992, in Il Sentimento della Scrittura, Antologia a più voci della SECOP edizioni 2021). Ancora un inno alle “parole scritte” con infinito amore, inseguendole lungo rive di “pietruzze” umili nelle intenzioni dell’Autrice ma quanto preziose per la luce che emanano! E per lo stupore che esse conservano intatto nella purezza della loro più intima essenza! E le domande che Ada si pone indicano proprio l’ansia che tanta dedizione le procura perché chi le leggerà ne abbia rispetto e la stessa sua cura. E le sue parole incidono, profondamente, la sua stessa ansia nel nostro cuore. E, infine, ecco le parole della nostra Elina, che tutto racchiude nel canto della sua anima/onda di mare: il mare nostra estensione di colore/ disegna un’infinità che tutti accoglie/ scrivere è come ogni onda/ lacrima, carezza, sentimento/ casa di memorie/ ponte tra i verbi della luce. E davvero non so più come abbia fatto Elina questa mattina a sorprendermi con questi versi che ripropongono quanto abbia già scritto io per il Retino di questa sera. È davvero incredibile! Rimango senza parole. Abbiamo noi poeti davvero un’Anima universale? A voi “l’ardua sentenza”…  E, sazi di parole e POESIA, vi do appuntamento a più tardi (ore 19) col Retino… Angela

 

sabato 24 aprile 2021

Sabato 24 aprile 2021: continuando col recupero di messaggi, commenti, poesie..

E uno sconosciuto il 17 gen 2021 scrive: Grazie, Angela! Straordinario questo atteggiamento dei poeti di fronte alla parola. Essi sanno bene che la parola è contemporaneamente il tramite per il salto al sovraumano e il fine di una precisa e connotata esperienza poetica, il suo hic et nunc. Allo stesso modo essa è significante di realtà ma significato di contemplazione poetica. Questa ambivalenza è la croce e la delizia del poeta. Grazie sempre! Buona domenica! E, purtroppo ho perso il raccordo, ma questa splendida pagina potrebbe essere di Mariateresa, ne ravviso lo stile. È un messaggio altamente poetico e profondamente realistico. Se mi sto sbagliando, siete invitati a intervenire per appropriarvi di questo magnifico scritto: “Come fiorisce una fine”. L'ultimo anelito assiste informe al suo principio che è fine. Chiassosa come il mare spettinato dal vento come il tumulto di un cuore che ripudia l'inverno come un calcio al vuoto che inscatola luoghi e non luoghi. Fiorire cui sempre la sera assiste. Come il morire. Si gioca al risparmio arginando i prati verdi del cielo. Morsi di fiele a svezzare il mare appena nato in culle di miele. Sul fondo di sguardi prosciugati strizzo ciottoli cerei di vita. In punta di piedi varco la soglia di una parola che non oso. Per me è ancora, nel varcarla, sfiorare l'abisso. Un abbraccio, Angela! E ancora lo sconosciuto ritorna a commentare "Domenica 17 gennaio 2021: ancora sul tempo di inizio e fine e un "tra" di mezzo...": A sintesi eccelsa del mio precedente commento"... Dalla tua testa dalla tua carne dal tuo cuore mi sono giunte le tue parole le tue parole cariche di te le tue parole, madre le tue parole, amore le tue parole, amica. Erano tristi, amare erano allegre, piene di speranza erano coraggiose, eroiche le tue parole erano uomini." (Nazim Hikmet). Poi il 18 gen 2021: Questa, invece, è la mia consueta poesia! Un abbraccio“Dove profumano le parole”. Profumano le parole nel buio di un punto fermo/ che ghiaccia lo sguardo e appanna gli abbracci,/ finestre serrate dal gelo./ Profumano le parole nel rosseggiare del lago,/ soffio di luce, che sopravvive alla luna/ e le regala farfalle incandescenti./ Profumano le parole in un sogno scavato a mani nude/ nella sabbia dei perché/ che sporca l'alba di granelli di eternità. (M. Bari), a cui fa da eco e contraltare Elina: L'anima ha le ali, il corpo di fiore nel quale inciampo perdendo l'equilibrio Fiuta le trasparenti attese, le lettere mai spedite la mutevole bellezza e l'accoglienza della voce. Vede, ci vede senza dirci subito per dirci ciò che non sappiamo. (Elina Miticocchio, 16/1/2021 16 gennaio 2019). E ancora lo sconosciuto con i suoi preziosi approfondimenti ci regala qualcosa su cui riflettere molto: 21 gen 2021. Grazie a Maria Teresa per aver portato questo illuminante approfondimento, soprattutto nel suo aspetto di distorsione. La parola e l'umano sono in relazione, nel bene e nel male. La parola ci dona bellezza, ci migliora, eleva l'umano dalla statica e standardizzata anonima individualità all'essere persona. Unica, irripetibile, inviolabile. Un dono per il mondo. Tanti filosofi, da Ricouer a Levinas hanno approfondito il senso sacro della persona e il suo portato nella realtà umana. La poesia è per le persone, credo. Né per gli armadi, né per i fiumi, né per il cielo nè per gli orologi. La poesia è per e delle persone. Buon proseguimento di giornata a tutti! Tutto condivisibile. Grazie infinite. E grazie a Vito Di Chio che, il 21 gennaio 2021, così interviene: Leggendo nel tuo blog “la POETOLOGA” i commenti alle “Parole del retino”, noto che hai dato molto spazio, com’era giusto nel primo mese dell’anno, al tema “tempo”. “All’ombra del tempo” è d’altronde il terzo capitolo della tua silloge “L’ora dell’ombra e della riva” (2015) che si apre in esergo con un famoso testo dalle Confessioni di Sant’Agostino, che trascrivo: “Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente, futuro. Forse sarebbe più esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempo esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro l’attesa”. La nostra esperienza del tempo si struttura come processo di continuità, come flusso continuo di percezione interiore di ciò che si sedimenta come memoria e si annuncia come attesa. Il “presente del presente”- afferma Agostino - è la “visione”. Più che visione bisognerebbe tradurre il termine latino che Agostino usa - “contuitus” come “attenzione”: è cioè quello sguardo dello spirito penetrante e libero (- intuitus), quella capacità finissima dello spirito umano di scoprire (di ritrovare) UNITÁ nella molteplicità delle verità parziali (con-tuitus) con cui ci confrontiamo nel nostro quotidiano. (Vito Di Chio). Grazie, Vito, per questo tuo riportare alla memoria la mia silloge poetica con il riferimento a Sant’Agostino da te così bene integrato. Ed Elina di rimando il 23 gen 2021: In questo mionostro deserto ciascuno vorrebbe scappare dalla propria stanza d'amore. Il vero conforto è dentro questo mese, questo giorno, quest'ora in cui l'anima vibra di breve emozione in una danza acrobatica tra note sparse e preghiera. Ci vuole speranza e coraggio per camminare e non trascinarsi poichè se il mondo a volte esplode e il suo peso è insostenibile la melodia che arriva da noi può essere lo sguardo oltre... e qui davvero sto perdendo il conto perché ci sono ancora bellissimi commenti che non so più se ho riportato o meno nei blog precedenti. Per esempio, quello di Mariateresa del 25 gennaio 2021: Angela cara, quanti temi, ardenti si è toccato in queste righe... Così intense da richiedere un Tempo di riflessione. Il Tempo sacro di una naturale metabolizzazione, per riuscire a staccare i piedi da terra e guardare le cose dall'alto. A presto! E sempre grazie. E poi, ancora, su "Quarant'anni... (per te, Nico)", 28 gen 2021: Angela... Quanto profondamente conosco queste "bugie"! E, al solito, ho le lacrime agli occhi! Sono di ieri questi miei versi. Te li dono, con una carezza gentile. Implosione Cos'è questo vento/ che implode dentro/ vado di acqua in acqua masticando./ Torbida e stagnante nel ticchettio/ che confonde l'onda amante / senza sposa da accarezzare./ Ora che urge la tua mancanza/ faccio risvolti segnati dal troppo sale/ che imbratta i margini del mio cuore/ se più di te non dicon/ e custodisco farfalle… E sono io a non osare di invadere la sacralità di questo tuo ricordo, carissima Mariateresa. Condivido con te quanto mi scrivi a commento su "Sabato 30 gennaio 2021: Nico Mori, poeta nella vita e nella scrittura". 30 gen 2021 Che meraviglia... Un silenzioso abbraccio, Angela! Che ricambio con tanto tanto cuore. E desidero concludere con una poesia che mi è pervenuta per altre vie e che è un inno alla Parola, alla Speranza, alla Vita. È dell’impareggiabile sollecitatore e vivificatore di sogni, Mattia Cattaneo: Doniamo allo specchio le parole di una Vita./ Accogliamo i silenzi della natura./ Leggiamoci di più tra le righe del giorno./ Salutiamo il sole ogni volta che lo incontriamo.// Regaliamoci tutti i giorni un sorriso. Ed è una sapientissima esortazione che faccio mia e che facciamo nostra. Per vivere meglio. Insieme. Alla prossima.

