In questo ultimo
secolo ci siamo affidati ad altro e abbiamo fallito.
E qui voglio ora
riportare un nuovo scritto, questa volta mio, preso dal secondo e conclusivo
volume del romanzo “Le piogge e i ciliegi”, che sarà pubblicato in primavera.
Potrebbero anche queste pagine risultare illuminanti? Non so. Lo spero!
‘Nel dormiveglia pomeridiano ho fatto ancora un sogno. Bellissimo. Ero
nell’universo e giravo appiattita contro la crosta terrestre (come l’uomo
vitruviano), insieme alla terra che era una grande sfera illuminata dal sole.
Proprio come oggi ce la mostrano negli “infiniti spazi” le immagini
tridimensionali scattate dai satelliti. Avvertivo la sensazione esaltante di
essere leggera, libera, incantata dalla vista dell’alba, del tramonto, della
notte, delle stelle. Contemporaneamente. Ho cominciato a volare verso una luce
lontana, luminosissima e pensavo, ad un tratto, che fosse Dio.
E tu mi sei venuto incontro, parlandomi con tenerezza, quasi volessi
farmi da guida, istruirmi, chiarirmi il mistero degli universi e di quella
Luce. Non erano chiare, però, le tue parole. Giungevano a me come musica
indistinta, quasi ninnananna, quasi preghiera. Poi una frase chiara,
cristallina:
“L’incontro con Dio è un
meraviglioso miracolo d’amore”
Eri sparito. E, mentre da sola andavo incontro alla Luce, vedevo
davanti a me una lastra di marmo bianchissima su cui erano scritte tutte le
parole che mi avevi detto e che non ero riuscita ad ascoltare. In un angolo, in
alto, c’era un piccolissimo fiore tra un ciuffo d’erba che diventava filamento
grigio. Le parole dicevano:
“Sono sempre con te ad indicarti la via che porta a raccogliere le
stelle. Hai il paniere, che ti diedi quando eri bambina per raccogliere le
ciliegie, ormai vuoto. È tempo di riempirlo. Tra un po’ ci sarà una grande
pioggia di stelle e tu devi soltanto aprire il paniere perché ne sia colmo. La
pioggia serve anche a questo. A riportarti alla memoria quella bambina felice
che ora ha bisogno di essere inondata di luce per ritornare a rigenerarsi. Senza
la fonte luminosa a cui dissetarsi tutti i fiori dell’anima si riducono a grigi
steli appassiti e lasciano il deserto nel cuore. Così si riduce anche la LUCE
di DIO sulla terra. Non perdere mai la sorgente né la stella più luminosa.
Trattienila negli occhi e nel cuore. Ti servirà a ritrovare sempre la strada…”
Mi sono svegliata con un misto di paura e di gioia. E ho ricordato le
tue ultime parole prima di andare via. Sì, ora ricordo, mi hai parlato della
fede come fiaccola per illuminare, ogni giorno, il buio. Fino alla vera LUCE.
Sono disorientata. Fino a qualche tempo fa la mia fede era ridotta al
lumicino.
‘Sono solo sogni e miei pensieri’, mi dicevo negli ultimi anni presa da
uno scoramento che non aveva nome, ‘sogni e pensieri che sembrano prodigi, ma
proprio per questo non sono realtà’.
Volevo razionalizzare
‘Belli, emozionanti i miei pensieri e i miei sogni ma pur sempre sono
frutto della mia fantasia. Sì. Lo so. “Ci sono molte più cose in Cielo”…’, mi
dicevo.
E questa consapevolezza mi ha fatto, pian piano, anche a mia insaputa,
riconciliare con la morte, mio eterno tormento. Non a caso, ne ho parlato tanto
in questo libro con dolore e disperazione. Non a caso, molte di queste pagine
sono impregnate di morte più che di esperienze di vita.
Poi… ecco scoprire in ogni perdita una nuova verità e un nuovo mistero,
una nuova consapevolezza della inevitabilità del riso e del pianto; delle
parole che sfumano nella nebbia del passato, di quella voce che non c’è più e
la perdi se non la risenti ancora e ancora, magari in una registrazione, un
filmato… le voci dell’intera umanità perse nell’oblio, fino a che l’invenzione
di strumenti sonori, e poi anche visivi, non ci ha dato il potere di conservare
almeno quella voce, che ti appartiene o ti è cara, su un nastro, in una
pellicola, oltre che nel cuore, e di altre che fioriscono e che ti sono
estranee fino a che non impari ad usarle e a farle tue. Come i bambini che
nascono e si aggiungono agli affetti di ieri. E dilagano nel cuore, dove
credevi che non ci fosse più spazio per nuovi amori, nuovi volti, nuove
tenerezze.
