domenica 28 aprile 2019

28 aprile 2019: tempo di Memoria/memorie.


Solo tre giorni fa abbiamo festeggiato in tanti in Italia il 25 aprile: giorno della Liberazione dalla dittatura nazi-fascista e della nascita della nostra Democrazia. Grazie alla lotta partigiana e al sacrificio di tanti nostri giovani per restituire dignità, libertà e pace al nostro tormentato Paese. Come non parlare di Memoria?
Eppure, quanti hanno dimenticato la nostra Storia. Quanti continuano a strumentalizzarla per fini politici e di propaganda elettorale? Quanti ne parlano con indifferenza anche al cospetto di rigurgiti razzisti e di giovani che inneggiano al fascismo e si fanno tatuare svastiche sul corpo, ignorando di imprimere sulla propria pelle un marchio d’infamia?
Ieri sera, in un insolito momento di relax, facendo zapping tra i canali televisivi, mi sono fermata, su Rai 3, ad ascoltare le storie, che nascono da alcune parole messe a fuoco da Massimo Gramellini nel suo “spazio” preserale del sabato. Ebbene, il bravo conduttore ha intervistato una ex partigiana di 94 anni, la cui memoria e la cui lucidità mentale mi sono sembrate davvero un prodigio. Elegante, sobria, attenta, ha ricordato i tempi bui della Resistenza vissuta con passione e fierezza, oltre che con coraggio inaudito. Una narrazione pacata e fremente insieme. Ricordi indelebili nella sua mente e nel suo cuore. Con un unico rammarico: aver rischiato la vita e aver patito la fame e ogni sorta di angherie e tribolazioni per una Italia, quella attuale, che ha perso la memoria e il senso vero della libertà. Una Italia “appiattita” nella corsa esclusiva ai piaceri materiali e “dimentica di un solo atto di coraggio” per essere VIVA. Tutto vero e condivisibile. Ammirevole e ammirabile, questa Signora con tante rughe sul volto fi luminosa fierezza e dalla tempra eccezionale, ancora “tumultuosa”, che tutti dovremmo conoscere e imitare. Per non dimenticare. Per imparare a vibrare di autentiche passioni valoriali più che di fremiti incontrollati di visibilità e notorietà a buon mercato.
La memoria. Quanto importante che sia vera e non inficiata da una soggettività che ci restituisce quello che è apparso o è stato percepito a discapito di quanto sia realmente accaduto. Non esiste, a mio parere, la Memoria collettiva; ci sono invece tanti frantumi di memorie soggettive, che di volta in volta mutano, in riferimento alla condizione psicologica del momento, alla situazione storica, alla contingenza esperienziale, alla maturità raggiunta, ai condizionamenti mai del tutto superati. Occorre allora fare dei distinguo. Altro è la memoria documentata da foto, immagini, eventi storici conclamati, registrazioni di discorsi, libri e saggi critici di sociologia e storia, e l’insieme di parole, suoni, canti popolari, che hanno connotato un periodo storico-culturale ben preciso; altro è quanto è affidato esclusivamente alla nostra sensibilità emotiva. O abbiamo conservarlo vivo nel cuore. Come tutto quello che è difficile dimenticare. Solo i documenti inconfutabili possono aiutarci a ricordare, possibilmente in maniera oggettiva, quello che inevitabilmente viene filtrato dalla nostra memoria soggettiva. Nessuno può, quindi, dire: ho, come te, buona memoria. Perché quest’ultima difficilmente viene conservata, percepita e vissuta allo stesso modo.
“ma…
improvvisamente la luce di un ricordo accende il buio e si moltiplica all’infinito. Guizzo di fari accesi nell’imprendibile imperdibile (in)consistenza della memoria.
                                               La memoria
È una camera oscura attraversata da lampi di ricordi che illuminano i ritratti ovali con tetre o dorate cornici di legno massiccio nella galleria di musei installati in antichi palazzi, che credevamo distrutti dall’usura del tempo e che tornano a vivere nel restauro di nuovi giorni, al tentato recupero di ciò che è stato e mai più sarà. Volti del passato ritornano con un richiamo di voci, tra quieta sonnolenza di stagioni o improvvisi tumulti del cuore, a riportarci paesi attraversati, impolverati di dimenticanza, case un tempo abitate, vie percorse tra odori sensazioni richiami suoni musiche emozioni. In un mosaico sbrindellato e mai perfettamente combaciante con la realtà che chiamiamo passato storia vita.
Esistenza nostra e degli altri. Di quelli che passarono e          apparentemente non lasciarono traccia

