E sempre di Mariateresa è il messaggio di ieri: Quanta intensità! Quanto in profondità scavano i versi di Primo...e il tempo si fa tempio! A domani Angela! Senza forse... Mariateresa Bari
E mi fa molto piacere che sia stato evidenziato il gioco retorico di
parole da parte di Primo, nella poesia dedicata al padre, tra “tempo/tempio”,
che dilata e intensifica il significato metaforico e connotativo di un padre “tempio
di dolore” nel “tempo degli anni grevi”. Certo, è uno scavo profondissimo
quello di Primo Leone nei sentimenti che lacerano l’anima non abituata ad
avvolgersi nella sofferenza, per trovare scampo, sollievo, o pietà. Bisognerebbe
leggere e vivisezionare ogni suo verso per scoprire l’ossimorica personalità di
un genio sempre alla deriva di sé.
E desidero ora approfondire il filosofico commento della carissima Maria
Pia Latorre:
Bellissime riflessioni. Solo
che se solo ci spostiamo fuori dalle categorie aristoteliche (e ci sono stati dei
filosofi che ci hanno provato, vedi relativismo di Einstein, tanto per citarne
uno), il tempo è solo una convenzione umana. Da questa prospettiva le cose
cambiano parecchio. (Maria Pia Latorre)
Mia carissima amica, come tu avrai già notato, ogni mia riflessione
sulle parole che il mio retino cattura è sempre relativa a quanto in quel
momento mi viene in mente di dire con innumerevoli possibilità di integrazioni
mie o di quanti mi leggono. Il discorso sul tempo è vastissimo per le
innumerevoli diramazioni anche legate alle teorie che si sono succedute nel
tempo, fino ai nostri giorni, teorie a cui ha dato un notevole scossone proprio
Albert Einstein, con la sua “relatività”, rivoluzionando tutto quanto si sapeva
del tempo. Dandoci un eterno presente in cui ci muoviamo lungo una linea curva,
se non ricordo male. O se scegliamo direzioni e mezzi diversi per muoverci
nello spazio/tempo. Non mi spingo oltre perché potrei dire una serie enorme di
sciocchezze. È un campo che mi affascina molto, ma che non rientra nelle mie
competenze. So però che Einstein ha anticipato la teoria dei quanti e della fisica
o meccanica quantistica. Altro tema estremamente catturante per chi, come me,
cerca una cerniera tra scienza fisica e scienza metafisica, tra il credere e il
conoscere, tra la materia e lo spirito. E credo che oggi con la scoperta del
bosone o “particella di Dio” siamo molto vicini a questa grande realtà o
possibilità. Da approfondire insieme. Chiedo lumi, correzioni, integrazioni. E,
intanto, ripropongo anche sul blog un mio articolo, riguardante il tempo, la
memoria, i ricordi, scritto a luglio e pubblicato ad agosto del 2020 sulla
nostra Rivista di cultura, storia ed arte NEDA, nata da una idea del
giornalista Luca De Ceglia e realizzata dalla SECOP Edizioni.
Ci sono delle riflessioni sul tempo che si rifanno a quanto ho già messo
sul blog qualche giorno fa. Ma nell’articolo ho ritrovato divagazioni sul tema
con nuove parole su identici percorsi. E questo mi piace molto. Come mi piace
sempre evidenziare l’ossimorica nostra esistenza continuamente in bilico tra le
inevitabili contraddizioni del nostro spazio/tempo e del nostro mondo personale,
interno ed esterno.
L’INCONTRO con il Tempo, la
Memoria, i Ricordi
Parte I: Il Tempo
Siamo a luglio 2020. Abbiamo vissuto già oltre la metà di un anno
difficile, di cui si conserverà a lungo memoria.
Proprio vero. Non ricordo più chi abbia detto che “la memoria non
riguarda solo quello che si vuole ricordare, ma soprattutto ciò che non si può
dimenticare”.
E, infatti, difficilmente si potrà dimenticare, nei secoli a venire, la
Pandemia da Coronavirus che, nell’arco di alcuni mesi, ha falcidiato centinaia
di migliaia di vittime in tutto il mondo.
Questo purtroppo è il nostro tempo: tempo di timori, paure, terrori.
