E siamo a una nuova Vigilia. Mi sembra giusto condividere con voi la bellissima Postfazione di Vito Di Chio al suo saggio sulla mia scrittura. È vero, ve l’ho letta durante il mio Retino di una settimana fa, ma voglio riproporvela perché non se ne perda neppure una parola tanto è densa di senso/significato e di profonda poesia da toccare tutte le corde del nostro cuore.
POSTFAZIONE: VIGILIA
… e dunque, anche la recente
pubblicazione del romanzo - LE PIOGGE E I CILIEGI. FOGLIE E FRUTTI DI UN
ALBERO SEMPRE VIVO - si conclude con la parola FINE a cui però
la poetessa aggiunge - come d’altronde in tutti i suoi scritti - tra
parentesi un magico ammiccamento (quasi?) per il lettore.
Non siamo dunque alla
“fine”, ma alla vigilia di altra fatica, di altre opere, di altri sogni, di
altre emozioni, di altra creatività.
Per questo desidero dedicare ad
Angela De Leo le mie brevi riflessioni sulla VIGILIA come un mio grazie per
tutta la ricchezza poetica, di cui mi ha fatto dono.
Chi - come me - si riconosce nella
lunga tradizione cattolica, sa certamente di che cosa parliamo, quando
affermiamo: oggi è vigilia -vigilia di Natale, quella di Ferragosto-, vigilia
di un esame, vigilia di una partenza, ecc.
Tanti di noi sentiamo quanto sia
bello il sabato, vigilia per eccellenza: dolcemente ci vengono spontanei
sulle labbra i due versi leopardiani: Questo di sette è il più gradito
giorno/ pien di speme e di gioia.
Una parola che mi ha sempre
affascinato, perché all’interno della vigilia avverto subito una specie di
inquieto coinvolgimento della persona e di apertura all’altro.
Vigilia, il tempo dell’attesa, della vigile attenzione, della intensità,
della sentinella disposta a vegliare nella notte, a tutelare il patrimonio
della memoria, di una vita ai suoi albori e di una vita nel suo pieno
compimento, intuendo il giorno che già si annuncia con la dolce aurora. L’uomo
della vigilia per eccellenza, Dante, ci suggerisce nel canto XXV del Paradiso
che la speranza, l’attesa che ogni vigilia trasporta è un fiore che «’nfiora la
mente e il cuore» e li rende creativi.
L’etimologia permette di
comprendere meglio ciò che la parola trasporta, ma anche l’esperienza che
viviamo alla sua luce.
Vigilia: una parola che viene da lontano, documentata nel sanscrito e con
radici indoeuropee: vig è il fonema di partenza, da cui sgorga
sia vigeo, vigor = aver vigore, essere pieno di
vita che vigil, = “che è sveglio”, “che tiene sveglio”; vigilo,
vigilare, essere attento, prendersi cura sollecita dell’altro.
La vigilia era dunque in senso tecnico il turno di guardia e al contempo la
sentinella, la scolta che faceva il turno di guardia la notte: vi erano diversi
turni di guardia (prima vigilia; seconda vigilia, ecc.) per permettere
anche alle sentinelle di riposare: i Greci dividevano la notte in tre vigiliae,
mentre i Romani in quattro.
Vigilia non è dunque - in un senso meramente appiattito - il giorno prima
di una festa o di una circostanza, ma essa rinvia all’essere vigile nella notte
interiore, che tocca la nostra esistenza e che ognuno di noi ogni tanto
sperimenta con diverse modalità (malattie, morte, incidenti di percorso,
difficoltà); notte, che ci fa esclamare come il profeta Isaia: “Sentinella,
quanto resta della notte? La sentinella risponde: Viene il mattino e poi anche
la notte” (Is. 21, 11-12).