giovedì 22 aprile 2021

Giovedì 22 aprile 2021: ripescando messaggi, commenti, poesie...

E mi piace molto il commento della nostra Mariateresa di domenica scorsa. Indubbiamente mi gratifica, ma soprattutto mi dà la possibilità di ribadire il salutare concetto per tutti di “fare rete” per vincere la solitudine subìta in questi tempi così difficili da vivere “in catene”. Ma fare rete ci offre tante altre opportunità di “agire”, “osare”, “sentire”, “guardare”, “ascoltare”, “vivere insieme”…

Ed ecco il rincuorante messaggio di Mariateresa: Angela carissima, sono le tue parole a portare il sole nelle nostre case e nei nostri cuori. Non sbagli quando affermi che la solitudine interiore può essere sconfitta facendo rete e, credimi, è quanto avviene in questo tuo salotto. Per me è, ormai, un appuntamento irrinunciabile! Ancora grazie, dal profondo del cuore!

C’è poi il recupero di un messaggio di Elina. Una poesia rammemorante che conosco molto bene: L’addio”. Ho avuto case ad abitarmi/ Dietro la porta chiusa della stanza/ neppure un filo di luce/ ad illuminare la macchina da cucire/ Eppure di notte il tuo scialle di mohair/ passa lento davanti a uno specchio/ Spento è il respiro/ Un battito d’orologio segna l’addio. - tratto da "Le stanze del vento", SECOP edizioni 2016, Collana I Girasoli a cura di Angela De Leo.

E altri importanti ripescaggi a partire da gennaio 2021:

Mariateresa ha commentato su "La magia delle FINESTRE: sabato 2 gennaio 2021 - finalmente l'Anno Nuovo!". 2 gen 2021: Che splendida immagine quella del tempo pellegrino! Se ti fa piacere leggere alcuni miei versi sull'argomento ti posto una mia piccola poesia. Grazie sempre!! “Tempo mi darai?”: Mi darai lenzuola profumate di sera/ che giocano nel groviglio delle lacrime?/ Mi darai aneliti alati di pace/ che sgrumano le vene dal gelo?/ Mi darai vento scosso da speme/ che flette la boria delle teorie per riflettere? (M.Bari). E sempre Mariateresa: 3 gennaio. Quanta intensità! Quanto in profondità scavano i versi di Primo... e il tempo si fa tempio! A domani Angela! Senza forse...

Giulia Basile ha commentato su "La magia delle FINESTRE: domenica 3 dicembre 2021"

