lunedì 20 marzo 2023

Lunedì 20 marzo 2023: Giornata Mondiale della FELICITA'. Si può essere felici? Confrotiamoci...

E oggi parliamo di felicità. È d’obbligo. Dal 20 marzo 2013 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato La Giornata Mondiale della Felicità, che si celebra ogni anno con tematiche diverse. Quest’anno il tema di fondo è: il prenderci cura gli uni degli altri per un duraturo ben-essere psico-fisico di tutti gli abitanti del nostro Pianeta. Ed io, ligia a questo mandato, mi sono premurata di scrivere un quasi saggio collettivo, intitolato La coccinella dalle sette punte, sulla possibilità di essere felice, soprattutto con gli altri. La pubblicazione era prevista per oggi appunto, ma non si è fatto in tempo. Vedrà la luce, spero, fra qualche settimana? Per Pasqua forse. E incrocio le dita. Intanto, ritengo sia bello anticiparvi la Premessa, che è già qualcosa:

<Questo saggio/non saggio potrebbe definirsi forse un libro antologico, insolito perché tende ad abbinare gli scritti e i testi di grandi studiosi (filosofi, scrittori, poeti, scienziati, giornalisti, artisti, cantautori di chiara fama…) con quelli di tanti altri a me più vicini, più a portata di mano, i miei di casa (figli, nipoti, ecc.), amici di cordata, sodali della parola poetica e non, che vanno sempre più utilizzando i social e i nuovi mezzi di comunicazione per contaminare idee e forse per trovare una collocazione nel mondo culturale contemporaneo, dando una sbirciatina al futuro (o a tutti i futuri possibili, immaginati da ciascuno di noi in forme sicuramente diverse), che ben presto si farà presente e disegnerà il profilo di un mondo nuovo (o di altri mondi nuovi), nella speranza che possa essere migliore (o possano essere migliori) di quello che stiamo vivendo e, purtroppo, lasciando in eredità alle nuove generazioni.

Non è un momento storico felice, per cui anch’io parto, contro corrente, da una premessa negativa: la felicità non è…, con l’intimo desiderio che qualcosa all’improvviso mi faccia cambiare idea e mi permetta di guardare con maggiore ottimismo al mondo che verrà. E alla stessa felicità.

Quest’ultima, infatti, oggi come oggi, secondo me, non è tante cose che poi andrò ad   enumerare e ad analizzare per scoprire, via via, come potrebbe essere.

Non ho consigli sicuri, suggerimenti certi, ricette tipo Pomì: “o Pomì o così”. Cioè senza alternative: comprare a scatola chiusa senza discutere. Pena l’infelicità a vita.

Per parlare della Felicità, argomento sempre più attuale ai nostri giorni, così difficili da vivere a livello mondiale per le numerose ragioni che noi tutti conosciamo, ho cercato, prima di sparare a zero sulla possibilità “che ci sia”, sul “forse” e sul “potrebbe”, di informarmi attraverso i tanti libri che ne hanno parlato e che ancora ne parlano quasi fosse un imperativo categorico di ciascun essere umano cercarla quale unica via di uscita dal tunnel del Male o unica possibilità di realizzarsi nella vita.

“… E vissero tutti felici e contenti” come nelle fiabe.

Ma la vita, purtroppo, non è una fiaba. Anche se, volendo o potendo, potremmo renderla magica. Con un po’ di creatività, fantasia, immaginazione. Oggi, però, credo proprio che questi tre salvifici ingredienti servano a ben poco con la minaccia sempre più vicina di una distruttiva guerra nucleare appena fuori dalla nostra porta.

Ma intanto proliferano libri, saggi o romanzi, sillogi poetiche, canzoni, film, persino opere d’arte, trasmissioni televisive e opere teatrali che parlano di felicità: da cercare, perseguire, raggiungere.

I volumi sull’argomento sono davvero tanti: da quelli più conosciuti a quelli più recenti e forse non ancora scoperti e letti dai più. O almeno da me.

