venerdì 30 settembre 2022

Venerdì 30 settembre 2022: una serata magica da ricordare...

 Dopo una notte insonne, trascorsa a riportare alla memoria, attimo per attimo, parole, emozioni, commozione, lacrime trattenute e vibrazioni del cuore, sono qui a riprendere il viaggio tra le parole, la musica, il canto, che hanno reso magica la serata di ieri a Palo del Colle, nella splendida cornice della Fondazione Vittorio Bari, con una padrona di casa, Mariateresa Bari, d’azzurromare vestita, che mi ha condotto tra i miei fondali di corallo, prendendomi per mano perché non una sola goccia delle mie oceaniche parole si perdesse tra gli scogli appuntiti di ogni mai spento dolore, affiorante appena, ma tanto basta per evitarlo. Queste le sue tenerissime parole per dare un volto chiaro alla mia scrittura con notevoli incursioni personali nell’apprezzabilissimo scandaglio dei vari modi di “essere poeti”.

La parola di Angela sgorga come fiume in piena. E travolge, avvolge, svolge i sogni.

Non è la scrittura, per il poeta, un bisogno primario? Come respirare?

Respirare è resistere. Verbo che ha un etimo affascinante: dal latino, è composto di re indietro e sistere fermare. Fermare respingendo una spinta contraria. Dunque non cedere ad una forza che ci trascina tutti, in una direzione. Una forza che ha il potere oscuro di renderci ciechi e sordi.

Ma respirare è anche spirare a se stessi per osare un Oltre nella caducità dell’esistere.

Angela è una di quelle rare creature che sfugge alle insidie del finito e scrive l’infinito, sfidando la notte, sulle ali del tempo.

Stasera andremo a spasso tra i versi, paesaggi suggestivi e atmosfere sognanti create dalla sua penna. Sarà un viaggio nell’universo della scrittrice, tra galassie stellate di cuore e fondali popolati da parole. E non saremo soli…”

Poi, prima che Mariateresa passi, in maniera eccellente a dare la parola al “controcanto” di Mario Sicolo, ci avvolge il canto celestiale e imperituro di Vittorio Bari, l’Ala “di ineffabile spiritualità, sfuggente all’umana comprensione” (parole di Mariateresa), che dal Cielo scende tra noi per farci provare il brivido di soavi corde celestiali che legano il nostro umano sentire.

Ed ecco Mario, meraviglioso compagno di viaggio tra i marosi di tutti gli oceani attraversati, quasi sempre insieme, sintonia perfetta di “amorosi sensi” filiali e materni, ci avvolge nel turbine fragoroso del suo vento che spazza nuvole e dubbi sulla importanza di saper costruire con sentimento le parole altrimenti non avrebbero senso di “sacralità” e non avrebbero significato di un “altrove” che ci appartiene e ci rapisce in una “natura incontaminata e felice”, dove è più facile respirare l’azzurro di tutti i cieli, i mari, gli oceani che ci abitano e che noi abitiamo.

Un commento critico come solo Mario può per una sua peculiare capacità di lettura classica di ogni verbo che, attraverso la parola, si fa carne (come già in Paul Valery), ma anche per la lunga dimestichezza a trafficare/navigare nelle mie “gocce di parole”.

Ignoro volutamente la sua apologia, di rara bellezza e sapidità etimologica, alla mia scrittura, apologia che ha avuto inizio con “Exegi monumentum”, per riportarmi a più realistiche connotazioni della mia prosa poetica tra canto, in-canto, squarci di luce a illuminare ogni possibile buio, sempre in agguato, e la risorsa continuamente afferrata con mani d’amore per non naufragare, facendo tesoro sempre delle mie fragilità con passi di corallo e cuore di poesia...

Mario, non ti ringrazierò mai abbastanza per l’infinito che ti porti dentro e che riesci a donare ad ogni parola che incontra il tuo cuore, anche se hai sorvolato elegantemente sui vari libri, di cui avresti dovuto parlare pur confessandomi, con il candore che ci vede agguerriti sodali contro ogni ovvietà, di aver cercato tra i tuoi miliardi di volumi e di non essere riuscito a trovare neppure uno di Angela e Leo, che per tua e mia fortuna chiami Lina. A te un abbraccio immenso e la mia immensa gratitudine.

Ma è stata soprattutto una serata corale, perfettamente organizzata e realizzata con mirabile dedizione dell’intero staff, che opera in sinergia con Mariateresa, nel “prendersi cura”, con amore direi quasi oblativo, di ogni particolare da vivere insieme: dal saluto di benvenuto a quanti hanno voluto e potuto essere con noi (un parterre di straordinari poeti e poetesse, scrittori e scrittrici, amici e amiche amanti dell’Arte, della Poesia, della Bellezza, respirata a pieni polmoni), ai vari collegamenti con altri interlocutori/interlocutrici, impegnati/e nella lettura magistrale di alcune mie poesie, scelte con cura perché si avesse della mia scrittura poetica, una maggiore cifra connotativa e una più facile comprensione: Roberta Lipparini, Mattia Cattaneo, Maria Pia Latorre, Ginevra DellaNotte: GRAZIE dal più profondo del cuore!  Di voi e dello staff parlerò domani… perché, come ben sappiamo, non finisce qui. A domani. Angela

martedì 20 settembre 2022

Martedì 20 settembre 2022: 55* Anniversario tra ricordi di ieri e realtà di oggi... forse di sempre

 Oggi il nostro 55* Anniversario mancato, da oltre 14 anni. E ti canto ancora, pur nel tormento del nostro amore altalenante nel tempo di oltre quarant’anni insieme, ma sempre vero. È inevitabile, in ogni coppia, vivere tutte le sfaccettature dell’amore nelle varie stagioni della vita. Anche la nostra è stata un perdersi e ritrovarsi senza tregua, con mille ferite e un solo cuore da inseguire “fino all’ultimo respiro”.

Le seguenti poesie non seguono un ordine cronologico, ma il susseguirsi a sghimbescio del nostro rincorrerci, sfuggirci, riprenderci con rinnovato ardore, con mai spento rancore.

