venerdì 12 ottobre 2018

12 ottobre 2018: "Le piogge e i ciliegi"


“Un romanzo raccontato da chi lo sta leggendo
Venerdì 12 ottobre, alla libreria Secopstore, dopo FIERO del LIBRO, torna il romanzo autobiografico “Le piogge e i ciliegi” di Angela De Leo per una presentazione corale. Chi ha già iniziato a leggere il libro ne parlerà agli altri con l’intento di fornire la sua prospettiva da lettore. Questa nuova opera letteraria segna l’ideale ritorno della nota poetessa alle origini della sua ispirazione poetica: l’infanzia. Periodo magico vissuto con il nonno materno, nonno Mincuccio, uomo straordinario da cui si genera più di una vita: la vita di sua figlia e da lei quella della scrittrice e della scrittura, vita dei figli e dei loro figli e vita delle parole. Un racconto dentro il senso vero della vita.
Ore 19,00 - via Mercadante, 9 - Corato”
Così il comunicato dell’evento da parte della SECOP edizioni. E questa notte, nonostante il felice inizio delle presentazioni di questo primo volume (Le piogge, siamo in autunno!) presso la prestigiosa Università Popolare Santa Sofia di Trani, avvenuto il 2 ottobre 2018, e di cui ho parlato in precedenza, ho trascorso anche la seconda “vigilia” insonne. Ma perché questa parola, che non mi concede un minimo di riposo, mi è così cara? Avrei migliaia di parole per dirlo, ma mi piace farmi aiutare da quelle profondissime del mio straordinario amico Vito di Chio, uomo impastato di fede e di poesia (e di tante altre virtù), che per Fiero del Libro ci ha proposto, appunto, “Vigilia”.
<Una parola che mi ha sempre affascinato, perché all’interno della vigilia avverto subito una specie di inquieto coinvolgimento della persona e di attenzione all’altro; vigilia di Natale, quella di Ferragosto, vigilia di un esame, vigilia di una partenza ecc. Tanti di noi sentiamo quanto sia bello il sabato, vigilia per eccellenza: dolcemente ci vengono spontanei sulle labbra i due versi leopardiani: “Questo di sette è il più gradito giorno/ pien di speme e di gioia”. Vigilia, il tempo dell’attesa, della vigile attenzione, della intensità, della sentinella disposta a vegliare nella notte, a tutelare il patrimonio della memoria e della vita. L’etimologia permette di comprendere meglio ciò che la parola trasporta, ma anche l’esperienza che viviamo alla sua luce. Vigilia: una parola che viene da lontano, documentata nel sanscrito e con radici indoeuropee: vig è il fonema di partenza, da cui sgorga sia vigeo = aver vigore, vigor = essere pieno di vita che vigil, = “che è sveglio”, “che tiene sveglio”, vigilo, vigilare, essere attento, prendersi cura sollecita dell’altro. (…)
Vigilia non è dunque - in un senso meramente appiattito - il giorno prima di una festa o di una circostanza, ma essa rinvia all’essere vigile nella notte interiore che tocca la nostra esistenza e che ognuno di noi ogni tanto sperimenta con diverse modalità (…)
La vigilia ci induce a confrontarci inoltre con il momento storico che stiamo vivendo, sempre attraversato dalla notte e quindi con la difficoltà a percepirne i segni rivelatori del futuro, ma anche con l’appello a stare svegli, a tenere svegli quelli che ci stanno accanto… (vito di chio)
Come non cominciare con le sue parole per descrivere le mie vigilie prima di ogni evento importante della mia vita? È proprio così. Grazie, Vito, per queste tue preziose riflessioni che faccio mie perché in esse trovo tutto il senso della mia “vigilia”, in cui io mi sento in ansia per me stessa e soprattutto per gli altri.
‘Proveranno le mie stesse emozioni? Sarò in grado di trasmetterle? Ho scritto esperienze, sia pure romanzate, in cui gli altri potrebbero riconoscersi e condividerle empaticamente per un ricordo, una situazione, un momento particolare che è rimasto inciso nella memoria?’, mi chiedo inquieta e vigile. Sì, mi chiedo, per esempio, se ho scritto in maniera corretta dell’evoluzione civile e storico-socio-culturale di oltre un secolo, il Novecento, di cui ho conservato memoria, grazie al vissuto personale e alle storie ascoltate da chi le aveva vissute prima di me. Mi chiedo se sono stata convincente e coinvolgente o se ho annoiato, deluso, tradito con la mia voce spesso fuori dal coro per una ribellione tutta mia, intima, al conformismo, alla regola, alla disciplina, ai modelli e a quanto viene predicato come sacrosanto perché di moda, o fa tendenza o appartiene a un credo, una ideologia, una convinzione condivisa o meno. Ebbene, io vado sempre per conto mio, nel rispetto di tutti, ma senza schierarmi con chicchessia perché amo la libertà delle idee, del confronto aperto a tutte le culture, a ogni pensiero che mi fa pensare e riflettere e scegliere, di volta in volta, parole comportamenti, vicinanze. Ma tutto questo mi rende insonne, timorosa, insicura, ansiosa. Attenta agli altri. A non ferire soprattutto. Con una parola di troppo (nel fiume incoercibile di parole che mi connota!), con una disattenzione, con una omissione. Tutto questo, però, evidenzia la mia fragilità, che non conosce corazze, ma anche la mia costante intenzione di diventare quantomeno resiliente. Capace di scoprire le ragioni profonde dei miei e degli altrui comportamenti per farmene una ragione, nel buio sempre più fitto della “notte interiore” che avvertiamo in noi e che ci circonda. Attenta come una sentinella sugli spalti. Per la difesa delle mie idee, certo, ma anche della serenità altrui, della gioia condivisa, in una sorta di umana comprensione che parte dal desiderio di comunicare le mie emozioni con le parole per giungere, in una circolarità di intenti, a stare bene con me stessa e con gli altri, sia pure attraverso le pagine di un libro. Perché nessuno si senta escluso. Altre ansie e altri timori subentrano senza darmi tregua: ‘ci sarò riuscita?’