Penso, comunque, che dovrei partire dal recentissimo libro del pluripremiato scrittore Marco Balzano perché definisce, in svariati modi, cosa ha scoperto lui della felicità.

Ha pubblicato, infatti, con la Feltrinelli Cosa c’entra la felicità - una parola quattro storie, in cui descrive in terza persona, in una sorta di introduzione, il suo libro:

Felicità è una parola di cristallo, la più soggettiva del vocabolario. Cambia a seconda dei valori, delle condizioni di salute, delle idee, della fede, dell’età, del rapporto con il tempo e con la morte. Muta svariate volte nel corso della vita, poiché a cambiare siamo prima di tutto noi con il nostro orizzonte di desiderio. Definirla, quindi, non è impresa da poco, ma può rivelarsi un’avventura avvincente. Il suo significato, infatti, apre mille strade e mille orizzonti. Per me è uno stato di estasi, per te un momento di inconsapevolezza. Il luogo dove si trasforma di più è proprio la lingua, con i suoi labirinti etimologici perché le parole contengono immagini originarie, miniere di storie e di misteri, che nei sotterranei della nostra mente agiscono e danno forma ai pensieri e alle emozioni di ogni giorno. Marco Balzano varca la soglia della felicità con le chiavi della lingua, o meglio di quattro. Sono quelle in cui la civiltà occidentale affonda le sue radici: il greco e il latino della tradizione classica, l’ebraico di quella giudaico-cristiana e infine l’inglese, lingua universale del nostro tempo. In ognuno di questi idiomi la parola felicità dischiude immagini e significati molto differenti che illuminano valori etici e morali, questioni politiche, atteggiamenti psicologici e, più genericamente, maniere di guardare alla vita e alla morte, al futuro e alla memoria, agli altri e a noi stessi. L’etimologia restituisce alle parole la loro complessità (…). Capire da dove vengono e come sono arrivate a noi le parole ci mostra quanto influiscano sulla nostra vita e come ci plasmino. Al punto da poterci indicare nuovi modi di essere felici. Nota n. 1

Nota n 1 (cfr. M. Balzano, Cosa c’entra la felicità - una parola quattro storie, Feltrinelli, Milano 2022, p. 5)

Le sue parole meritano un saggio a parte sulla felicità tanto sono ricche di molteplici rimandi, ma non posso fare un saggio nel saggio. Sarebbe quantomeno inopportuno, per cui mi limito a dire: le parole del bravissimo Balzano si commentano da sole!

Ma molto significativi sono anche i libri elencati da mondadoristore.it sulla felicità e i mille modi per sfiorarla o raggiungerla o possederla: da Artur Schopenhauer a Ken Mogi.

Alcuni li ho letti. Di altri mi sono accontentata della sinossi anche perché io ho altre idee al riguardo, solo alcune in parte combacianti.

Non a caso, il titolo che ho voluto dare a questo mio saggio poco ortodosso e contro corrente, un po’ a “rovescio” e ricco di dubbi e di incertezze è:

                                                La coccinella dalle sette punte

per propiziarmi un po’ di fortuna, di cui questo insetto così simpatico pare sia “portatore sano” nel corso della sua lunga storia, passeggiando attraverso i secoli e a tutte le latitudini del nostro pianeta.

Sì, perché ritengo che ci voglia anche una buona dose di fortuna nella ricerca e scoperta di una probabile felicità. E la coccinella è rossa, colore che di per sé porta allegria, inneggia alla passione, mette fuoco nelle vene, fa pensare alla primavera quasi estate, alle fragole e ai papaveri, alle albe nei prati e ai tramonti sul mare. In più, ha quei puntini neri che fanno capriole nei nostri pensieri: più ne contiamo più la fortuna è certa. Se ce ne sono 22, apoteosi vincente a supporto della fortuna e della felicità, queste ultime sono assicurate almeno per tre generazioni con il resto di uno (3 per 7=21 + 1= 22!). Non fa una grinza.