4 gen 2021: Ancora una volta la poesia arriva dove non arriva la ragione. Angela sono stupendi i versi che qui hai riportato, e ne godo. Aggiungo per quel che mi riguarda che il tempo non è cosa che si possa definire razionalmente e chi ha inventato l'orologio lo ha fatto per illudere l'uomo di avere in mano (o al polso o nel taschino o sul comodino) qualcosa di suo, da leggere, guardare, usare o distruggere. A me succede per es. di spostare di notte le lancette in dietro e sono felice perché così penso di avere più ore da dormire prima che spunti il giorno. E davvero al mattino mi alzo più riposata pensando di aver dormito a lungo. Ma sono trucchetti, che non so se potrò sostenere quando sopraggiungerà sorella morte, ahahah! E Mariateresa su "La magia delle FINESTRE: lunedì 4 gennaio 2021". 4 gen 2021: Angela cara, grazie... infinitamente! Per il Tuo commento inaspettato ma tanto, tanto apprezzato! Il tuo dire è una carezza gentile, ed ossigeno puro, per me... Ma un infinito grazie anche per il tuo viaggio seducente nel pianeta Tempo. Il tuo racconto ne svela i panorami mozzafiato e i borghi incantevoli come pure le sue ombre nascoste. Un abbraccio a te. Forte! Ancora:  "La magia delle FINESTRE: lunedì 4 gennaio 2021". 5 gen 2021 “Sul pianeta Tempo”: C'è un pianeta dove nascono sogni a mani giunte e un filo di voce rammenda preghiere dimenticate sui marciapiedi delle ore. Dove ci tocca il velluto di parole nelle carezze di un pennello a punta fine sul davanzale del pensare. Dove si fa corpo il verbo dell'essere. M. Bari Appena nata! Che meraviglia, Mariateresa! “… preghiere dimenticate sui marciapiedi delle ore… velluto di parole nelle carezze di un pennello a punta fine sul davanzale del pensare”: sintesi perfetta del nostro tempo dimentico di preghiere, ma ricco di nuovi modi di pensare che si trasformano in carezze di mai spenta poesia in cui “si fa corpo il verbo essere” per ristabilire la tua ri-nascita… E, poi, su "La magia delle FINESTRE: martedì 5 gennaio 2021""E la memoria come mamma amorevole nutre i ricordi come fossero bambini suoi" ... quanta poesia... Sempre grazie per il tuo generosissimo dono, Angela! A domani. E su "La magia delle FINESTRE: martedì 5 gennaio 2021" ecco un delicato dono di Elina: Ho una casa foglia che sta sulla faccia/ Accedo naufraga dall’acqua di mia madre/ Natante/ Al rosso del cosmo (Elina). E tutto è liquido amniotico, attraversamento, colore, Vita. E sempre il 5 gennaio Giulia Basile su "La magia delle FINESTRE: martedì 5 gennaio 2021": Cara Angela non dico nulla perché mi hai inondata di pensieri belli e profondi e tanto intrecciati da esserne sazia. Mi rivedrò tutto e rileggerò lentamente, sicura di averne beneficio. Grazie. Sono io che ti ringrazio, mia Giulia: i nostri attraversamenti dilatano consapevolezze, orizzonti, rivendicazioni, voci, volti, storie… E tutto veramente ri-nasce. Subentra nuovamente Elina ne "La magia delle FINESTRE: 6 gennaio 2021": Il primo commento al libro di poesie “Alle radici dell'erba”, collana I Girasoli, Secop Edizioni 2020" giunge oggi inaspettato da Giovanni Romano che ringrazio per sintesi e contenuto. Lo riporto qui di seguito: "Ho letto questo libro nel momento migliore per apprezzarlo: la tranquillità e il silenzio della tarda serata, prima di andare a dormire. Quando gli impegni e gli affanni della giornata sono finiti, o quanto meno si lasciano dietro di sé. Fa bene all'anima leggere questi versi. Fa bene all'anima sapere che esiste chi sa custodire e donare la meraviglia e la bellezza del mondo, la gratitudine per l'affetto che ha ricevuto, i colori e gli spazi immensi per farci volare nella sua fantasia. Non mi stancavo di assorbire questa voce, di seguirla in silenzio nel suo mondo incantato. È la voce di una poetessa sempre più consapevole della propria arte fino a trovare una splendida sintesi per definire che cos'è la propria poesia, e quale effetto opera: "La carezza che porta / al disgelo delle palpebre". Una recensione davvero ricca di osservazioni poetiche, con poesia. Per contagio naturale, direi, tanto è vero che la conclusione è testimonianza di quanto rilevato/rivelato da un formidabile saggista appropriatosi del linguaggio poetico con tanto amore. Incalza Mariateresa il 7 gen 2021 : Angela davvero non ho più parole per ringraziarti, ma solo lacrime di commozione! Un abbraccio immenso  (…) E a proposito della consapevolezza di un ESISTERE che è inno a ciò che di umano ancora resiste... eccone un'altra! “Errare”: Eccomi piuma di un'ala esausta di peso/ sottrarsi al greve di un fare disfatto./ Eccomi grafia di un verso incompiuto/ sprecato nello spazio di un rigo troppo stretto./ Eccomi braccia esili a sorreggere/ un improvviso sapere di sé che imbavaglia l'attimo./ Eccomi chiodo, finestra, focolare./ Eccomi errore nell'errare. E il gioco di parole conclusivo rivela magnificamente la sapienza della tua scrittura… Condiviso questo sinteticissimo commento anche da Giulia Basile che così scrive il 10 gennaio 2021: Angela sei una fonte di acqua fresca e limpida in un mondo che affoga in acqua stagnante, e tu, invece di adagiarti col passare degli anni in giorni pigri e indolenti, tu fai dei tuoi pensieri un fresco ruscello dissetante per chi sa apprezzare la vita. Grazie per i tuoi stimoli. Bella anche la poesia Errare di Mariateresa. Che dire, mie carissime amiche, quello che stiamo realizzando con il Retino e il blog è davvero entusiasmante. Non manca un nuovo commento di Mariateresa 12 gen 2021: Tutto molto illuminante! Sempre grazie! Come d'abitudine condivido qui alcuni versi scaturiti dall'ultimo appuntamento con il "Retino". “Tutto e niente”: Tra tutto e niente leggo/ il labiale nella vita intrauterina/ che è alba di promesse mai pronunciate,/ nuda luce dimentica di sé./ Nel tra di un passaggio si gioca il tutto./ Il suono ribelle dei musi lunghi,/ gli anni di lune che inciampano e ostinate/ riprendono a innescare sogni,/ i muri spigolosi di delusioni, le mute deflagrazioni./ Tutto e niente il nostro abitare case/ nel vivere incerto di palude. E qui riprende il sopravvento la tua amara inquietudine, Mariateresa, in versi che non riescono a volare, imbrigliati come sono “nel vivere incerto di palude”. Molto è dipeso, a mio parere, dagli argomenti trattati nello scorso Retino, infatti tu scrivi il 13 gen 2021: Quanto sempre imparo Angela, da queste righe tanto attese. Ogni giorno. Oggi poi hai toccato le corde più intime del mio cuore...

