mercoledì 24 ottobre 2018

"Dio è amore"?: una riflessione... (ultima parte)


In questo ultimo secolo ci siamo affidati ad altro e abbiamo fallito.
E qui voglio ora riportare un nuovo scritto, questa volta mio, preso dal secondo e conclusivo volume del romanzo “Le piogge e i ciliegi”, che sarà pubblicato in primavera. Potrebbero anche queste pagine risultare illuminanti? Non so. Lo spero!
‘Nel dormiveglia pomeridiano ho fatto ancora un sogno. Bellissimo. Ero nell’universo e giravo appiattita contro la crosta terrestre (come l’uomo vitruviano), insieme alla terra che era una grande sfera illuminata dal sole.
Proprio come oggi ce la mostrano negli “infiniti spazi” le immagini tridimensionali scattate dai satelliti. Avvertivo la sensazione esaltante di essere leggera, libera, incantata dalla vista dell’alba, del tramonto, della notte, delle stelle. Contemporaneamente. Ho cominciato a volare verso una luce lontana, luminosissima e pensavo, ad un tratto, che fosse Dio.
E tu mi sei venuto incontro, parlandomi con tenerezza, quasi volessi farmi da guida, istruirmi, chiarirmi il mistero degli universi e di quella Luce. Non erano chiare, però, le tue parole. Giungevano a me come musica indistinta, quasi ninnananna, quasi preghiera. Poi una frase chiara, cristallina:
                  “L’incontro con Dio è un meraviglioso miracolo d’amore”
Eri sparito. E, mentre da sola andavo incontro alla Luce, vedevo davanti a me una lastra di marmo bianchissima su cui erano scritte tutte le parole che mi avevi detto e che non ero riuscita ad ascoltare. In un angolo, in alto, c’era un piccolissimo fiore tra un ciuffo d’erba che diventava filamento grigio. Le parole dicevano:
“Sono sempre con te ad indicarti la via che porta a raccogliere le stelle. Hai il paniere, che ti diedi quando eri bambina per raccogliere le ciliegie, ormai vuoto. È tempo di riempirlo. Tra un po’ ci sarà una grande pioggia di stelle e tu devi soltanto aprire il paniere perché ne sia colmo. La pioggia serve anche a questo. A riportarti alla memoria quella bambina felice che ora ha bisogno di essere inondata di luce per ritornare a rigenerarsi. Senza la fonte luminosa a cui dissetarsi tutti i fiori dell’anima si riducono a grigi steli appassiti e lasciano il deserto nel cuore. Così si riduce anche la LUCE di DIO sulla terra. Non perdere mai la sorgente né la stella più luminosa. Trattienila negli occhi e nel cuore. Ti servirà a ritrovare sempre la strada…”
Mi sono svegliata con un misto di paura e di gioia. E ho ricordato le tue ultime parole prima di andare via. Sì, ora ricordo, mi hai parlato della fede come fiaccola per illuminare, ogni giorno, il buio. Fino alla vera LUCE.
Sono disorientata. Fino a qualche tempo fa la mia fede era ridotta al lumicino.
‘Sono solo sogni e miei pensieri’, mi dicevo negli ultimi anni presa da uno scoramento che non aveva nome, ‘sogni e pensieri che sembrano prodigi, ma proprio per questo non sono realtà’.
                                             Volevo razionalizzare
‘Belli, emozionanti i miei pensieri e i miei sogni ma pur sempre sono frutto della mia fantasia. Sì. Lo so. “Ci sono molte più cose in Cielo”…’, mi dicevo.
E questa consapevolezza mi ha fatto, pian piano, anche a mia insaputa, riconciliare con la morte, mio eterno tormento. Non a caso, ne ho parlato tanto in questo libro con dolore e disperazione. Non a caso, molte di queste pagine sono impregnate di morte più che di esperienze di vita.
Poi… ecco scoprire in ogni perdita una nuova verità e un nuovo mistero, una nuova consapevolezza della inevitabilità del riso e del pianto; delle parole che sfumano nella nebbia del passato, di quella voce che non c’è più e la perdi se non la risenti ancora e ancora, magari in una registrazione, un filmato… le voci dell’intera umanità perse nell’oblio, fino a che l’invenzione di strumenti sonori, e poi anche visivi, non ci ha dato il potere di conservare almeno quella voce, che ti appartiene o ti è cara, su un nastro, in una pellicola, oltre che nel cuore, e di altre che fioriscono e che ti sono estranee fino a che non impari ad usarle e a farle tue. Come i bambini che nascono e si aggiungono agli affetti di ieri. E dilagano nel cuore, dove credevi che non ci fosse più spazio per nuovi amori, nuovi volti, nuove tenerezze.
