Amo i camini accesi
Amo i
camini accesi
Minuscoli
fuochi d’artificio
le
scintille che esplodono
e si fanno
voli beneaugurali
di
coccinelle dalle sette punte
di rossa
allegria tra i pensieri
Rumore di
porte controvento
l’inverno
cattivo urla di gelo
Con passi
felpati la neve
fa bianca
la sera
e racconta
storie di uomini
senza tetto
e senza vesti
senza il
tepore di una mano
di uno
sguardo di un sorriso
Il
televisore acceso mi parla
d’altro
fuoco minaccia dal cielo
a bruciare
il sorriso dei bambini
non a
riscaldare culle e piedini
Mi
attanaglia il cuore questo tempo
di madri
infelici senza mai befana
neppure un
solo carbone
per i bimbi
buoni da cullare
Vuota la
comoda poltrona
il camino
spento non ha più
la luce dei
miei occhi
(spento
anche lo stupore)
Allora il braciere
Segnava
l’inizio dell’inverno
il braciere
acceso con i panni
da
asciugare
E noi
dietro i vetri
a recitare
preghiere a dirci
storie di
morti per le vie
S’alzava il
vento e portava fantasmi
di santi in
processione e
nella notte
sognavamo campane
Sui carboni
ardenti delle lunghe sere
castagne
olive e taralli di pane
profumavano
di buono
la cena
condita di parole
Era
semplice la vita allora
sapeva di
ore insieme nella casa
di mistero
lungo le strade deserte
e
intirizzite per non perdere
l’abitudine
al sogno e alla fantasia
(lontano
nel tempo il mondo senza poesia)
È un sorriso acceso
È un
sorriso acceso più di mille soli
più di
mille fuochi più di mille stelle
il nostro
incontrarci in questo ottobre
che
s’infiamma di rossi tramonti
e lascia
una scia di lungo incanto
nell’abbraccio
che sa di noi
di noi
soltanto
tra
bicchieri di vino novello
per
brindare a questo giorno
così chiaro
e nuovo e bello
che
s’adagia tra le cose da dire
E piano ci
raggiunge la sera
avvolta tra
i rami pigolanti
di questi
alberi in festa
(le nostre
risate a cancellare
la lunga attesa)
Dicembre e i falò
S’accendono
per le strade
i falò di
santa Lucia
in gara con
i lampioni
e le
lontane stelle
Scintille
s’innalzano al cielo
e fiamme
simili a pennelli
di rosso le
facciate delle case
dipingono
L’aria
rosseggia sui volti
di stupore
di adulti e bambini
Nuvole sono
gli occhi di fumo
e di sogni
accesi tra le ciglia
Calore di
fascine che cantano
Corpi
vicini si scaldano
Vinto è il
freddo inverno
Tornano i
morti a sedere con i vivi
e a
raccontare dei falò antichi
che porte
spalancavano ai santi
del
paradiso per far torto all’inferno
(sorride la
strada lastricata
di buone intenzioni
il fuoco
piano piano si spegne)
erano i papaveri la nostra allegria
accendono i
prati con bocche di baci
i papaveri
svettanti nei mattini
di verde
allegria
Sciamavamo
a raccoglierli
per farne
dono all’amore sognato
e non
ancora vissuto
Io gonna a
campana vitino di vespa
e un
sorriso ch’era incendio di cieli
Tu dimentico
di rose e di spine
ardenti sogni
bruciavi
in vene
ribollenti
e finti bicchieri
di vino
a riscaldare
il giorno perfetto
Rane e
rospi urlavano folli canti d’amore
Era il tre
maggio assolato e innocente
quando tra
dita di litanie e rosari
una
sigaretta scintillava
nei distorti
pensieri d’intense sere
e canti
altalenanti di preghiere
Brulichio
di sogni
l firmamento
da accendere piano…
Per non
farli volare via
ne
mettevamo una manciata
sotto il cuscino
(attesa
frenetica d’ogni domani
la luna tra i palmi delle mani)
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