E vada, allora, per la coccinella, pura metafora della Felicità. Purché le “punte” non siano spine, coltelli affilati, rovi roventi. Sono, infatti, le coccinelle, feroci predatrici e possono realmente tramutarsi in terribili nemici, cannibalizzare gli altri insetti, persino della loro stessa specie, se dovessero sentirsi attaccate. Anche per questo hanno diverse colorazioni e spesso, soprattutto d’inverno, vivono in colonie per difendersi dal freddo o dalle scarse risorse per la loro sopravvivenza. In questi casi, sono capaci di ricorrere anche a soluzioni estreme, come “decidere di deporre uova sterili extra per assicurarsi cibo” quando e dove scarseggia. Deliziose a vedersi, possono diventare “spietate e infallibili predatrici”.

Eppure tutti amano le innocue (solo in apparenza) coccinelle per la bellezza dei loro colori brillanti e perché considerate “preziosi portafortuna”.

Io spero di mettercela tutta per scongiurare ogni pericolo e salvaguardare la loro fama positiva, che offre quantomeno allegria agli occhi e al cuore. Nota 2

Nota 2 (cfr. “10 curiosità sulle coccinelle che forse non conosci”, articolo a cura di Salvatore Ferraro, kodami.it)>

Ma ritengo opportuno offrire qualche altro stralcio del libro per eventuali riflessioni e commenti, sempre graditi e di cui faccio sempre tesoro. Purtroppo, non sempre sono solerte nel rispondere a tutti, mio malgrado, ma le giornate sono ahimè di ventiquattro ore e, pur dormendo pochissime ore per notte e scrivendo anche di notte, non mi bastano a soddisfare il mio desiderio di ringraziarvi, uno per uno, come meritate. Potrebbe essere anche questo ringraziamento “ad personam” un motivo di felicità? Forse. Potrebbe:

<Prima parte:

la felicità non è…

un fine:

Ne L’arte di essere felici, Arthur Schopenhauer, vissuto nella prima metà dell’Ottocento e definito “filosofo del dolore”, partendo dal principio fondamentale della vita, elaborato in tutte le sue opere, riguardante “il dolore universale o cosmico” espone il concetto sulla felicità in ben 50 massime, che dovremmo leggere e rileggere di tanto in tanto per trovare forse il bandolo della intricatissima e intrigantissima matassa.

Intanto, nel libro, egli afferma: la felicità e i piaceri sono soltanto chimere che un’illusione ci mostra in lontananza, mentre la sofferenza e il dolore sono reali e si annunciano immediatamente da sé, senza bisogno dell’illusione e dell’attesa. 1. nota

1. nota (cfr. A. Schopenhauer, L’arte di essere felici, Adelphi, Milano 1997, p. 14)

Con chiara lucidità e stretto rigore logico a lui consueti, Schopenhauer afferma che la felicità significa imparare a vivere con la minore infelicità possibile, cioè “vivere passabilmente” accontentandosi di un possibile piacere interiore, intimo, personale che si può provare nella scoperta di sé.   

Estrapolo, in estrema sintesi, qualche regola fondamentale:

evitare l’invidia”, perché è una delle principali cause di infelicità per l’uomo;

evitare di tendere al risultato”, mentre è importante il percorso o processo per realizzare qualcosa a cui teniamo molto;

contagiare allegria”, ma controllare anche la smodata fantasia per conservare un sano realismo sulle aspettative;

valorizzare quello che si ha”;

evitare l’infelicità” in ogni modo lecito;

prendersi cura della propria salute” per poter aiutare gli altri;

evitare le situazioni spiacevoli” dovute ai nostri errori;

evitare il piacere personale” nel prendersi cura degli altri e magari sentirsi felici esclusivamente ed egoisticamente per questo.