Non esistono al mondo uomini non interessanti. 
I loro destini sono come le storie dei pianeti.
Ognuno ha la sua particolarità, non ha un pianeta che gli sia simile. (…)
Ognuno ha il suo segreto mondo personale.
In quel mondo c’è un attimo felice.
C’è in quel mondo l’ora più orribile,
ma tutto ci resta sconosciuto.
Quando un uomo muore,
muore con lui la sua prima neve,
e il primo bacio e la prima battaglia…
Tutto questo egli porta con sé.
(…)
Certo, molto è destinato a restare,
eppur sempre qualcosa se ne va.
È la legge di un gioco spietato.
Non sono uomini che muoiono, ma mondi.
(…)
Gli uomini se ne vanno….
e non tornano più
Non risorgono i loro mondi segreti.
E ogni volta vorrei gridare ancora
contro questo irrevocabile destino.
(E. A. Evtushenko, stralci da “Uomini”)
Per risorgere bisogna rimanere vivi nella memoria di chi ci ha amato, ci ama. Ma è prima necessario che chi ci ricorda rimanga egli stesso vivo. Nella consapevolezza di sé e del proprio passato. (…)
Ma, per riconoscerci, è necessario scoprirsi, accendere i fari sui ritrovati ricordi perché si facciano memoria di noi e degli altri, individuale e universale, in un andare a ritroso in quella galleria personale, dove spazio e tempo si azzerano per sconfinare in un “luogo” che ci spaurisce perché cela il mistero di noi e lo attualizza con spietata crudeltà. I fari illuminano quanto avevamo a fatica dimenticato, quanto ci eravamo illusi di azzerare, quanto ci era sembrato giusto soffocare nelle spire della “camera oscura”, dove si aggirano le nostre ombre. Quelle del passato e quelle del presente, in una confusa sarabanda di tempi luoghi azioni situazioni.
E oggi sono convinta che si può scrivere con autenticità solo delle esperienze vissute in prima persona. Ed essere credibili. Altrimenti è solo una costruzione logica o fantastica, ma priva di verità. Ed è quest’ultima che rende universale la nostra storia privata. Soprattutto quando fa male perché ognuno può ritrovare sé stesso in quella ferita. In quel pianto. Che è tanto più vero quanto più ci appartiene e appartiene alla gente che si dibatte in mille contraddizioni e si riconosce nelle qualità e nei limiti, nelle conquiste e negli errori, nell’ideale di quello che vorrebbe essere, e nel reale di ciò che è. E i ricordi servono anche a questo. A darci la nostra giusta dimensione nel tempo e nello spazio. Innanzi tutto individuale.
                    Nella nostra anima che non conosce confini
È bene, allora, farci illuminare e riscaldare dalla tenerezza dei buoni ricordi, se vogliamo rinascere e non solo sopravvivere a noi stessi:
                                             volti… voci… richiami…
per mettere in fuga la pioggia che batte con piede cattivo sui nostri pensieri e fare spazio all’arcobaleno che ogni scrosciare d’acque porta con sé.
                 E ogni notte si fa Alba Mattino Tramonto Sera
Poi, si ricomincia. In una scia di luci-ombre-luci… senza fine…”.
(da Le piogge e i ciliegi, SECOP Edizioni, Corato-Bari, II volume di prossima pubblicazione).