Ad ogni nascita, ad ogni morte ecco rinascere e morire un segreto, la somiglianza di ogni uomo ad un altro uomo e la sua differenza. L’unicità di ciascuno, nonostante le cellule del cervello siano uguali per tutti, nel numero, nella forma, nel peso e nella dimensione.
                Con la morte si chiude un cerchio che è un percorso infinito
E così ancora il mistero della vita, che si fa mistero dell’intero universo, in cui ti perdi e ti ritrovi migliaia di volte ancora. E non è dato a te cambiare di un solo millimetro il corso del sole, di un solo secondo l’alternarsi delle stagioni, il ritorno delle foglie ad ogni primavera sui rami spogli di ogni inverno. Come non è dato a te di cambiare il cuore degli uomini. Il tuo cuore. Il reale cammino del mondo nell’immenso cammino degli innumerevoli cieli e spazi stellati o privi di stelle. Cambia solo la parte esteriore, superficiale, che vediamo, tocchiamo, conosciamo o crediamo di conoscere. Il nostro aspetto cambia. Anche la nostra anima cambia e si evolve. Ma tutto rimane profondamente immutato. Tutto quanto i nostri occhi non vedono e i nostri pensieri sfiorano maldestramente. Ed è allora che il cuore non trema più. L’ansia si placa. Non ci si oppone più con la nostra insufficiente intelligenza. Subentra una nuova pienezza di sé che è accettazione della propria finitudine, realizzazione della propria essenza, offerta della propria compiutezza.                                                                         
       Non si può essere niente di più e niente di meno di quello che siamo
nel flusso dell’umana esistenza. Altrimenti lo saremmo stati, lo saremmo diventati. E tutto ha un senso. Un fine.
                             Una fine nel nuovo inizio che si accende’.
Un sogno, certo, ma non sono forse i sogni più veri della stessa realtà? Mi piace crederlo. Non mi fa male. Anzi!   E, allora, perché non percorrere nuovi sentieri con umiltà e coraggio per recuperare i valori perduti e il senso del divino che comporta sempre, quando è autentico, pienezza, appagamento, fiducia nel prossimo e fede in Dio, senza chiese né religioni? Solo facendo della nostra anima la Sua casa e il Suo tempio? Quanta gioia e serenità io avvertivo nei miei nonni e in chi frequentava la nostra casa. E quanta gioia e serenità avverto ancora oggi in quei pochi autentici cristiani (ma sono davvero pochi?), che vivono dando un senso alla propria vita, fondandola sull’amore, sulla solidarietà, sulla carità, che è pur sempre amore, sull’abnegazione, che è sempre e ancora amore. E ammetto di avere ancora mille dubbi e mille riserve. Non dico: io so. Dico: forse… perché no! Se questo mi fa stare meglio? Mi procura ben-essere psico-fisico? Mi avvicina agli altri? Questo è il mio possibilismo. Non escludo niente. Tutto può avere un senso. Una dimensione altra, un’altra forma di realtà. Di verità.
Ma non posso fare a meno, nello stesso tempo, di notare la disperazione di quelli che, tentando maldestramente di riempire il vuoto di senso della propria vita, diventano facile preda del male. Della violenza, della droga, del sesso, del nulla esistenziale. E, con il nulla, quanta indifferenza, quanta arroganza, quanto egoismo, quanto buio senza appigli. E non un santo a cui votarsi. Di qui i suicidi sempre più frequenti, gli omicidi, l’infanticidio, il femminicidio.
Certo, tutto questo è accaduto in ogni tempo e luogo, ma non aveva le casse di risonanza dei nostri giorni (giornali, televisione, internet, social…) che creano emuli e trasformano belve insensate in eroi mediatici. Sempre più avanza la desertificazione del cuore. La voglia di apparire più di essere. La superbia e il rifiuto. La sguaiata supponenza e la mancanza di vera conoscenza. La perdita totale della memoria storica e, quindi, di noi stessi. L’esclusione piuttosto che la partecipazione e la condivisione. È più importante, a mio parere, condividere la gioia e non solo il dolore.
Ma la mia è solo una sgangherata ipotesi d’amore e di salvezza tutta da confutare, tutta da discutere. Nel comune indispensabile rispetto della nostra umanità e fallibilità…   
(ma mi piacerebbe tanto aprire un dibattito costruttivo con chi si accosta ai miei apporti “di cuore e di anima”, con maggiori conoscenze e competenze di me in questi campi così importanti e delicati della nostra umana esperienza).
                                                                                               Angela De Leo

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