martedì 15 maggio 2018

“Il vento il fuoco e le azzurre acque - parte settima


Che la terra sia ancora terra
Sogno premonitore dell’alba
un fascio di rose gialle in offerta
alle mie mani
avide di bellezza non di parole tradite
mi fecero tremare prima del misfatto
Straziate di contese che non m’appartengono
e mi rendono rea di trame
mai messe nel conto del dare e avere
sempre in disavanzo a mio discapito
e la testa mozzata e la verità perduta
nel pantano delle complicità
con capi d’accusa inventati per costruirsi
alibi e ragioni
A quale santo votarmi più non so
e il soffocato pianto
che testimoni non ebbe mai alla deriva
naufraga di me stessa
nell’inutile tentativo di salvare tutti
in debito con la stella cadente che esplose di luce
agli occhi di mia figlia a scrutare il cielo
i suoi presagi
E noi a seguirne la scia e un battito moltiplicato di vene
implora muto
che s’avveri il desiderio di verità
sperperata nei crocicchi
della menzogna e il silenzio conservi richiami di sole
(e la terra sia ancora terra tra le mie mani radici di verità)

L’alba nella casa               
                    (per Ombretta e Riccardo)
Nel buio della prima alba
il folle pittore innamorato
bocciolo di rosa purpurea dipinge
all’orizzonte di case alberi colline monti
e un fremito di foglie
leggero

lentamente si schiude e smargina di petali in filigrana
nel cielo di latte e un ciuffo di tetti
a ricordare la vita e gli uomini
addormentati

noi dietro i vetri
della casa sospesa tra luci di stupore

il chiarore dilaga
attesa del nuovo giorno
sospeso al filo
tenue
della speranza

Rosco e Lamù si contendono la casa
le luci il verde
le carezze di amorevoli mani
attente a non imprigionare attese e speranze

attimi in sospensione

e già il folle pittore
di nuvole opache imbratta la tela
ed è grigio mattino

Aspetteremo un tramonto di luna
il suo canto d’argento sul mare…
(e negli occhi radici di casa e di gatti
                                       avremo
di terra e di alberi che attendono foglie…)
Lente spade

Lente spade
le ore del giorno
sfiorate dall’alba
trafiggono serenità
Occhi di sonno
Di nebbia il cuore
Groviglio di pensieri
(lantane nel mio giardino)
Tu corda che strangola
attese
e riannoda storie
non vissute forse sognate
(nell’assenza un’eco di stelle a farsi radici)

Le parole
                           (Per Alberto)
No, il bianco che più bianco che non
Non è il foglio bianco
A tormentarmi
Ma la parola di troppo a tracimare
Non le cerco le parole
Non le invoco
 Non mi arrampico su impervie cime
Per una stella alpina oppure un croco
Costruire dighe devo e innalzare muri
Porre argini o ripari di nebbie
Alla furia di acque che divallano in fiumi
Con foci a delta
Vertiginose cascate e scrosciare di sillabe
In sottovento
(angoscia è sentire la polla ch’esplode
E il secondo del giorno
Che ti manca
Perché a coppa le mani
Ne accolgano l’azzurra sinfonia
Svolazzo ardito e irridente e fiero di parole
Con un sorriso malizioso
Di bambina che immerge i piedi allegri
In quel fiume e poi canta…

Di cinquanta rami fioriti

Lungo fischi di tutti i treni
Persi in tutte le stazioni attraversate
E perdute ai miei lunghi capelli
I miei lunghi capelli ho tagliato
Di quasi cinquanta rami fioriti
E un solo comandamento
“fa’ che i tuoi capelli siano sempre più lunghi…”                                                 
Taglio il passato taglio con il passato
In questo lungo anno bisestile
Amaro e difficile
Triste da dimenticare
Taglio pensieri e ferite
Taglio il dolore le mie gambe smarrite
Smarriti passi dell’amore
Il mio tronco rugoso
Attende solitario e prigioniero
Di radici che non seppe dire alle ali in volo
Attende ancora un raggio di sole
Che questo cielo romano
Miracolosamente inondi
E dia tintinnii d’oro ai colli
Risuonanti d’antiche gesta d’eroi antichi
Che fecero di questa terra sorriso di Dio
(nell’anima tutte le distanze e un solo addio)                
                    (Roma - 21 dicembre 2016)


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