mercoledì 24 aprile 2019

"LE PIOGGE E I CILIEGI" di Angela De Leo (SECOP Edizioni, 2018)







"Il sillabario dei valori perduti" di Valentino Losito 
“Non c’è nave che possa come un libro/portarci nelle terre più lontane/”: questi verso di Emily Dickinson mi sono subito risuonati come una irresistibile chiamata per “imbarcarmi” sul libro di Angela De Leo Le piogge e i ciliegi, perché sono pagine capaci di portarci nelle terre del ricordo, così lontane eppure così vicine e presenti nei nostri cuori.
Credo che il più bell’elogio che si possa fare a questo romanzo è dire che è un libro provinciale, nella straordinaria accezione letteraria che a questo aggettivo ha dato Amos Oz, il grande scrittore israeliano recentemente scomparso.
“Ogni romanzo e ogni racconto - scrive Amos Oz -  non è ambientato nel mondo, né in una nazione, né in una città, ma sempre in un quartiere, in un sobborgo, in una strada, nel mondo che si estende dalla farmacia all’angolo della via e il negozio di alimentari all’altro capo della strada. Questo è un piccolo mondo locale e, più locale e provinciale è questo mondo, migliori sono le possibilità che la sua portata diventi universale, perché se noi scaviamo abbastanza in profondità, scopriamo che tutti i nostri segreti sono gli stessi”.
È così anche per il libro di Angela, che contiene pagine con salde radici nella vita di un paese del Sud, dell’eterna e umanissima provincia italiana. Un meraviglioso scrigno dove ognuno può pescare a piene mani e ogni volta ne viene su un piccolo gioiello. Un libro generativo che ci prende per mano e ci si spinge a tornare anche noi dalle parti del cuore, cioè nell’ufficio dei ricordi smarriti.
Ma il libro è generativo anche in un altro senso, cioè i ricordi diventano una straordinaria occasione anche per percorrere le vie dell’oggi.
Viviamo tempi inquieti, in cui sembriamo aver perso alcuni valori fondanti del nostro vivere come persone e come società. Avvertiamo una profonda solitudine proprio in quel villaggio globale che doveva connettere mettere insieme tutto. Oggi sono connessi i nostri pc, ma spesso sono sconnessi i nostri cuori.
Il libro di Angela, attraverso la figura centrale di nonno Minguccio, è in realtà un sillabario di parole e virtù perdute che oggi dobbiamo assolutamente recuperare per scrivere una nuova grammatica dell’umano nel tempo della rivoluzione elettronica. Perché - come scrive Angela - i giovani conoscano la storia non dai libri ma da chi ha lasciato orme di sogni e di dolore.
La prima parola-valore chiave di questo sillabario è “pazienza”, intesa come la virtù di un mondo contadino che sapeva custodire, seminare, coltivare, aspettare. Non come sopportazione di un irreversibile destino, ma come custodia creativa del tempo. Sembra di rileggere un passo della lettera di San Paolo ai Romani “… e noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza…”.
La seconda parola è “pane”: Angela ricorda come le lunghe sere d’inverno si accendevano delle parole del nonno, con i suoi racconti fantastici, gli aneddoti, i ricordi di guerra e le filastrocche in dialetto. Quella voce ferma, che i ragazzi ascoltavano trasognati, erano l’altro “pane quotidiano”.  Oggi abbiamo il pane, a volte lo buttiamo, ma ci manca il pane della parola, dei volti, delle relazioni. Quel pane della parola che nonno Minguccio sapeva spezzare con i suoi nipoti così come spezzava il poco pane che arrivava sulla tavola di famiglia.
La terza parola è “poesia”: solo un animo come quello dell’autrice poteva vedere brillare la poesia nei minuscoli chiodini che il vecchio calzolaio, con sagacia, a colpi di martelletto e pazienza conficcava nella suola delle scarpe della buona gente. Anche i poveri, con le scarpe risuolate potevano sognare di camminare sulle stelle.
Infine la “pioggia”. E qui ci viene incontro Kahlil Gibran quando ci ricorda che “il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà. Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia”.
Questo libro ci aiuta a danzare sotto la pioggia.

