lunedì 4 gennaio 2021

La magia delle FINESTRE: lunedì 4 gennaio 2021

E ripropongo la poesia di Mariateresa Bari perché è piena di interessantissimi interrogativi che chiedono forse una risposta, ma non ne sono sicura: mentre chiedono, la contengono già in sé: Tempo mi darai? Mi darai lenzuola profumate di sera che giocano nel groviglio delle lacrime? Mi darai aneliti alati di pace che sgrumano le vene dal gelo? Mi darai vento scosso da speme che flette la boria delle teorie per riflettere? M. Bari.
È, dunque, una straordinaria reiterazione di una domanda retorica: l’interlocutore privilegiato della poetessa è il tempo, ma in realtà è nello stesso tempo la stessa autrice che nel tempo riavvolge e dispiega i suoi desideri più profondi e le sue paure da combattere in un “groviglio di lacrime” che avvolgono di profumata sera il pianto in un gioco onirico mai falso, mai vero. “Mi darai”… “Mi darai”… “Mi darai”… anaforica cadenza ritmica che rende suggestiva l’ansia degli “aneliti alati di pace” che sciolgano il grumo (reso molto bene dal neologismo verbale “sgrumano”) di gelo depositato nelle vene per una acquisita/negata abitudine, nel tempo, a sentire dentro il fuoco dell’ardimento per combattere ogni tipo di guerra, soprattutto quella interiore. O quella sperata contro la supponenza di quanti affastellano teorie con l’arroganza di possedere verità su cui dover riflettere, mentre il salutare vento del dubbio proclama la vittoria dell’umiltà di chi “sa di non sapere” di socratica memoria. Ed è in questo coltello affondato nella carne dell’umana presunzione l’essenza profonda del tempo che forse non ci darà mai risposte perché esse abitano dentro di noi e bisogna saperle/poterle tirare fuori al momento giusto, come l’Ecclesiaste suggerisce/ammonisce.
E sempre di Mariateresa è il messaggio di ieri: Quanta intensità! Quanto in profondità scavano i versi di Primo...e il tempo si fa tempio! A domani Angela! Senza forse... Mariateresa Bari

E mi fa molto piacere che sia stato evidenziato il gioco retorico di parole da parte di Primo, nella poesia dedicata al padre, tra “tempo/tempio”, che dilata e intensifica il significato metaforico e connotativo di un padre “tempio di dolore” nel “tempo degli anni grevi”. Certo, è uno scavo profondissimo quello di Primo Leone nei sentimenti che lacerano l’anima non abituata ad avvolgersi nella sofferenza, per trovare scampo, sollievo, o pietà. Bisognerebbe leggere e vivisezionare ogni suo verso per scoprire l’ossimorica personalità di un genio sempre alla deriva di sé.

E desidero ora approfondire il filosofico commento della carissima Maria Pia Latorre:

Bellissime riflessioni. Solo che se solo ci spostiamo fuori dalle categorie aristoteliche (e ci sono stati dei filosofi che ci hanno provato, vedi relativismo di Einstein, tanto per citarne uno), il tempo è solo una convenzione umana. Da questa prospettiva le cose cambiano parecchio. (Maria Pia Latorre)

Mia carissima amica, come tu avrai già notato, ogni mia riflessione sulle parole che il mio retino cattura è sempre relativa a quanto in quel momento mi viene in mente di dire con innumerevoli possibilità di integrazioni mie o di quanti mi leggono. Il discorso sul tempo è vastissimo per le innumerevoli diramazioni anche legate alle teorie che si sono succedute nel tempo, fino ai nostri giorni, teorie a cui ha dato un notevole scossone proprio Albert Einstein, con la sua “relatività”, rivoluzionando tutto quanto si sapeva del tempo. Dandoci un eterno presente in cui ci muoviamo lungo una linea curva, se non ricordo male. O se scegliamo direzioni e mezzi diversi per muoverci nello spazio/tempo. Non mi spingo oltre perché potrei dire una serie enorme di sciocchezze. È un campo che mi affascina molto, ma che non rientra nelle mie competenze. So però che Einstein ha anticipato la teoria dei quanti e della fisica o meccanica quantistica. Altro tema estremamente catturante per chi, come me, cerca una cerniera tra scienza fisica e scienza metafisica, tra il credere e il conoscere, tra la materia e lo spirito. E credo che oggi con la scoperta del bosone o “particella di Dio” siamo molto vicini a questa grande realtà o possibilità. Da approfondire insieme. Chiedo lumi, correzioni, integrazioni. E, intanto, ripropongo anche sul blog un mio articolo, riguardante il tempo, la memoria, i ricordi, scritto a luglio e pubblicato ad agosto del 2020 sulla nostra Rivista di cultura, storia ed arte NEDA, nata da una idea del giornalista Luca De Ceglia e realizzata dalla SECOP Edizioni.

