lunedì 22 maggio 2023

Lunedì 22 maggio 2023: anche quest’anno il Salone del Libro di Torino spegne le sue luci...

Anche quest’anno il Salone del Libro di Torino va a riposare mentre la pioggia battente dei giorni scorsi si è arresa al sorriso del sole a salutare i libri che ritornano un po’ delusi negli scatoloni che prendono la via di casa, con gli editori, gli autori, i giornalisti, gli intervistatori, i lettori, i visitatori. È tutto un defluire in opposizione al confluire dei giorni scorsi. Una forza centrifuga percorre le strade d’Italia dal Nord al Sud, allargandosi verso gli altri Paesi presenti in questa XXXVesima Kermesse quasi obbligatoria se vuoi ESSERCI. come in uno SPECCHIO a riflettere il mondo intero per riflettersi e per lasciare spazio alle riflessioni che sono andate pian piano scemando nei padiglioni sempre più deserti fino a lasciare spazio agli espositori che imballano, agli operai che smantellano. E le loro voci si rincorrono stanche e affannate. Qualcuno fa già consuntivi esaltanti o deludenti. Tutti si portano un pezzo di Fiera nel cuore. Tutti si portano un pizzico di nostalgia di casa, del proprio letto, del divano ammazzafatica, del sorriso dei propri cari in attesa di un souvenir. Per la SECOP e per FOS, sua filiazione, è stata una felice annata: tante presentazioni di nuovi libri con vecchi e nuovi autori; tanti gli incontri; tante le bellissime sorprese, centellinate ad effetto, di giorno in giorno, dal grande regista, l’editore Peppino Piacente, validissimamente coadiuvato e sorretto dalla sua straordinaria gemmazione: Nicola Piacente, Graphic Designer della Casa editrice e dell’Associazione Fos.

Il primo giorno è servito per “rodare” il tempo necessario di adattamento; gli spazi meglio percorribili; gli umori nel Salone e fuori. E per presentare i primi due numeri del bimestrale cartaceo: CORRELAZIONI UNIVERSALI, nostra orgogliosa realizzazione di un sogno divenuto realtà...

Il secondo giorno, ecco la seconda novità: l’annuncio del Premio Gjenima alla sottoscritta, prima scrittrice in Italia a cui sarà conferito, tra qualche giorno, a Roma con una suggestiva Cerimonia ufficiale tenuta dal grande poeta-scrittore-critico letterario e docente di Lettere e Filosofia presso l’Università di Dallas nel Texas: Prof. Gjeke Marinaj.

Il terzo giorno ecco materializzarsi lo splendido libro bilingue MARIA-MARIA del famoso eroe e poeta cileno Germàn Rojas. Con una copertina che illumina gli occhi e il cuore. E il 24 e 25 maggio avremo Germàn nostro ospite in Puglia per parlarcene. Chi vive nella provincia di Bari farebbe bene ad attrezzarsi per essere presente a Corato e a Bitonto per ascoltarlo. Luogo e orario saranno pubblicati a breve su FB, Pagina SECOP.

Il quarto giorno ci giunge dall’America una lettera-comunicato in inglese che ancora mi emoziona:

Carissima Angela, La tua recente pubblicazione è diventata oggi l'epicentro dell'attenzione dei media! Vari media hanno raccolto con entusiasmo il nostro comunicato stampa sul tuo avvincente libro. Estendiamo le nostre più sentite congratulazioni a te mentre entri sotto i riflettori che il tuo talento e la tua dedizione meritano davvero. Mentre ti crogioli in questo meritato riconoscimento, tutti noi estendiamo i nostri migliori auguri per il continuo successo del tuo viaggio letterario. Ancora una volta, congratulazioni per questo risultato e non vediamo l'ora di assistere a molti altri trionfi nella tua carriera di scrittrice! Cordiali saluti, Gjeke

Almeno per me, Torino quest’anno è stato davvero magico. E tra qualche giorno volerò a Roma in carrozzella per ricevere il Premio a cui si è aggiunto un altro prestigioso Premio ricevuto dall’Uzbekistan. Ma di questo parlerò la prossima volta con altre luci che si accendono lungo la “Via della Seta” e altre offerte di pubblicazioni: “Congratulazioni. La prossima marcia letteraria sarà ora verso l’Asia centrale”, si legge tra l’altro nel Comunicato. E davvero non ho più parole. Solo una silenziosa preghiera di ringraziamento a tutti e soprattutto al buon Dio, che mi permette ancora giorni di Luce sul mio cammino. Ma quest'anno il Salone ha centuplicato le mie emozioni perché nel Padiglione della Fos Edizioni è stato presentato anche il libro di Ombretta Leone, mia figlia, L'abbondanza del cappero, che è un vulcano attivo di lapilli effervescenti di mille e mille risate. E oggi ce n'è tanto bisogno. L'importante è sapersi prendere in giro con garbo, leggerezza ed equilibrismi linguistici sorprendenti e miracolosi. Provare per credere...