Pure, negli ultimi attimi del nostro dirci addio, la fragilissima forza titanica di dirci tutto l’AMORE vissuto, da vivere per l’eternità. Poi ogni nuova alba fu diversa…

 

Sono passati gli anni

 Sono passati gli anni

dei profili intensi delle cose

sugli specchi di ingabbiate

dissolvenze delle realtà

vissute come sogno

e di sogni creduti realtà.

Presi com’eravamo

dall’urgenza

di noi e del nostro

moltiplicarci

persi in sotterranei grovigli

ch’erano strade sterrate

del cuore

sempre pronto in me

a sanguinare

per ogni rosa coperta di spine.

E rimpianti e attese

e nostalgie e desideri.

E mai un fermarci a vivere

a rotolare sul prato sotto casa

e sapere di noi

nella realtà del nostro cielo

che poteva compiere il miracolo

di stringerci insieme

in un groviglio di stelle

in cui naufragare

di smemorato splendore.

Troppo tardi ho imparato il relativo

il “qui e ora” il canto della rosa

ch’arde di spine altrimenti muore.

Troppo tardi un planare di pensieri

a dare senso ai rossi drappi di felicità

fatta di tutto e di niente

e bere nelle coppe colme di sole

la pienezza dell’esistere

liquore di giorni di miele 

un tempo logorati da devastanti perché.

Oggi ho ricami di ore

tra le dita

con fili di seta per innamorarmi

ancora della vita

e stupirmi ancora.

Per salvarmi dal nero della morte

che per anni mi sfinì di terrore.

Troppi coltelli

mi ferirono di pianto.

Troppo urlò la mia carne

alla violenza di un mondo

che ebbe mani assassine

lontane dalla mia casa

non dal mio cuore.

 

Alla ferocia dei nuovi misfatti

sulla terra di fango e palude

oppongo fili colorati di parole

legati agli aquiloni che ridono

per le vie del cielo

(e sognano

nelle piccole mani dei bambini…)

                     

Incendio di vene

 Incendio di vene la primavera che ricordo

ai giorni dell’amore nei bicchieri

e braccia di fuoco

a stringere il sogno e l’allegria.

Erano i nostri anni cesti di garofani accesi.

Tu mi portavi la tua ironia agli assalti del cuore,

io il rossore dei ciliegi

sul candore delle guance in fiore.

Giganti noi a forare cieli striati d’azzurro.

Dischiuso all’alba il canto delle allodole.

Tra mani incerte

di splendore e fili d’erba il giorno.

Passò il tempo dei gerani ai balconi.

Sventolio di bandiere arrese il ricordo.

Follia di giovinezza

ebbe occhi d’ardore e di papaveri.

 

Due papaveri innamorati

 Grappoli di cielo nel giardino

e rose e margheritine

narcisi tulipani violette

Ma due papaveri innamorati

hanno bucato la pietra del viale

stamattina

col fuoco spavaldo del loro sorriso

profumato del misterioso sogno

di giorni mai vinti e sempre nuovi

al coraggio indomito che dona amore

Papaveri noi allora ad incendiare

                     stelle

col capo fiero tra riccioli ribelli

di pensieri in libertà condizionata

Esili gli steli dei nostri passi

in campi d’erba e fascine da bruciare

(ignorammo coccinelle per catturare lucciole)

 

Rosso di rosso sangue

 Rosso di rosso sangue è la ferita

dell’amore deluso e poi disperso

sul mare d’agosto che si tinge di oro

e porge ai miei fianchi tregua al dolore.

Bruciammo di passione quella notte

che ci vide sognare tra le stelle

e un canto aveva e labbra di corallo

e baci di fuoco a tatuare la pelle.

Fu grido e pianto l’attimo vinto

dal tempo che non perdona

agli amanti l’amore.

 

Solo un cerino

 Dal naufragio mi porto a riva la pelle

e le ferite

M’accoglie l’isola del miraggio

e nelle tasche del passato

un solo cerino mi sorride

unica speranza

e la mano trema per troppo gelo

Ardere ancora ardere di fuoco vivo

voglio

e rami da accendere con un colpo solo

alla petraia dove il coraggio viene meno

esiguo mezzo esiguo tempo esiguo spazio

mi è dato

per ritrovarmi nelle mie vesti

e nelle mie canzoni

E tu non ci sei a disegnare un falò

che ci tenga uniti

(tra le dita deluse mi è rimasto

         solo

l’inutile cerino)

 

Era il fuoco era il fuoco

 Era il fuoco che cercavi era il fuoco

quando il freddo avvolse le tue vesti

in quelle notti di gelo alla deriva

di tutti gli appigli che sognasti

pur di rinascere viva dalle ceneri

che lasciavi lungo i giorni

delle braci spente e del calore gridato

atteso cercato richiesto con labbra mute.

E nessuno ad ascoltare il grido soffocato

nessuno a chiederti il perché della sconfitta.

E in tanto gelo il fuoco ti fu negato.

Eppure erano indizio il capo chino gli sciolti

capelli le ginocchia piegate e un silenzio

di occhi sopra fogli lacerati di parole perdute.

Ti dissero colpevole di essere sopravvissuta

alla furia di una notte che divise a metà

i tuoi giorni, le membra, il nome, i pensieri.

E moltiplicò le ore, le paure, le ansie, le sorti.

Ti dissero innocente per lasciarti vivere

in un ingorgo di oceani senza orizzonti e

senza rive e tutti i porti erano senza faro.

E non seppero che eri già trafitta da lame

che incendiarono la carne lasciando inerti

come di pietra la spenta poesia e il cuore.

Senza chiedere pietà né perdono rimanesti

sola e inascoltata nella tua innocenza

finché nel pietrificato silenzio

                   l’alba nuova ti sorrise…            

 

il mio punto fermo

 notte senza lune senza stelle senza sogni.

Per le mie mani Senza.

Vorticano i pensieri in un vuoto

da riempire prima che si faccia giorno.

Franano ore nella clessidra

lungo il buio di un’alba spenta

a rapinare la notte,

tradita e addormentata

sui terrapieni del già vissuto

che un tempo raccontavano

la nostra follia.

Oggi ogni battito lento conta

la stagione del cuore.

Il rimpianto.

Quanti minuti attesi e quanti persi

negli anni dei papaveri in festa

tra le nostre mani indifese

 nei saldi di ogni addio

alla giovinezza,

funambola di sogni che dispera

di un solo arrivederci a tenere

                        viva

la speranza del bocciolo, l’erba

tenera, la rosa, i giorni intatti.