La vigilia ci induce a confrontarci, inoltre, con il momento storico
che stiamo vivendo, sempre attraversato dalla notte e, quindi, con la
difficoltà a percepirne i segni rivelatori del futuro, ma anche con l’appello a
stare svegli, a tenere svegli quelli che ci stanno accanto. Su che cosa oggi
dobbiamo particolarmente vigilare? Semplicemente: democrazia. Qual è il tipo di
governo che ci hanno dato i nostri padri costituenti dopo la seconda guerra
mondiale? Mi piace rispondere, citando una frase famosa di Benjamin Franklin:
«Una repubblica, se sarete in grado di mantenerla».
È un compito di ognuno di noi
costruire la democrazia e la repubblica giorno per giorno, siamo cioè sempre
alla vigilia di questa realtà.
Vito Di Chio
Non ho potuto farne a meno, anche
perché VIGILIA è una parola beneaugurale. Non mi fa pensare solo al giorno
prima o alla notte. Mi fa pensare anche all’alba e alla luce dell’aurora che
sfiora la Terra che mi abita e che abito. Il mio giardino di alberi ora spogli
è promessa di nuovi germogli a primavera. Come già detto, non avrei aggiunto
niente altro a quanto detto sapientemente ed esaustivamente da Vito se non
avessi avuto dalla sua Vigilia nuovi stimoli per nuove parole per scoprire
nuovi orizzonti di creatività e di poesia. Ma ancor di più è stata la lettura
di una poesia di Primo con una parola rivelatrice, catturata dal mio retino
mentre volava dalla sua terza finestra fatta di “contrasti emotivi” in quel suo
libro di finestre e poesie, Lontano da
ieri, che ha aperto i nostri incontri. Sì, ho letto attraverso la finestra
semiaperta una poesia che mi ha ulteriormente emozionata e illuminata. “A
cercare conferme” è il titolo della poesia:
ho cercato la tua mano distratta e indecisa/ nascosta forse al chiarore di una
minuscola/ fiamma/ che invoca una ragione per violare il buio/ ma la strada che
porta al tuo cuore/ era chiusa per lavori di manutenzione/ e nessun segnale
evidente/ fermò i miei passi/ sulla soglia di un cratere antico/ mentre andavo
giù in caduta libera/ in fondo al sepolcro di cenere/ era una trappola il tuo
volto sorridente/ e la tua mano sempre più lontana/ si fermava esitante/ a
cercare conferme inesistenti
Tutto senza punteggiatura e in minuscolo,
come si può notare, in un minimalismo che ancora oggi fa male al cuore. Era il
disincanto disperato del poeta che si sentiva sulla soglia di un precipizio che
non
aveva saputo evitare, venuto meno l’appiglio persino della “mano esitante” nel
dare aiuto e nel chiedere conferme che mai ci sarebbero state...
Ma quella “soglia” ha dischiuso in me,
oggi, un pensiero di provvida vigilia. Ecco, per me “soglia” è diventata immediatamente
“Vigilia” di speranza. Che forse avrebbe potuto evitare quel precipitare nel “cratere
antico”. E anche la “speranza” è diventata “Vigilia” che batte nel nostro cuore.
E così “cuore” si fa soglia e vigilia dell’anima che prega in silenzio. Ma
anche il silenzio diventa soglia aurorale dell’ascolto e l’ascolto è soglia
della parola e la parola è soglia della conoscenza. Così come la ricerca. Siamo
sempre ad una Vigilia fino all’ultimo momento della nostra vita. E la stessa
vita è Vigilia di un nuovo percorso oltre la Vita.
E oggi questa Vigilia è soglia del nuovo Anno:
mettiamoci in ascolto del cuore perché domani sia
un giorno nuovo per il Nuovo Anno. Questa notte: soglia tra bene e male. Tra il bene e
il male, da sempre insiti nel cuore dell’uomo, la nostra responsabilità di
scegliere. Se sceglieremo il bene saremo meno belve (che agiscono per istinto,
mentre l’uomo dovrebbe usare cuore e ragione) e più Persone. E il mondo potrebbe essere migliore. Forse…
Auguriamocelo con tutto il coraggio
e il cuore di cui siamo capaci. Abbraccio immenso a tutti.
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