Ma mentre chiudo così sui riflettori ormai spenti del mitico Lingotto, mi ricordo che il 22 maggio è il giorno di nascita di una mia carissima amica scrittrice, poetessa, fotografa che oggi avrebbe compiuto come me 81 anni, anticipandomi di una settimana. Io, Gabriella Maleti, questo il suo nome, e Mariella Bettarini siamo nate nello stesso anno, 1942. Mariella il 31 gennaio, io il 28 maggio e Gabriella appunto il 22. Purtroppo Gabriella non è più tra noi da sette anni, ma nel nostro cuore vive più di prima. A lei dedico oggi questi miei versi: Tra le mani luce trattengo/ esile filo d’erba ride la tua Firenze/ abbarbicata alle pareti del sogno/ alla tua casa sommersa di libri/ fino al tetto rosso inacessibile e vicino/ come un filo di-vino nel bicchiere/ e un lampione millenario/ a evocare antiche stagioni/ delle nostre primavere di maggio./ Tessevi reti di nostalgia/ per i fiori di neve/ da sciogliere nel verde mare/ degli occhi di Mariella./ Troppo presto ti vinse la sera/ - tenera capinera/ che fece nido tra le stelle/ e steli di croco leggeri/ e biancospino -/ Rimani a noi vicino/ nelle perdute malinconie / che mai ci vinsero/ per intrecciare il buio della notte/ ai vetri del giorno/ tra pensieri che vincono le ombre/ di ogni possibile dolore./ E il tuo abbraccio ci sfiora/ affiora/ si fa carezza e preghiera/ (cancella la sera/ la tua mai spenta tenerezza…). A presto. Angela 

venerdì 19 maggio 2023

Venerdì 19 maggio 2023: al Salone del Libro di Torino ancora una volta...

Quest’anno non sono presente al Salone del Libro di Torino. Solo l’anno scorso ero lì, dopo alcuni anni di assenza forzata per tanti motivi difficili da ricordare. L’anno scorso mi sembrò una rinascita. E fu bellissimo come sempre ESSERCI. I libri innumerevoli. Gli autori. Le presentazioni. Gli ascolti. Gli incontri importanti con i grandi della Letteratura e del Cinema, a livello mondiale. Le parole. La musica. Le emozioni. La gente (tantissima). Il rumore assordante. Le voci. I microfoni. Gli altoparlanti. L’ordine dei libri e la confusione dei visitatori. Le buste intestate piene di libri, giornali, gadget, volantini. Libri che raccontano storie e storie che raccontano libri. I padiglioni. Le luci. Il tempo e lo spazio fermi nel Salone. I pranzi fugaci e le file interminabili per le sale importanti e per i bagni. Un andirivieni incessante, assordante come il rumore. Attività frenetiche all’interno e all’esterno del Lingotto. File interminabili per entrare. Fuori, Torino è sempre la stessa. Solitaria e regale, misteriosa e umbratile, lussureggiante di verde e semplificata di strade parallele. La Reggia e il Parco del Valentino. I bus e i taxi come ogni grande città che perde la sua identità nel tran tran quotidiano. La Mole Antonelliana a connotarla. Sì, è Torino. Elegante, raffinata, barocca. Anche nel Salone si coniuga bellezza con eleganza, di cui i padiglioni vanno fieri per attirare i visitatori. E ci siamo pure noi della SECOP edizioni con Peppino Piacente, editore che ama incondizionatamente il Salone, i libri, gli autori, la poesia.

E così, con il tema ATTRAVERSO LO SPECCHIO, “oggi 18 maggio, parte la XXXV edizione del Salone del Libro e anche quest’anno la SECOP edizioni è presente. Orgogliosamente presente, oggi come già dalla sua fondazione quando, alloggiata in un minuscolo spazio nel settore INCUBATORE, studiato apposta per le case editrici neonate, iniziò a partecipare a questa importante Kermesse internazionale, portando con sé dalla Puglia con amore, solo una manciata di titoli, diversi pacchi di coraggio e una buona dose di follia. Da allora, di edizione in edizione, di stand in stand, ha attraversato oceani di libri riuscendo a far notare tra gli altri anche i suoi e, (…) anche questa volta (…) con il suo Catalogo, che ormai di titoli ne conta più di 400. E mentre l’appuntamento con il Salone è diventato nel tempo un MUST imprescindibile, molte pubblicazioni prestigiose si sono imposte all’attenzione di un vasto pubblico internazionale e il suo marchio è apprezzato e riconosciuto come un’etichetta di valore. Con il motto “Regalati l’emozione della lettura”, infatti, la SECOP edizioni ha saputo farsi CASA di libri e di autori, nel solco di un ideale perseguito con costanza e inarrendevolezza: CREDERE fortemente nel proprio sogno, sentendosi abitata dalla poesia come linea di condotta, come metro valutativo, come sguardo relazionale, volto umano, ponendosi sempre nell’atto di attraversare lo specchio, per scofinare nei luoghi del possibile creativo che i libri sanno edificare” (Peppino Piacente).