Ci univa il canto inatteso

di un verso desiderato,

cancellato, ritrovato, rivissuto.

Ci sorrideva il cielo complice

e distratto.

Distrattamente oggi mi sorride

il silenzio.

Ma è già rumore che avvolge

i ricordi, la nostalgia, il mare,

il vortice dei pensieri mulinello,

che assorda il cuore e lo ferma

nell’attimo che più non conta,

che più non ha inizio né fine.

Sei punto fermo nell’anima

alla preghiera riaccesa prima

del penultimo orizzonte

che m’insegue senza tregua

e mi scopre ancora viva…

Nei miei occhi accesi di nuove luci

                       i tuoi

                a ricordarmi

           l’amore che ti devo

         il sogno mai sconfitto

(il filo dell’ultimo sole in infinito volo)

 E mi fermo qui, vinta da una emozione che rinnova l’infinito volo verso un infinito che ci contiene e ci redime ad ogni nuova alba... Angela


domenica 18 settembre 2022

Domenica 18 settembre 2022: per il compleanno di mia figlia Daniela...

Domenica 18 settembre 2022: per il compleanno di mia figlia Daniela…

E oggi è per me e per tutti i miei cari giorno di festa: il compleanno della mia ultima nata, Daniela. E non posso fare a meno di scrivere di lei. Oltre ad essere una gioia, è anche una necessità. Per riscoprirci. Per ritrovarci. Anche tra mamma e figlia capita che, negli anni, ci si perda per strada. E non è molto raro. Anzi! Ma poi c’è sempre il filo d’Arianna dei sentimenti più forti di ogni labirinto a tirarci fuori e a farci ritrovare tutte le vie del cuore mai perdute.

È urgente, allora, riportare l’antefatto, dono di Daniela a me, nei giorni scorsi, la canzone di Carmen Consoli “In Bianco E Nero”! 

E le mie inevitabili risposte per dirle “GRAZIE”. 


"In Bianco E Nero"

Guardo una foto di mia madre

era felice avrà avuto tre anni

stringeva al petto una bambola

il regalo più felice

Era la festa del suo compleanno

un bianco e nero sbiadito

Guardo mia madre a quei tempi e rivedo

il mio stesso sorriso


E pensare a quante volte

l'ho sentita lontana

E pensare a quante volte...

Le avrei voluto parlare di me

chiederle almeno il perché

dei lunghi ed ostili silenzi

e momenti di noncuranza

puntualmente mi dimostravo inflessibile

inaccessibile e fiera

intimamente agguerrita

temendo una sciocca rivalità


Guardo una foto di mia madre

era felice avrà avuto vent'anni

capelli raccolti in un foulard di seta

ed una espressione svanita

Nitido scorcio degli anni sessanta

di una raggiante Catania

la scruto per filo e per segno e ritrovo

il mio stesso sguardo


E pensare a quante volte

l'ho sentita lontana

E pensare a quante volte...

Le avrei voluto parlare di me

chiederle almeno il perché

dei lunghi ed ostili silenzi

e di quella arbitraria indolenza

puntualmente mi dimostravo inflessibile

inaccessibile e fiera

intimamente agguerrita temendo

l'innata rivalità


Le avrei voluto parlare di me

chiederle almeno il perché......

Le avrei voluto parlare di me

chiederle almeno il perché ......

(Carmen Consoli)


Mio commento dedicato a te, Daniela, per il tuo compleanno:

Amore mio, mi hai dedicato questa canzone di Carmen Consoli procurandomi una immensa emozione che subito si è tradotta in lacrime. Le parole, per noi così tanto importanti, rispecchiano il nostro passato spesso dissonante per mancanza di chiavi comunicative giuste, dovute ai mille "perché" forse solo in parte oggi risolti.

E sono i perché di una visione/percezione personale della realtà, e i perché di una condizione collettiva della incapacità del tutto umana di comunicare la parte più profonda e vera di sé e del sé per via di atavici condizionamenti che sono più forti della nostra stessa volontà di superarli.

Sorridenti i primi versi che riguardano i sorrisi innocenti della prima infanzia - età dell'oro e della pienezza gioiosa della vita che esclude ogni mancata speranza. L'infanzia comprende in sé la stessa speranza - . 

E i perché sono solo di stupore per la scoperta quotidiana del mondo.

Scoperta tenera di noi, del nostro stesso sorriso. E solo questo è importante. Non ci sono ferite.

Pure, il pensiero si fa subito rammarico per le inevitabili chiusure che poi ci sono state in una sorta di silenziosa e testarda "rivalità" come solo un rapporto/non rapporto madre/figlia può creare. Per infiniti motivi.

Ma i ricordi prendono il sopravvento sulle distanze del cuore. E ora riguardano i vent'anni vissuti da una madre, compresa la tua, che ha uno sguardo smarrito che guarda lontano in cerca di nuovi orizzonti. In quello sguardo si specchia anche il tuo, ora che la coscienza di te e degli altri si è fatta più profonda e lo sguardo diventa misura di intese o di nuove distonie. E quella rivalità riaffiora tra delusione e distanza. Il Distacco volontario crea un nuovo solco, vivaio di incomprensioni, simili a roventi rovi per l'anima assetata di "esclusivo amore", che bisogna dividere in quattro (come tu giustamente disperi), da moltiplicare per quattro (come io insperabilmente spero). Imperfezione dei buoni propositi che si scontrano con le pietre d'inciampo della realtà, spesso vissute da entrambe, per ragioni opposte, come macigni. E i perché rimangono irrisolti in quel precipizio che il nostro cuore affida alla mente in una invocazione d'aiuto che difficilmente si avvera negli anni delle ansie e delle assenze per lavoro (e non solo) per una madre, e degli appigli di identità i primi palpiti del cuore (e non solo) per una figlia. E i perché senza risposte si moltiplicano all'infinito. Dilatando a dismisura il dolore taciuto e quello rinfacciato, inseguito dal tormento della colpa spesso soffocato da parte della madre, spesso esplicitato con richiesta di perdono da parte della figlia.