Tempo di contagi, di morte e dolore. Ma anche tempo di lotta, coraggio, forza,
solidarietà, speranza, salvezza. Tempo di vecchi che muoiono e di bambini che
nascono, perpetuando il senso dell’inevitabile Oltre e rinnovando il miracolo
della Vita.
Il tempo: una parola senza tempo. E, per questo, difficile da spiegare per comprenderne il mistero. Ci provo a modo mio.
Il tempo ci comprende o siamo noi a sentirci compresi nel tempo?
Il tempo passa
o siamo noi a passare nel tempo?
Tempo lineare-Tempo
circolare-Tempo zigzagato-Tempo vissuto- Tempo percepito- Tempo annullato-Tempo
senza tempo…
Tempus fugit. Tempo virgiliano tempo oraziano. Il mio il
tuo tempo, che dell’eternità ci regala l’attimo, infinito presente in cui siamo
ciò che mai siamo stati e mai più saremo.
In ogni attimo l’Io nella sua pienezza di ESSERE in
quell’istante.
Pure, il tempo ha passi di viandante a percorrere strade
e vie e sentieri tra case addormentate e un risveglio d’alba che sa l’aurora e
preannuncia il giorno. Lascia orme sui percorsi innevati dei monti, e passi
incauti tra campi di ulivi alla collina. E tralci di viti ubriachi di sole. E
vino nei calici dei giorni della festa e dei sorrisi. Ha un incedere attento
tra l’erba dei prati e lucertole e sassi di ogni possibile inciampo. Ride
di buonumore al rosso portafortuna delle coccinelle dai sette punti neri che
fanno eleganza e tanta allegria. S’annida nella casa, tra serti di braccia di
chi si ama, e spine dolenti di chi si odia e nasconde coltelli in sotterranei
anfratti del cuore. E si sgomenta di tristezza. Il tempo, accogliente o
diffidente, incontra gente amica o sconosciuta, si gira indietro al richiamo
nostalgico del pianto dell’amato perduto o del sogno irrealizzato. Segue un
destino di mete e di realtà sognate e spesso vanificate dall’inganno di un
miraggio nel deserto dell’anima in disuso e prigioniera di rancori mai spenti,
che ravvisano un nemico nello straniero della porta accanto. E lo straniero
guarda cupo il traguardo azzerato, la casa abbandonata, la terra, la culla… e
il miraggio della “terra promessa”, luogo d’incanto per bellezza forza lavoro e
libertà. Vola il tempo sulla disperazione e il rimpianto, sul pianto che fora
l’azzurro per raggiungere il Cielo a ritrovare una voce che non ha più voce… Vola
tra aerei e aquiloni e stelle e pianeti. Gira intorno al sole e s’incanta di
luna. Sfiora universi e galassie e dubita di misteri gravitazionali e quantici,
che poi accoglie per farsene una ragione. Precipita in buchi neri dell’umana
esistenza: Pandemie e virus mortali. Guerre e distruzioni. Perdite e lutti.
Pianti irrefrenabili o silenziosi. Muto vero Dolore e falso dolore urlato,
esibito. Solitudini obbligate oppure scelte in libertà. Tempo strangolato. S’impiglia
tra le antenne sui tetti delle case e s’aggrappa alle code degli uccelli in
migrazione. Pigola tra passeri e pulcini e chiude gli occhi al canto del gallo
e al terzo tradimento. Svetta sul volo dispiegato di falchi e poiane, e canta
tra le ali della paradisea e dell’airone. S’incanta all’assolo dell’usignolo e
al garrire in coro delle rondini in festanti voli. Plana lento sul grido
strozzato dei gabbiani, e si tuffa negli oceani da cui ebbero origine i mari. Naviga
tra lo scintillio di acque calme a specchiare zaffiri e smeraldi e diamanti di
cielo e s’infuria tra i marosi in tempesta e gli scogli appuntiti di ogni
rimpianto. E conosce il segreto delle maree e dei lupi mannari che ululano agli
occhi stupiti della signora del firmamento, oscurandone l’incanto. Ascolta con
le barche addormentate la nenia della risacca contro vento. S’inerpica sui
pensieri che dondolano d’altalene tra gli alberi spogli e quelli in fiore.