sabato 17 aprile 2021

Sabato 17 aprile 2021: e altre poesie mi vengono a trovare…

E ho ripreso a cercare tra i commenti che mi giungono su la poetologa quanto ho involontariamente non portato alla condivisione. Ed ecco, per esempio, la prosa poetica di Mariateresa Bari, tratta da Intraverso, spiragli nell’essere… Come non condividerla? Meravigliosa quanto amara: “Nella stanza degli occhi”. Di scivolare all'imbrunire nelle ore roche del sonno che spoglia dal frastuono del non detto, accade. Accade di azzannare una nuvola stanca che trasfigura in spuma di mare, scardina le porte serrate del cuore e resta. Mesta vibra l'aurora nel ruggito di onde feline. E si cerca nello specchio di cielo ingiallito di foglie. E sempre di Mariateresa: Davvero sanguinanti i versi di Mastropirro. Sanguinano il dolore e l'ingiustizia di tutti i calvari del mondo, come tu dici! E quell'orrore toglie il sonno, a chi ha non solo occhi per guardare ma anche voce per gridare lo strazio e denunciare. Questa una piccola poesia scritta da me quasi due anni fa, quando abbiamo ignorato l'esistenza di una nave di profughi nel nostro Mediterraneo, trattenendola in mare per mesi negando asilo e accoglienza. E trasformandoci in tanti Giuda. Sempre grazie Angela per le tue riflessioni, che infondono speranza. “La nave fantasma Morde il dolore incrostato sui volti. La luna inciampa eterea nelle urla e sbianca desideri ormai appassiti. Non c'è fiato, non più”. (M. Bari 31/7/2019) Quanta verità e quanto dolore misto a rabbia e impotenza in quei giorni. E quante invereconde strumentalizzazioni… In alcuni casi meglio non avere più fiato. E Giulia Basile ha commentato su "Lunedì 12 aprile 2021: le poesie di una Primavera tanto attesa..."Grazie Angela, sei tu poesia col tuo sentire, che trasforma in poesia i tuoi commenti in prosa. <3.  Grazie di cuore a te e a tutti voi che alimentate il mio amore per la poesia e il mio desiderio di vera condivisione. Poi dal 31 mar 2021 recupero ancora Mariateresa: Angela quant'è dolce naufragio nel mare dei ricordi... che sanno di "cialledda" nelle sere d'estate e taralli di massa nelle vacanze pasquali. O di ninnananne in vernacolo intonate dalla mia cara nonna. Grazie sempre Angela, per il tuo immenso dono! E il dono è reciproco e profuma di ricordi antichi che scaldano il cuore. E, poi, sempre Mariateresa ha commentato su "Mercoledì 24 marzo 2021: nel Retino la parola GRATITUDINE...": Cara Angela, come non esserti grata? Ecco i versi scaturiti stanotte dalle tue riflessioni! “Nel debito di un credito”: S'annoia il sé, spossato depone la sua corona smilzo di cuore e si prepara all'esodo. L'alito assassino non più appaga. Il lampeggiare di finestre nel buio delle sue frequenze troppo acute, stride e si fa strada. Lo guardiamo trapassare lo specchio e lambire solitarie rive col suo foulard di tedio al collo. (M. Bari). Perle che mi lasciate e che io raccolgo con grande ammirazione, amore, voglia d’imparare. Il vostro nuovo modo di scrivere poesia mi cattura e mi allarma: c’è troppa amarezza, troppo sconforto, troppa solitudine. E troppa voglia di rinnovamento interiore per poter ancora sperare in un mondo migliore. Fare rete significa anche sconfiggere la solitudine. Poter sperare insieme. Dobbiamo provarci con tutte le nostre forze. È questo il mio nuovo proposito per il giorno che comincia. E, infine,  Mariateresa Bari ha commentato su "Giovedì 18 marzo 2021: alcune poesie di Giovanni Gastel...": Straziante ma necessario. Doloroso ma salvifico. Questo è per noi poveri che restiamo, parlare di chi la varcato la soglia. Parlare di Loro è parlare con Loro. Il ricordo è un luogo d'incontro! Grazie Angela per queste lacrime di commozione. Un abbraccio. Anche questa è per me una lezione di vita. E, a proposito di Giovanni Gastel, ecco cosa mi ha inviato Giulia Caminada che, come fotografa, ha lavorato nel suo Studio, in ricordo della sua grande umiltà e umanità:  Sono una bolla di memorie/ che naviga portata dal tempo./ Non mi aspetto/ di essere ricordato./ E neppure che qualcuno sappia che sono esistito./ La campana continuerà a suonare/ anche in mia assenza./ I mostri a esistere./ Siamo figli dell’uomo./ Poi cadremo in un sonno profondo./ E il prete dirà/ - Era una persona delicata -./ E correrà a casa a guardare la televisione.   Quanta dolorosa amarezza anche in lui prima di scoprire sempre più vicina e consolatoria la presenza di Dio. E sempre su Giovanni Gastel ecco un’altra testimonianza di Francoise Sallé, una persona eccezionale con cui sono diventata amica grazie al nostro comune meraviglioso amico. Risale al 13 marzo: Sono straziata dall'apprendere che Giovanni Gastel, uno dei più grandi fotografi italiani ci ha lasciato oggi pomeriggio.

Ti voglio salutare, Giovanni, ritornando alla lettera di ringraziamento che ti ho indirizzato dopo quell'indimenticabile "shooting" del 5 dicembre 2017, nel tuo studio di Milano.

Caro Giovanni, caro perché non si può passare davanti al tuo obiettivo senza provare quel senso di amicizia che sai infondere intorno a te e che si ha - naturalmente - voglia di ricambiare con slancio affettuoso. Un senso di amicizia che, dunque, ho provato anche io sin dalla tua calda, sorridente accoglienza a braccia aperte.

Hai realizzato un mio antico sogno, permettendomi di passare "oltre lo specchio", cioè da redattrice di moda, a mia volta,"modella". In quell'occasione ho potuto respirare di nuovo l'atmosfera di uno studio foto, circondata dalle persone amiche, Sandra, Federica e Stefano in particolare, che si erano ritrovate impegnate in ciò che avevo denominato "progetto Gastel"; un progetto un po' folle nato dopo una chiacchierata con te, una sera tardi, a proposito di un bellissimo ritratto che tu facesti ad una famosa "soubrette". Si dice che ttu sappia cogliere il cuore e l'anima delle persone che il tuo obiettivo indaga. Vicino a te ho sperimentato quell' "eterno istante" in cui, come dici tu stesso, la fotografia restituisce l'archetipo della natura della persona e non la documentazione richiesta della sua realtà.

Perciò sono rimasta senza parole scoprendo i due ritratti che mi hai donato con tanta elegante generosità.

Come potrei quindi non esserti grata per ciò che hai visto in me e spero di "combaciare" almeno un po', almeno nel profondo del mio essere, con la bellezza che hai voluto regalarmi.

Il 2017 è stato per me un anno cardine: cominciato molto male, si è, in qualche maniera, riscattato nei mesi successivi con degli avvenimenti felici che hanno segnato per sempre la mia vita.

L'incontro con te è stato uno di questi avvenimenti.

Ti ringrazio.

Un bacio grande grande.

Arrivederci, Giò.

