Mariateresa Bari ha commentato su "La magia delle FINESTRE: 30 dicembre 2020"
Angela
cara, quanti doni stasera! Dolore e gioia: ordito e trama di quella splendida
tela che è la nostra esistenza. Ma se la gioia ha occhi luminosi e voce
squillante, il dolore è muto e cieco. E spesso si perde nei vicoli del cuore,
senza trovare via d'uscita. A proposito del dolore, intensa la pagina di F.
Pessoa nel suo "Libro dell'inquietudine"! Un abbraccio.
Grazie, carissima Mariateresa, per
questo ulteriore stimolo ad approfondire il senso del dolore e della gioia,
facendo riferimento a Pessoa e a quanto scrive sul dolore nel Libro dell’inquietudine.
Ne riparleremo certamente, ma non oggi. Oggi è inevitabile, direi, parlare del
TEMPO perché il passaggio dal vecchio al nuovo anno ci porta immediatamente a
pensare al “tempo che passa”, all’“orologio” che ha battuto gli ultimi minuti
del vecchio anno, denso di ricordi, e i primi dell’anno neonato, ricco di
attese e di speranza. Ma ancora di più sono spinta a scrivere del “tempo” ieri
mi è stato assegnato come parola che mi riguarda da vicino per più motivi. Ma devo
necessariamente parlarvi dell’antefatto per comprenderne appieno l’importanza. Durante
le feste natalizie, quelli di casa, per via della chiusura sociale causa
pandemia, si sono adoperati per rendere meno triste la nostra condizione di
famiglia divisa tra Corato e Roma inventandosi una situazione di quasi
normalità condita di tanta creatività, immaginazione e fantasia: per la vigilia
di Natale, pranzo natalizio, vigilia di San Silvestro e pranzo di Capodanno
saremmo dovuti andare in quattro ristoranti diversi gestiti da Nicola, mio
nipote (24 dicembre), Peppino, mio genero (pranzo di Natale), Raffaella, mia
figlia maggiore (cena di fine anno) e Anna Paola, la secondogenita (pranzo di
Capodanno). Ciascuno aveva il compito dell’idea e del menù della cena o del pranzo
da realizzare in proprio nel suo ristorante, narrando la motivazione e
descrivendo gli ingredienti di ciascuna pietanza. Io ho avuto il compito di
assegnare i voti di valutazione e di proclamare il vincitore o la vincitrice…
tutto bellissimo. Un gioco che ci ha aiutato davvero a superare o a mettere
sotto silenzio solitudine, amarezze e persino il dolore (tanto) che non è
mancato proprio in questi giorni di Natale e Capodanno. Anna Paola, ieri, ha
aperto il suo ristorante con le seguenti parole:
Benvenuti
al Ristorante da Anna Paola. Prima di iniziare, devo dire che a ciascuno di voi
è stata assegnata una parola che si collega al tema del nostro pranzo di oggi. Alzate
i piatti e leggete le parole: gioco, tempo, amore e famiglia. Non siamo all’“Eredità”
su RaiUno, quindi vi dirò subito qual è il tema: il CERCHIO. Cerchio come “gioco”,
la parola assegnata a Nicola che ama i giochi di ruolo e da tavola. Cerchio come
la forma di un videogame per la PlayStation, di un pallone per giocare in uno
stadio, come i bimbi che si tengono per mano e fanno il girotondo, magari “intorno
al mondo” come dice Rodari. TEMPO. Il tempo si sa è un ciclo infinito e come si
può controllarlo se non con un orologio? Orologi e sveglie sono tutte a forma
di cerchio e due cerchi che si toccano in orizzontale (coricati) formano
appunto l’infinito. Inoltre, oggi nonno Primo avrebbe compiuto 80 anni, cifra
tonda. A nonna ho assegnato la parola “tempo” per farle dono ancora di tanto
tempo per scrivere le sue poesie. Infine, le ultime due parole insieme. AMORE
assegnata a mamma e FAMIGLIA assegnata a papà. Quando ci si ama, infatti, si è
pronti a formare una famiglia, si entra nel cosiddetto “cerchio della VITA”, in
cui ad ogni salita c’è una discesa, ma continua a ruotare stando sempre
insieme. A me ho riservato appunto il CERCHIO. Ma il “cerchio” non è facile
disegnarlo a mano e io non sono Giotto, per cui ci provo con il cibo. Buon pranzo.