Ad ogni nascita, ad ogni morte ecco rinascere e morire un segreto, la
somiglianza di ogni uomo ad un altro uomo e la sua differenza. L’unicità di ciascuno,
nonostante le cellule del cervello siano uguali per tutti, nel numero, nella
forma, nel peso e nella dimensione.
Con la morte si chiude un
cerchio che è un percorso infinito
E così ancora il mistero della vita, che si fa mistero dell’intero
universo, in cui ti perdi e ti ritrovi migliaia di volte ancora. E non è dato a
te cambiare di un solo millimetro il corso del sole, di un solo secondo
l’alternarsi delle stagioni, il ritorno delle foglie ad ogni primavera sui rami
spogli di ogni inverno. Come non è dato a te di cambiare il cuore degli uomini.
Il tuo cuore. Il reale cammino del mondo nell’immenso cammino degli
innumerevoli cieli e spazi stellati o privi di stelle. Cambia solo la parte
esteriore, superficiale, che vediamo, tocchiamo, conosciamo o crediamo di
conoscere. Il nostro aspetto cambia. Anche la nostra anima cambia e si evolve.
Ma tutto rimane profondamente immutato. Tutto quanto i nostri occhi non vedono
e i nostri pensieri sfiorano maldestramente. Ed è allora che il cuore non trema
più. L’ansia si placa. Non ci si oppone più con la nostra insufficiente
intelligenza. Subentra una nuova pienezza di sé che è accettazione della
propria finitudine, realizzazione della propria essenza, offerta della propria
compiutezza.
Non si può essere niente di più e niente
di meno di quello che siamo
nel flusso dell’umana esistenza. Altrimenti lo saremmo stati, lo
saremmo diventati. E tutto ha un senso. Un fine.
Una fine nel nuovo
inizio che si accende’.
Un sogno, certo, ma non sono forse i sogni più veri della stessa
realtà? Mi piace crederlo. Non mi fa male. Anzi! E, allora, perché non percorrere nuovi sentieri con umiltà e
coraggio per recuperare i valori perduti e il senso del divino che comporta sempre,
quando è autentico, pienezza, appagamento, fiducia nel prossimo e fede in Dio,
senza chiese né religioni? Solo facendo della nostra anima la Sua casa e il Suo
tempio? Quanta gioia e serenità io avvertivo nei miei nonni e in chi
frequentava la nostra casa. E quanta gioia e serenità avverto ancora oggi in
quei pochi autentici cristiani (ma sono davvero pochi?), che vivono dando un senso
alla propria vita, fondandola sull’amore, sulla solidarietà, sulla carità, che
è pur sempre amore, sull’abnegazione, che è sempre e ancora amore. E ammetto di
avere ancora mille dubbi e mille riserve. Non dico: io so. Dico: forse… perché
no! Se questo mi fa stare meglio? Mi procura ben-essere psico-fisico? Mi
avvicina agli altri? Questo è il mio possibilismo. Non escludo niente. Tutto può
avere un senso. Una dimensione altra, un’altra forma di realtà. Di verità.
Ma non posso fare a
meno, nello stesso tempo, di notare la disperazione di quelli che, tentando
maldestramente di riempire il vuoto di senso della propria vita, diventano
facile preda del male. Della violenza, della droga, del sesso, del nulla
esistenziale. E, con il nulla, quanta indifferenza, quanta arroganza, quanto egoismo,
quanto buio senza appigli. E non un santo a cui votarsi. Di qui i suicidi
sempre più frequenti, gli omicidi, l’infanticidio, il femminicidio.
Certo, tutto questo è
accaduto in ogni tempo e luogo, ma non aveva le casse di risonanza dei nostri
giorni (giornali, televisione, internet, social…) che creano emuli e trasformano
belve insensate in eroi mediatici. Sempre più avanza la desertificazione del
cuore. La voglia di apparire più di essere. La superbia e il rifiuto. La
sguaiata supponenza e la mancanza di vera conoscenza. La perdita totale della
memoria storica e, quindi, di noi stessi. L’esclusione piuttosto che la
partecipazione e la condivisione. È più importante, a mio parere, condividere la
gioia e non solo il dolore.
Ma la mia è solo una
sgangherata ipotesi d’amore e di salvezza tutta da confutare, tutta da
discutere. Nel comune indispensabile rispetto della nostra umanità e
fallibilità…
(ma mi piacerebbe
tanto aprire un dibattito costruttivo con chi si accosta ai miei apporti “di
cuore e di anima”, con maggiori conoscenze e competenze di me in questi campi
così importanti e delicati della nostra umana esperienza).
Angela De Leo
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