Non mi stancherò mai di parlare di poesia. Soprattutto dopo la
benefica immersione di tre serate meravigliose, vissute all’insegna della
Poesia, nella Poesia, per la Poesia. Con Poesia.
“Poesia anima e respiro dell’Universo”, il festival internazionale che
ci ha visti coinvolti con entusiasmo e commozione tra parole straniere e una
sola voce: quella dell’anima innamorata del canto della vita, tra realtà umana e
sacralità divina. Il divino che si fa umano e “s’incarna nella parola” (Paul
Valery).
In un momento storico così difficile, oscuro, problematico, amaro,
violento, prevaricatore, aberrante, questo festival che s’impernia sulla
interculturalità poetica assume un significato profondo: “la Poesia unisce i
popoli, elimina steccati di ogni genere, rende l’umanità migliore” (Raffaella
Leone).
Abitiamo sotto cieli diversi che è pure lo stesso cielo, abbiamo credi
diversi, pure respiriamo lo stesso respiro divino che avvertiamo in tutto il
Creato, noi uniche creature tra tutti gli esseri viventi a sapere di un
Creatore, padrone della vita e della morte, a cui rivolgiamo la nostra
preghiera e il nostro canto.
Parliamo lingue diverse, eppure abbiamo una sola voce: quella della
mente, del cuore, dell’anima. Una voce che racchiude in sé Bellezza, Armonia,
Compiutezza, Appagamento perché è Sogno, Passione, Memoria, Amore. Ha occhi d’innocenza
dell’umanità bambina e si macchia della polisemia ambigua della parola. Bugia e
Verità. Straniamento e Appartenenza. Possibilità di perdersi col rischio di mai
più ritrovarsi. Solitudine del volo alto (Baudelaire e il suo Albatro) e
desiderio di arrivare all’altro e all’altro ancora, fino a ritrovarsi in un “altrove”
che è perdita di sé e ritrovamento di tutto l’altro da sé, che dilata orizzonti
e non ha più confini.
Di qui, la “Poesia anima e respiro dell’universo”. In quanti modi
possiamo denominarla senza mai poterla definire? Illimitatamente. Perché non è
misurabile, né quantificabile né modellabile, la poesia. Non occupa uno spazio
o un tempo perché è spazio e tempo insieme (Carlo Ossola sostiene che la poesia
“dimentica il tempo e racchiude in sé il Cosmo”). Poesia è tutto quello che non
è e che poi comincia ad essere, grazie alla immensa forza della creatività. La poesia
è, pertanto, atto di creazione (Platone). È Spirito che aleggia in ogni dove
(ruah, per gli ebrei). Illuminazione perché è Luce che mette in fuga le tenebre.
È esperienza di vita che s’infiamma di emozione e trasfigura la realtà in
qualcos’altro. È veggenza (Omero era cieco e vedeva mondi meravigliosi con gli
occhi della sua anima fino a raggiungere il futuro perché fosse un eterno
presente, guadagnandosi l’immortalità: quotidiana conquista degli uomini in
gara con gli dèi). È visionarietà. È il segno della disgiunzione perché si
ottenga l’unica congiunzione possibile tra erranza e appartenenza. Andiamo oltre
noi stessi (erranza) per universalizzare il nostro sentire (appartenenza). È brivido
che attraversa il nostro corpo e i suoi cinque sensi per impadronirsi del sesto
senso (la sensibilità), che è lama che trafigge la mente, il cuore, l’anima per
farsi essenza materica (la pienezza significativa della parola) e pura fonte di
senso cristallino e nebuloso nella parola alata. Ecco perché la poesia è atto
creativo e di fede. Ci fa credere in quello che facciamo. Nella parola che
usiamo per rendere testimonianza di ciò che abbiamo guardato, sentito, vissuto e
rivissuto, trasformato, vivificato, nel riso e nel pianto, nella illusione e
nella delusione, nel sogno, credendo che fosse vero e della realtà vissuta come
sogno. Tutto questo è poesia e molto molto altro ancora. È attimo di emozione
che diventa promessa di eternità. È coraggio di affrontare l’ignoto che è in
noi e fuori di noi e avvertirne la discrepanza che procura ansia, dolore,
smarrimento. E, nello stesso tempo, quanta pienezza e appagamento e gioia un
solo verso ci procura! È la nostra perdizione e la nostra salvezza!