E, intanto, il tempo ignaro dei tormenti umani, ci attraversa e ci salva in qualche modo, offrendoci nuove prospettive degli accadimenti e nuove deduzioni di senso e di significato delle nostre personalità ideali e reali, delle disgiunzioni vissute e delle congiunzioni attese, sperate. E il tempo delle motivazioni giunge e annulla quello delle giustificazioni. Nessuno deve giustificarsi per le proprie imperfezioni. La nostra inevitabile umana imperfezione ci restituisce finalmente all'Amore incondizionato che tanta sofferenza ha causato perché mai riconosciuto e che pure ci abitava dentro. Forte, testardo appassionato vero come solo l'infinito Amore sa essere in una congiunzione di radici cielo/mare/prato, che s'inazzurra di nuovi giorni, dall'alba al tramonto, restituendoci le stelle della sera per vincere ogni buio...

Ti amissimo. Mamma


 minuti fa)  

 

Per il tuo compleanno, mia Daniela.

Disgiunzioni d'incontri...

 Divergono rami d'albero

dall'unico tronco

che ebbe radici di terra 

e braccia rivolte al cielo

di tutte le stagioni.

Manciate di tempi lunghi

nelle incomprensioni di parole

silenzi gesti richiami voci parentesi di ogni non detto

da perdersi nelle nebbie

di un passato remoto irrisolto.

Sempre presente e distorto

e mai falso mai vero.

Disgiunti incontri di giorni attesi

come giochi di incastri mai vinti,

come promesse rimandate

di luna in luna,

di foglia in foglia,

di risacca in risacca

con ritorni di onde sorde

alla battigia di ogni dove

o negli oscuri fondali marini,

dove affondarono tutti i velieri

con scrigni di orizzonti perduti in fondo al mare delle illusioni

 - deluse ceste d'incomprensioni -

         - Comprendimi -

Disgiunzioni improvvise

o programmate di pensieri

senza ritorni né sorrisi

da conservare nel palmo

della mano

con nodo al fazzoletto

per dirsi ciao e mai addio

Ci rivediamo 

         - arrivederci -

al finestrino dell'ultimo treno.

Divergono binari in continue 

  disgiunzioni... 

un allontanarsi piano

per dirsi tutto l'amore 

del mondo

Occhi lontani per non guardare il vuoto

che il cuore incompreso 

lascia lungo strade di non ritorno

   che sempre prima o poi

             ritornano

(ma niente è come prima 

        tutto è rinnovata speranza d'antico amore

che ritorna 

         Ritrovato

             Compreso

                     Assoluto)

Per te

E non ci sono più parole. Solo un abbraccio di ANIME nel mai perduto AMORE. 


 

 



 

martedì 13 settembre 2022

Martedì 13 settembre 2022: un anno e mezzo fa il volo di Giovanni Gastel tra le stelle...

Qualche anno fa, c’è stato il mio primo incontro con Angelica Grivel Serra con i suoi occhi di LUNA, immensi e con uno sguardo verso orizzonti lontani, in una foto in bianco-nero scattata dal GRANDE Giovanni Gastel e da lui postata sulla sua Pagina FB. Rimasi affascinata da quel visetto dolcissimo e quegli occhi da cerbiatta e gli orizzonti immaginati e in fuga oltre… Scrissi immediatamente un commento che piacque al suo Autore. Anche Angelica mi sorprese subito dopo per il suo ringraziamento pieno di garbo e di calore. Poi, più nulla. Ma quella ragazzina con occhi di luna e lo sguardo lontano mi rimase nel cuore. Poi, sono accadute tante cose sull’orizzonte non sempre sereno delle nostre vite. Il mio franare in un battito di ciglia a Belgrado e sette lunghi mesi di degenza in vari ospedali, dopo vari interventi che mi hanno restituito alla vita, ma anche a una disabilità sempre più gravosa; la pandemia da coronavirus e la segregazione in casa per vari mesi e a più riprese; i successi sempre più eclatanti di Mostre e interviste televisive del Fotografo più glamour del mondo e i successi della sua amata figlioccia Angelica. Infine la terribile notizia, il 13 marzo 2021, del volo tra le stelle del nostro comune amico Giò. Molto più tardi contattai, però, Angelica per commemorare, insieme Giovanni Gastel a un anno dal suo improvviso lasciarci. Eravamo entrambe d’accordo, vinte entrambe da una grande emozione. Poi, però, per alcuni inevitabili impedimenti, abbiamo dovuto rimandare l’incontro via web a tempi da destinarsi. E, intanto, sono sopravvenute nuove cause di rinvio per una guerra improvvisa che sta portando nuovi macigni sul cuore, oltre alle sofferenze ancora in atto per il Covid 19, crudele e devastante di questi ultimi tre anni. Noi, però, abbiamo continuato a parlarci, conoscendoci sempre più e superando persino i limiti della riservatezza e della asimmetria della nostra età. È stato molto interessante questo fitto dialogo quasi quotidiano tra noi, anche per cercare nuove possibilità di incontro, magari “in presenza” piuttosto che online, per ricordare con grande affetto e sconfinata ammirazione l’immenso Giò, sempre presente nel cuore di quanti lo hanno conosciuto e amato.

E oggi, 13 settembre 2022, dopo un anno e mezzo di infinito rimpianto e infinita nostalgia, dopo il suo andare via in silenzio come un umile viandante, siamo ancora insieme, io e Angelica, questa fanciulla in fiore davvero geniale e talentuosa, oltre che bellissima, a ricordarlo, come è giusto che sia. E lo ricordiamo insieme con alcune sue poesie, colme di dolcezza e di malinconia, che io ho definito “poesie del commiato”. Sono poesie che rivelano soprattutto il suo desiderio di pace dentro. Con una scrittura narrativa elegante, solo apparentemente semplice, ma sicuramente sincera e immediata. Con versi molto profondi e densi di significato (versi logofanici), in ogni accenno di cielo e di abisso a sfiorare l’anima. Abisso da cui Giovanni risorgeva continuamente con la caparbia volontà di essere Amore per dare e ricevere amore all’ombra della sua mai spenta necessità di donarsi agli altri nella speranza di essere riamato in ugual misura.

“Amici dolcissimi”

Amici dolcissimi

non è d’acqua la vostra trasparenza

non di luce che passa tra le foglie

non di gelida neve immacolata.