PRESENTAZIONI TORINO 2023 a cura di SECOP edizioni: Giovedì 18 maggio - ore 19:00 - Spazio Dialoghi Padiglione 3 Stand P28-Q27: FIORE e CANTO di Luisa Varesano Dialoga con l’autrice Letizia Cobaltini. Venerdì 19 maggio - ore 10:00 - Spazio Dialoghi Padiglione 3 Stand P28-Q27: L’editore Peppino Piacente presenta la nuova Rivista Letteraria CORRELAZIONI UNIVERSALI. Venerdì 19 maggio - ore 12:30 - Stand Regione Puglia PADIGLIONE OVAL U122-V121: DIRE FARE BACIARE di Letizia Cobaltini. Dialoga con l’autrice Luisa Varesano. Venerdì 19 maggio - ore 17:00 - Spazio Dialoghi Padiglione 3 Stand P28-Q27: UNA SCELTA NECESSARIA di Dominique Jean Paul Stanisci. Dialoga con l’autore Vincenzo Abbatantuono. Sabato 20 maggio - ore 17:00 - Spazio Dialoghi Padiglione 3 Stand P28-Q27: LA PUNTEGGIATURA NON È IL MIO FORTE di Federico Lotito. Dialoga con l’autore Piero Meli. Domenica 21 maggio - ore 12:30 - Stand Regione Puglia PADIGLIONE OVAL U122-V121: IL NARCISISMO DIGITALE - La sfida di non perdere le relazioni di Agostino Picicco. Dialoga con l’autore Giuseppe Selvaggi. Domenica 21 maggio - ore 13:00 - Spazio Dialoghi Padiglione 3 Stand P28-Q27: LA RESILIENZA ECONOMICA, SOCIALE ED AMBIENTALE di Antonio Stragapede. Dialoga con l’autore Marco De Candia.

E non è finita qui. Quest’anno, nella mia assenza, sono presente più che mai: l’editore mi ha riservato una sorpresa bellissima, da far tremare il cuore: ha introdotto il suo Discorso di apertura con il prestigioso Premio Gjenima, a livello internazionale, che mi verrà conferito a Roma il 27 maggio prossimo dal grande poeta-scrittore-critico letterario prof. Gjeke Marinaj, docente di Lettere e Filosofia presso l’Università di Dallas nel Texas. Il Prof. Gjeke Marinaj, durante la Cerimonia, sarà affiancato dal grande poeta cileno Germàn Rojas, dal noto scrittore serbo Nikola Mamula con sua moglie, la scrittrice serba Milanka Mamula, e la traduttrice Selvaggia C Serini, che saranno tutti coordinati da Raffaella Leone P.R. della SECOP.

Sono trepidante e felice, ma lo sono ancora di più per la presenza in anteprima, al Salone, del divertentissimo libro L’abbondanza del cappero di Ombretta Leone, mia secondogenita, che vive nella Città eterna da oltre trent’anni. Lasciatemi esprimere la mia fierezza nei riguardi dei miei figli anche dal punto di vista letterario perché tutti e quattro scrivono benissimo, con uno stile personale e molto catturante, decisamente diverso da quello mio e del loro papà Primo Leone. E questo permette loro di realizzarsi al meglio dei loro talenti in maniera libera da possibili condizionamenti culturali e familiari. Io gli cedo volentieri il testimone perché so che il futuro è nelle loro mani cariche di sogni, di progetti, di orizzonti più ampi dei miei… A presto per un consuntivo di questa XXXV edizione del Salone del Libro di Torino. Con infinita gioia e gratitudine. Angela  

mercoledì 17 maggio 2023

Mercoledì 17 maggio 2023: San Pasquale è un ricordo di rosse ciliegie...

Oggi è San Pasquale e i ricordi si affollano nella mente perché era il giorno in cui il nonno era solito portarci nel suo campo di ciliegi per la prima raccolta.

<In primavera, poi, con lo splendore della natura che esplodeva d'erba, di pratoline e di fiori di campo, tu andavi a casa dei nostri tanti amici e li invitavi a venire con noi in campagna all'alba del giorno dopo. Molti venivano in bicicletta, altri salivano sul traino con noi. E il cielo era un ricamo d'alberi. L’alba spegneva le stelle e vinceva lentamente il buio, rischiarando i nostri occhi spalancati di stupore su quella natura rigogliosa e ricca di frutti. Le nostre labbra chiacchierine si confidavano, in bisbigli d'intesa, confidenze di amori appena nati. Nel campo dei ciliegi sciamavamo tra i rami e tu, appena di ritorno, vestivi a festa il nostro quartiere con ceste di rossi frutti che distribuivi in tutte le case. E le case si accendevano di colore e di allegria: adulti e bambini si riempivano le mani delle accese ciliege, raggruppate dai lunghi gambi e ricoperte dalle verdi foglie

(ciliegie di maggio ciliegie d’assaggio ciliegie di giugno ciliegie a pugno…)

Già da bambina avevo imparato quel rito festoso che salutava di gioia la nostra primavera...

( bbéddə accòmə a ‘na cəràsə…) (sei bella come una ciliegia…)

Lungo le strade le ragazzine, con quelle lampade accese ai lobi delle orecchie, cantavano la spensieratezza dei loro pochi anni, dilatando lo spazio angusto tra quelle case antiche, dove il cielo era un lungo rettangolo blu definito dai terrazzi anneriti di tempo e di impervie stagioni...

Questo è il tempo delle ciliege,

le ciliege si vanno a cogliere,

si vanno a cogliere ad una ad una,

questo è il tempo del primo amor...