Grazie, Valentino, amico mio carissimo e grande giornalista (scrittore e poeta) per queste tue focalizzazioni, molto originali e interessanti, colte tra le righe del mio fluviale romanzo, incompleto eppure già in sé conchiuso.
Nel tuo “sillabario dei valori perduti” non sarà facile dimenticare alcune parole che, con pazienza certosina e grande amore per la verità, hai scoperto. Iniziano, guarda caso, proprio con la “P” di: pazienza, pane, poesia, pioggia. E ciascuna ha un significato profondo ed esteso, che la tua “sapientia cordis” ha saputo cercare, rovistando tra i miei sentimenti, tra i tuoi ricordi personali e tra pagine di dotte e “sacre” letture, che ti hanno accompagnato nel tempo, per ritrovare il senso di una spiritualità amorosa e amorevole, oggi completamente dimenticata. Da recuperare. Con urgenza. Se vogliamo riumanizzare questa nostra società alla deriva.
Meglio salpare con ardito e appassionato andare verso tutti gli orizzonti possibili che ci indica e ci dona POESIA.  
                                                                 Angela De Leo

giovedì 18 aprile 2019

Bitetto, 13 marzo 2019: la dettagliata, empatica, catturante presentazione di Dina Ferorelli de "Le piogge e i ciliegi"


Camminando sotto la pioggia per assistere alla primavera dei ciliegi
Quando il sole si nasconde al nostro sguardo e la pioggia cade insistente, la giornata appare un po’ più triste e malinconica. Poi lo splendore della luce a ridare gioiosità e nuovo impulso alla vita! Abbiamo atteso la luce e il tempo mite per immergerci nella primavera dei ciliegi e nella lettura dei testi di Angela De Leo, fine scrittrice e poeta e tant’altro ancora, un percorso di pioggia e rosse ciliegie a nutrirci di emozioni.
In cammino questa sera per farci riscaldare e allietare da un luminoso sole, il sole che solo l’amore può far splendere, l’amore per una persona cara, un nonno fantastico che possiamo conoscere attraverso le parole e gli scritti di Angela, che ringrazio di essere qui stasera con questo suo dono d’amore!
Sono dell’idea che i buoni libri, le conversazioni, gli incontri… sono necessari per nutrire l’anima; non è sufficiente curare il corpo, abbiamo anche questa priorità.
I nostri libri e le nostre penne, la buona musica, la bellezza, le arti tutte sono le armi più potenti per allietare il mondo, non con l’ardire di cambiarlo… magari fosse possibile!... ma con la speranza di renderlo, migliore, più accogliente.
Questa sera avremo l’opportunità di conoscere Angela De Leo e la sua scrittura, la sua poesia.