La vostra è trasparenza d’amore

carico di attenta paura

per me

per la mia disordinata vita

simile a quella di chi cammina sul filo

e a quel filo affida

senza apparente motivo

il suo incerto destino.

(Filicudi 2019)

L’aggettivo “dolcissimi” del vocativo “Amici” del primo verso racchiude tutta la tenerezza di un signore che ha fatto dell’amicizia un nodo d’amore forte e sincero. Non a caso, nel secondo verso parla di “trasparenza”, facendo riferimento all’acqua di una “società liquida” (Zygmunt Bauman), che diluisce sentimenti e li dilava, facendoli scolorire fino a perderli del tutto. Neppure la “luce” era trasparenza d’affetto degli amici né la “gelida neve immacolata”: la prima si sarebbe potuta spegnere negli anfratti ombrosi di foglie che pure ancora verdeggiano in sua assenza tra alberi lussureggianti del Parco di Villa Erba; la seconda si sarebbe potuta sciogliere prima di raggiungere il cuore. Solo l’amore compie il miracolo della verità. L’amore che era, per lui, l’“attenta paura” degli amici per la sua incolumità perché, essendo egli un Artista a tutto tondo e appassionato amante della Poesia, aveva scelto suo malgrado di vivere da funambolo sui precipizi del mondo e della quotidianità. L’amore è l’“attenzione” che trema per l’altro. L’amore non giudica. Ha solo paura che l’amico possa correre il rischio di cadere. È ansia per la sorte della persona cara, che osa il volo non a tutti consentito. È l’amore che “si prende cura dell’altro” e lo fa sentire compreso, protetto, amato. Sicuro, nonostante le proprie fragilità… oltre il proprio coraggio.

Grazie, Giovanni, per questa splendida poesia dedicata agli amici sinceri… e tu ne hai avuti davvero tanti. Ti era estranea la falsa adulazione spesso strumentale alla propria affermazione grazie al tuo nome, al tuo prestigio… non sapevi riconoscerla tanto volavi alto. Chi vola troppo alto difficilmente si accorge delle miserie umane. E, quando si accorge suo malgrado del precipizio, rimane attonito e spaventato come uno dei tuoi angeli in caduta libera e in preda a grande smarrimento, a doloroso senso di irrimediabile sconfitta. Ma la Poesia, per fortuna, come portentoso unguento, tutto risana.

E sull’amore, dato/ricevuto ecco un’altra testimonianza:

Così

nel silenzio

parlo d’amore con il mio ricordo.

Ma è difficile distinguere i dettagli

nella nebbia dell’anima.

Sono sorrisi e risa e baci

e corpi donati e poi abbandonati

che si alternano

a formare un grumo i sentimenti indistinti.

Ma questo è il cuore della nostra vita.

Caotico come le scatole dei bambini piene di giochi.

Resta con noi

amore

unico balsamo

che possa ancora dare senso al nostro cammino.

Milano 2020

Negli ultimi due anni, però, e soprattutto nel 2020, sempre più si avvertiva nei suoi componimenti poetici una sorta di testamento, un messaggio da lasciare ai suoi cari, agli amici, ai lettori:

Avrei dovuto parlarvi solo d’amore

come i cantanti di un tempo

e certo ora sarei meglio di quello che sono.

Così stanco sapete e come svuotato.

 

Ci vorrebbe una buona notizia

di quelle che fanno esplodere nel cuore la gioia.

 

Invece sono messaggi tristi da fuori e da dentro di noi.

Il tempo, le malattie, la morte altrui

percepite ormai con il distacco di un bollettino di guerra

mentre tu ancora sopravvivi

nella tua sempre più piccola trincea.

 

E guardi la televisione

mangi

poi a letto

col sonnifero che ti riporterà nel vuoto nero

fino al nuovo giorno.

 

Ma domani reinventerò un mondo puro

di bellezza e perfezione

in cui vivo solo.

Milano 2020

Sembra apparentemente un accorato messaggio di sconfitta, ma nella terzina conclusiva ecco rinascere in lui la speranza nella sua capacità creativa che annulla tutta la stanchezza del disincanto per farlo immergere nel suo sognato e agognato mondo di “bellezza e perfezione”.

E bellezza e perfezione scopriva nel miracolo compiuto dalla forzata “clausura” del mondo in seguito alla pandemia del Coronavirus, che stava già falcidiando una parte ingente di esseri umani inermi, sorpresi, sconcertati, impauriti, impreparati alla nuova “peste” del terzo millennio: la natura, purificata dall’assenza nefasta dell’uomo, si stava prendendo la rivincita sulla sconsiderata sua azione distruttiva e autodistruttiva.

C’è un tempo per tacere

per lasciare che le cose accadano.

E noi a guardarle

con la fissità assente delle statue.

C’è un abbraccio che non possiamo pretendere

ma solo sperare che arrivi.

Tutta questa azione è una lettura del mondo

su cui dovremo prima o poi ragionare nel profondo

come frati votati al silenzio.

È bastato un mese senza la nostra disordinata arroganza

E la natura ha portato i delfini a danzare a Venezia.

Milano 2020

E l’esultanza per quella “danza” dei delfini a Venezia, vista con i suoi occhi di fotografo e cantata con la sua penna di poeta, lo aveva accompagnato con una insolita speranza fino all’estate, nella sua Filicudi, tempo e luogo di respiro calmo e di poesie, non senza un pizzico di amarezza per il mondo lasciato alle spalle ma ancora fortemente avvertito nelle sue carni “inquiete e svuotate” che gli chiedevano di scoprire “l’errore”, da cui tutto aveva avuto origine nella sua vita di “sognatore” di sofferta sensibilità e di intima solitudine:

Giorni e notti.

Cosa resterà della nostra storia?

Qualche foto

una stropicciata lettera

troppe volte riletta.

 

Ha assorbito l’inverno questo cielo

e di nuovo io porto nell’estate

la mia fragile vita di parole.

 

Tutto è immobile

tranne il ricordo che si fa reale.

Altri giorni e notti

svuotato e inquieto

cercando l’errore che ha fatto di me quello che sono.

Fragile e combattivo

In questa mia inconciliabile ferita anima.

25 aprile 2020

E ancora, in tempi più recenti:

Come un cane sbandato

in cerca di pace

ho girato il mondo.

Molti cuori

hanno accompagnato

a tratti il mio cammino.