La cintura stretta stretta

e la gonna larga larga,

le scarpette a punta a punta:

io ballerò con te...

Io danzerò con te...

 

Questo è il tempo delle ciliege,

le ciliege si vanno a cogliere,

si vanno a cogliere col panierino,

questo è il frutto del mio giardino...

La cintura stretta stretta

e la gonna larga larga,

le scarpette a punta a punta:

io ballerò con te...

io danzerò con te...

Divenuta ragazzina anch'io, adoravo quelle ciliegie: rosse, dolcissime, morbide, profumate (cerasèlla cerasé/quànnə è tìmbə də cəràsə/ tu mə dai tre o quattə vàsə/ cərasèlla cərasé/ quànnə è tìmbə də limónə tu m’assàssə ‘nu scəcaffónə… Nunzio Gallo e Aurelio Fierro cantavano). Le ciliegie erano per me quasi labbra baciate di donna innamorata e amata (“Labbra dal disìo baciate”, come avrei letto e scoperto più tardi).

E, poi, via via, fioroni e gelsi e nespole e prugne e fichidindia. Grosse ceste di uva matura e dolce da scaldare l'anima. “Spórtə” (panieri stretti e profondi di sottili sarmenti d’ulivo intrecciati), “spərtéddə” (panierini) “scəchəcchəmarùzzuə” (recipienti piccoli piccoli, per la gioia delle mie manine), di olive verdi e brune da fare in salamoia o con la calce oppure da far scoppiare nel tegamino o sotto la cenere e da mangiare col pane fra boccali del tuo ottimo vino e, per quegli anni, insolite risate. C’erano più frutti che fiori allora nella nostra casa a colorare e a profumare i giorni.

Ma ora ho fatto un salto temporale dovuto alla memoria che non sempre segue il tempo nella sua cronologia storica. E non sempre riporta alla coscienza collegamenti di esperienze nel loro susseguirsi esistenziale. Irrompe così all’improvviso e accende l’occhio di bue su un volto, strimpella l’assolo di una voce, riempie una strada di ciliegie. Occorre allora ricucire il   prima e il dopo perché nulla sfugga alla fiaba e alla storia. (…). Eri il pendolo dell'alba e le prime ombre del tramonto, il coltello per tagliare il pane e la bottiglia e l'imbuto per travasare il vino. Eri la capriola tra le tue braccia e il cavallo che ti portava via, le voci dei tuoi uomini confuse con i respiri dell’alba e il cauto risvegliarsi delle strade. Il richiamo al nuovo giorno e alla vita.

                                          Eri i tuoi campi i tuoi ciliegi

Le nostre suppliche: “ci porti con te in campagna?” e la tua risposta: “quando matureranno le ciliegie”. Eri la nostra attesa delle ciliegie. Eri le ore trascorse tra gli alberi, le stesse ore senza di te nella nostra casa che si riempiva ugualmente di te, di foglie nuove e solchi appena arati, di gemme attese dopo il lungo inverno, dell'ansia dei primi frutti perché il tempo delle ciliegie fosse una realtà (i tuoi racconti quando tornavi e ci mettevamo a tavola per mangiare e per ascoltarti)>. (da A. De Leo, Le piogge e i ciliegi, vol. 1°)

Ed oggi leggo su una pagina FB: Non ho mai creduto molto alla teoria secondo la quale ognuno di noi è metà di una mela. Penso, piuttosto, che l’amore somigli alle ciliegie: vivono in coppia e il picciolo di ognuna di esse è congiunto in cima al picciolo dell’altra ma, se divise, e se prese singolarmente, rappresentano due perfetti interi. Lo spazio custodito nel perimetro di due cuori interi può contenere molto, molto più amore, di due metà. Antonia Storace. 

Giustissimo. Mi piace molto questa riflessione. Grata, chiedo scusa alla mia sconosciuta Antonia per questa rapina senza “colpo ferire” della sua bella pagina, solo per condividerla tra noi. Buone ciliegie a tutti. Con un abbraccio. E a prestissimo. Angela

 

 

domenica 14 maggio 2023

Domenica 14 maggio 2023: a tutte le MAMME va la mia poesia, il mio canto...

Maggio: il mese che amo

Era de maggio, e te cadeono 'nzino

A schiocche a schiocche li ccerase rosse...

Fresca era ll'aria e tutto lu ciardino

Addurava de rose a ciente passe.

Era de maggio - io, no, nun me ne scordo -

'Na canzone contàvemo a ddoie voce:

Cchiù tiempe passa e cchiù me n'allicordo

Fresca era ll'aria e la canzone doce.

E diceva: "Core, core!

Core mio luntano vaie:

Tu me lasse e io conto l'ore

Chi sa quanno turnarraie!"

Rispunnev'io: "Turnarraggio

Quanno tornano li rose

Si stu sciore torna a maggio

Pure a maggio io stonco ccà".

E sò turnato, e mò, comm'a na vota,

Cantammo nzieme lu mutivo antico;

Passa lu tiempo e lu munno s'avota,

Ma ammore vero, no, nun vota vico.

De te, bellezza mia, m'annammuraie, Sì...