E vorrei concludere con una poesia che ritorna a parlarci di primavera con un commento della carissima Elina Miticocchio, trovato stamattina sul mio blog: “In questa perduta primavera”. Su quali sogni si appoggia il sole in questa perduta primavera dove manca il tempo soffice del volo e dei larghi pensieri eppure resta il fiato per sospingere 'ancora lontano ci ritroveremo'… Mi infilo in questo attimo sospeso in questo fragore di incanto perduto mi offro creatura spoglia senza rotta oppure rotta nei meccanismi del cuore eppure conosco il suono un violino tornerà a fare musica ad incantare il mio giorno (Angela così ho sentito leggendo questo post). Pirandelliano cuore di violino quello di Elina per incantarci ancora, dopo ogni sperdimento suo e nostro. Grazie infinite a tutti voi che con questi messaggi così poetici, leggeri e profondi, ricamate il nostro blog con tanti luminosi fili, diversi ma tutti impregnati di splendida POESIA. Grazie. Buon fine settimana. Speriamo con tanto sole…


martedì 13 aprile 2021

Martedì, 13 aprile 2021: un mese dal tuo volo tra le stelle…

 Uno scritto di Giovanni Gastel sulla Primavera:

la Primavera, l’anima della natura e le emozioni della rinascita. Nel passaggio dalla primavera all’estate lo spirito della natura si rivela al mondo. l’anima dell’uomo si riversa in ciò che vive intorno, così egli diventa uno con tutto ciò che cresce, con ciò che germoglia e sboccia: fiorisce insieme al fiore, germoglia con la pianta.

Personificazione delle forze della natura, le Ninfe erano parte integrante di essa e, di conseguenza, avevano con la Natura un rapporto particolare: fiumi e laghi, mari e monti, prati e sorgenti, boschi e alberi… tutti avevano la propria Ninfa protettrice.

Buon inizio di primavera a tutti.

 

13 marzo

Più tardi quella sera

la voce si fa dolce

con tenerezza

le sue mani aggiustano la coperta

giro la testa e chiudo gli occhi

ma la sua mano e nella mia

e il sonno scende dolce

mentre sento il suo sorriso vicino

Milano 2021

 

Se potessi raccontarvi una storia

una storia bella

con un finale lieto

come nei film americani

vi racconterei di un bambino

malinconico

che dalle sponde di un lago

ha visto la bellezza venirlo a cercare.

Lei gli ha detto

-         Seguimi

non ti prometto la pace

ma attimi di intensa gioia

 che valgono una vita -

Lui l’ha seguita

e lei l’ha difeso dalla durezza

del vivere.

Non ha vissuto felice e contento.

Ma ha vissuto con grande intensità

quel viaggio sublime che chiamiamo

Vita.

Milano 2021

Silenzio e Preghiera…

 

 

 

 

lunedì 12 aprile 2021

Lunedì 12 aprile 2021: le poesie di una Primavera tanto attesa...

 Sono bellissimi i canti di primavera che voi amici mi avete inviato e il Retino ha catturato qua e là, lungo i sentieri fioriti di primule e tulipani, nasturzi e mimose, lavanda e ginestre. Un tripudio di colori e di profumi che invadono sensi e sentimenti…

Gianni ha scritto questa poesia:

Esposti al vento

petali di astragalo

fluttuano, rincorrendosi,

tra le braccia riarse

dei mandorli.

"Qui c'erano fiori"

dice il vento spezzando un ramo...

Ma i petali non

ascoltano

affranti guardano la

lucciola morente

 che ieri illuminò la notte

dando la sua luce al buio.

(G. Brattoli)

Gianni non vuole sentirsi dire se è bella o meno. Vuole sapere solo come la interpreto.

Ed io non ti dico che è bella anche se è bellissima, né che è brutta anche se è tristemente amara, ti dirò che mi ha detto molto di più di quanto tu possa immaginare. Già il primo verso contiene il primo strappo all'apparente bellezza della natura. Ci sono i petali dischiusi dell'astragalo in tutta la loro delicatezza che il vento, però, scuote e ferisce e, mentre si rincorrono e si rifugiano tra le braccia dei mandorli solo un attimo prima in fiore, ne spezza un ramo. Sempre più ardito e violento, ignaro del dolore che procura. Gli stessi mandorli, che sembrano accogliere quei petali che danzano e si rincorrono quasi bambini in gioco, sono in realtà riarsi e scarso rifugio di protettiva ombra possono offrire. Certo, un tempo "c'erano fiori". Oggi non più. Quanto veloce lo scorrere del tempo. Ma i petali non ascoltano il rimpianto del vento, presi come sono da un dolore più grande e presente che si materializza, ai loro occhi affranti, in una "lucciola morente" che ha offerto, come estremo sacrificio di sé, in dono alla notte, la sua luce per illuminare il buio di un cielo che non perdona. Poesia metafora della caducità del tempo che, dal primitivo splendore, tutto trasforma inesorabilmente in perdita e dolore. Ma non è vano il generoso sacrificio della lucciola se i petali oppongono alla crudeltà e alla indifferenza del vento i loro occhi affranti mentre la scorgono morente. È un risarcimento che apre finalmente il cuore, negli ultimi versi, alla speranza. Non tutto passa o accade invano...

Ed ecco una poesia di Mattia Cattaneo. Una poesia di insolita primavera tra la pioggia fredda di fine marzo e il sangue caldo che, lentamente, come la pioggia appunto, cade ma per accendere ancora di più l’amore che il poeta sente per la fanciulla amata e tutto è una esplosione di rosso colore, tra ciliegie che nulla sanno di sé e la “solennità dello spazio” abitato dall’autore nella consapevolezza meravigliosa dell’“incendio di un papavero” avvampato dentro il cuore, non a caso con la “C “maiuscola, centro di tutto il suo universo, universalizzabile:

pioggia fredda/ il tuo lento sangue/ cade sulla luce del Cuore/ e fibre di crepuscolo/ dissetano quel sole,/ calante,/ nel giorno.// Solennità/ del mio spazio,/ le ciliegie ignorano/ la loro origine:/ tu mi hai portato dentro/ l’incendio di un papavero.

E questi ultimi due versi sono un capolavoro di sintesi, in cui esplode POESIA.

Poi, una poesia del mio carissimo amico Filippo Mitrani “PENSIERI NOTTURNI”:

Nell’affannata corsa/ per porre il morso al tempo,/ ribelle alla precarietà del tumido virgulto/ lascio sedurmi dalla magnificenza/ d’ogni nuovo germoglio. Smarrita la certezza/ della caducità umana,/ inorridita è la coscienza/ dalla beffarda senescenza imposta./ Vana angoscia, la prostrazione e il tormento/ pronti a incupire la luminosità della mia età/ lungo il tragitto prossimo al traguardo./ E il suo sorriso, lì, che mi attende!/ Quanta beltà perduta/ da questa soccombente,/ scriteriata lotta.

(9 aprile 2021)

E, finalmente, Filippo getta l’àncora che germoglia ancora di Primavera, avendo ormai dentro di sé acquisito la consapevolezza dell’inutile tediarsi per la “prostrazione e il tormento” che suscita l’approssimarsi, per ciascun essere umano, con capelli di argentata luna ormai, dell’inevitabile “traguardo”. Meglio evitare la inutile lotta contro il tempo e accettare il “sorriso” che ci attende. Strategia vincente. Convincente.

