venerdì 20 aprile 2018

La poesia, anima e respiro dell’universo


Non mi stancherò mai di parlare di poesia. Soprattutto dopo la benefica immersione di tre serate meravigliose, vissute all’insegna della Poesia, nella Poesia, per la Poesia. Con Poesia.
“Poesia anima e respiro dell’Universo”, il festival internazionale che ci ha visti coinvolti con entusiasmo e commozione tra parole straniere e una sola voce: quella dell’anima innamorata del canto della vita, tra realtà umana e sacralità divina. Il divino che si fa umano e “s’incarna nella parola” (Paul Valery).
In un momento storico così difficile, oscuro, problematico, amaro, violento, prevaricatore, aberrante, questo festival che s’impernia sulla interculturalità poetica assume un significato profondo: “la Poesia unisce i popoli, elimina steccati di ogni genere, rende l’umanità migliore” (Raffaella Leone).
Abitiamo sotto cieli diversi che è pure lo stesso cielo, abbiamo credi diversi, pure respiriamo lo stesso respiro divino che avvertiamo in tutto il Creato, noi uniche creature tra tutti gli esseri viventi a sapere di un Creatore, padrone della vita e della morte, a cui rivolgiamo la nostra preghiera e il nostro canto.
Parliamo lingue diverse, eppure abbiamo una sola voce: quella della mente, del cuore, dell’anima. Una voce che racchiude in sé Bellezza, Armonia, Compiutezza, Appagamento perché è Sogno, Passione, Memoria, Amore. Ha occhi d’innocenza dell’umanità bambina e si macchia della polisemia ambigua della parola. Bugia e Verità. Straniamento e Appartenenza. Possibilità di perdersi col rischio di mai più ritrovarsi. Solitudine del volo alto (Baudelaire e il suo Albatro) e desiderio di arrivare all’altro e all’altro ancora, fino a ritrovarsi in un “altrove” che è perdita di sé e ritrovamento di tutto l’altro da sé, che dilata orizzonti e non ha più confini.
Di qui, la “Poesia anima e respiro dell’universo”. In quanti modi possiamo denominarla senza mai poterla definire? Illimitatamente. Perché non è misurabile, né quantificabile né modellabile, la poesia. Non occupa uno spazio o un tempo perché è spazio e tempo insieme (Carlo Ossola sostiene che la poesia “dimentica il tempo e racchiude in sé il Cosmo”). Poesia è tutto quello che non è e che poi comincia ad essere, grazie alla immensa forza della creatività. La poesia è, pertanto, atto di creazione (Platone). È Spirito che aleggia in ogni dove (ruah, per gli ebrei). Illuminazione perché è Luce che mette in fuga le tenebre. È esperienza di vita che s’infiamma di emozione e trasfigura la realtà in qualcos’altro. È veggenza (Omero era cieco e vedeva mondi meravigliosi con gli occhi della sua anima fino a raggiungere il futuro perché fosse un eterno presente, guadagnandosi l’immortalità: quotidiana conquista degli uomini in gara con gli dèi). È visionarietà. È il segno della disgiunzione perché si ottenga l’unica congiunzione possibile tra erranza e appartenenza. Andiamo oltre noi stessi (erranza) per universalizzare il nostro sentire (appartenenza). È brivido che attraversa il nostro corpo e i suoi cinque sensi per impadronirsi del sesto senso (la sensibilità), che è lama che trafigge la mente, il cuore, l’anima per farsi essenza materica (la pienezza significativa della parola) e pura fonte di senso cristallino e nebuloso nella parola alata. Ecco perché la poesia è atto creativo e di fede. Ci fa credere in quello che facciamo. Nella parola che usiamo per rendere testimonianza di ciò che abbiamo guardato, sentito, vissuto e rivissuto, trasformato, vivificato, nel riso e nel pianto, nella illusione e nella delusione, nel sogno, credendo che fosse vero e della realtà vissuta come sogno. Tutto questo è poesia e molto molto altro ancora. È attimo di emozione che diventa promessa di eternità. È coraggio di affrontare l’ignoto che è in noi e fuori di noi e avvertirne la discrepanza che procura ansia, dolore, smarrimento. E, nello stesso tempo, quanta pienezza e appagamento e gioia un solo verso ci procura! È la nostra perdizione e la nostra salvezza!
