Ieri, 11 gennaio, mentre io ricordavo tra le lacrime la morte del mio amatissimo nonno, avvenuta nel lontano 1967, uno dei pochi uomini “NOI” che ho conosciuto nella mia lunga vita, anche se ne ho incontrati parecchi che mi abitano dentro, mi raggelava la notizia della morte prematura di David Sassoli, fino a ieri sorridente e autorevole Presidente del Parlamento Europeo, un uomo quanto mai importante, ma soprattutto un uomo buono, generoso, altruista, ricco di umanità. Un uomo che ho sempre stimato, apprezzato, ammirato, al di là del ruolo ricoperto, dapprima come giornalista e poi come politico. Una vita attraversata con passione, dal giornalismo alla politica, sotto la luminosa eredità di Don Lorenzo Milani, il “prete scomodo”, e del suo “I CARE”, scritto a caratteri cubitali sui muri della sua scuola per i ragazzi diseredati di Barbiana. Sassoli lo aveva conosciuto personalmente da bambino in quanto suo padre era uno dei tanti parrocchiani di don Milani. Sulla sua scia aveva cominciato a scrivere articoli per giornali locali per poi passare a <Il Giorno> fino ad entrare nella RAI, diventando volto noto per molte famiglie italiane che avevano cominciato a seguirlo su Rai 1, di cui divenne anche vicedirettore. Dopo il 2009 decise di dedicarsi alla politica, militando nel Partito Democratico, Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici, fino a ricoprire la carica di Presidente del Parlamento europeo. Questa in sintesi la sua biografia. Ma David Sassoli è stato un europarlamentare che si è battuto per la giustizia e lo sviluppo sociale, la solidarietà, l’uguaglianza, la difesa dei diritti umani e della Pace. L’uomo del “NOI”, dunque: gentile, affabile, sorridente. Un grande idealista nel rispetto della democrazia e dei diritti umani a tal punto da desiderare che nei saloni dell’Europarlamento di notte venissero ospitati i senzatetto che dormivano lungo le strade infreddolite di Bruxelles o di Strasburgo, dove aveva i suoi uffici. E si è battuto fino alla fine per una Europa unita con uno sguardo lungo verso orizzonti di Pace, quotidianamente voluti da tutti e da ciascuno in atti concreti di solidarietà verso i migranti, i poveri di tutto il mondo, i confini e i muri da abbattere per costruire ponti e strade verso nuovi domani, con i giovani protagonisti del proprio e dell’altrui futuro. La sua morte ci sgomenta anche per questo. Chissà quanto avrebbe potuto dare ancora all’Umanità con la sua Umanità. Le tante lacrime della gente comune stanno da ieri a testimoniarlo, ma il cordoglio sincero e commosso è di tutti in tutto il mondo.
Ma l’11 gennaio del
1999 è volato tra le stelle anche un altro “NOI”, che ha cantato per chi aveva
fiori da offrire pur vivendo nel “letame” di una umanità diseredata e spesso
emarginata contro il luccichio dei diamanti della cosiddetta “gente bene”, più
volte da lui denunciata nei tanti vizi e nelle scarse virtù: Fabrizio De André. Mi piace riportare a
riprova di quanto vado scrivendo il postin cui si parla del rammaricato
commento di Davide Nicola sui propri canali social: Fabrizio De André, scomparso ventitrè anni fa, e David Sassoli, il
Presidente del Parlamento Europeo venuto a mancare nella notte per una grave
complicanza dovuta a una grave disfunzione del sistema immunitario (non dovuta
alla vaccinazione). L’ex tecnico del Genoa cita un passo de “Il Pescatore”:
<Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno,/ non si guardò neppure intorno,/ ma versò il
vino e spezzò il pane,/ per chi diceva
ho sete e ho fame>. Poi una frase emblematica di Sassoli: <I poveri non
possono aspettare e non possiamo restare indifferenti rispetto alle persone in
grave difficoltà>. <Due grandi uomini così diversi, uniti dal senso di
Solidarietà come valore fondante> chiosa Nicola.
Beh, possiamo citare
insieme le tante bellissime canzoni di Faber e scoprire sempre in lui il “NOI”
a volte sottinteso e a volte così lampante da illuminare le voci sarde dei
valori eterni perduti in questo nostro tempo effimero e distratto, oppure
ritrovarlo continuamente nell’album musicale “La buona novella”, in cui parla
dei Vangeli e di Cristo, o più
semplicemente in “Bocca di Rosa”, in “Andrea” o nel “Fiume del Sand Creek”, “La
guerra di Piero” (… Sparagli Piero,
sparagli ora/ E dopo un colpo sparagli ancora/ Fino a che tu non lo vedrai
esangue/ Cadere in terra a coprire il suo sangue// E se poi gli sparo in fronte
o nel cuore/ Soltanto il tempo avrà di morire/ Ma il tempo a me resterà di
vedere/ Vedere gli occhi di un uomo che muore…) e persino ne “Il testamento”,
dove però c’è l’ultimo verso che dolorosamente descrive la solitudine della
morte per ciascun essere mortale: “quando
si muore si muore soli”.
In verità nessun uomo
che è vissuto per gli altri muore solo. C’è sempre il cuore di qualcuno o di
tanti ad accompagnarlo in un ricordo senza fine…
La mia umile voce sul "NOI"!
RispondiEliminaUn abbraccio grato a te, Angela 💖🌹
Fragore d'acqua/
Una carezza sul sagrato/
di un'alba sonnolenta/
alla fontana degli sguardi/
Il lento movimento /
di un tintinnio d'anime/
dove si intrecciano/
i respiri di fiori e ricordi/
Un refolo di stelle/
che muove parole/
Mariateresa