È un canto antico che racchiude un mondo di sentimenti profondo e sincero che più non ci appartiene... Pure, mi rappresenta. Nata a fine maggio, e con tutte le caratteristiche zodiacali dei Gemelli, segno dai forti contrasti interiori, amo la lievità dell'aria con i suoi cieli di tanti colori, la volta stellata, la luna, il sole, le nuvole leggere, e la solidità della terra con le sue radici, il verde, i fiori, le rose dei giardini, ma anche i papaveri dei campi... Soprattutto amo il mare con le sue tempeste imprevedibili e sotterranee e le languide onde che cullano sogni e sirene e un invito suadente a intraprendere il viaggio verso oceani di orizzonti inesplorati. Amo viaggiare, dimentica di ogni mio ieri, col suo fardello di piombo e di piume. E amo l'Amore, quello eterno che ti riporta a casa in un eterno ritorno del cuore al cuore.

Maggio: mese dedicato a Maria e l"altarino con le candele accese, il rosario e la fede nel cortile con le voci sommesse dei nonni e i vicini di casa, uniti nella stessa preghiera. Ma anche mese delle lotte di classe per rivendicare i diritti dei lavoratori e di quanti in passato non avevano avuto mai voce, in un mondo sempre più laico e legato ai valori solidi della terra, un mondo ancora semplice ed essenziale nei suoi bisogni primari. Mese di bianco vestito per la purezza di veli trasparenti e il candore delle bimbe nel giorno della loro Prima Comunione e lo splendore degli abiti delle spose di maggio.

Ma anche mese dai colori accesi, fiammate di passioni ardenti, vissute come "due dozzine di rose scarlatte" (De Benedetti) tra desiderio e avventura da non potersi raccontare se non avvolgendo di Mistero ogni possibile trasgressione. Maggio, dolcissimo e innamorato. Maggio deluso e rinato, mai scontato, col suo sorriso ragazzino e la creatività a dipingere i muri del cielo perché ci sia sempre un arcobaleno a farci dimenticare le nuvole e risolvere in danza e in canto la pioggia dei giorni grigi. "Era di maggio", un canto che mi somiglia e mi definisce. Per la mia anima eternamente bambina e innamorata perdutamente di Poesia... Ed oggi va a tutte le Mamme la mia poesia, il mio amore, il mio canto. È un canto che non conosce tempo né spazio, ma abbraccia il Cielo e la terra, il passato, il presente, il futuro e non sarà mai completo o compiuto, e, annidato nelle profondità del cuore, forse sfiorerà l’anima, che lo accoglie, e ci accoglie.

Avrei voluto trascrivere ogni vostro tenero canto postato su FB, ma il tempo mi è tiranno, mio malgrado. Ed è più semplice copiare dalle mie mille agende quelle dedicate alla mia mamma che tutte le altre potrebbe rappresentare. E comincio dalla MAMMA di tutte le Mamme: MARIA.

Orme di sole

Vieni in punta di piedi

E lasci continue orme di sole

Sul mio cammino di neve

Con mani colme

Delle tue infinite stelle

Alla mia disattenta preghiera

(mia Fanciulla di Nazareth

voce soave

dei miei giorni andati

e mani di cura ancora presenti

a carezzare il mio pianto).

E Signora dorata

Adorata Patrona del tempo

Innocente di bambina.

Solo frammenti di cuore

Ti lascio in cambio

Dei tuoi innumerevoli prodigi

(mollichine di speranza su passi

  lievi che attendono ritorni)

E tingi di rosa e turchese

I veli dell’attesa.

A Te innalzo il mio canto,

Madre di tutte le meraviglie

Mia eterna nostalgia

- Bella tu sei qual sole

  Bianca come la luna

  E le stelle le più belle

  Non son belle al par di Te… -  

   (e tornano antiche voci      

              a restituirmi i doni                                    

                             per la nuova alba)


mamma

feci nodi di stelle per le tue mani in preghiera

di stanca attesa in notti lente

 a lasciare il corpo ferito

e un desiderio di quiete pacificata lungo i sentieri

fioriti di cielo nei tuoi occhi preparati al distacco

spente le promesse

alla promessa di nuove estati 

al mare insieme.

Per vestirci d'azzurro

             ancora.

E mi ritrovo qui a disfare

 la burla atroce di un aprile

di rimorsi sulle attese disattese

il silenzio del mare 

Notte di resurrezione

Si uncina alle stelle un nido

di luna a fare grande il fiore

che sanguina di spine a oriente

a ferire la notte

Tace il pigolio di uccelli

appena nati alle grondaie del cielo

Ieri fu incanto delle tre lune

dietro i vetri della sera

la rosa la rossa la dorata

in sequenza di lento salire

fino alla curva alta della luna

di luminosa madreperla fra le dita

(domani si fermerà nei miei occhi

 e avrà un sogno addormentato tra le ciglia...)