E, infine, di Tommaso Di Lernia:

cadono parole/ come lacrime/ da spogli alberi/ pensieri mutano/ vento rincorrono/ migrano lontano/ dove il mattino nasce/ con silenziosa armonia/ e nell’anima diffonde/meraviglia divina/l’amore tuo/ a me donato/ di bellezze nutre/ i sogni miei// 10 aprile 2021/ senza titolo/ senza virgole/ senza punti/ senza il superfluo/ che all’anima non serve/ per ricamare/ la vita

Ed è un canto d’anima. Un inno all’amore che sa valorizzare l’essenziale e non chiede altro che di nutrirsi solo di sé stesso. In una eterna primavera del cuore che “ricama la vita”.  

A domani con il Retino e tanto altro ancora.

 

 

giovedì 8 aprile 2021

Giovedì 8 aprile 2021: e ancora la ineffabile POESIA di Pasqua…

Anche le poesie tentano di colorare la nostra anima all’alba di questa insolita Pasqua per non lasciarci in catene e senza luce.  Il Retino ha accolto le poesie che avete inviato sul blog, altre che ha catturato per strade solitarie e prive di allegria, e due luminose a restituirci la Pacecome lievito di pane quotidiano. Ed eccole qui che incontaminate, e con voci diverse, volano come colombe bianche lanciate nei cieli obliqui tra le nostre case. Intense e lievi come sogni che afferrano stelle per trovare una buona ragione a sconfiggere il buio.

E comincio con il mio amico Mattia, appena conosciuto ma già presente in questa pagina con una dolente e intensa poesia, che si schioda lentamente dalla croce e va a colmare il vuoto di un giorno che “non saprà raccontare” perché ancora una volta “lanciano dadi/ si giocano la tunica”. E il figlio di Dio, fattosi uomo, è costretto a registrare, risorto ma sconfitto, “la crisi del vero”…

Mattia Cattaneo:

giara crepata/ la tua lezione silenziosa/ lotta affannosa/ e pensieri giudicanti/ non devono consumare/ questo davanzale/ scarno/ di parole// è un giorno/ di quelli/ che domani/ non saprò raccontare,/ grappolo di mimosa fregato// lanciano dadi/ si giocano la tunica// ancora oggi/ si palesa/ una crisi del vero.

Ma la breve poesia di mia figlia, per augurare a tutti una Pasqua di rinascita nella possibilità di ritrovarci più uniti che mai dopo tanto distanziamento, racconta un’altra storia per continuare a sperare.

Raffaella Leone:

siamo nati insieme/come fiori su rami nodosi/ uniti/ nella Speranza di/ fiorire grappoli/ di nuovo/ nell’attesa/ del GiornoNuovo/ Della Vita/ Restituita

E mi giunge da un carissimo amico che non vedo da un paio d’anni una poesia che concilia il senso amaro della prima con l’attesa di una possibile salvezza della seconda.  

Tommaso Di Lernia:

“Il sacrificio”: Nero sole acceca/ scorre su quella croce il sangue/ a noi indifferenti mostrata./ Conficcato è il ferro nella carne/ e di spine irte è fatta la corona./ Perdona coloro che non sanno, / le ultime parole di uomo/ che salgono con divina forza al Padre./ Il tuo volto non ho visto/ ma di te ho sentito parlare,/ nei vicoli bui delle periferie/ e tra la gente che non ha,/ ma che pronuncia forte il nome tuo./ Il sacrificio tuo è il peccato mio,/ le tue sembianze sono a me simili,/ so che tornerai, ne ho bisogno,/ ora, sempre, e il sangue più non scorrerà.

E la mia amatissima Silvana, a cui devo anni di cure fisiche e di carezze per l’anima, mi manda versi di dolce malinconia nelle ore che lentamente gocciolano come lacrime di tristezza prima che si faccia giorno di verità. Ed è carezza per il cuore il silenzio del mondo che trema d’attesa al chiarore della nuova alba.   

Silvana Mangano:

Lente/ le ore/ accarezzano il cuore,/ sibilano strani suoni,/ arcani, lontani…/ ma l’anima li riconosce/ come una pecora/ i suoi agnelli/ Che dire dei mondi lontani?/ Nel silenzio del cuore/ vi è la loro eco possente…/ Il silenzio del mondo/ è la Voce di Dio…

Infine, il retino ha catturato due meraviglose voci ad indicarci il sentiero fiorito della Fede, della Speranza, della Carità.

Don Tonino Bello:

Il Signorevi riempia la casa di profumo pasquale, del fuoco di pentecoste e del vento delle montagne delle rivelazioni.

Sii felice e sforzati di rendere felici gli altri.

Papa Francesco:

ecco il primo annuncio di Pasqua che vorrei consegnarvi: è possibile ricominciare sempre, perché c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti. Anche dalle macerie del nostro cuore - ognuno di noi le conosce - Dio può costruire un’opera d’arte, anche dai frammenti rovinosi della nostra umanità Dio prepara una storia nuova. Egli ci precede sempre: nella croce della sofferenza, della desolazione e della morte, così come nella gloria di una vita che risorge, di una storia che cambia, di una speranza che rinasce.

Quale messaggio più confortante per tutti, credenti e non credenti, in tanta lacerante paura che ha reso il nostro pianeta deserto di speranza e il cuore spento all’amore? E l’anima rinasce dalle macerie dei nostri antichi errori e si accende di rinnovata Luce.

A domani sera con tanto Sentimento…

  




venerdì 2 aprile 2021

Venerdì 2 aprile 2021: Venerdì Santo e la festosa Pasqua ancora nel ricordo...