*Vi dico prima di tutto chi è Angela per me.
La conosco dai tempi della prima giovinezza, ma all’epoca capitava di incontrarla in alcuni eventi con i poeti de La Vallisa. Lei che, con il marito Primo Leone, faceva parte della redazione della rivista <La Vallisa>.
Io leggevo di quegli incontri sulle pagine della <Gazzetta del Mezzogiorno> e ne ero affascinata; quando potevo partecipavo, mi confrontavo, mi sentivo parte integrante; il gruppo “La Vallisa” cominciò ad essere la mia famiglia, come lo è adesso la SECOP.
È importante il senso di appartenenza!
Un tassello fondamentale della nostra amicizia: una magica Notte della Poesia a Bari, presso il palazzo della PROVINCIA, anno 2010, perché la notte della Poesia è nata lì, eravamo in tanti sulla scalinata a declamare poesie, quando l’avvicinai e le chiesi di leggere i versi che andavo raccogliendo in quel periodo e di scrivere la prefazione alla mia successiva raccolta poetica.
Passarono almeno due anni da quella data, quando le consegnai il manoscritto e altri ancora poi, finché il mio libro prese vita e venne poi pubblicato con la sua prefazione, si trattava di Mattino di girasoli (edito da casa SECOP nel 2015).
Intanto, Angela scriveva e si affermava sempre più come poetessa, scrittrice, saggista, come critico letterario e ora anche come esperta di social: ha un suo blog che cura con tanta attenzione, con riflessioni, saggi, sempre in dialogo con la cultura, in dialogo con poeti e artisti contemporanei, non solo italiani. È davvero interessante, una punta di diamante nel panorama culturale del Mediterraneo e del mondo intero.
Voglio ricordare che ha ricevuto anche un prestigioso premio in Serbia, di cui dopo Angela ci potrà parlare.
Conservo quasi tutti i suoi libri. I primissimi no.
Ma una circostanza fortuita mi ha permesso di venire in possesso forse del suo primo libro “Ancora un fiore”, chiedo a lei che mi conferma, pescato presso una bancarella… sapete alle feste di paese, dove arrivavano venditori ambulanti di libri usati ed io mi avvicinavo e mi avvicino per curiosare, come i bambini tra i loro gioielli! E in un angolino notai un libriccino, con una dedica e lo presi al volo.
Non avrei mai immaginato che avrei potuto parlarne oggi.
Gli scrittori, in particolare i poeti sono… cercatori di parole, di idee di affetti, di emozioni, cesellatori di pietre preziose, per questo ci stanno a cuore tutti coloro che sono in cammino con noi, in questo viaggio particolare che è la vita!
Mi viene in mente uno dei più grandi poeti del Novecento, Giorgio Caproni, il quale sostiene che “Il poeta, è un minatore. È poeta colui che riesce a calarsi più a fondo in quelle che il grande Machado definiva las secretas galerìas del alma, e lì attingere quei nodi di luce che, sotto gli strati superficiali diversissimi da individuo a individuo, sono comuni a tutti anche se non tutti ne hanno conoscenza”.
Con la scrittura, da fatti autobiografici, si scava in sé stessi: ma si va proprio in giù, come un minatore, e si può trovare una zona dell’io che è di tutti, che è in tutti, “di tutta intera la tribù” ( G. Caproni), come hanno dimostrato ampiamente gli scritti e le riflessioni di Angela de Leo.