10 maggio 2020

È una luna di madre

materna luna

che improvvisa mi appare

nel buio della notte

e la rischiara

Luna di molti figli e tante madri

la mia infanzia

Luna di poche madri e pochi figli

l'infanzia dei miei ragazzi

rose e gigli cresciuti 

alle mie mani

Luna enorme e morbida 

di carezze in questo cielo

di maggio che sa di papaveri

e di ciliegie ardenti di terra

innamorati di tenerezza

Braccia di madre ad accogliere

riccioli addormentati

e ciglia chiuse forzieri di sogni

Questa luna incantata

strappata al cielo dell'alba

offro ai miei figli in dono

luminosa tra le mani a culla 

per l'amore che mi portano

- scambio di reciproco AMORE -

in panieri mai sazi

          dei dolcissimi frutti 

mescolati alla rossa fiamma

della risata variopinta dei fiori...

(il tramonto mi ha regalato

   un sole gabbiano dorato

 per restituirmi una luna materna 

      con occhi grandi di luna

   in cui a fare chiara la notte 

                    ride

       una mamma bambina)

Un abbraccio di madre-figlia-due volte madre. Alla prossima. Angela

lunedì 8 maggio 2023

Lunedì 8 maggio 2023: Tutte le donne (o quasi) di Alberto Tarantini, mio stratosferico amico...

Velocemente passano i giorni, una settimana tira l’altra trascinando la nostra vita… A caso o secondo una oculata distribuzione di gioie e dolori, di bene e di male? Personalmente propendo per la seconda soluzione: niente avviene per caso. Tutto ha un ordine a noi sconosciuto perché la nostra mente, limitata dalla zavorra del corpo, non riesce a spaziare nel mistero che ci circonda e ci attraversa tra i due fondamentali argini: nascita-morte. In mezzo scorre la vita. E, in questo scorrere, pianifichiamo il nostro tempo in giorni, mesi, anni, mettendo più o meno in conto le sorprese, le imprevedibili svolte della vita, il ritorno sui nostri passi, il fare tesoro o meno delle esperienze già vissute e magari rinverdirle con qualche novità per rompere le catene delle abitudini, dello scontato, della banalità quotidiana con l’estro della nostra fantazia e immaginazione…

Questo preambolo mi serve oggi per parlarvi di un amico poeta, scrittore, attore, ma anche medico (ginecologo), Alberto Tarantini, che con la sua geniale autoironia spezza quotidianamente le gabbie dell’ovvio per sfidare sé stesso e quanti lo conoscono. Compresa me. Oggi, per esempio, è atteso all’“Open” di Corato (Bari) per presentare il suo nuovo libro, che ama definire “saggio” prendendosi un po’ tanto in giro e prendendo in giro tanto di un po’ i suoi tantissimi affezionati lettori. E la vita cambia aspetto. Improvvisamente cambia colore. Si tinge di curiosità e di attesa. Di motivazione ad essere presenti con un po’ di pruderie per via del titolo catturante Tutte le mie donne (o quasi) - Saggio sull’amore (o giù di lì) -. La Casa editrice, manco a dirlo, è ancora una volta la SECOP (Corato-Bari).

Ebbene, perché ne parlo anche con voi, nel nostro blog? Per affettuosa solidarietà. Un po’ di pubblicità non guasta, anche se Alberto non ne ha bisogno. Ma ne ho bisogno io in quanto postfatrice del medesimo saggio, di cui amo sottoporvi, a mo’ di assaggio, alcuni stralci per anticiparvi il gusto delle risate che Alberto Tarantini suscita con la sua scrittura. Naturalmente, ci sarà qualche stralcio della mia postfazione che amo definire “Tracce”.

E parto da Alberto con il suo primo incipit, una dedica con un pizzico di ironia o quasi: Da buon anaffettivo/ non abbandono mai/ le mie donne./ belle o brutte,/ prima o poi/ diventano poesie. Lusinghiera per le donne? Forse! Io non mi fiderei molto delle affermazioni iperboliche di Alberto. In verità, mi fido molto delle sue poesie, molto meno delle sue intenzioni ondivaghe, fluttuanti, sempre sul filo del dubbio e delle incertezze. Contraddizioni? Anche. Noi tutti viviamo di contraddizioni, dubbi, incertezze. Guai se fosse il contrario. Sarebbe la morte della curiosità che genera il cambiamento, generalmente in meglio, di quello che siamo. Con Alberto è diverso. Lui è sempre, nel bene e nel male, fedele a sé stesso. Al suo pessimismo cosmico elargito con tanta magistrale autoironia che non possiamo fare a meno di rinfrancarci con una bella risata, perdendo magari di vista il nocciolo della questione.

Ed ecco, tanto per fare un esempio, l’esergo del Prologo, intitolato “Il giusto mezzo”, in cui notiamo la sua plateale contraddizione: Le stucchevoli glasse del cuore,/ si sa, mi sballano la glicemia,/ ma, dico, nemmeno fa bene/ tirare solo d’insulina., che ci lascia a metà strada tra le sue difese dall’amore e le sue propensioni ad amare (e il plurale di “difese” e “propensioni” è ampiamente voluto!).