E dopo la Via Crucis di SUD…ario, riprendo i ricordi della mia Settimana Santa di tanti anni fa:

Poi la festosa Pasqua. Le campane a gloria della mezzanotte e le mille chiese del nostro paese a salutare “la Rəsòscətə”, (la Resurrezione di Cristo), e la nostra gioia per l’avvenuta riconciliazione tra Dio e gli uomini. Noi c’inginocchiavamo per ringraziarLo. La nonna batteva i pugni sul tavolo per scacciare il diavolo e fare entrare Cristo risorto. E ci baciavamo tutti in segno di rinnovato amore. Con tenera riconoscenza. A pranzo, tu benedicevi l’abbondante tavolata e “u bənədìttə” (il benedetto) col ramo d’ulivo e l’acqua santa, che prendevamo dalla pila della chiesa e portavamo a casa in una bottiglietta (e mai il timore di un’infezione a sfiorarci e mai una malattia a colpirci per la nostra incoscienza, ben sapendo di tutte le mani, più sporche che pulite, a calarsi quotidianamente in quella pila per il segno della croce in ingresso e in uscita dalla chiesa!). Il benedetto era (e forse è) la specialità del pranzo pasquale nel nostro paese: uova sode tagliate a metà, arance con la buccia tagliate a fette (piccoli soli ad illuminare il giorno del perdono), ricotta dura e salata, salumi vari. E il ragù e l’agnello e la frutta secca e quella di stagione, e i dolci di Pasqua e il rosolio. E la lettera sotto il piatto come a Natale e tanta tanta ingenuità tra le mani negli sguardi nel cuore. Ci sentivamo davvero più buoni. Riconciliati con il mondo intero e con la vita (e… buona pasqua a pasqualino/ buona pasqua a nicolino/ buona pasqua anche a torino/ ah sì bè/ buona pasqua pure a te!/… vedi poi che in fondo in fondo/ fa la pace tutto il mondo/ fa i capricci/ fa i pasticci/ ma alla fine devi dir… ah, sì bè/ buona pasqua pure a me! Carosone dalla radio cantava anche per noi…).

Il giorno dopo era ancora un giorno di festa, condito di verde spensieratezza. Si andava in campagna per vivere “u pascəcónə” (la Pasquetta) con parenti e amici e lunghe tavolate con altri cibi tradizionali, l’immancabile “vrədéttə” (non credo sia traducibile in italiano, forse “il brodetto”, ed era una sorta di pastina in ragù d’agnello allungato in brodo con dentro carne sfilacciata e uova rapprese e piselli…) e altro buon vino e chiacchiere e risate.

Tu raccontavi...

Poi, giunse il tempo della Pasquetta con gli amici. E tu e nonna restavate a casa perché non era più, per voi due, tempo dei lunghi passi tra l’erba, delle inerpicate sui sassi, delle scampagnate faticose. C’era ormai la stanchezza di giorni lunghi da portare su spalle più curve e su gambe sempre più malferme. (‘na ròutə da rəpàrà u səllénə da səstəmà u manùbriə da addrezzà e u cambanìddə ca dəchiàrə allàrmə còmə a ‘na campàna ròttə e stənàtə… cə nə məttémə tùttə ‘nzìmə jìndə a la màchənə pə fànnə abbəvèscə nàn jèssə jùnə bbùnə…) (una ruota da riparare il sellino da sistemare il manubrio da raddrizzare e il campanello che dichiara allarme come una campana rotta e stonata… se ci mettono tutti insieme nella macchina del restauro di tanti vecchi non ne viene fuori neppure uno sano…).

Si spezzò l’incanto...

Uno di quegli anni, proprio durante la settimana santa, tu eri in chiesa e ad un tratto ti alzasti perché dovevamo andare via, ma ti accasciasti sul banco con un dolore acuto alla schiena e alla gamba. Furono costretti alcuni uomini nerboruti a portarti fino a casa con la sedia su cui ti avevano fatto sedere. Non si riteneva, a quei tempi, di dover chiamare l’ambulanza per situazioni del genere. Tutto si risolveva con la solidarietà di parenti, amici e conoscenti. Ma tu rimanesti a letto a lungo e la nonna ti fece delle iniezioni che il medico ti prescrisse per farti stare meglio. Era probabilmente il nervo sciatico infiammato. La nonna commentò preoccupata e scontenta: “Chə cùrə sòrtə də chìtrə ca stèvə jìndə alla chiésjə stémmə tùttə ‘ndəsàtə, pə ffórzə ca nə avèvəna scəcàttəscià rə rèumatìsmə, pórə jè mə səndèvə tùttə u pìttə chəstəpàtə e d’óssərə chjìnə də dəlórə e rə scənòcchjərə ca nàn zə chjəchèvənə. Fəgùrətə Məngùccə ca sóffrə də l’àrtrósəchə!” (Con quel gelo che stava in chiesa stavamo tutti infreddoliti per forza dovevano risentirsi i reumatismi, pure io sentivo tutto il petto costipato, le ossa piene di dolori e le ginocchia che non si piegavano. Figuriamoci Mincuccio che soffre d’artrosi!”).

Da anni andavi a spogliarti e a rivestirti in quella che noi chiamavamo “la càmərə də rə mənènnə” (la camera delle bambine), cioè quella che avevate pensato dovesse essere la nostra cameretta; in realtà, mai abitata da noi perché era la più interna e umida della casa. Cominciò per te e per nonna Angelina il periodo degli acciacchi dovuti all’età. Tu minimizzavi sorridendo: “Sono i dolori di quando mai”, dicevi. “Oh, ma quando mai questo dolore! Non ricordo di averlo mai avuto prima!”. E quei dolori di quando mai divennero i dolori di sempre.

(ancora dal primo volume de Le piogge e i ciliegi).

E il mio Retino ha catturato su FB una pagina di grande tenerezza e intensa commozione della mia carissima consuocera e vera poetessa Francesca Romana Petrucci. Eccola, per leggerla insieme:

LA MIA PASQUA BAMBINA

Ogg mi piace tenere un po’ sul cuore il mio paese d'origine. Non farà differenza questo periodo di silenzio, per mostrare il suo, quello ricorrente del Venerdì Santo. Quando venivano legate tutte le campane (a Montefalco ce ne sono tante e non so ci siano ancora) e le persone, sembrava, temessero persino di scambiarsi parole, in quelle viuzze selciate e ancora infreddolite dall'inverno non ancora passato. Semideserte, per non rompere l'incanto di quel silenzio, di quella attesa. L'attesa di quella gioia, che sarebbe seguita di lì a poco, nel festeggiare la Pasqua.

Tutto mi appariva gigante, dal mio sguardo di bambina. Anche quel silenzio era grande, insormontabile, sembrava. Invece, conduceva al gran fragore della Resurrezione. Il giorno di Pasqua, durante la celebrazione della messa grande, un gran crocifisso irrompeva in chiesa, di corsa. Il portone della chiesa si spalanca all'improvviso con gran rumore, come uno scoppio, quasi un terremoto. Quando la porta si apriva di colpo e vedevo questo Crocifisso irrompere, quasi giungesse dal centro della terra. Correre lungo la navata centrale, portato a braccia da alcuni uomini, che io non vedevo. Correva, sopra le teste dei fedeli, in piedi, come scivolasse sull'acqua. Per troneggiare, alla fine, al centro dell'altare E tutto ciò accompagnato dall'improvviso frastuono di tutte le campane, finalmente libere di annunciare la festa. Facevano tremare il paese intero.