Possiamo ritenerci dei vinti se l’umanità continua a rinascere grazie
alla Creatività, filo diretto con Dio, che genera l’Arte in tutte le sue
meravigliose forme?
Il poeta lo fa con la Poesia nelle sue innumerevoli declinazioni: è
fluviale nelle liriche di Pablo Neruda e nei poeti cileni e sud-americani, ed è
essenziale e simbolica nei versi di J. R. Jiménez e di tutta la poesia
orientale, con una forza di grande adesione alla natura, di forte allusività e
sacralità (vedi la poesia della grande nostra ospite giapponese Kayoko
Yamasaki); e onirica e visionaria di Dante, il poeta più onirico e visionario
della letteratura mondiale, o di Borges, molto più vicino a noi nel tempo,
passando per Blake, fino al nostro ospite Bratislav Milanovic che, in “Lettera
da un futuro remoto”, un meraviglioso poema che potremmo definire dantesco,
scrive lettere d’amore azzerando tempo e spazio per eternarli su vari piani
della realtà e del sogno e renderli immortali e continuamente ripercorribili in
un autunno (l’ottobre) della vita che non ha confini ed è forse già nell’aldilà.
Ma laggiù “la speranza è ancora speranza”, “io sorriso è ancora sorriso”, la
parola è ancora parola”. E tutto ritorna e ricomincia. Con il corpo, la mente,
il cuore, in un sogno d’amore che non può morire.
Realistica e ironica è, invece, la poesia di Ljubica Rajkic e di
Dragan Mraovic. La prima grandissima poetessa rumena, il secondo il lo
straordinario poeta, e il più grande traduttore serbo. Una poesia che trova i
suoi primi cantori in Cecco Angiolieri o nell’Aretino sarcasmo nel primo e con
maggiore vigore sensuale e “scollacciato” nel secondo. Un forte vitalismo (Aristotele,
Bergson…) esplode in entrambi i nostri amati ospiti sia pure con esperienze e
stili poetici personali e unici, ma con lo stesso ritmo e le stesse sospensioni
del cuore, in grado di dare generosamente amore, desiderando di riceverne in
ugual misura. Tra ironia, autoironia e malinconia. Tra il senso inevitabile della
morte e l’inevitabile fatalismo di chi non può fare altro che accettarla. Con
il sorriso della mai spenta, nonché amara, allegria. Sempre.
Quattro voci diverse e una sola grande poesia! Nella accogliente Biblioteca
“Bovio” di Trani. Nel meraviglioso castello di Bitritto. Nella Sala delle
Cerimonie dell’Ambasciata Serba a Roma.
E oggi, dopo chilometri e chilometri macinati, dopo intense emozioni
vissute, dopo impegno organizzativo “fino all’ultimo respiro” profuso a piene
mani, ci sentiamo tutti indubbiamente stanchi, ma compiutamente noi, pienamente
felici, decisamente fieri di essere riusciti “insieme” (banalmente, “l’unione
fa la forza”!): la SECOP edizioni (di Peppino Piacente e Raffaella Leone), l’Associazione
culturale Fos (Presidente Nicola
Piacente) con l’Università popolare di Santa Sofia di Trani (Presidente Savino
Giannella), l’Amministrazione comunale di Bitritto (Sindaco Giuseppe Giulitto),
la Ambasciata Serba in Italia, a realizzare questo grande evento culturale e
poetico di portata storica internazionale.
Sicuramente ci sentiamo anche migliori!
E dei versi di questi grandi nostri amici poeti parlerò ancora…
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