E, infatti, Alberto inizia così: Ho esordito tardi in fatto d’amore, poi è andata anche peggio. Ops! Temo di aver bruciato già il finale. Pazienza. In fondo non è un libro giallo. Al limite, nero. Vorrà dire che quel po’ di suspense che rimane me la riserbo per l’inizio. Sì, insomma, dipende da che s’intende per amore. Se s’intende quella cosa strana, l’unica al mondo dove ti senti esperto dopo una volta, cancellando paura e ignoranza come mai esistite, beh… in tal caso confermo quanto detto: il sesso mi ha conosciuto tardi. Buon per lui. Se invece si fa riferimento alle farfalle nello stomaco o di altr turbamenti psico-fisici di tal fatta, lì sì, non sono poi messo così male. O quantomeno non peggio di tanti altri…  Che ve ne pare? Avete scoperto il suo arcano mistero? Io ancora no. Però leggere la scrittura di Alberto Tarantini è davvero un piacere che sfocia nel diletto, che è molto di più del piacere: è divertimento succoso, strabiliante, “sequestrante”.

E che dire dei suoi ragionamenti “a rovescio” come “Il sesso mi ha conosciuto tardi” e non viceversa “Ho conosciuto tardi il sesso”? Può sembrare una questione di lana caprina e invece, a mio parere, c’è tutta una filosofia di vita da scoprire, il suo essere “capovolto” per tante ragioni che mi piacerebbe ipotizzare e analizzare. Ma mi cattura immediatamente la sua impareggiabile autoironia: “Buon per lui”, che davvero capovolge il cielo. E così, di pagina in pagina, percorriamo con Alberto le sue centomila avventure, tutte vere e tutte al limite del surreale e con infiniti tentativi di fuga per evitare catene e compromessi, salvo poi a “piangere sul latte versato”.

Subentrano, allora, le mie Tracce per meglio definire il nostro “eroe del sesso sfigato e dell’amore rimandato all’infinito…”. Eccone un assaggio: E anche qui l’Autore rivela due sole fedeltà: alla Casa editrice e a sé stesso. Sembra impensabile, ma è così. Alberto professa da sempre una incontenibile allergia alle “catene” di qualsiasi genere, soprattutto a quelle d’amore, tradotta in comportamenti di fuga (in parole, opere e omissioni), ma poi rimane ancorato, anche in un saggio, genere che sperimenta per la prima volta, al suo cliché di sempre. E menomale! L’autoironia, infatti, formicola nel DNA di Alberto Tarantini e, quindi, nonostante il saggio (o forse proprio perché è un saggio, punti di vista!) è un continuo fuoco d’artificio che lo diverte e ci diverte. Il suo umorismo è degno, a mio parere, della migliore letteratura mondiale della risata. E mi piace risalire innanzitutto al greco Aristofane, nelle cui commedie si mescolano farsa caricaturale (di incredibile forza comica) e delicato lirismo. Non a caso, a mio parere, i personaggi aristofaneschi somigliano molto a quelli tarantiniani: filosofi amanti di astrusi ragionamenti, poeti e artisti spregiudicati e impudenti, anche un tantino triviali, ma con avveduta accortezza a non risultare volgari. Aristofane, come Alberto, ride e fa ridere di tutto e di tutti, dei politici soprattutto, ma anche delle vicende umane e in qualche modo divine. (…). Ma potrei pensare pure all’umorismo di Jerome K. Jerome di Tre uomini in barca oppure ai nostri grandi autori, agguerriti nella comicità elegante, sorniona, ad effetto. Parlo di Ennio Flaiano, Stefano Benni, Achille Campanile, scrittori capaci di mescolare ironia e autoironia, nella forma più alta d’intelligenza mista al cuore per un “sentire” particolare, che si fa carico di colpi bassi che non riguardano più esclusivamente la testa. Proprio come avviene in Alberto… e non vado oltre.    

Tutta da leggere è, però, la pregevole Prefazione di Mariella Medea Sivo, che, da tenera, ironica e generosa amica di sempre, ha, con competenza medica e intelligenza letteraria e umana, fatto un cesello di rimandi colti, appassionati, appassionanti, di Autori famosi a livello mondiale, per consegnarci un Alberto Tarantini non inedito, ma sicuramente legato (…) al suo essere poeta, giullare e filosofo, eroe dei tempi moderni, che non si accontenta di facili certezze, destinato spesso all’incomprensione, pervaso da una venefica forma di pessimismo radicale frutto dell’insanabile conflitto fra sogno e realtà.

Ma domani è anche il compleanno di Alberto e a lui voglio dedicare, con grande affetto, questi versi: E' tempo di andare oltre il disincanto e la battuta/ tempo di nuovi giorni vestiti a festa/ come veste/ di coccinelle a ridere/ con sette punte di fortuna./ E traguardi di 22 orizzonti/ additano ai tuoi occhi feriti/ di nuovi incanti./ E ti cantano l'amore/ con astruse parole per difenderti/ dall'assalto del centomilionesimo/   compleanno   / con una battuta d'arresto sui giorni passati/ e nuovi fiori di prati sconfinati/ da cogliere/ per regalare al mondo intero/ la risata obliqua del tuo genio vero.