Possiamo ritenerci dei vinti se l’umanità continua a rinascere grazie alla Creatività, filo diretto con Dio, che genera l’Arte in tutte le sue meravigliose forme?
Il poeta lo fa con la Poesia nelle sue innumerevoli declinazioni: è fluviale nelle liriche di Pablo Neruda e nei poeti cileni e sud-americani, ed è essenziale e simbolica nei versi di J. R. Jiménez e di tutta la poesia orientale, con una forza di grande adesione alla natura, di forte allusività e sacralità (vedi la poesia della grande nostra ospite giapponese Kayoko Yamasaki); e onirica e visionaria di Dante, il poeta più onirico e visionario della letteratura mondiale, o di Borges, molto più vicino a noi nel tempo, passando per Blake, fino al nostro ospite Bratislav Milanovic che, in “Lettera da un futuro remoto”, un meraviglioso poema che potremmo definire dantesco, scrive lettere d’amore azzerando tempo e spazio per eternarli su vari piani della realtà e del sogno e renderli immortali e continuamente ripercorribili in un autunno (l’ottobre) della vita che non ha confini ed è forse già nell’aldilà. Ma laggiù “la speranza è ancora speranza”, “io sorriso è ancora sorriso”, la parola è ancora parola”. E tutto ritorna e ricomincia. Con il corpo, la mente, il cuore, in un sogno d’amore che non può morire.
Realistica e ironica è, invece, la poesia di Ljubica Rajkic e di Dragan Mraovic. La prima grandissima poetessa rumena, il secondo il lo straordinario poeta, e il più grande traduttore serbo. Una poesia che trova i suoi primi cantori in Cecco Angiolieri o nell’Aretino sarcasmo nel primo e con maggiore vigore sensuale e “scollacciato” nel secondo. Un forte vitalismo (Aristotele, Bergson…) esplode in entrambi i nostri amati ospiti sia pure con esperienze e stili poetici personali e unici, ma con lo stesso ritmo e le stesse sospensioni del cuore, in grado di dare generosamente amore, desiderando di riceverne in ugual misura. Tra ironia, autoironia e malinconia. Tra il senso inevitabile della morte e l’inevitabile fatalismo di chi non può fare altro che accettarla. Con il sorriso della mai spenta, nonché amara, allegria. Sempre.
Quattro voci diverse e una sola grande poesia! Nella accogliente Biblioteca “Bovio” di Trani. Nel meraviglioso castello di Bitritto. Nella Sala delle Cerimonie dell’Ambasciata Serba a Roma.
E oggi, dopo chilometri e chilometri macinati, dopo intense emozioni vissute, dopo impegno organizzativo “fino all’ultimo respiro” profuso a piene mani, ci sentiamo tutti indubbiamente stanchi, ma compiutamente noi, pienamente felici, decisamente fieri di essere riusciti “insieme” (banalmente, “l’unione fa la forza”!): la SECOP edizioni (di Peppino Piacente e Raffaella Leone), l’Associazione culturale Fos  (Presidente Nicola Piacente) con l’Università popolare di Santa Sofia di Trani (Presidente Savino Giannella), l’Amministrazione comunale di Bitritto (Sindaco Giuseppe Giulitto), la Ambasciata Serba in Italia, a realizzare questo grande evento culturale e poetico di portata storica internazionale.
Sicuramente ci sentiamo anche migliori!
E dei versi di questi grandi nostri amici poeti parlerò ancora…




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