giovedì 21 gennaio 2021

Il Retino di giovedì 21 gennaio 2021: le vostre, le mie, le nostre parole...

Mariateresa Bari mi scrive: Questa, invece, è la mia consueta poesia! Un abbraccio. “Dove profumano le parole”. Profumano le parole nel buio di un punto fermo/ che ghiaccia lo sguardo e appanna gli abbracci,/ finestre serrate dal gelo./ Profumano le parole nel rosseggiare del lago,/ soffio di luce, che sopravvive alla luna/ e le regala farfalle incandescenti./ Profumano le parole in un sogno scavato a mani nude/ nella sabbia dei perché/ che sporca l'alba di granelli di eternità.

Il potere delle parole! Esse profumano anche “nel buio di un punto fermo”, nello stallo di giorni di gelo che “appanna gli abbracci”, dietro quelle “finestre serrate”, che tanto ci ricordano queste giornate di paura e chiusura agli altri, anche ai nostri cari, e al mondo intero. Perché è il mondo intero in sofferenza. Profumano le parole anche in situazioni oniriche che più non ci appartengono ma che sollecitano ricordi, “soffio di luce”, che “sopravvive” col profumo delle parole ancora e ancora, fino allo “sporcare” benefico “l’alba di granelli di eternità”. Luminosa certezza che appanna persino la luce dell’alba, che è pur sempre finita rispetto all’eternità che le parole portano in dono a chi le sa fare fiorire… Dono immenso più di ogni altro dono.

E Mariareresa ancora mi scrive: Carissima Angela, ho trovato molto interessante l'intervento di Maria Pia Latorre sulla parola nel suo essere significato e significante. In una delle mie notti insonni, sono inciampata in un articolo molto bello e ricco di spunti di riflessione. Nella speranza che possa essere utile a tutti, te ne posto una parte! A presto 😍

"Perché, in fondo, le parole sanno come diventare, cioè relazione tra un significante fatto di contenuti e il suo significato, ovvero immagini mentali che dialetticamente si specchiano una nell’altro. Alla base del significato delle parole resta comunque la lingua e la sua capacità espressiva collettiva. La significazione approccia la sfera del privato e ne rappresenta concretamente la singolarità degli usi possibili, determinando ricchezza di senso che ciascuno attribuisce con maggiore o minore discrezionalità. Trovarsi dalla parte di chi è bisognoso implica una difficoltà intrinseca: non è facile lasciarsi aiutare, come non lo è imparare l’umiltà. Nel Pantheon dei significati estesi, accogliere l’interesse per le parole vuol dire essere disposti a riconoscere sempre nuovi significati non solo etimologici, ma soprattutto valoriali. Dopo tutto significante e significato sono classi, cioè unità formali e astratte delle comunità sociali, mentre le significazioni sono unità sostanziali, atti linguistici concreti, unici, forse irripetibili, che proprio per questo risultano esecuzioni della comunicazione. Le parole sono dominio della sostanza, sono un generoso atto non solo linguistico, ma pratico, nel quale significanti e significati si compenetrano come classi di significazioni. Le Parole costituiscono una sorta di dominio, non solo della lingua ma della forma, dei sistemi che gli individui definiscono indispensabili per regolare il senso delle cose. Questo non lo ignorano i Critici letterari. Lo dimenticano invece i pontificatori social che di mestiere decidono dell’uso e dell’abuso di parole, rese costipate, manipolate anche nei loro contenuti più profondi. Si decide del destino e dei significati delle parole, che si ripercuotono sempre sulle vite degli altri. Costoro si auto assolvono per ogni peccato commesso, per ogni attribuzione di “poteri” che sanno essi stessi di non possedere veramente; da illiberali, prendono in prestito tutti gli strumenti in loro possesso – ivi compresi quelli afferenti lo stato etico – per strumentalizzare sia parole che linguaggi. Strani Personaggi mediatici popolano TV, carta stampata, testate on line e social. Tutti convinti possessori di una qualche delirante parola di verità inanellata una sull’altra. Costoro troneggiano con pretestuose forme giganteggianti, e creano linguaggi inutili e torbidi, fatti di uno spropositato uso di parole che rifugge i contenuti e i contraddittori, i confronti. Parlatori della categoria urlatori dissodano praterie di parole attraverso cui praticano per lo più l’arte denigratoria, facendo finta di non farlo, sollecitando prevalentemente istinti ed emozioni infelici e negative. Evidenziano ovvietà e luoghi comuni come se fossero fatti nuovi ed eccezionali, con analisi e previsioni improponibili. La significazione “non è nelle parole” ma “nell’interiorità delle persone”. Una parola significa poco in sé, ma agisce al fine di far emergere la significazione, ovvero dare significato al simbolo. La comunicazione dopo tutto avviene esattamente quando vi è accordo di significato, o quando si creano rapporti di significazione che consentono di uscire dalla soggettività per giungere alla rappresentazione simbolica della realtà." Angela Maria Spina