E qui chiudo. Non senza una raccomandazione: chi abita a Corato o nei paesi viciniori farebbe bene ad esserci stasera all’Open per gustare una serata, che prevedo scoppiettante, e tornare a casa di buonumore (e ne abbiamo tutti un gran bisogno ai nostri giorni!) con magari il suo imperdibile libro (ma questo è facoltativo) tra le mani… A presto. Come sempre, la vostra Angela

giovedì 4 maggio 2023

Giovedì 4 maggio 2023: per dire grazie…

E oggi riprendo a scrivere sul nostro blog per dire grazie a quanti mi/ci leggono e mi/ci corrispondono con tanto gioioso e attento coinvolgimento. Ero partita con il menzionare molti di voi con i vostri bellissimi commenti, troppo belli e profondi e sinceri perlopiù rivolti alla mia scrittura e alla mia persona con il mio carico d’amore e di solore, di nostalgie e di rammarichi, di peccati e pentimenti, di illusioni e delusioni, fragilità e coraggio, scoramenti e rinascite… ma poi ho cancellato tutto perché ho provato la sensazione piacevole/spiacevole della consolazione ma anche di una percezione di me bellissima che, però, non mi appartiene. E così, per dirvi grazie, lo faccio con due poesie che forse meglio mi connotano:

Fiorì poesia

 

dal confuso nido d'api che ronzava

nella testa di riccioli e di vento,

e uno sgomento di mani

a non capire la santità della destra

ingarbugliata dalla sinistra più veloce.

Fiera, ma umiliata di punizioni d'aver osato

sfidare la natura e la convenzione.

E il diavolo con la penna e il braccio

sbagliato a condurla a perdizione.

Il coltello, il taglio traverso sconnesso.

Fiorirono versi raccolti

dai passi maldestri e impauriti,

le corse impedite, le parole ingoiate,

e la paura di non capire,

le lacrime versate nel silenzio delle sere

- solitarie capinere –

sul cuscino e scoprirsi tutta da rifare.

Ricominciare.

Fiorì poesia sulla falsa allegria, lo specchio

incantato, la bellezza scoperta,

la risata inventata.

Il canto urlato, la pena nascosta,

l'andare via di mia madre

e lacrime ingoiate

nella corsa delle spalle nel cortile fiorito.

Lacrime sconosciute

a lei che, senza i miei occhi e le mani

(tranne il cuore) a trattenerla, andava via...

La gola strangolata di tristezza.

La sua? La mia?

Cantavo a squarciagola.

Quel coltello a trapassarmi l’anima.

E venne la Parola

salvata da grilli e pulcini e gatti

e un frinire di cicale usignoli e canarini.

Una parola che faceva male.

Parole Parole Parole di cielo-mare

da scrivere crocifiggere amare

sulla pagina dei sogni da sognare.

Parole in fiumi di pensieri rondini di sole

con ali magiche d’iridescenti colori

a cancellare nuvole e rimpianti, il pianto.

E scoprire come d’incanto voli e canto.

L’incanto di sapermi viva

con un fascio di versi fioriti d’improvviso.

Il mio sorriso.

E fu gloria per i miei sconosciuti altari

da chi ignorando semi da curare con l’amore

a me dovuto

lasciò fiorire i miei rami di neve

(pagina bianca su cui lieve

   esplose d’orgoglio e illuminò

        il buio d’ogni ferita

                          Madre Poesia…)

 

Nel tempo che rimane

In questo tempo che mi rimane
breve come un volo di farfalla 
che mi vibra dentro
e lungo come il rimpianto
che non mi lascia tregua
conservare vorrei
in uno scrigno da maneggiare
con cura
tutti i respiri del cielo che non ho
saputo afferrare
la voce di mio nonno perché
non vada perduta
gli occhi di mia madre 
che sapevano la carezza non data
i pensieri di luce delle mie figlie
e per me la cura d'amore
Peter Pan cuore del figlio
matto da legare
e mani di tenerezza antica 
per i sogni
dei miei due ragazzi d'oro puro
perché ne conservino il ricordo
e la presenza quotidiana
per i giorni dell'assenza
che verranno
E lasciare andare vorrei
sparse al vento della notte
perché nessuno le veda
le lacrime versate e i pensieri
"corvi neri" che atterrirono
le ore senza scampo dei tormenti
Le parole inutili lascerei
quelle mai pronunciate
per troppo pudore o timore
che non ebbero suono
di risentimento o di perdono
E quelle scritte che non ebbero
Senso
La tristezza di ogni inganno
L'amarezza di ogni dono rinviato
Il canto della nostalgia e il disincanto
per chi mi ha abbagliato
senza donarmi la luce di una stella
Il dolore per ogni indifferenza
lascerei andare
e per tutto quello che non meritava

tanto dolore
Lasciare vorrei
a chi non mi ha creduto
il peso di ogni macigno a curvarmi
le spalle e l'anima
E tremante come margherita

dopo il disgelo librarmi vorrei
nell'immenso azzurro cielomare
portando tra dita di preghiera
lo stelo dorato di una POESIA
non ancora sbocciata alla Vita...


(un puntino luminoso essere

             vorrei

                        nell'INFINITO...).

 

E per oggi chiudo. Mi è bastato stare insieme ancora una volta per dirvi grazie dal più profondo del cuore. E dico anche “Gracias a la vida”, come ha scritto e cantato Violeta Parra nel suo Cile e non solo. Gabriella Ferri e Joan Baez ne hanno fatto un capolavoro cantato in Italia e nel mondo intero. Alla prossima. Angela