Dunque, a me è toccato il tempo e le motivazioni mi sembrano più che valide. E oggi il tempo ha segnato l’attraversamento tra un anno e l’altro. Mi piace raffigurarmelo come un “Pellegrino”, il viandante, colui che va senza sosta. E il pellegrino di ieri mattina l’ho visto immerso nella luce abbagliante del nuovo giorno che ha sorpreso i nostri occhi dopo il buio accecante, difficile, pericoloso del 2020. Il significato metafisico dell’attraversamento di ieri notte del nostro tempo “Pellegrino” è, per me, “dal buio alla Luce”. Il Pellegrino è spesso stanco dei suoi passi a migliaia, come i granelli di sabbia e le stelle nel cielo, ma continua ad andare. Qualche volta si ferma a riposare per riprendere forza e coraggio ma poi va, la curiosità di conoscere è più forte di tutto, persino del sole fermo nel suo azzurro senza nubi. Persino dei ricordi del passato: ha attraversato gole e montagne; si è perso nel verde dei boschi e nel giallo dei deserti; ha gridato lungo le vie della giustizia ed è rinato lungo i sentieri della speranza; ha chiesto aiuto nei dirupi e nella savana; si è fermato a dormire sotto i ponti; ha attraversato i mari e gli oceani in cerca di un faro per approdare; ha chinato il capo nelle chiese e nelle moschee e ha versato lacrime battendosi il petto sul “muro del pianto”; ha versato i suoi liquidi nelle discariche di periferia; ha piantato la sua dignità sul pennone più alto della nave, e la sua testardaggine sui vessilli della propria ideologia; ha pregato nel suo cuore, una preghiera sempre nuova e sempre antica, sempre uguale e sempre diversa. Su una panca di pietra si è fermato a riposare ed era la soglia tra ieri e oggi. Luogo di mezzo, la soglia. Un rifiuto e un invito. Una separazione e un’accoglienza. La soglia è tra qualcosa che si è appena concluso e qualcosa che sta per accadere. Linea di confine che sconfina: tra l’identità certa di quanto accaduto fino a ieri e l’identità da costruire avvolta nel mistero di ciò che non si sa, si vorrebbe, si teme, si desidera, si sogna. Un miracolo da chiedere, una preghiera da sussurrare. Anche il sogno, come la preghiera, restituisce la luce dopo le tenebre. E per il nostro “Pellegrino” la nuova Luce è oggi, pensando alla pandemia che ci strangola e ci uccide, per “tutti coloro che si curvano e si rannicchiano per la paura, coloro che piangono col cuore spezzato”, ma anche per “gli affamati, gli assetati, gli umiliati, i perseguitati, i coperti di piaghe, le vedove, gli orfani, gli schiavi, carcerati. Così il cristianesimo antico ama soprattutto gli ultimi, gli estremi, che vivono sotto il limite del nostro mondo” (Pietro Citati).
Ecco, io abbino da sempre il “tempo” del Natale e del Capodanno al vero Cristianesimo e, quindi, a tutti “gli uomini di buona volontà” che vedono nella stella cometa il vero cammino verso il miracolo di un “tempo atteso”, e il nuovo anno come il prodigio di un “tempo in cammino” verso l’epifanica pienezza di sé e dei doni da offrire agli altri e da offrire a noi stessi nel segno della consapevolezza che solo l’AMORE ci salva e la SPERANZA. Continueremo domani ancora col TEMPO perché è ancora tempo! Colmate questo mio/nostro tempo di commenti, consigli, suggerimenti, integrazioni. A domani con il solito abbraccio. Il nostro tempo fermo.
Che splendida immagine quella del tempo pellegrino! Se ti fa piacere leggere alcuni miei versi sull'argomento ti posto una mia piccola poesia. Grazie sempre!!
RispondiEliminaTempo mi darai?
Mi darai lenzuola profumate
di sera
che giocano nel groviglio
delle lacrime?
Mi darai aneliti alati
di pace
che sgrumano le vene
dal gelo?
Mi darai vento scosso
da speme
che flette la boria delle teorie
per riflettere?
M.Bari