Rischia gli abissi tra fondali insondati di coralli e velieri e tesori nascosti
in galeoni affondati, depredati e distrutti dalla mano rapace dell’uomo che non
teme coscienza e sapienza dell’eterno andare per scoprire e conoscere. Prega
tra le mani del Cristo degli abissi e s’inabissa tra tormenti e trasalimenti,
tra schianti dell’anima alla deriva di ogni perché. Risorge sulla schiena
inarcata dei delfini e medita tra guglie di cattedrali gotiche e s’insuperbisce
di castelli federiciani e non, e archi di trionfo d’antico splendore. Versa
lacrime lungo i muri del pianto e rinasce negli occhi immensi dei bambini alla
prima fiaba, al primo gioco con le manine, al primo sguardo della mamma, al
primo germoglio in fiore che annuncia il risveglio nel pudore rosato di
mandorli e ciliegi, baciati dalla primavera (Neruda). E s’innamora di un canto
d’amore. Di una serenata ormai dimenticata e lontana nel tempo che non perdona.
Si colma di sole nei secchielli di sabbia tra mani bambine e sogni di barche
addormentate nei porti, che sentono la tristezza della solitudine del faro e lo
schianto dei gommoni alla deriva di una estate che ignora storie di fughe e di
fame di guerre e di abbandoni sulla pelle abbronzata dei turisti
multimiliardari e le loro arroganti imbarcazioni. Segue la meraviglia dei
velieri e le regate di vinti e vincitori. Piange con le piogge di settembre e
s’infilza sulle cime acuminate dei cipressi che vegliano urne di morti
abbandonate o protette da crisantemi e cespugli di rose. Sorride alla stella
cometa che sfida il gelo e indica agli “uomini di buona volontà” la meta e la
divina culla. La Rinascita e la Speranza. La ciclicità della vita e le
stagioni. La sua retta di lunghi anni contati in secoli e millenni. La
rivincita dell’uomo che si eterna.
Dove c’è un bambino c’è una fogliolina verde che fremita
di futuro…
Il futuro, un eterno ritorno! Per ritrovare il senso
della nascita e le radici. Il senso della morte e della sacralità di ogni
sguardo verticale. Di ogni “muro d’ombra” attraversato. L’eterno presente del
tempo (Einstein, Sant’Agostino?).
Passano gli anni e le stagioni. E dei mortali gli amori e
le generazioni. Passano o restano nella memoria del mondo e dell’acqua che la
conserva nel suo eterno scorrere e divenire?
Immortale resta il tempo che si eterna nella Volontà di
una Energia d’Amore che lega i sottilissimi fili dell’ordito e della trama di
ciascuna Creatura in forte attrazione, e connette ogni particella del Creato al
suo Creatore. Che sa l’aurora e il tramonto, lo spuntare del filo d’erba e il
maturare del frutto, lo scorrere dei fiumi e il disgelo delle nevi. Il tempo
giusto di ogni accadimento (Bibbia). La perfezione di ogni creatura nella sua
stessa imperfezione e contraddizione. In ogni disgiunzione. Nell’incanto di
ogni possibile nuova congiunzione.
E vigila sul buio della notte accendendo sogni come
stelle sul misterioso canto della Vita…
E mi fermo qui. Domani, se mi sarà concesso, continuerò con l’articolo sulla memoria che attualizza il tempo tra passato, presente, futuro (ancora Sant’Agostino?). E, magari, metteremo insieme a fuoco, sotto la lente d’ingrandimento, suggerimenti, correzioni, integrazioni, per un ulteriore confronto e… conforto. E, infatti, mi è appena giunto un nuovo commento di Giulia Basile e ne sono felicissima. Grazie. Ne parleremo. Abbraccio.
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RispondiEliminaAngela cara, grazie... infinitamente! Per il Tuo commento inaspettato co
RispondiEliminama tanto, tanto apprezzato! Il tuo dire è una carezza gentile,ed ossigeno puro, per me... Ma un infinito grazie anche per il tuo viaggio seducente nel pianeta Tempo. Il tuo racconto ne svela i panorami mozzafiato e i borghi incantevoli come pure le sue ombre nascoste. Un abbraccio a te. Forte!
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaSul pianeta Tempo
RispondiEliminaC'è un pianeta
dove nascono sogni a mani giunte
e un filo di voce rammenda preghiere
dimenticate sui marciapiedi delle ore.
Dove ci tocca il velluto di parole
nelle carezze di un pennello
a punta fine sul davanzale del pensare.
Dove si fa corpo
il verbo dell'essere.
M. Bari
Appena nata!