Ci sono delle riflessioni sul tempo che si rifanno a quanto ho già messo sul blog qualche giorno fa. Ma nell’articolo ho ritrovato divagazioni sul tema con nuove parole su identici percorsi. E questo mi piace molto. Come mi piace sempre evidenziare l’ossimorica nostra esistenza continuamente in bilico tra le inevitabili contraddizioni del nostro spazio/tempo e del nostro mondo personale, interno ed esterno.

L’INCONTRO con il Tempo, la Memoria, i Ricordi

Parte I: Il Tempo

Siamo a luglio 2020. Abbiamo vissuto già oltre la metà di un anno difficile, di cui si conserverà a lungo memoria.

Proprio vero. Non ricordo più chi abbia detto che “la memoria non riguarda solo quello che si vuole ricordare, ma soprattutto ciò che non si può dimenticare”.

E, infatti, difficilmente si potrà dimenticare, nei secoli a venire, la Pandemia da Coronavirus che, nell’arco di alcuni mesi, ha falcidiato centinaia di migliaia di vittime in tutto il mondo.

Questo purtroppo è il nostro tempo: tempo di timori, paure, terrori. Tempo di contagi, di morte e dolore. Ma anche tempo di lotta, coraggio, forza, solidarietà, speranza, salvezza. Tempo di vecchi che muoiono e di bambini che nascono, perpetuando il senso dell’inevitabile Oltre e rinnovando il miracolo della Vita.

Il tempo: una parola senza tempo. E, per questo, difficile da spiegare per comprenderne il mistero. Ci provo a modo mio.          

Il tempo ci comprende o siamo noi a sentirci compresi nel tempo?

Il tempo passa o siamo noi a passare nel tempo?

Tempo lineare-Tempo circolare-Tempo zigzagato-Tempo vissuto- Tempo percepito- Tempo annullato-Tempo senza tempo…

Tempus fugit. Tempo virgiliano tempo oraziano. Il mio il tuo tempo, che dell’eternità ci regala l’attimo, infinito presente in cui siamo ciò che mai siamo stati e mai più saremo.

In ogni attimo l’Io nella sua pienezza di ESSERE in quell’istante.

Pure, il tempo ha passi di viandante a percorrere strade e vie e sentieri tra case addormentate e un risveglio d’alba che sa l’aurora e preannuncia il giorno. Lascia orme sui percorsi innevati dei monti, e passi incauti tra campi di ulivi alla collina. E tralci di viti ubriachi di sole. E vino nei calici dei giorni della festa e dei sorrisi. Ha un incedere attento tra l’erba dei prati e lucertole e sassi di ogni possibile inciampo. Ride di buonumore al rosso portafortuna delle coccinelle dai sette punti neri che fanno eleganza e tanta allegria. S’annida nella casa, tra serti di braccia di chi si ama, e spine dolenti di chi si odia e nasconde coltelli in sotterranei anfratti del cuore. E si sgomenta di tristezza. Il tempo, accogliente o diffidente, incontra gente amica o sconosciuta, si gira indietro al richiamo nostalgico del pianto dell’amato perduto o del sogno irrealizzato. Segue un destino di mete e di realtà sognate e spesso vanificate dall’inganno di un miraggio nel deserto dell’anima in disuso e prigioniera di rancori mai spenti, che ravvisano un nemico nello straniero della porta accanto. E lo straniero guarda cupo il traguardo azzerato, la casa abbandonata, la terra, la culla… e il miraggio della “terra promessa”, luogo d’incanto per bellezza forza lavoro e libertà. Vola il tempo sulla disperazione e il rimpianto, sul pianto che fora l’azzurro per raggiungere il Cielo a ritrovare una voce che non ha più voce… Vola tra aerei e aquiloni e stelle e pianeti. Gira intorno al sole e s’incanta di luna. Sfiora universi e galassie e dubita di misteri gravitazionali e quantici, che poi accoglie per farsene una ragione. Precipita in buchi neri dell’umana esistenza: Pandemie e virus mortali. Guerre e distruzioni. Perdite e lutti. Pianti irrefrenabili o silenziosi. Muto vero Dolore e falso dolore urlato, esibito. Solitudini obbligate oppure scelte in libertà. Tempo strangolato. S’impiglia tra le antenne sui tetti delle case e s’aggrappa alle code degli uccelli in migrazione. Pigola tra passeri e pulcini e chiude gli occhi al canto del gallo e al terzo tradimento. Svetta sul volo dispiegato di falchi e poiane, e canta tra le ali della paradisea e dell’airone. S’incanta all’assolo dell’usignolo e al garrire in coro delle rondini in festanti voli. Plana lento sul grido strozzato dei gabbiani, e si tuffa negli oceani da cui ebbero origine i mari. Naviga tra lo scintillio di acque calme a specchiare zaffiri e smeraldi e diamanti di cielo e s’infuria tra i marosi in tempesta e gli scogli appuntiti di ogni rimpianto. E conosce il segreto delle maree e dei lupi mannari che ululano agli occhi stupiti della signora del firmamento, oscurandone l’incanto. Ascolta con le barche addormentate la nenia della risacca contro vento. S’inerpica sui pensieri che dondolano d’altalene tra gli alberi spogli e quelli in fiore. Rischia gli abissi tra fondali insondati di coralli e velieri e tesori nascosti in galeoni affondati, depredati e distrutti dalla mano rapace dell’uomo che non teme coscienza e sapienza dell’eterno andare per scoprire e conoscere. Prega tra le mani del Cristo degli abissi e s’inabissa tra tormenti e trasalimenti, tra schianti dell’anima alla deriva di ogni perché. Risorge sulla schiena inarcata dei delfini e medita tra guglie di cattedrali gotiche e s’insuperbisce di castelli federiciani e non, e archi di trionfo d’antico splendore. Versa lacrime lungo i muri del pianto e rinasce negli occhi immensi dei bambini alla prima fiaba, al primo gioco con le manine, al primo sguardo della mamma, al primo germoglio in fiore che annuncia il risveglio nel pudore rosato di mandorli e ciliegi, baciati dalla primavera (Neruda). E s’innamora di un canto d’amore. Di una serenata ormai dimenticata e lontana nel tempo che non perdona. Si colma di sole nei secchielli di sabbia tra mani bambine e sogni di barche addormentate nei porti, che sentono la tristezza della solitudine del faro e lo schianto dei gommoni alla deriva di una estate che ignora storie di fughe e di fame di guerre e di abbandoni sulla pelle abbronzata dei turisti multimiliardari e le loro arroganti imbarcazioni. Segue la meraviglia dei velieri e le regate di vinti e vincitori. Piange con le piogge di settembre e s’infilza sulle cime acuminate dei cipressi che vegliano urne di morti abbandonate o protette da crisantemi e cespugli di rose. Sorride alla stella cometa che sfida il gelo e indica agli “uomini di buona volontà” la meta e la divina culla. La Rinascita e la Speranza. La ciclicità della vita e le stagioni. La sua retta di lunghi anni contati in secoli e millenni. La rivincita dell’uomo che si eterna.

