lunedì 30 aprile 2018

“Il vento il fuoco e le azzurre acque”- parte seconda


Ed ecco la seconda sezione. Ieri ho pubblicato tutta la prima sezione, “Il vento”, perché alcune poesie erano state riportante nel blog in varie mie riflessioni e circostanze e, quindi, speravo che quelle non lette non stancassero i lettori di questo mio blog. Oggi ho suddiviso la seconda sezione, “Il fuoco”, in due parti per non annoiare chi mi legge. Il mio desiderio è fare buona e gradevole compagnia. Spero di riuscirvi… e grazie per la pazienza e la perseveranza…

il fuoco    

non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano fuoco:
t’amo come si amano certe cose oscure,
segretamente entro l’ombra e l’anima.
                          (Pablo Neruda)

Incendio di vene

Incendio di vene la primavera che ricordo
ai giorni dell’amore nei bicchieri
e braccia di fuoco
a stringere il sogno e l’allegria.
Erano i nostri anni cesti di garofani accesi.
Tu mi portavi la tua ironia agli assalti del cuore,
io il rossore dei ciliegi
sul candore delle guance in fiore.
Giganti noi a forare cieli striati d’azzurro.
Dischiuso all’alba il canto delle allodole.
Tra mani incerte
di splendore e fili d’erba il giorno.
Passò il tempo dei gerani ai balconi.
Sventolio di bandiere arrese il ricordo.
Follia di giovinezza
ebbe occhi d’ardore e di papaveri.

Rosso di rosso sangue

Rosso di rosso sangue è la ferita
dell’amore deluso e poi disperso
sul mare d’agosto che si tinge di oro
e porge ai miei fianchi tregua al dolore.
Bruciammo di passione quella notte
che ci vide sognare tra le stelle
e un canto aveva e labbra di corallo
e baci di fuoco a tatuare la pelle.
Fu grido e pianto l’attimo vinto
dal tempo che non perdona
agli amanti l’amore.

Solo un cerino

Dal naufragio mi porto a riva la pelle
e le ferite
M’accoglie l’isola del miraggio
e nelle tasche del passato
un solo cerino mi sorride
unica speranza
e la mano trema per il troppo gelo
Ardere ancora ardere di fuoco vivo
voglio
e rami da accendere con un colpo solo
alla petraia dove il coraggio viene meno
esiguo mezzo esiguo tempo esiguo spazio
mi è dato
per ritrovarmi nelle mie vesti
e nelle mie canzoni
E tu non ci sei a disegnare un falò
che ci tenga uniti
(tra le dita deluse mi è rimasto
         solo
l’inutile cerino)

Era il fuoco era il fuoco

Era il fuoco che cercavi era il fuoco
quando il freddo avvolse le tue vesti
in quelle notti di gelo alla deriva
di tutti gli appigli che sognasti
pur di rinascere viva dalle ceneri
che lasciavi lungo i giorni
delle braci spente e del calore gridato
atteso cercato richiesto con labbra mute.
E nessuno ad ascoltare il grido soffocato
nessuno a chiederti il perché della sconfitta.
E in tanto gelo il fuoco ti fu negato.
Eppure erano indizio il capo chino i sciolti
capelli le ginocchia piegate e un silenzio
di occhi sopra fogli lacerati di parole perdute.
Ti dissero colpevole di essere sopravvissuta
alla furia di una notte che divise a metà
i tuoi giorni, le membra, il nome, i pensieri.
E moltiplicò le ore, le paure, le ansie, le sorti.
Ti dissero innocente per lasciarti vivere
in un ingorgo di oceani senza orizzonti e
senza rive e tutti i porti erano senza faro.
E non seppero che eri già trafitta da lame
che incendiarono la carne lasciando inerti
come di pietra la spenta poesia e il cuore.
Senza chiedere pietà né perdono rimanesti
sola e inascoltata nella tua innocenza
finché nel pietrificato silenzio
                   l’alba nuova ti sorrise.


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