*Chi è la scrittrice e poetessa Angela de Leo?
Angela, donna eclettica, dai mille volti e dalle mille imprese, col suo sorriso disarmante, è amica, faro, poetologa come ama definirsi nel suo blog …
Donna moglie madre figlia bambina nonna, sorella solidale, docente, ha insegnato italiano nella Scuola Secondaria di Primo grado e per diversi anni è stata anche formatrice per i Concorsi di reclutamento nelle scuole di ogni ordine e grado. E persino per dirigenti scolastici.
Oggi scrittrice, poetessa, critico letterario, responsabile della collana i Girasoli della Secop e tanto altro ancora.
È, infatti, protagonista della scena letteraria non solo locale, ma anche nazionale e internazionale, con pubblicazioni e iniziative di grande risonanza.
Dall’82 fino al 2015 è stata redattrice de «La Vallisa»; dal 2004 a tutt’oggi è direttrice delle collane di poesia e narrativa della Casa editrice SECOP Edizioni di Corato.
Ha scritto circa 20 sillogi di poesie in lingua italiana, serba e rumena, oltre un libro di racconti Trattenendo il respiro, e un romanzo La via delle vedove, saggi e monografie di critica letteraria, recensioni e prefazioni fino a questo secondo romanzo “La pioggia ed i ciliegi”, in due volumi. Il secondo di prossima pubblicazione.
Nuovi progetti editoriali, dunque, già in cantiere! Ce ne parlerà personalmente.
Della sua opera hanno scritto numerosi critici su riviste letterarie e quotidiani, anche in tv e radio. Sue opere e poesie sono state tradotte in serbo, albanese, rumeno, spagnolo, greco e inglese.
Il
 suo romanzo La via delle vedove, pubblicato dalla Casa editrice Secop, (2013), è stato presentato in diversi circuiti culturali in molte città italiane con riscontri assolutamente positivi.
È stata premiata nel 2015 a Belgrado per la sua opera di diffusione della lingua serba in Italia e per il suo libro L'ora dell'ombra e della riva, pubblicato dalla Secop Edizioni (2015), un testo che si presenta come uno “scrigno di canti e nenie, sogni e ricordi, dolci malinconie e amari sorrisi”.
Ricordo con vivo piacere la partecipazione alla presentazione del libro "Per oro e per sempre", della collana "Paralleli poetici", Secop edizioni, nata dall’idea di Peppino e Raffaella di mettere in parallelo i versi di due poeti. Il primo libro comprende i componimenti di Angela De Leo e di Primo Leone, marito, poeta, uomo di scuola e di arte, scomparso da alcuni anni. Una poesia che cerca di vincere "l'agguato dell'addio", poesia preziosa come l’oro: "Dorata come il tuo addio la nostra Poesia".
Una delle sue ultime fatiche letterarie è il romanzo autobiografico Le piogge e i ciliegi con il libro delle FIABE di nonno Mincuccio.
Cominciando a scorrere le pagine del libro ci si rende subito conto che l’opera Le piogge e i ciliegi non è un romanzo o un testo di poesie, non è neppure un diario ma una personale creazione dell’autrice!
Un libro così non poteva che essere presentato in una giornata soleggiata perché lo si può apprezzare ancora di più, con la luce che si porta dentro e che riesce a diffondere.
In questo viaggio tra ricami di parole, figure di donne, affetti coinvolgenti a ritroso nel tempo e non solo, saremo condotti da Anna Gramegna e Valentino Losito, mentre le letture saranno affidate alla prof.ssa Mariangela Donati e all’attore Donato Bottalico. Sono veramente felice di averli qui con noi.