Ci è lecito cercare la felicità solo eticamente, per poter essere in grado, fattivamente, di procurarla agli altri…

Ritengo che in queste massime Schopenhauer ci abbia dato una grande lezione per superare in qualche modo il dolore e giustificare la ricerca della felicità con il bene che si può fare agli altri, migliorandoli mentre ci si migliora.

In pratica, l’infelicità e la solitudine si vincono con l’Amore che possiamo provare per la natura, il “paesaggio” dentro e fuori di noi, per ogni creatura vivente, per i nostri simili, nella necessaria comprensione del proprio mondo interiore.

Dunque, l’Amore. L’Amore alla base della ricerca della felicità>.

Ma proviamo a vedere cosa succede nella parte seconda, dove si apre uno spiraglio di luce sul “potrebbe” della felicità:

<Seconda parte: la felicità potrebbe…

1.      Essere un Viaggio dentro e fuori di noi:

nei ricordi, nella memoria, nella storia, nella parola…

 

Tutta la nostra vita altro non è che un Viaggio tra due punti essenziali: la culla e l’urna. Un viaggio di sola andata, che ha percorsi diversi per ciascun uomo.

Ma è bene partire dall’alba per giungere al tramonto, e poi la sera, la notte. E dopo?

Ecco cosa scrive al riguardo, con una scrittura altamente poetica e filosofica, William Golding, premio Nobel per la Letteratura nel 1983:

La prima cosa a cui ci abituarono gli antenati fu il ritmo del lento passaggio dall’alba al rapido crepuscolo.

Accettavano i piaceri del mattino, il bel sole, il palpito del mare, l’aria dolce, come il tempo adatto per giocare, un tempo in cui la vita era così piena che si poteva fare a meno della speranza. 1. nota

1 nota (cfr. W. Golding, L’oscuro visibile, Ebook, Mondadori-Oscar moderni, 1979)

Stupenda affermazione che mi spinge ad una riflessione “a latere” non del tutto fuori luogo per via della speranza che era insita nella stessa alba, e i nostri progenitori non dovevano attenderla o proiettarsi nel futuro per afferrarla.

                                                            Bacia l’alba che soavemente geme

                                                            le lievi onde che solleva giocando;

                                                            il sole bacia la nuvola del tramonto

                                                            e di porpora e oro le colora;

                                                            la fiamma che il tronco ardente avvolge

                                                             per baciare un’altra fiamma si sposta

                                                             e persino il salice piegandosi per il suo peso

                                                                sul fiume che lo bacia

                                                                                il bacio ricambia.

                                                                      (Gustavo Adolfo Bécquer)

Meravigliosa poesia di un altrettanto meraviglioso poeta spagnolo del 1800 che descrive in maniera mirabile il passare fulmineo del tempo e delle stagioni della vita senza avere, spesso, la possibilità di godere di tutta la bellezza che la natura offre al nostro sguardo da quando il pianeta Terra conta le sue origini. Allora diventa facile chiedersi:

Come coltivavano i nostri progenitori la speranza nella “non conoscenza”?

E come possiamo coltivarla noi oggi, visto che da tanto ormai, e soprattutto ai nostri giorni, abbiamo sollevato il “velo di Maya” e c’è sovrabbondanza di sapere, avendo anche sdoganato le tantissime esternazioni dei frequentatori seriali dei social?

Intanto, penso che, facendo riferimento al velo di Maya, sia opportuno richiamare alla memoria il nostro buon Schopenhauer, che ce ne ha parlato nelle sue tante opere sulla sofferenza esistenziale e il suo possibile superamento, indicando, per nostra fortuna, le tre vie della redenzione dell’uomo, sempre “oscillante” tra la noia e il dolore. E sono: l’Arte, la Pietà e l’Ascesi. Nota n.2

Nota n. 2 (cfr. A. Schopenhauer, La saggezza della vita. Gherardo Casini editore, laFeltrinelli, Milano 2010)

Ritengo che, purtroppo, siano tre soluzioni poco praticabili o realizzabili ai nostri giorni, in cui regna sovrano il culto del brutto, della volgarità e della violenza; la paura della guerra nucleare; il bisogno di immergersi tra la folla ritrovata quasi che il Covid 19 sia un lontano ricordo e non una minaccia sempre incombente, date le sue continue mutazioni.

