Mariateresa Bari mi scrive: Questa, invece, è la mia
consueta poesia! Un abbraccio. “Dove profumano le parole”. Profumano le
parole nel buio di un punto fermo/ che ghiaccia lo sguardo e appanna gli
abbracci,/ finestre serrate dal gelo./ Profumano le parole nel rosseggiare del
lago,/ soffio di luce, che sopravvive alla luna/ e le regala farfalle
incandescenti./ Profumano le parole in un sogno scavato a mani nude/ nella
sabbia dei perché/ che sporca l'alba di granelli di eternità.
Il potere delle parole! Esse profumano anche “nel buio di un
punto fermo”, nello stallo di giorni di gelo che “appanna gli abbracci”, dietro
quelle “finestre serrate”, che tanto ci ricordano queste giornate di paura e
chiusura agli altri, anche ai nostri cari, e al mondo intero. Perché è il mondo
intero in sofferenza. Profumano le parole anche in situazioni oniriche che più
non ci appartengono ma che sollecitano ricordi, “soffio di luce”, che
“sopravvive” col profumo delle parole ancora e ancora, fino allo “sporcare”
benefico “l’alba di granelli di eternità”. Luminosa certezza che appanna
persino la luce dell’alba, che è pur sempre finita rispetto all’eternità che le
parole portano in dono a chi le sa fare fiorire… Dono immenso più di ogni altro
dono.
E Mariareresa ancora mi scrive: Carissima Angela, ho
trovato molto interessante l'intervento di Maria Pia Latorre sulla parola nel
suo essere significato e significante. In una delle mie notti insonni, sono
inciampata in un articolo molto bello e ricco di spunti di riflessione. Nella
speranza che possa essere utile a tutti, te ne posto una parte! A presto 😍
"Perché, in fondo, le parole sanno come diventare, cioè
relazione tra un significante fatto di contenuti e il suo significato, ovvero
immagini mentali che dialetticamente si specchiano una nell’altro. Alla base
del significato delle parole resta comunque la lingua e la sua capacità
espressiva collettiva. La significazione approccia la sfera del privato e ne
rappresenta concretamente la singolarità degli usi possibili, determinando
ricchezza di senso che ciascuno attribuisce con maggiore o minore
discrezionalità. Trovarsi dalla parte di chi è bisognoso implica una difficoltà
intrinseca: non è facile lasciarsi aiutare, come non lo è imparare l’umiltà.
Nel Pantheon dei significati estesi, accogliere l’interesse per le parole vuol
dire essere disposti a riconoscere sempre nuovi significati non solo etimologici,
ma soprattutto valoriali. Dopo tutto significante e significato sono classi,
cioè unità formali e astratte delle comunità sociali, mentre le significazioni
sono unità sostanziali, atti linguistici concreti, unici, forse irripetibili,
che proprio per questo risultano esecuzioni della comunicazione. Le parole sono
dominio della sostanza, sono un generoso atto non solo linguistico, ma pratico,
nel quale significanti e significati si compenetrano come classi di
significazioni. Le Parole costituiscono una sorta di dominio, non solo della
lingua ma della forma, dei sistemi che gli individui definiscono indispensabili
per regolare il senso delle cose. Questo non lo ignorano i Critici letterari.
Lo dimenticano invece i pontificatori social che di mestiere decidono dell’uso
e dell’abuso di parole, rese costipate, manipolate anche nei loro contenuti più
profondi. Si decide del destino e dei significati delle parole, che si
ripercuotono sempre sulle vite degli altri. Costoro si auto assolvono per ogni
peccato commesso, per ogni attribuzione di “poteri” che sanno essi stessi di
non possedere veramente; da illiberali, prendono in prestito tutti gli
strumenti in loro possesso – ivi compresi quelli afferenti lo stato etico – per
strumentalizzare sia parole che linguaggi. Strani Personaggi mediatici popolano
TV, carta stampata, testate on line e social. Tutti convinti possessori di una
qualche delirante parola di verità inanellata una sull’altra. Costoro
troneggiano con pretestuose forme giganteggianti, e creano linguaggi inutili e
torbidi, fatti di uno spropositato uso di parole che rifugge i contenuti e i
contraddittori, i confronti. Parlatori della categoria urlatori dissodano
praterie di parole attraverso cui praticano per lo più l’arte denigratoria,
facendo finta di non farlo, sollecitando prevalentemente istinti ed emozioni
infelici e negative. Evidenziano ovvietà e luoghi comuni come se fossero fatti
nuovi ed eccezionali, con analisi e previsioni improponibili. La significazione
“non è nelle parole” ma “nell’interiorità delle persone”. Una parola significa
poco in sé, ma agisce al fine di far emergere la significazione, ovvero dare
significato al simbolo. La comunicazione dopo tutto avviene esattamente quando
vi è accordo di significato, o quando si creano rapporti di significazione che
consentono di uscire dalla soggettività per giungere alla rappresentazione
simbolica della realtà." Angela Maria Spina
Grazie, Mariateresa, ancora una volta mi confermi che hai
colto in pieno lo spirito del nostro Retino. Per buona parte sono
d’accordissimo con quanto scrive la studiosa Angela Maria Spina, per alcuni
versi invece un po’ meno. Punti di vista. Mi fa molto piacere, per esempio, che
la mia “significazione” trovi felice riscontro nelle parole “linguisticamente
corrette” sopra usate. Non amo parlare di “individui”, però, perché amo parlare
di “persone”. Se sarà possibile cercherò di chiarire meglio il mio pensiero,
motivando la mia distinzione tra i due termini.