. Mi piacerebbe davvero! Di qui le mie innumerevoli vigilie. Di qui, l’ansia che mi assale, nonostante i numerosi attestati di stima e di affetto, che mi procurano non solo gioia ma anche ulteriori timori: 'non credo di riuscire a donare quanto mi viene donato, anzi sono sicura che sempre più egoisticamente ricevo senza la possibilità di ricambiare, vuoi per i molteplici problemi di deambulazione e di salute, che da anni mi affliggono e che mi tengono chiusa nella mia torre d’avorio, sia in casa che fuori, vuoi per un lavoro che non mi dà tregua, che amo visceralmente e che mi angustia notevolmente perché mi tiene lontana dagli altri, da un commento, da una tenerezza, da una carezza d’anima'. E così vivo le mie notti in attesa dell’alba, ancora sempre indaffarata a dipanare stelle di cui faccio gomitoli per illuminare di nuove luce altre parole che temono l’abbaglio del sole… È così che nascono i miei libri. E ogni libro, di prosa o di poesia, è un'altra me, ma anche si riveste dei pensieri, delle storie, delle emozioni, dei ricordi di tutti quelli che lo leggono.    
<Ogni libro, appena pubblicato, perde la paternità dello scrittore per assumere la genitorialità di tutti i lettori che ne faranno un libro altro e un altro ancora, a seconda della personale sensibilità, del retroterra culturale, delle particolari esperienze di vita che convergono nel libro letto o da questo se ne discostano per altre percezioni, sensazioni, emozioni.
E, così, anch’io, dopo averlo portato nel grembo per tanti anni e averlo partorito, nutrito, accarezzato, cullato, devo consegnarlo in altre mani e, per farlo, devo necessariamente avviarmi alla conclusione, che mi vuole ancora in perigliosa navigazione tra sogno e realtà. Sì, riesco ancora a sognare ad occhi chiusi, ma anche ad occhi aperti, tra una notte insonne e l’altra che non mi fa dormire.
Non dormo. Come sempre mi capita nelle notti che si fanno insonnia pensieri problemi insoluti ansia dei giorni futuri cuscino da rigirare tra le mani.
Non dormo. Se il vento ulula lupo selvaggio sui tetti della mia casa e scompiglia alberi rami di foglie insonnia pensieri problemi insoluti ansia dei giorni futuri cuscino da rigirare tra le mani.
Non dormo. Se la pioggia danza leggera sui lucernari e mi mette dentro un senso di allegria che vorrei afferrare perché non si disperda l’ultima nota di buonumore, che tarda sempre più a distendere segni all’ingiù delle mie labbra con me invecchiate d’anni e di insonnia e pensieri e problemi insoluti ansia dei giorni futuri cuscino da rigirare tra le mani.
Non dormo. Se il tempo cattivo rovescia a secchiate acqua cattiva senza risparmio per i miei orecchi, che sanno l’insonnia e pensieri e problemi insoluti ansia dei giorni futuri cuscino da rigirare tra le mani.
Non dormo. Se il cielo s’inventa una luna piena che mi guarda attraverso il lucernario sul mio capo e scopre il mio incantamento, la mia insonnia e pensieri e problemi insoluti ansia dei giorni futuri cuscino da rigirare tra le mani.
Non dormo se ho ascoltato l’urlo dell’ultimo attacco kamikaze a far grondare di sangue la piazza, il Teatro, il pub, la via, i miei pensieri e l’ansia dei giorni futuri cuscino da rigirare tra le mani.
Non dormo. Se un morbido bianco silenzio si adagia sugli occhi di stupore dei miei tetti e riaccende insonnia e pensieri e problemi insoluti ansia dei giorni futuri cuscino da rigirare tra le mani.
Non dormo per il bimbo ucciso la ragazzina stuprata la donna lacerata in pezzi e gettata nella spazzatura, dove inorridiscono pensieri e giorni futuri cuscino da rigirare tra le mani
                                                Non dormo
ma…
improvvisamente la luce di un ricordo accende il buio e si moltiplica all’infinito. Guizzo di fari accesi nell’imprendibile imperdibile (in)consistenza della memoria.
                                               La memoria
È una camera oscura attraversata da lampi di ricordi che illuminano i ritratti ovali con tetre o dorate cornici di legno massiccio nella galleria di musei installati in antichi palazzi, che credevamo distrutti dall’usura del tempo e che tornano a vivere nel restauro di nuovi giorni, al tentato recupero di ciò che è stato e mai più sarà. Volti del passato ritornano con un richiamo di voci, tra quieta sonnolenza di stagioni o improvvisi tumulti del cuore, a riportarci paesi attraversati, impolverati di dimenticanza, case un tempo abitate, vie percorse tra odori sensazioni richiami suoni musiche emozioni. In un mosaico sbrindellato e mai perfettamente combaciante con la realtà che chiamiamo passato storia vita.
                                           Esistenza nostra e degli altri
           Di quelli che passarono e solo apparentemente non lasciarono traccia>
(ma questa è la quasi fine del secondo volume (I ciliegi, che fioriranno a primavera!) del mio quasi romanzo. Una quasi fine che qui anticipo perché la “vigilia” è passata e, col nuovo giorno, mi attende una nuova presentazione che spero di vivere “da sveglia” per emozionarmi ed emozionare ancora, sapendo che siamo già ad un altro inizio. Come l’alba che attende una nuova sera per poter riscoprire l’alba e… ricominciare!).





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