Quasi questa malinconia

fosse una calamita

e i miei occhi uno specchio

in cui ritrovarsi.

Non ho molto da lasciarvi

amici cari

qualche fotografia

qualche poesia…

L’eredità di un sognatore

cascato in un mondo che fatica a capire.

Milano 2020

E un presagio di morte imminente lo ha accompagnato fino al giorno 13 marzo 2021.

Ma noi, caro Giò, non vogliamo arrenderci al pensiero della tua assenza. Con me e Angelica e Caterina e Giulia e Delia e Michele e… e… e… quanti (tantissimi nel mondo intero) continuano ad amarti. Ed ecco il nostro pensiero per te in questo giorno di tristezza e rimpianto:

Carissimo Giovanni, un anno e mezzo fa in silenzio e con la sola carezza del buon Dio a guidarti per mano sei volato nella Luce, lasciando sulla terra la scia luminosa del tuo passaggio intenso e ricco di mille vite almeno. E oggi con la forza ardente della tua immensa creatività illumini i nostri giorni vuoti della tua presenza fisica, colmandoli di tutti i doni che hai lasciato in chi ha avuto il privilegio di conoscerti, incontrarti, viverti accanto.

Le tue inimitabili foto, le tue meravigliose poesie, in cui la tua anima bella vibra di dolce malinconia e rara sincerità, le innumerevoli opere realizzate con geniali dita d'Artista sono qui con noi e vivranno per sempre rendendoti immortale. E sei presente soprattutto con tutto l'Amore che hai donato a piene mani a tutti con generosità, altruismo, umiltà e coraggio in questo nostro mondo opaco, triste, impaurito. Rimani Faro luminoso in tutto l'azzurro che ti appartiene. Ma, nella notte di questi giorni bui, accendi per noi e soprattutto per i tuoi cari tutte le stelle con mani di tenerezza. Oltre le nostre mani in preghiera... 

E zio Giò, l’immenso zio Giò, dall’alto sorride compiaciuto alla sua “nipotina del cuore”. E a quanti, come noi, continueranno a sentirlo dentro come Luce e Speranza. Come Amore. Angela 

martedì 6 settembre 2022

Martedì 6 settembre: l'autunno incombe sui miei PASSI di foglie arse di sole...

Pian piano i miei PASSI inventati percorrono questo settembre che va regalando nuvole e squarci d’azzurro, piogge improvvise e brontolii di temporali che il vento allontana, avvicina in un lampo, e tuoni, lampi, fulmini e grandine a spezzare rami nel giardino che mi attraversa gli occhi oltre la vetrata, la casa. Eh meraviglia! È esploso di rosso l’ibiscus, dono mai dimenticato di un’amica andata un po’ più lontano di qui, a portarmi allegria. E tutto rinasce anche nella stagione che porta a compimento le cose e piante e animali vanno in letargo tra i sempreverdi ulivi e l’abete svettante e il cipresso che fora il cielo e prega per assenze sempre presenti, a ricordarci che nessuno muore del tutto.

Anche io mi lego a doppia mandata alle parole che sanno d’autunno, ma sognano già foglioline appena nate che agevoli renderanno i miei PASSI d’erba…

 Il sole tempestoso

 Il sole tempestoso d’autunno

ha ruggito di leone

e cuore di miele

ad addolcire gli affanni

degli uomini,

tra foglie che cadono

in silenzioso pianto.

Esplode in un cielo di sangue

che non sa capire la tenerezza

l’amore.

E lapilli di odio e violenza

quasi magma

al centro della terra

distruggono alberi e case

e un sogno bambino che mai diverrà.

Volano uccelli migratori

incontro a un’alba di giorni lontani

quando era ancora atteso

il miracolo della vita…

 

Passi d’autunno

Caduto è il vento

- che non si è fatto male -

Ripescato il mare

in un delirio d’azzurro

oltre la collina smerigliata

di sole stanco di lottare

con nuvole leggere e passi

d’autunno.

L’abete è un fremitare d’ali:

capini, code, ripicchi familiari

di voli di appena tentata libertà.

Brevi voli tra i rami:

i piccoli non sanno andare

lontano.

Simile è il mio desiderio di cielo

infilzato al primo palo della luce

(domani oserò raggiungere il secondo…).

 

Cielo grigio di novembre

Cielo grigio sui rami di novembre

tormentati dal vento

e una pioggia di solitudine mi assale

- la solitudine si deve fuggire

si deve fuggire,

sol con le compagne

si può gioire,

sol con le compagne

si può gioire…

Cerco una bimba

che sappia cantare

che sappia cantare.

Cerco una bimba

che sappia danzar… -

Mi torna in cuore

l’antico canto di noi

bambine

a vincere solitudine

e malinconia.

A far vincere ingenuità

e allegria.

E comincio a cantare       piano

mentre danzo danzo       danzo

sul verde prato

     assolato

che “nel pensier mi fingo”…

         (e sono salva…)

 

Petali di sole

Lacrimano petali di sole

in un presagio d’inverno

che presto

questo autunno dorato

cancellerà.

(S’ammucchiano foglie

gialle in un tepore di rosso

dolore quasi di pianto

ai bordi dell’ignaro giardino)

 

Dicembre e il suo gelo

Mi sorprende l’alba

Con un tappeto di nuvole

Che sfilacciano il cielo

La lampada di Aladino

Il tappeto volante

Alì Babà e i sette ladroni

Danzano tra i miei occhi

Insonnoliti

D’improvviso

Una stella cometa

Fora il tappeto attraversa

Il mio cielo di gabbiani smarriti

E si porta ladroni e Aladino

Lasciandomi nello stupore

Della lampada accesa

Su tutte le stelle da afferrare

E i sogni da inventare

Per riscaldarmi ai fiocchi

Soffici di neve

(teneri ricordi nel silenzio

 dell’inverno che è già realtà

 ma non mi vince

 testarda io in coraggiosa attesa

del prossimo filo d’erba…)

Chiudo così con i miei PASSI d’autunno, in una inevitabile alternanza di sofferenza e gioia, metafora e sintesi della nostra vita. Dopo ogni tempesta attraversata e disperante torna l’arcobaleno con i suoi colori a ridipingere il mondo e il nostro coraggioso andare incontro alla speranza che sempre ci sostiene. Filosofia di vita che quotidianamente ormai attingo dai miei figli e dai loro compagni di vita, in uno scambio reciproco di infinito amore, che si riverbera su tutti noi con la “calviniana leggerezza” dei sorrisi, non privi di problemi e paure, ma colmi del sapore di ogni attimo vissuto con tenerezza e creativo incanto. Con POESIA.

