Ieri ho concluso parlando dell’importanza dell’amore autentico che è fonte di fiducia, di generosa solidarietà, di vita. È l’unico sentimento che ci possa salvare. E mi piace aggiungere una ulteriore riflessione, che mi proviene anche da Papa Francesco:
E l’Amore si espande in maniera esponenziale, quando lo
sentiamo vibrare dentro, perché diventa Amore per la Natura, per l’Ambiente,
per la Bellezza, per l’Arte, per la Vita. Tutto si fa Amore, rendendoci
rispettosi del mondo che ci circonda e di quello che ci vive dentro.
Innamorati, gioiosi, appagati di ciò che siamo e abbiamo. Grati a CHI ci ha
fatto DONO del CUORE per darci la possibilità di AMARE. E l’Amore si fa
Preghiera. Il nostro ritorno al Creatore “cum tucte le tue creature”
(Cantico di San Francesco). Ma, ancor di più mi piace riportare qui, di
San Francesco, “La preghiera semplice” perché, ancora più del Cantico, ci parla
del vero Amore e di come si traduce in azione e non solo in preghiera. Se solo
riuscissimo a farla nostra anche in minima parte, saremmo una umanità migliore.
Proviamoci. E non è necessario essere credenti per apprezzare e fare nostra
questa preghiera…
Oh! Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace:
dove è odio, fa’ ch'io porti amore,
dove è offesa, ch'io porti il perdono,
dove è discordia, ch'io porti la fede,
dove è l'errore, ch'io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch'io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch'io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Oh! Maestro, fa’ che io non cerchi tanto:
di essere compreso, quanto di comprendere.
di essere amato, quanto di amare
poiché:
Se è dando, che si riceve,
perdonando che si è perdonati,
morendo che si risuscita a Vita Eterna.
Amen.
Ecco, è il portare che fa la differenza tra “il dire e il
fare”, tra “la contemplazione e l’azione”, tra “la poesia scritta e la poesia
vissuta”. Certo, la narrazione è alla base di tutto questo. Solo ascoltando
raccontare la vita nostra e degli altri, nel passato e nel presente noi abbiamo
contezza di noi e degli altri in maniera più obiettiva e perveniamo alla
“conoscenza” che ci offre molteplici stimoli e motivazioni ad agire e reagire.
Per imparare a vivere attraverso le svariate forme dell’Amore, praticato sempre
con autenticità. Così avviene per la bellissima silloge di poesia nei tuoi
occhi… le parole diventano pietra di Gino Locaputo, con una poesia, tra le
tante, che abbina la “finestra” all’“amore” che non muore. È scritta nel suo
dialetto conversanese perché è soprattutto in dialetto che si parla o si scrive
(per chi lo sa fare) quando si “sente” dentro palpitare l’anima. spero di
prendere il coraggio a quarantotto mani per recitarla. La finestra di Gino
merita di essere ricordata per quanto rimane scritto sui vetri.
Come si può notare sto anticipando qualcosa che ci vedrà
insieme stasera anche perché mi giungono sempre più commenti, richieste,
integrazioni, suggerimenti che dilatano il mio punto di vista e mi offrono
orizzonti di indagine e di conoscenza sempre più ampi e stimolanti. Come: Carissima
Angela, nella coscienza della "clessidra" che hai descritto, nel
tempo che sorge dopo essere morto, nel continuo movimento di morte e
risurrezione si nasconde un certo dinamismo della parola, e della poesia in
particolare. Una poesia fatta di parole semplici più solide di un rifugio
antiatomico. «Ho costruito un'esistenza di parole Per abitarvi. Il mondo non mi
ha mai Dato una casa. "Abitabile. È solo la fede Eloquente". Sono
versi di Marco Guzzi intitolati "Abitabilità". (…). Ecco che la tua
clessidra cosa combina? Una nuova poesia iniziatica! Un tempo finisce, inizia
un nuovo tempo. Iniziata al nuovo, sei finita al vecchio. Abbandona tutta te
stessa al passato e vai incontro al nuovo che è racchiuso in una sola parola
(…) in questo Eterno Gioco che è la Creazione. . . Questo è l'amore:
(…). Essere uno con tutti: circolazione di vita è il vero Mondo: Gioco senza
fine e gioia nell'Eternità, che ora esplode e adesso mi risana. Amen Sempre da
Peppe Sblano, che si rifà alla preghiera di Marco Guzzi. Tutte le parole omesse
fra le parentesi riguardano una fede tra noi, tra me e Peppe, condivisa nel
segreto del nostro cuore. Quello che rimane è un messaggio bellissimo per
tutti. Ed è per questo che ve lo propongo.
E sul mio blog ho trovato altri commenti che mi fa piacere
condividere con voi. Alcuni provengono da Facebook e altri da Messanger. Vi
propongo i più pertinenti in questo momento: Angela condivido tutto ciò
che hai mirabilmente descritto. Una poesia è il luogo dello stupore, della
meraviglia, anche della solitudine... quando ti siede accanto, la poesia tiene
il diario di bordo di una coscienza dell'oltre, dell'attimo colto e separato
... Noi possiamo abitare il viaggio, la vita dell'altro da noi, attraversando
l'anima delle cose perché tutto è nel nostro sguardo. Grazie Angela!
E ancora: I sentimenti forti, gli stati emotivi
intensi possono regalare parole mai dette né pensate anche a chi non sa giocare
con le parole, a chi non sa che una parola, seppure apparentemente banale, può
trasportare pezzi di cuore. E cosa accade quando la sensibilità di una poetessa
fatta e riconosciuta è sollecitata più di quanto già non lo sia di suo, quando
la mielina dei suoi nervi si sfilaccia e li denuda spianando la strada al
dolore che con la ferocia devastante dell’invasore si appropria di ogni singola
cellula del suo corpo e di ogni pensiero? Accade che la poetessa immerga le
mani gli occhi la bocca il naso le orecchie nel forziere mai chiuso che
custodisce le sue parole e se le regala e le regala a noi, balsamo per le sue
ferite e canto di speranza per ogni cuore che avrà la fortuna di condividerle.
Hai superato te stessa, Angela? Spero di no: ce ne aspettiamo ancora e ancora.
Persevera nella tua imprevedibilità…ma senza farti male! (Sconosciuto)
Infine: … e fu proprio leggendo (L’uva puttanella di
Rocco Scotellaro) che mi colpì un frammento che è finestra spalancata
sull’immaginario contadino, squarcio di luce sul mondo in penombra dei nostri
cafoni e, allo stesso tempo, epifania dell’utilità della lettura (Valentino
Romano)
E vorrei concludere con un immenso grazie a Valentino,
profondo studioso del Brigandaggio meridionale, per questa nuova ottica della
finestra con lo sguardo rivolto ai cafoni del Sud, così empaticamente “vissuti”
da Primo Levi in Cristo si è fermato ad Eboli, magnificamente
ripreso e commentato da Valentino Romano nei suoi vari libri sull’annoso e
controverso argomento, che dovremmo davvero approfondire tra le tante “verità”
contrabbandate come tali. E per l’elogio alla lettura, necessario preludio alla
scrittura.
Grazie anche a Gianni Brattoli, mio cognato, che in una
telefonata mi ha fatto riflettere sulle stanze che si accompagnano alle
finestre e sulla vita che dentro vi pullula con tutti i suoi aspetti positivi e
soprattutto negativi, di cui ho scritto sul blog proprio nei giorni scorsi...
A stasera, nella speranza di avere il tempo di parlare di
quanto anticipato.
Buon pranzo. E a più tardi.
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