*La pioggia e i ciliegi (I volume: Le piogge) di Angela De Leo, SECOP Edizioni, 2018
“Non dormo. Soffro d’insonnia. Ricordo che da bambina contavo i battiti del cuore nel buio che mi faceva paura…”, questo l’esordio.
La pioggia m’intenerisce e mi rallegra… Mi piace la pioggia. Mi fa sentire meno sola. Accompagna la mia nostalgia. Nella pioggia io ero… sono … rinasco”, continua l’autrice perché la pioggia era sempre condivisa da Angela con il suo amatissimo padre /nonno che vegliava sulle sue lunghe notti di silenzio, di paura e di stupore. 
Il profumo e il rumore della pioggia mi portano alla mente il mare che amo tantissimo e mi ricollegano ad una citazione fatta da Italo Calvino sulla scrittura e la poesia in particolare: “La poesia consiste nel fare entrare il mare in un bicchiere”. Lo associo al percorso seguito da Angela, nel suo romanzo - non romanzo, esperienza di vita, esplosione di carezze e di amore. Percorso tumultuoso di acqua pura che dalla sorgente corre verso il mare. Storia individuale ed universale.
Procedendo nella lettura dell’opera si scopre che la pioggia non è fatta solo di gocce d'acqua che ci bagnano, ma può diventare ricamo di emozioni sul cuore, poesia di sguardi e parole, canto della terra del Sud.
Prende forma nel testo un dialogo a distanza, tra lei ora ciliegia matura che a noi si dona e il nonno che quell’albero ha coltivato con tanta pazienza, nonno/padre e maestro di vita, presenza insostituibile, tenerezza inconfondibile, fermezza indiscutibile, vigile sentinella.
Furono le sue mani ad accoglierla nel primo volo sulla terra, ricorda l’autrice.  “Ti ho conosciuto prima che le voci d’erba dei miei pensieri si confondessero con le voci d’ombra della sera sulla nostra casa… le tue interminabili favole avevano il sapore breve della rosa appena colta,…”. 
All’arrivo della primavera si svolgeva il festoso rituale della raccolta delle ciliegie e per le strade si percepiva la gioia della rinascita: “Questo è il tempo delle ciliegie, / le ciliegie si vanno a cogliere, / si vanno a cogliere ad una ad una, / questo è il tempo del primo amor…”. 
“Le ciliegie, sottolinea Angela, erano per me quasi labbra baciate di donna innamorata e amata”.
Si snoda nel testo un intreccio tra la vita familiare, Angela, nonno, nonna, sorelle, madre, padre e le tante figure che si muovono nel contesto più allargato, amici, gli uomini e le donne del vicinato, le festività religiose, fatti e vicende di un tempo che parte dalla Seconda Guerra Mondiale, fino al boom economico, a giungere ai nostri giorni.
Si riconoscono i luoghi principali: la casa in via Maggiore a Bitonto, angolo via De Rossi, città cara ad Angela De Leo, il palazzotto del gelso e delle rose e le terre di Domenico Noviello.
Ci catturano quindi le tante vicende, le immagini di uno spaccato storico contadino tutto da riscoprire, il lavoro nei campi, i riti della raccolta, le tradizioni da far conoscere, un riappropriarsi di un tempo passato che rimane fondamento e nutrimento della realtà, del nostro vivere quotidiano, le nostre radici da non dimenticare.
La figura del nonno, il nonno della pioggia, emerge in tutta la sua straordinaria complessità e grandezza, maestro ed educatore! Nonostante non avesse studiato e non sapesse neppure scrivere, ha saputo regalarle il senso più vero della vita, ha saputo starle al fianco, coltivare la sua anima come faceva con le piante, con i ciliegi.
Angela non ci risparmia aneddoti, versi, giochi, filastrocche, canzoni che fanno parte del nostro patrimonio culturale e sociale, e che ci fanno scoprire la dimensione ludica della sua anima.
Il romanzo di Angela De Leo, oltre che per l’originalità della struttura narrativa e per l’abilità di scrutare a fondo nella psiche umana, s’impone anche per la densità di uno stile fortemente elaborato e carico di accenti lirici.
Come non lasciarsi catturare dalla grande liricità della scrittura, una prosa poetica che incanta, ricca di metafore, versi molto coinvolgenti e squarci poetici illuminanti.
Il testo si offre anche ad una lettura ampiamente sociologica e si sofferma ad analizzare i personaggi; attorno alla storia di Angela bambina e del suo Angelo custode, si riannodano tutte le storie di altri uomini e donne che lottano per sopravvivere, in cerca di affetti e spazi di libertà.

“Sabellina mi è rimasta nel cuore come tutte le donne della mia prima infanzia. Le ricordo, quasi tutte, molto pratiche e molto sole… tutte irrimediabilmente vecchissime”.
Un libro dalle tante sfaccettature che affascina ed emoziona.

Angela ripercorre la vita del nostro Sud, la storia di tutti noi, sottolinea l’inesorabile fluire del tempo, la precarietà della condizione umana e ci dona un’opera di grande bellezza!
Un’opera, icona della nostra vita, con una sua identità etica ben definita che contribuisce a dipingere l'anima pulsante del nostro territorio meridionale, con cui il mondo culturale e letterario contemporaneo deve confrontarsi e entrare in dialogo.
Un’opera per le nuove generazioni, perché senza radici nessun ciliegio cresce, nessun vivente può trovare l’energia del volo!
Sei nella pienezza del volo Angela, flusso vitale, albatro dell’infinito.
Con affetto e gioiosa stima
                                                                                     Dina Ferorelli

venerdì 12 aprile 2019

Primavera nell'aria: canti e incanti


SEI DI PRIMAVERA IL CANTO

Incanto di giovani sogni
nella sfida di alambicchi
quotidiani
insonnoliti di piccole ore
che trattieni tra le dita
nei sorrisi mattutini
di treni recalcitranti
che l'alba rende vicini.
Sei l'abbraccio notturno
che di tenerezza riempie
il silenzio delle stelle
e il saluto breve che ci separa
quando di solitudine chiacchiera
con me la casa e si prepara
ad ascoltare la danza nel cuore
della tua voce che ritorna
a placare la segreta ansia
dell'attesa.
Tu non lo sai ma conto
dai germogli del giardino
i tuoi passi che d'azzurro
si colmeranno
ad ogni bacio e sussurro
d'amore
che assaporerai tra i ciliegi in fiore...
(e saranno ogni anno
               inno alla tua gioia)
                 (per Anna Paola e i suoi vent’anni)