(PASSI-d’acqua di vento di neve d’erba- è il titolo di una mia nuova silloge di poesie, tradotta in inglese, che lentamente procede verso il suo compimento per la pubblicazione, nei primi mesi del prossimo anno, in America… E io già volo verso nuovi domani e nel volo mi affido con gioia a tutti voi. Insieme è bello e si va lontano. Sia pure soltanto con la fantasia! Per me, Dono prezioso più della stessa vita!

A presto, sempre con gratitudine e un pizzico di sana follia. Angela    

                        PASSI

1^ parte: passi d’acqua (era d’estate)

2^ parte: passi di vento (e fu d’autunno)

3^ parte: passi di neve (e fu inverno)

4^ parte: passi d’erba (e venne primavera)

domenica 4 settembre 2022

Domenica 4 settembre: ancora i miei PASSI d'autunno...

Ci sono ancora passi che zigzagano tra i sentieri d’autunno e sognano tempi migliori che difficilmente ascolteranno il nostro cuore che anela alla PACE e alla SERENITA’. “La vita è adesso” canta Baglioni con accorata sollecitudine a vivere l’attimo presente come se fosse il primo e l’ultimo della nostra vita. Senza passato e senza futuro. Senza ricordi e senza attese. Ma poi sarebbe veramente auspicabile vivere così? Penso proprio di no. Io desidero cogliere l’attimo tra ricordi e speranze in cui è ancora possibile ritrovarmi in ogni altro attimo vissuto e, spero, da vivere. Con tutte le mie passioni, i miei amori, le tenerezze, le parole dette o taciute. Con tutta me. Con tutti gli altri. Persino con questo cielo d’autunno che non promette niente di buono… Occorre allora cercarla la bellezza e scoprirla se vogliamo ancora vestirci di SPERANZA…

 

Accartocciata foglia

Accartocciata foglia d’anni

è il mio autunno d’antica allegria.

Bimba del mio tempo breve

ridammi

il tuo filo d'aquiloni al vento

dove legare risposte mai ricevute

ai perché del mare e del firmamento

e un ditale d’argento e d’oro fino

per ogni ago che mi ferì nell’andare.

Cantami una ninnananna

stammi vicino.

Oggi ho bisogno anch’io di una culla

che mi salvi dal tempo e dal dolore

che serena mi faccia addormentare

tra stanche foglie

del mio quieto giardino

dove è più facile riprendere a sognare

Raccontami

della fiaba che non muore

e ogni notte di lucciole esplode

nel mio cuore di papaveri e gelsomini.

(di stelle s'illuminava il tuo prato cuscino)

 

Ha bagliore di acceso tramonto

Ha bagliore di acceso tramonto

questo ottobre bambino

che si veste di meraviglia e di sogni

per ogni foglia che vola e non cade

Lievità dei giorni scrostati dal grigio

dei bui pensieri su ali di vento

del tempo che mi è nemico

e mi soffia alle spalle

per darmi passi veloci

E l’autunno da attraversare

E l’inverno di neve ad attendermi

con i camini accesi e le scintille

su cui perdere occhi e sorrisi

prima di andare via.

Ma ora è tempo di tenerezza:

le mani che raccolgono rubini

e topazi che la natura sparge

tra solchi assetati di pigolii lontani

e spenti di fiori inariditi

 Incanto di nuovi ardori fiorisce

sulla punta delle dita

per raggiungere il cielo

con un bacio sbocciato di rosso

tra labbra di miele e velluto

(s’innalza ardente fiaccola

 dell’anima bambina

muta come di preghiera…)

 

nel cielo d’ottobre

è un languido rincorrersi di stelle

questo cielo frantumato di sole

che ha onde sfinite

nel languore di un ottobre

che piange di ruggine foglie gialle

e ali di colombini 

che da solitudini terrestri

cercano un volo breve

tra i rami del giardino.

Sogno un autunno visionario

che mi danzi nell’anima:

la fanciulla dal bianco cappello

ha fiori rossi intrecciati sulla tesa

e lunghi sogni imbrigliati

tra i capelli d’oro e di seta.

Buffo il cagnolino biondo

morbido tra le braccia ansiose

della padroncina nell’azzurrità

che fremita di passate primavere

e sogna quelle che verranno

se le saranno concesse.

E intanto incalza l’autunno

(io smemoro pensieri

che non vogliono pensare)

 

I corvi neri di fine ottobre

Dai corvi neri dei pensieri

mi libero con dita d’acciaio

che scavano versi nel sangue

dei ricordi e li scaraventano via.

Non ti fermare al mio sorriso

arcobaleno che si rifrange

nel mare dei sogni inascoltati

è un vizio che non m’abbandona

da quando bambina

assordavo le stelle con la risata

del mio dolore.

E cantavo oh quanto cantavo

con labbra di papaveri e ciliegi

e zucchero filato per addolcire

il fiele di ogni distacco.

L’assenza.

E spianare la ruga

della malinconia mia identità

mai perduta

neppure ora che è tempo di castagne

rovi e frutti di bosco blu come le more.

Oggi che i vuoti sono squarci

nel lacerato vestito della festa.

(Lasciami il sorriso di un rattoppo

  a fingermi un ricamo d’erba…)

 

Vedrai

Passerà questa stagione

di nuvole basse

a soffocare il cielo.

Passerà l’ombra degli uccelli

scuri sulle pietre degli inciampi

e delle desolazioni mute.

Passerà - vedrai - il vento

di levante a confondere

il canto delle foglie

con i nidi vuoti d’autunno

abbracciati al mare della sera.

Ci sarà un ritorno di lucciole

a capovolgere il cesto delle stelle

e col retino che ti diedi bambina

riuscirai a catturarne tante

per averne sempre una di riserva

a scaldarti le mani,

a vincere il buio e la strada vuota

al fiorire dell’alba.

