[Pagina estratta del numero di giugno di DIALETTICA TRA LE CULTURE - Roma]
Dal 1996 al 2002 ho lavorato in un famoso studio di registrazione e produzione musicale, qui a Roma. Sono stati i 6 anni più folli e divertenti della mia vita. Un caleidoscopio di esperienze, emozioni, avventure, incontri, amicizie, feste, personaggi, musica, allegria, vita.
6 anni irripetibili.
Ho incontrato tantissimi artisti, con tanti di loro ci sono diventato amico.
Tra tante personalità artistiche ho avuto, nel 2000, l'immenso onore e privilegio di incontrare anche Vittorio Gassman, pochi mesi prima della sua scomparsa.
Il Maestro doveva registrare una collana di cd nella quale recitava le poesie più rilevanti e rappresentative della letteratura italiana dell'800 e del 900.
Sua la scelta.
Un progetto importante, monumentale che vedeva anche la prestigiosa partecipazione di Roberto Herlitzka, Ugo Pagliai e Lina Sastri.
Ci dettero due settimane di preavviso. Quindici giorni in cui si viveva una strana eccitazione mista a paura. Tutto doveva essere perfetto: la registrazione non doveva avere intoppi e lo studio doveva essere al massimo dell'efficienza e della confortevolezza.
Arrivò il giorno, di pomeriggio. Vittorio Gassman scese dal taxi, strinse la mano al tassista accennando un sorriso, alzò la testa, guardò oltre il tettuccio della macchina e ci scorse dall'altra parte della strada. Eravamo tutti sull'uscio dell studio, in piedi, quasi sull'attenti, trattenendo un po' il respiro. All'epoca avemmo tutti la malsana idea di ossigenarci i capelli, una selva di teste bionde/bianco ghiaccio, protopunk fuori tempo massimo. Gassman si avvicinò, ci squadrò uno per uno, sorrise e strinse la mano a tutti, addirittura presentandosi con un dolcissimo e rassicurante "Piacere, Vittorio". Fummo tutti investiti da un'aurea strana, infondeva benessere elettrizzante. Era molto alto con un'andatura sicura ed elegante. Chiese un caffè. Chiamai il bar, arrivò un ragazzo che per poco non fece cascare tutto non appena si accorse della presenza del più grande rappresentante vivente del cinema e teatro italiano. Gassman lo ringraziò con garbo e gli strinse la mano.
Il primo giorno di registrazione passò in fretta. Gassman non perdeva un colpo, lucido e determinato, divorava intere poesie con grazia inusitata, la solita classe immensa. Le uniche pause o rifacimenti erano dovuti ad una tosse radicata, era l'unico autorizzato a fumare in sala. E di sigarette ne fumava davvero tante e ad ogni colpo di tosse si rimproverava (il suo "fuma stronzo, fuma"... da autodedicarsi in maniera reiterata era quasi un mantra, era la nostra catarsi, lo sciogliersi della tensione in una risata liberatoria e salvifica). Non solo sigarette, come vizio incontrollabile, ma anche tanti cioccolatini. Aveva la predilezione per una marca particolare. Mi premurai in seguito di farglieli trovare tutti i giorni, tranne una volta. Al solito bar erano finiti, girai per altri bar ma nulla. Comprai qualcosa di simile e glieli portai, convito che non li avrebbe graditi. Lui li guardò, guardò me, riguardò i cioccolatini e, in anticipo sulla mia mortificazione, mi sorrise dicendo: "grazie, sono proprio quelli che volevo". Mi rincuorai. Quasi si fosse creato un legame segreto tra noi.
Finì la prima giornata, Gassman sempre con grande educazione, chiese un taxi. Lo chiamai.
Il taxi arrivò, ma Lui si attardò un bel po' prima di lasciare la sala, continuando a parlare con tutti noi e non risparmiando grandi sorrisi che accompagnava a movimenti degli occhi, a volte semichiusi a volte spalancati, penetranti e profondi. Era estasi pura sentirlo parlare con il suono magico della sua voce, il suo gusto nella ricerca delle parole, perfino le sue pause trasudavano eleganza. Noi ascoltavamo rapiti, completamente ipnotizzati.
Suonarono alla porta, era il tassista, furioso. Stava aspettando da un quarto d'ora ed era pronto ad inveire finchè non si accorse del suo cliente speciale. Diventò immediatamente docile, riverente, quasi servile, dalla bocca gli uscì solo un flebilissimo: mi scusi Maestro...
Gassman sgranò gli occhi, lo guardò e dopo una breve pausa seguita da un profondo respiro gli prese la mano e disse: "no, perdonami tu, mi ero trattenuto con i miei amici. Andiamo".
Fu un gesto meraviglioso, dolcissimo e carico di significati. Un signore, un artista immenso, ma soprattutto un uomo dalla statura enorme. Non faceva differenze, dispensava sorrisi e grandi strette di mano a tutti. Impressionante e straordinariamente grande nella sua semplicità
Le successive giornate di registrazione passarono senza intoppi.
Vittorio Gasmann lavorava sodo, senza pause, si concedeva solo pochi intervalli tra una poesia e l'altra perchè le impreziosiva con aneddoti personali, frutto di studio, cultura, passione. Intrecciò una benevola relazione di amicizia con il fonico Jacopo, che gli era sempre accanto per le registrazioni, lo trattava come un figlio. Durante le pause rideva e scherzava con i suoi illustri colleghi, continuando a prendere bonariamente in giro il "povero" Herlitzka, altro gigante della recitazione.
Quando finì il lavoro e arrivò il giorno del commiato fu come al solito molto gentile, ci salutò tutti, dal primo all'ultimo, anche chi non aveva avuto a che fare direttamente con lui. Grandi sorrisi ed anche qualche abbraccio.
Si chiuse la porta, ma rimasero aperti i nostri cuori, le nostre anime, annaffiate per due settimane da un incommensurabile ricchezza artistica ed umana.
Un paio di settimane dopo, Vittorio Gassman presentò su un canale Mediaset in seconda serata una riedizione del suo Mattatore, credo sia stata la sua ultima apparizione in tv. Vedemmo tutti insieme la prima puntata. Gassman aveva i capelli ossigenati come i nostri. Abbiamo tutti voluto ostinatamente credere ad un piccolo, affettuoso omaggio.
Di sicuro il miglior regalo possibile mai ricevuto è stata la sua presenza nelle nostre vite, seppur per pochissimo tempo. Una presenza con un valore inestimabile fatta di racconti, aneddoti, battute intelligenti e illuminanti, sorrisi e poesia. Tanta Poesia.
“Mi disturba la morte è vero. Credo che sia un errore del padreterno. Io non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me... che farete da soli?”
Ecco, Maestro, non faremo niente, siamo tutti più soli, infinitamente più soli. Da vent'anni esatti.
Grazie di cuore, Maestro.
Giuliano Leone
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