Ma desidero cercare e trovare un valido appiglio di speranza soprattutto facendo riferimento alla Generazione Z di fine millennio e inizio nuovo millennio. Generazione, che è padrona della tecnologia digitale e ha nuove modalità di approccio al mondo virtuale e reale, più consapevole e responsabile dei pro e dei contro dei nuovi sofisticatissimi strumenti di informazione e comunicazione a livello planetario e interplanetario.

Oppure ai Ragazzi “Indaco” e “Cristallo”, che lasciano ben sperare in una nuova spiritualità, fatta di riscoperta del Cristianesimo e di un nuovo Umanesimo.

Sono, tra l’altro, anche ragazzi dotati di straordinaria memoria, chiaroveggenza, sensibilità artistica, attitudini paranormali, sensitività, telepatia, talento nelle sue molteplici applicazioni. E di AMORE nel sommo grado del PERDONO. Nota n. 3

Nota n. 3 (cfr. Generazione Z, Wikipedia, w https://it.m.wikipedia.org>wiki>)

Saranno questi nuovi nati tra i due millenni a favorire un cambiamento di rotta a livello mondiale e a scongiurare le guerre in atto e la distruzione del nostro pianeta?

Io spero nelle loro “ribellioni” positive e propositive e spero anche nelle loro parole nuove, in prosa e in versi, a tenerci compagnia durante il viaggio dell’anima in cerca di possibili rive di felicità.

Occorre munirsi di ricordi. Approdare all’infanzia del mondo, alla nostra infanzia, a quella dei nuovi nati per scoprire quanto diverso sia stato e sia il modo di essere bambini nello scorrere del tempo.

Ai primordi dell’umanità era appunto la “non conoscenza” a colmare gli occhi di “curiosità” per scoprire il mondo e farselo amico, in mezzo a enormi difficoltà di “adattamento reattivo” alla ostile realtà circostante.

La nostra infanzia, invece, ha avuto sapore di grandi scoperte e di enormi perdite di riferimenti valoriali da recuperare.

Oggi c’è tanta conoscenza e tanta realtà virtuale da confrontare con quella reale sempre più filtrata, spesso negativamente, dai nuovissimi strumenti di informazione e comunicazione anche a livello digitale.

Rimane la fiducia nei nuovi bambini e nella possibilità di una rinata Umanità, attraverso appunto un nuovo Umanesimo. Nuove possibilità di felicità? Forse.

Ma la fiducia è indispensabile, se vogliamo ogni giorno guardare il mondo con occhi nuovi e imparare nuove cose. Magari partendo dal punto 0.

È dal punto 0 che abbiamo cominciato ad aver paura? 

Dal sentirci improvvisamente scaraventati, come già ipotizzato, nella immensità del mistero della vita? Eppure il punto 0 potrebbe essere altro…>

E il saggio si dipana lungo un percorso di ricerca per scoprire tutte le possibilità che potremmo avere per sfiorare la felicità o raggiungerla almeno per pochi attimi o per tutta la vita. Impresa non facile. Per questo mi avvalgo della collaborazione di molti amici, parenti, lettori. Credo che sia venuto fuori un mosaico interessante. Un puzzle, in cui tutte le tessere si vanno ad incastonare per avere un quadro d’insieme abbastanza rassicurante per poter sperare di afferrare un pizzico di felicità, quanto basta (q.b.) per non sentirci mai soli in questa traversata che chiamiamo vita.

A presto, dunque, con l’AUGURIO che tutti INSIEME si possa provare, nonostante tutto, ad essere FELICI! Alla prossima. Angela

  

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