Un' esplosione che prendeva tutto il nostro essere. Noi bambini, stupefatti, anche un po impauriti da tanta irruente vitalità. Dopo la messa grande, prima del pranzo, un ultimo incontro nella piazza.

Gli adulti si confrontavano nella pratica della "cioccetta".

Ciascuno con le sue uova fresche di giornata, selezionate tra le migliori della posa della mattina pronte per essere confrontate con quelle dello sfidante, battendole con maestria, le une con le altre, a scoprire chi avesse l'uovo dal guscio più duro. Cosa si vincesse, non lo so. Ma forse nulla. Magari per dimostrare chi avesse le galline più sane. Non so dirlo. La Piazza. Quella degli incontri veri, desiderati, sentiti come bisogno del cuore, come serpeggiante fratellanza, che tutto coltiva e tutto contiene.

La mia PASQUA BAMBINA.

Ciò che passa dal cuore, tutto resta. Serenità per tutti

                                                                      Francesca Petrucci

 

E mi piace riportare un poema inserito nella raccolta di poesie Je suis Janette del carissimo giornalista e amico Enzo Quarto:

Shalom - Pax - Salam

Offrimmo all’Altissimo il vitello di Abramo
calpestammo avvinti la terra di Canaan.

Perché non dovremmo essere fratelli?

Più delle parole e dei gesti
vale il seme dei nostri avi
il seme dell’Altissimo
fecondato con Abramo.

È lontana Ur dalla terra di Canaan
ma non è volere della nostra miseria.
il viaggio è necessario
verso le promesse dell’Altissimo
purificate da ogni corruzione.

Abramo ha lasciato le sue cose
ha lasciato casa
ha lasciato le sorgenti dell’Eufrate
ha lasciato l’avere per l’ignoto.

La promessa di Dio è ignota
ma è promessa dell’Altissimo
e la sua parola è il nostro ascolto
che diventa vita.

Per il nostro tempo
e per il tempo dopo di noi
siamo migranti
alla ricerca di una meta promessa.

Migranti ignari,
bisognosi, ma fiduciosi
migranti che bussano
alle porte dei fratelli
migranti che incontrano sguardi
increduli e dubbiosi,
migranti feriti
senza cibo né acqua,
cercatori e sognatori.
Migranti uccisi.

Da Carran alla terra di Canaan
l’anelito ripetuto di pace
risuona nelle ciotole vuote
e negli otri svuotate e flosce.
Da Carran alla terra di Canaan
s’annida la speranza in ogni passo
ed orma dopo orma
la carovana incontra fratelli
altri
e le donne s’apprestano al pane
e i secchi calati nei pozzi
traboccano d’acqua.
Da Carran alla terra di Canaan
il volere di Dio
è il cammino dell’attesa
per tutti
non ci sono certezze.

Il perimetro della casa è senza mattoni
il bisogno resta insoddisfatto
gli imprevisti sono in agguato
ma è il volere di Dio.

Abramo ha creduto all’Altissimo
nonostante le paure.
La paura di distaccarci dalle cose
la paura di avere meno di altri
la paura di non essere ascoltati
la paura dell’ignoto
la paura della morte.

Non c’è vita nella paura della morte
non c’è gioia senza la promessa dell’Altissimo
e nemmeno speranza senza il cammino
da Carran alla terra di Canaan

La serenità della morte
è il dolore per ciò che abbiamo lasciato
la gioia per ciò che possiamo trovare.
È il nostro cammino condiviso
la nostra pace
pregustare le promesse dell’Altissimo.

Finché ho un nemico
non avrò pace
non potrò godere la pace
vivere la pace
condividere la pace
educare alla pace,
la mia stirpe e la mia discendenza
non saranno in pace.

La pace è scritta nella parola
fratello
e nella valle di Giosafat
si ergerà forte la voce degli angeli:
Chi sono i tuoi fratelli?
Cosa hai fatto per loro?
E con loro?

Verrò tra le tue possenti braccia
Padre Misericordioso
a chiederti perdono dei miei peccati infami,
perché ho cercato giustizia
ma l’ho negata ai miei fratelli.
Poggerò il capo sulle tue ginocchia
e attenderò che
la tua materna mano
cancelli il mio passato.
Non mi avvicinerò a te con brama
ma con pazienza aspetterò
il tuo richiamo.
La stessa pazienza con cui hai atteso
il mio pentimento.

Non c’è giustizia
senza la tua infinita Misericordia.
Ma non c’è pace senza giustizia.


Dove è amore e sapienza,
ivi non è timore né ignoranza.
Dove è pazienza e umiltà,
ivi non è ira né turbamento.
Dove è povertà con letizia,
ivi non è cupidigia né avarizia.
Dove è quiete e meditazione,
ivi non è né preoccupazione né dissipazione.
Dove è il timore del Signore a custodire la casa.
ivi il nemico non può trovare via d’entrata.
Dove è misericordia e discrezione,
ivi non è né superbia né durezza.
San Francesco d’Assisi


E solo allora tutt’intorno
sbocceranno tulipani di rubino,
margherite di smeraldo,
magnolie di brillanti,
su di un prato di zaffiri.
E lo zampillio dell’acqua sorgiva
cadenzerà il canto di usignoli.
E arpe angeliche risveglieranno
per sempre
ogni buon dormiente.

Shalom Pax Salam Shalom Pax Salam Shalom Pax Salam
Shalom Pax Salam Shalom Pax Salam Shalom Pax Salam
Shalom Pax Salam Shalom Pax Salam Shalom Pax Salam



E, infine, per augurarvi una serena e Santa Pasqua ecco una mia poesia che parla dell’infinito amore di Cristo per tutti…

Maria di Màgdala

Donna di acqua e di grano maturo
specchio d’anima accesa/offesa
nel lago di Tiberiade sua dimora.
Donna di vento e di sole
e di lacrime di perla amara
a spegnere in seno i sette demoni
che il corpo nutrirono di paura
fino all’incontro agognato
con gli occhi di luce a
illuminare
di perdono la veste scura
come la notte del cuore.
Sciolse d’ambrosia
i suoi lunghi capelli
alla povertà di piedi nudi
che sapevano di rovi ardenti
sui pietrosi sentieri di preghiera.
L’accolsero braccia d’Amore
e il Figlio/Padre ebbe
un intreccio di stelle a indicarle la via
tanto amato e sofferto aveva
nei giorni del silenzio e del canto.
“Apostola degli apostoli”
la chiamarono perché al pianto
di Maria, cuore trafitto
da sette spade,
ebbe mani di tenerezza ad accogliere
il suo dolore infinito di Madre…

Angela De Leo