In questa notte, come sempre insonne, ho avuto modo di ripercorrere tutta la puntata di ieri e di fare tesoro dei tanti errori commessi, cercando di porvi rimedio. Anche con la trovata della mia clessidra magica per prendermi altri cinque minuti “di frodo”, la “furbata” non ha funzionato. Tesa, io, dall’inizio alla fine. Perché poi? Perché parto già con lo scoramento che ho tante cose da dire, tanti libri e autori da presentare e che tutti meritano una buona lettura delle loro “parole” e mi perdo, già dalle prime ore del pomeriggio, in una tensione nervosa che sale fino a impedirmi di essere serena, disinvolta, divertente. E dimentico persino le parole messe in conto da dire, come mi è stato da più parti suggerito, finalmente in dieci minuti. Flop. Non mi bastano nemmeno 10 minuti e non ci sono clessidre a rovescio che tengano. E così arranco penosamente. Mi rincuorano i vostri commenti, ma so che sono dettati più dal vostro affetto che dall’apprezzamento dei miei farfugliamenti.
Ieri, per esempio, avevo ancora da leggere e da dire altro di Giorgio Bàrberi Squarotti, ma ho avvertito il tempo tiranno come una mannaia abbattersi sulla possibilità di parlare anche delle “finestre erotiche” di Dolino, il diciassettenne raccontato dalla penna incisiva e forte di Gianni Brattoli, come contraltare alla funzione delle finestre “visionarie” del grande Autore piemontese, con il carico di lunghi anni addosso, ma con un amore ancora fortemente intenso e appassionato per la vita. Allo scadere degli altri cinque minuti mi sono ritrovata così anche altre “finestre brucianti” da leggere per rendere più chiara tutta la dinamica sofferta della trama del romanzo di Gianni. Stop. Anche per ritagliarmi un ulteriore spazio di saluto, di cui non so fare proprio a meno. E, dunque, è necessario che completi con quanto ho dovuto cancellare… Intanto, il desiderio che si fa "desiderio del desiderio", secondo Massimo Recalcati, e non solo: esso comprende il senso dell'"appartenenza" (nel desiderare spasmodicamente il corpo dell'altro/a, a cui alla fine si appartiene, diventandone schiavi) e dell'"erranza", nella duplice veste, quest'ultima, del "vagare in pena per il desiderio che ossessiona" e di "errore", perché sempre un desiderio così totale e totalizzante è l'abisso in cui è facile perdersi. Poi, la notte: di notte i nostri sentimenti e le nostre passioni si estremizzano. anche se Erri De Luca sostiene che "il giorno accusa (...) la notte assolve.." Ma il titolo del romanzo di Gianni è: A metà della notte. Dunque, non c'è via d'uscita. Tutto l'intreccio non lascia scampo, né alla fuga verso il nuovo giorno né a quella verso la sera. La tela di ragno approfitta del buio per tessere ogni inganno. Il romanzo di Gianni, del resto, è il secondo di una trilogia in fieri sulla violenza, che fa parte, secondo l'Autore, del DNA del genere umano e che improvvisamente esplode per motivi diversi, portando con sé conseguenze sempre devastanti. Gianni Brattoli è chirurgico nel fare la spietata analisi delle molteplici concause che ad un tratto fanno esplodere nel cervello di un ragazzo come di un uomo quella macchia rossa bruciante, inevitabile e inesorabile, che procura morte e rovine, senza neppure un filo di salvezza. O forse sì? E la notte e le finestre e le stanze da queste intraviste sono complici di molti misfatti. E quasi sempre c’entra una chiesa ipocrita e senza percezione della propria miseria spirituale. Così in Terra alla Terra, il primo romanzo, così A metà della notte, il secondo appunto, e così anche nel terzo, conclusivo, di cui l’Autore non ha ancora definito il titolo.
E mi torna alla mente la
locuzione suggeritami domenica da Peppino Sblano nella sua dissertazione
filosofica su la “coscienza della parola”. Ecco: “COSCIENZA”.
E anche oggi mi concedo
una pausa. Non di riflessione. Già fatta questa notte. Mi prendo una pausa
dalle finestre perché il retino sta sempre più trattenendo nella sua fitta rete
le parole che… restano e, cioè, le più importanti. Quelle che vale la pena di
analizzare. Quelle che le finestre mi fanno catturare e sono davvero tantissime.
E quelle che mi state suggerendo voi con i vostri preziosi commenti. Prendiamo,
appunto, “coscienza” della parola. Come si fa ad ignorarla? Certo, la volta
scorsa in questo mio blog ne ho parlato, ma l’argomento è talmente ricco e
complesso che merita indubbiamente un approfondimento. Penso che sia opportuno
farlo insieme domani, liberandola dal mio retino. È una parola presente in
tutti i libri nostri e di altre case editrici. Una parola di cui, pare, non si
possa fare a meno. Per questo ritengo opportuno attraversarla in tutte le sue
molteplici declinazioni e applicazioni. Salvo magari ad accorgerci che è
davvero difficile adottarla e agire di conseguenza, “secondo coscienza”. Anzi! Purtroppo, soprattutto in questo periodo così difficile di regole da rispettare, siamo costretti a registrare la presenza di molti "incoscienti"!
A domani, allora, venerdì
11 dicembre alle ore 19. Per cominciare a tirare fuori dal nostro retino le
parole. Buona serata. Ciao.
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