Ci sarà e sarà festa di bandiere

e di luminarie e di prati in festa

e avrai una veste di mille sorrisi

e un solo cuore nascosto

nelle tasche di altri domani

per non fare rumore.

E sentirai la musica di mille

chitarre e un solo violino

e danzerai ballerina e acrobata

sui trapezi impazziti di sole

e troverai il sogno un tempo

azzerato più vero tra la tua casa

d’erba e il fiore rosso rubino

della tua bocca in fiore.

Intrecciati i fiumi azzurri

dei tuoi capelli d’oro e di fieno

blindati tra corone di coralli

e perle e cristalli e fili d’ambra

contro le spade di briganti

e avventurieri a trafficare

con piogge di lacrime mai versate

o forse taciute

e che mai più verserai.

E sarà chiaro di luna sui profili curvi

dei tuoi ragazzi innamorati

a trattenere l’eternità in un bacio…

 (E sarai due volte madre e felice                         

                    accadrà vedrai)

 

E lasciamoci con questa speranza: “accadrà vedrai”… E domani è un altro giorno. “Si può ricominciare!”.

Intanto, da prima delle vacanze ho preso un po’ le distanze da FB, whatsapp e i vari social per superare un periodo di stress dovuto al tanto lavoro a cui mi ero sottoposta nei mesi precedenti. E sono ancora un po’ latitante. Ho bisogno di recuperare energie, che alla mia età diventano un bene sempre più prezioso. Ma non ho dimenticato nessuno. Siete tutti presenti nel mio cuore. Grata sempre a tutti per l’affetto che ci lega. A domani. Angela

  

sabato 3 settembre 2022

Sabato 3 settembre: riprendo con i miei PASSI sognati sotto questo cielo d'autunno...

Settembre ha ancora una volta chiuso il mare e le vacanze con i lucchetti di un cielo grigio che lacrima con tristezza e un vago senso di abbandono e di nostalgia. Sotto la pioggia, che amo, sento i miei PASSI danzare al ritmo di una canzone americana che ci fece felici per generazioni. E, intanto, scrivo. Per ricominciare dopo la lunga pausa estiva che mi ha regalato emozioni intense e intenso dolore sulla sedia a rotelle che, mio malgrado, ho dovuto inaugurare per poter incontrare il mare. Sfiorarlo. Toccarlo. Sentirlo respirare col mio respiro…

Ma, persi i miei passi d’azzurro, mi rifugio sotto un cielo di nuvole di pioggia di foglie che il vento porta con sé per ricordarmi l’autunno e la magia del suo ultimo sole dipinto di rosso come il tramonto che teme l’inverno e i suoi passi di neve.

 passi di vento (e fu d’autunno)

 … e venne settembre (2020)

 E venne il vento di settembre

e mi scoprì paura.

Mani di ruvida corda.

Passi di pietra incatenati

a scogli di mare scuro

 catramato immobile di sale.

Mi scompigliò i grilli dei capelli.

Fuggirono pensieri sui velieri

in secca e senza vele.

Venne settembre e piansi

- occhi senza lacrime -

e sciolse ogni dolore nella sera.

Accese un lampione di luna

- cielo in frantumi

stelle addormentate

sul filo del ricordo dimenticato:

fu un ottobre di rose e di spine -

E fui racconto di gloria appena

cominciato e già spezzato

a metà di una notte rossovino

e scale precipitate

abisso di ogni inferno

mai abitato.

Lembi di sole ha settembre

in dono oltre il vento

su lacrime già piante

- prodigio che allaga il cuore

i primi passi a volo di gabbiano -

Mare mare mare mare mare

Nella mia casa sorriso di foglie

- oceano attraversato -

settembre si àncora

                    al tetto del cielo

     Luna immensa luna

impazzita di stupore negli occhi

(“Rondine” festosa di ritorno

          DEVO ESSERE

  con passi di danza… di me)

 

Dono di conchiglie ha settembre

 Nuvole basse ha settembre

e un grigiore di madreperla

fermo sulle ciglia addormentate

del cielo perso di stanca malinconia.

Mi pervade assenza d’azzurro.

Mia figlia ha dono di conchiglie

E lunghe storie di sirene e nostalgie

(fragile ampollina a raccontarmi

   il suo AMORE e il mio MARE)

 

Smerigliata luna d’equinozio

 Smerigliata luna d’equinozio autunnale

si scioglie in bianche piume,

leggere parole lasciate volare

sul foglio bianco

tra foglie dorate a fingere

una danza di sillabe

in libertà scombinata

(piuma bianca di luna

mi sorride dal grigio asfalto

e chiacchiera di me

con i sogni argentati

dei miei indomiti rami in fiore

che sillabano l’audacia

di mille parole mai stanca di inventare)

 

Malinconia d’autunno

 Arance castagne melograni

in forma di foglie danzano

volano sognano girandolano

con lento vortice di vento

al pulviscolo dorato

del frammentato sole d’ottobre

Lacrima mestizia

agli occhi della siepe ingiallita

un autunno

che ha sapore di ricordi

e si perde nelle brume mattutine

ancora calde di progetti residui

Sorpresa e pentimento

ignorare nelle mie stanze di fatica

questo cielo ancora terso ai lucernari

corrucciato stanco rossastro

ma inviolato ancora

da nuvole e piogge e albe di brina

che s’affacceranno ai freddi cieli

d’inverno dopo tanta arsura

e un grondare di sogni feriti

nel grigiore

di uno spleen simile al pianto

 (anche noi si sta

in attesa pavida dell’ultima stagione)

 

L’anima ancora stanca

 Questo ottobre così difficile

da vivere mi stanca.

Stanca della doppia faccia

della luna.

Stanca della doppia ansa

del fiume.

Stanca di me con l’anima

agli occhi.

A doppia mandata le tante realtà

da dover vivere

senza mai una chiave di verità.

E ottobre sta per consegnarsi

a novembre in un silenzio

d’attesa.

(fuori fragore di gente

violenta rabbiosa divisa

che sa fare solo rumore

senza stancarsi mai…)

 E per oggi va bene così. Riprenderò domani. Spero con maggiore allegria. Per riprendere a stare bene insieme, ma credo che sarebbe fuori luogo e fuori tempo con i giorni bui che stiamo vivendo. Forse insieme sarebbe più facile. Forse l’impossibile si farebbe Speranza… Angela