Passati i giorni delle
stelle cadenti, rimane nel cielo una luna piena che sfolgora di luce azzerando
anche la luminosità delle stelle quanto e più dell’inquinamento luminoso dei
nostri paesi e delle grandi città. Sono a Roma e dalla terrazza di mia figlia
guardo Ostia lontana, sommersa da luci.
Non so se ancora oggi
i giovani amino riunirsi sulle spiagge la notte di ferragosto per accendere
grandi falò a trattenere il calore del sole e quella luce che pian piano
scarseggia perché si va incontro al tramonto dell’estate e alle prime ombre
autunnali, ai primi acquazzoni settembrini, alle prime nuvole che vanno spinte
dal vento ignorando la meta, alle prime rondini che lasciano i nidi per i Paesi
più caldi.
La mia adolescenza e
la prima giovinezza salutavano così una estate che stava finendo come i Righeira
ci ricordavano, con crudele allegria, dai jukebox dei bar affollati di gambe
giovani e abbronzate. E un vociare d’attesa di chissà quali prodigiosi
incontri. Forse del primo bacio. E i falò erano la nostra allegria, il nostro
canto rossofuoco con le mille scintille che s’innalzavano fino al cielo: una
riserva di lucciole (come io mi figuravo), che sfidava il mare con le sue
lampare in lontananza; una riserva di stelle che sfidava il tremolio di quelle
vere, restie a cadere, mentre noi cercavamo un appiglio ai nostri sogni da
realizzare a tempo indeterminato. E non ci spaventava l’attesa che diventava
speranza tra le nostre mani e un sorriso che sapeva di mistero e d’incanto. Cantavamo
a gola spiegata le meravigliose canzoni dei mitici cantautori degli anni
Sessanta… ed era tutta lì la nostra felicità, anche se non sapevamo
riconoscerla… e il sole ci precedeva, accendendo le strade dei nostri quasi
vent’anni…
Oggi, 17 agosto, qui a
Roma è un nuovo giorno di sole e nuvole. Di venticello leggero. Forse di mare. Ci
stiamo pensando. Roma solo apparentemente è deserta. Tutti sembrano essere
scappati via. C’è ancora aria di vacanza. In realtà, basta andare ai grandi
Centri commerciali per vedere una folla immane che si districa tra vetrine,
carrelli, bibite ghiacciate, bambini che piangono o fanno capricci, e tanti
tanti incollati ai loro cellulari senza guardare, senza vedere, senza comprare.
No. Non ci sono io a trascinarmi tra quella folla, ma ne prendo visione,
attraverso selfie e video postati sui social.
Mi prende un’angoscia
da sopravvivenza.
Come si fa a ignorare
questo cielo/sole/nuvole per guardare esclusivamente il proprio cell. sempre
più intasato di pessime notizie e pochi squarci di luce?
Mi riprende un’angoscia
di sopravvivenza…
Anziani adulti giovani
non hanno più occhi per vedere e cuore per abbracciare il mondo, l’amico, le
persone care, gli altri…
E ancora mi strangola
un’angoscia da sopravvivenza…
Ma le mie figlie
romane mi imbrigliano in progetti di fuga verso il mare. E così andiamo a
incontrare una distesa azzurra quasi incontaminata. Almeno in apparenza.
Ed è subito gioia di
vivere!
Vele bianche all’orizzonte
vincono le residue nuvole, forano il cielo spinte dal vento. Fiori giganti e
pietre levigate nelle aiuole, che delimitano questo ristorante affacciato sulla
sabbia scura, incontrano il nostro stupore prima che si faccia marevelacieloazzurro.
Brindiamo al nostro essere insieme tra terra e paradiso. Mancano solo gli
assenti. Mancano. Quelli che non ci sono più e quelli che tra poco rivedrò in
un abbraccio che sa d’infinito. Già, perché il nostro tavolo è il 98. Dico: “nelle
operazioni di matematica (io che non so neppure cosa siano i numeri!), il nove
si elimina (è un gioco che mi piace fare per ridurre all’essenziale una serie
di numeri per ricavarne il significato misterico e non, in numerologia). Resta l’otto.
Beh, se lo rovesciamo in orizzontale abbiamo l’infinito…”.
Vorrei continuare a
disquisire poeticamente tra numeri, calici di vino bianco, vele, mare, cielo,
azzurro, infinito, ma rischio di suscitare solo un oceano di risate.
Meglio tacere e
respirare questo giorno di luce prima che le ombre della sera rivestano i miei
occhi di rinnovata malinconia…
Per oggi i social
possono aspettare…
almeno fino al cadere
delle stelle e all’apparire della luna piena col suo volto eternamente stupito
del suo stesso luminoso splendore… forse del suo sogno...
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