L’ANTICO ABBRACCIO

Era l’abbraccio antico
quello che sognai dimentica
Dimenticai ferite
e rimpianti nel cavo
delle braccia e tepore di nido
Sentii una lama nel ventre
attraversare il desiderio
che non muore ma è già fuga
e si fa pena e si fa ruga
Silenzio di pietre e rose
ai tronchi intrecciati di rovi
dove non si fermò neppure
una lacrima a dissetare il giorno
Il grembo
rinsecchito di culle dimenticate
E tacquero le parole
che non sapemmo dire
a discapito di un sogno
che mai giunse a dilatare il cielo
inutile da riattraversare
Non ci sono più assalti di treni
alle stazioni del nostro pentimento
e le mani hanno perso la strada
che sapeva l'attesa
l'incontro il trasalimento
Il sole negli occhi
soffocati di nostalgia
Ma rinascono fiori su rami solitari
a raccontarsi la sera
(in questo quasi inizio di primavera)

3)     A PRIMAVERA IL VENTO

È ritorno di rondini
questo ricamo di vento leggero
che imbriglia tra alberi
ingemmati la mia fantasia.
E canta canti di spose
e innalza dai rami di mandorlo
in fiore una danza di petali
a scompigliare tra svolazzi di nuvole
tutto l’azzurro di un cielo
che ride a nuovi sogni di nidi
sotto grondaie accese di bisbigli.
S’allarga il giorno ad abbracciare il sole
di un tempo ballerino e menzognero
che il vento allontana all’orizzonte
di ogni altro ieri.
E aprile rinasce.
Il ramarro guadagna la siepe
e con camiciole di bimbe
nuove pratoline
inteneriscono i prati
di bianco e di giallo in gara
con il rosso dei papaveri a far vibrare
tra onde di verdi steli labbra
d’allegria
(e rinnovata bellezza…
               forse una speranza…)

     UNA FOGLIA BAMBINA

Una foglia bambina
verde di smeraldina luce
inizia il suo viaggio
sul ramo addormentato
verso il cielo delle nuvole
mentre sogna il sole.
Va incerta e titubante
tra soffici veli di rosata alba
che giocano a nascondere/
disvelare mondi lontani
di stelle e pianeti.
E il cuore pulsante della terra,
dove crescono alberi e radici,
dove germogliano fiori
s'innamora del suo andare
con ali di sogno e un approdo lontano.
Poi un colpo di vento...
il viaggio... l'avventura... l'incognita...
la nebbia... il perdersi e ritrovarsi...
In un attimo lungo una vita
la foglia,
perduta innocenza tra l’erba e le stelle,
arde di vulcani si sazia di mare
si finge granello di sabbia
racconta l’Universo!

                       IL SOGNO DI DIO

da sconfinati spazi
stelle palpitanti di vita
mi parlano
di lune d’oro e d’argento
Raccontano
delle infinite sere
addormentate
e di aurore boreali da sognare
con gli occhi dei bambini
al primo risveglio.
Teneri domani
disegnano
cieli di luce che di veli
ammantano ogni futuro:
piantano radici e cantano
tra uno stormire di fronde
e tenera erba dei prati.
Si schiude alla speranza il cuore
con il primo germoglio sul ramo
a primavera.
Sta chiacchierando di Creature e Creato
con Dio che ride del suo sogno
       mai ad alcuno rivelato…)
Ultime poesie inedite per invogliare la primavera a regalarci il suo solare sorriso…