Grazie, Mariateresa, ancora una volta mi confermi che hai colto in pieno lo spirito del nostro Retino. Per buona parte sono d’accordissimo con quanto scrive la studiosa Angela Maria Spina, per alcuni versi invece un po’ meno. Punti di vista. Mi fa molto piacere, per esempio, che la mia “significazione” trovi felice riscontro nelle parole “linguisticamente corrette” sopra usate. Non amo parlare di “individui”, però, perché amo parlare di “persone”. Se sarà possibile cercherò di chiarire meglio il mio pensiero, motivando la mia distinzione tra i due termini.

Maria Pia ha dato un apporto molto interessante con la distinzione tra contenente e contenuto, cioè tra significante e significato, che dovrebbero coerentemente incontrarsi nella pregnanza della “pienezza” della parola. Quando si ha veramente qualcosa da dire e si sa come esprimersi o comunicare. Altra distinzione: esprimersi-comunicare.

Ma, in fondo, tutto nasce dal “vedere” oltre il guardare, e dall’“ascoltare” oltre il sentire? Anche qui occorre fare dei distinguo.

Ci proveremo prossimamente. Ciao

3 commenti:

  1. Ieri sera purtroppo, non sono riuscito a sintonizzarmi con il “Retino delle parole”, per cui ho perso il commento di Angela sul tema dell’anima e della speranza in poesia. Leggo ora il tuo commento mercoledì 20 gennaio su la POETOLOGA. Grazie per aver pubblicato la poesia di Primo Leone dedicata
    ad Anna Paola “Fa conto di essere rugiada”. Introdotta dall’esergo di Omar Khayyam le immagini trasformano le parole e il tutto si fa di una leggerezza amabile e conquistata nel canto e nell’amore per la creatura che sfiora il mondo e lo contiene già tutto intero…
    Mi piace molto l’immagine dell’anima come “stanza” (Elina). Mi ricorda la raccomandazione di Sant’Agostino: «Non uscire da te stesso, rientra in te: nell'interiorità dell'uomo risiede la verità. (… in interiore homine habitat veritas".) È l’”uomo interiore” che scopriamo, quando c’è Poesia, “che a verità conduce”: la verità di sé e del mondo. Grazie!

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  2. Grazie a Maria Teresa per aver portato questo illuminante approfondimento, soprattutto nel suo aspetto di distorsione.
    La parola e l'umano sono in relazione, nel bene e nel male.
    La parola ci dona bellezza, ci migliora, eleva l'umano dalla statica e standardizzata anonima individualità all'essere persona. Unica, irripetibile, inviolabile. Un dono per il mondo. Tanti filosofi, da Ricouer a Levinas hanno approfondito il senso sacro della persona e il suo portato nella realtà umana. La poesia è per le persone, credo. Né per gli armadi, né per i fiumi, né per il cielo nè per gli orologi. La poesia è per e delle persone. Buon proseguimento di giornata a tutti!

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  3. Leggendo nel tuo blog “la POETOLOGA” i commenti alle “Parole del retino”, noto che hai dato molto spazio, com’era giusto nel primo mese dell’anno, al tema “tempo”.
    “All’ombra del tempo” è d’altronde il terzo capitolo della tua silloge “L’ora dell’ombra e della riva” (2015) che si apre in esergo con un famoso testo dalle Confessioni di Sant’Agostino, che trascrivo: “Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente, futuro. Forse sarebbe più esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempo esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro l’attesa”. La nostra esperienza del tempo si struttura come processo di continuità, come flusso continuo di percezione interiore di ciò che si sedimenta come memoria e si annuncia come attesa. Il “presente del presente”- afferma Agostino – è la “visione”. Più che visione bisognerebbe tradurre il termine latino che Agostino usa – “contuitus” come “attenzione”: è cioè quello sguardo dello spirito penetrante e libero (-intuitus), quella capacità finissima dello spirito umano di scoprire (di ritrovare) UNITÁ nella molteplicità delle verità parziali (con-tuitus) con cui ci confrontiamo nel nostro quotidiano. (Vito Di Chio)

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