venerdì 2 agosto 2019

2 agosto: ancora il mare da cercare...da salutare...


Una settimana fa precipitosa fuga dal mare. Stamattina siamo tornate a salutarlo.
Altro luogo, altro nome, ma sempre mare. Distesa azzurra che si confonde col cielo, in uno scambio di labbra d’amore. Sì, non importa che si chiami Ionio o Tirreno. Il primo, cristallino. Da cartolina. Il secondo, meno limpido e con la sabbia ferrosa, più scura, meno invitante di quella di Torre Lapillo, ma sempre e ancora mare, sempre e ancora sole, cielo, gabbiani in volo, vele a portare lontano, pensieri colmi d’azzurro per una serenità tutta da conquistare dopo due giorni di tempesta interiore, di miseri naufragi, imprevedibili e per questo più devastanti. Ma poi l’azzurro cielo/mare sgombro di oscure nuvole a riportarmi il sereno e pensieri positivi e un sorriso a contrastare quelli negativi, che ti fanno affondare in un pozzo di dolore, da cui bisogna riemergere per ritrovare il cuore e la sua innocenza. Non sempre è facile distinguere tra ciò che appare e ciò che è. Non sempre è facile dimostrare la propria incapacità di fare intenzionalmente del male. E che, se è accaduto, è avvenuto senza la cattiveria di colpire. Ma la consapevolezza di non poterlo dimostrare se non scoprendo il "vaso di Pandora", e rischiando di fare davvero male a più persone, logora più del male ricevuto in seconda battuta intenzionalmente. E i pensieri, né positivi né negativi, ma pensieri e basta, che pensano altri pensieri, riprendono a parlarmi del mare, del suo “eterno movimento”, delle onde e delle maree, degli scogli schiaffeggiati dalla spuma che s’innalza sfrangiata e luminosa quanto più il mare è in tempesta. Un richiamo alla vita. Alla sua quotidiana tranquillità e alle sue incontrollabili bufere. Alle sue mille direzioni verso mille e più orizzonti e la ricerca sempre più affannosa e disperata di un faro e della sua luce. Di un porto sicuro cui attraccare per non rischiare di perdersi e di morire fra i marosi dell’inesorabile tempesta. Un richiamo alla bellezza oltre ogni bruttura... oltre ogni inganno della vita stessa... Oltre ogni possibile dolore e pentimento...
“Gli uomini son come il mare”, mi canta dentro Vecchioni. E piango perché è vero!


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