Dove c’è un bambino c’è una fogliolina verde che fremita di futuro…

Il futuro, un eterno ritorno! Per ritrovare il senso della nascita e le radici. Il senso della morte e della sacralità di ogni sguardo verticale. Di ogni “muro d’ombra” attraversato. L’eterno presente del tempo (Einstein, Sant’Agostino?).

Passano gli anni e le stagioni. E dei mortali gli amori e le generazioni. Passano o restano nella memoria del mondo e dell’acqua che la conserva nel suo eterno scorrere e divenire?

Immortale resta il tempo che si eterna nella Volontà di una Energia d’Amore che lega i sottilissimi fili dell’ordito e della trama di ciascuna Creatura in forte attrazione, e connette ogni particella del Creato al suo Creatore. Che sa l’aurora e il tramonto, lo spuntare del filo d’erba e il maturare del frutto, lo scorrere dei fiumi e il disgelo delle nevi. Il tempo giusto di ogni accadimento (Bibbia). La perfezione di ogni creatura nella sua stessa imperfezione e contraddizione. In ogni disgiunzione. Nell’incanto di ogni possibile nuova congiunzione.

E vigila sul buio della notte accendendo sogni come stelle sul misterioso canto della Vita…

E, nel buio di ogni notte, ecco accendersi nella nostra mente la memoria, che fa a gara col tempo e lo vince. E, questo nostro tempo, è tempo di memoria più che mai.

E mi fermo qui. Domani, se mi sarà concesso, continuerò con l’articolo sulla memoria che attualizza il tempo tra passato, presente, futuro (ancora Sant’Agostino?). E, magari, metteremo insieme a fuoco, sotto la lente d’ingrandimento, suggerimenti, correzioni, integrazioni, per un ulteriore confronto e… conforto. E, infatti, mi è appena giunto un nuovo commento di Giulia Basile e ne sono felicissima. Grazie. Ne parleremo. Abbraccio. 

4 commenti:

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  2. Angela cara, grazie... infinitamente! Per il Tuo commento inaspettato co

    ma tanto, tanto apprezzato! Il tuo dire è una carezza gentile,ed ossigeno puro, per me... Ma un infinito grazie anche per il tuo viaggio seducente nel pianeta Tempo. Il tuo racconto ne svela i panorami mozzafiato e i borghi incantevoli come pure le sue ombre nascoste. Un abbraccio a te. Forte!

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Sul pianeta Tempo

    C'è un pianeta
    dove nascono sogni a mani giunte
    e un filo di voce rammenda preghiere
    dimenticate sui marciapiedi delle ore.

    Dove ci tocca il velluto di parole
    nelle carezze di un pennello
    a punta fine sul davanzale del pensare.

    Dove si fa corpo
    il verbo dell'essere.


    M. Bari

    Appena nata!

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