Maria Pia ha dato un apporto molto interessante con la
distinzione tra contenente e contenuto, cioè tra significante e significato,
che dovrebbero coerentemente incontrarsi nella pregnanza della “pienezza” della
parola. Quando si ha veramente qualcosa da dire e si sa come esprimersi o
comunicare. Altra distinzione: esprimersi-comunicare.
Ma, in fondo, tutto nasce dal “vedere” oltre il guardare, e
dall’“ascoltare” oltre il sentire? Anche qui occorre fare dei distinguo.
Ci proveremo prossimamente. Ciao
Ieri sera purtroppo, non sono riuscito a sintonizzarmi con il “Retino delle parole”, per cui ho perso il commento di Angela sul tema dell’anima e della speranza in poesia. Leggo ora il tuo commento mercoledì 20 gennaio su la POETOLOGA. Grazie per aver pubblicato la poesia di Primo Leone dedicata
RispondiEliminaad Anna Paola “Fa conto di essere rugiada”. Introdotta dall’esergo di Omar Khayyam le immagini trasformano le parole e il tutto si fa di una leggerezza amabile e conquistata nel canto e nell’amore per la creatura che sfiora il mondo e lo contiene già tutto intero…
Mi piace molto l’immagine dell’anima come “stanza” (Elina). Mi ricorda la raccomandazione di Sant’Agostino: «Non uscire da te stesso, rientra in te: nell'interiorità dell'uomo risiede la verità. (… in interiore homine habitat veritas".) È l’”uomo interiore” che scopriamo, quando c’è Poesia, “che a verità conduce”: la verità di sé e del mondo. Grazie!
Grazie a Maria Teresa per aver portato questo illuminante approfondimento, soprattutto nel suo aspetto di distorsione.
RispondiEliminaLa parola e l'umano sono in relazione, nel bene e nel male.
La parola ci dona bellezza, ci migliora, eleva l'umano dalla statica e standardizzata anonima individualità all'essere persona. Unica, irripetibile, inviolabile. Un dono per il mondo. Tanti filosofi, da Ricouer a Levinas hanno approfondito il senso sacro della persona e il suo portato nella realtà umana. La poesia è per le persone, credo. Né per gli armadi, né per i fiumi, né per il cielo nè per gli orologi. La poesia è per e delle persone. Buon proseguimento di giornata a tutti!
Leggendo nel tuo blog “la POETOLOGA” i commenti alle “Parole del retino”, noto che hai dato molto spazio, com’era giusto nel primo mese dell’anno, al tema “tempo”.
RispondiElimina“All’ombra del tempo” è d’altronde il terzo capitolo della tua silloge “L’ora dell’ombra e della riva” (2015) che si apre in esergo con un famoso testo dalle Confessioni di Sant’Agostino, che trascrivo: “Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente, futuro. Forse sarebbe più esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempo esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro l’attesa”. La nostra esperienza del tempo si struttura come processo di continuità, come flusso continuo di percezione interiore di ciò che si sedimenta come memoria e si annuncia come attesa. Il “presente del presente”- afferma Agostino – è la “visione”. Più che visione bisognerebbe tradurre il termine latino che Agostino usa – “contuitus” come “attenzione”: è cioè quello sguardo dello spirito penetrante e libero (-intuitus), quella capacità finissima dello spirito umano di scoprire (di ritrovare) UNITÁ nella molteplicità delle verità parziali (con-tuitus) con cui ci confrontiamo nel nostro quotidiano. (Vito Di Chio)