venerdì 2 novembre 2018

1-2 novembre: Ognissanti. Festa dei credenti - Commemorazione dei Defunti


La Festa di Ognissanti è particolare, perché prelude alla Commemorazione dei Defunti. Dunque, è la soglia del dolore da vincere con la condivisione della speranza che il primo giorno di novembre ci dona, in quanto ci ricorda la gloria e la gioia di tutti coloro che vivono ormai nella LUCE perché sono stati “uomini di buona volontà” su questa Terra, operando per il bene comune con amore, carità, giustizia, fratellanza.
Questo il senso che io do alla festa di Tutti i Santi, che già ci vede in preghiera per i “nostri” cari perduti alla “nostra” vista, ma annidati nella “nostra” anima e amati più che mai perché affrancati dalla quotidianità dei gesti e delle parole, delle attese spesso disattese e delle intese non sempre vissute in comunione d’intenti. Equivoci e ambiguità comportamentali che spesso configurano, tra i vivi, progetti delusi e   sconfitte inevitabili: ferite che, magari senza volerlo, infliggiamo proprio a chi ci è più caro o che, nostro malgrado, siamo costretti a subire dalle persone più amate.
E i rapporti si incrinano, si diluiscono, assumono nuovi significati e nuove identità. Spesso si risolvono nel silenzio o nella indifferenza.
Diventa, così, difficile ritrovarsi nello splendore dei sentimenti vissuti nei giorni pieni del loro stupore e accadimento.
Dopo, tutto si scarnifica. E rimane un senso di sacralità che ci rende timorosi di pensieri che non vogliamo più pensare, di colpe che non ci sentiamo più in cuore di dare, di tempi e luoghi che la memoria sottrae all’oblio, ma anche al rancore e al rimpianto di ciò che avremmo potuto vivere insieme e che non abbiamo più vissuto: la parola non detta, la carezza non data, il gesto affettuoso mai più osato.
Il perdono non espresso eppure avvertito come esigenza di rappacificazione   nell’intimo della nostra anima offesa e ferita.
Dopo, tutto ci riesce più facile. Tutto c’intenerisce. E il perdono è un “dono per” che elargiamo con tutto il nostro cuore, dove è “presenza viva” chi non c’è più. E tutto si stempera in quel vuoto dei sensi da colmare con l’anima che ricorda solo il bene ricevuto (e forse dato).   
Io non vado al cimitero. Non prego sulle tombe che mi mettono ansia e non aggiungono niente al mio dialogo quotidiano con i miei cari che non vedo, ma sento presenti come non mai nella mia casa, lungo i passi che sempre più a fatica metto, nei luoghi che ancora abito, laddove continuo ad andare con una sorta di invincibile determinazione.
Ogni mattina e ogni sera rivolgo ai miei cari un saluto perché non so più pregare. Mi piacerebbe saperlo fare con l’innocenza bambina di un tempo. Ma sono passati troppi anni. E non so più da dove cominciare. Quali parole semplici e vere e talmente leggere usare perché giungano gradite all’orecchio del buon Dio, che non potrebbe certamente amare i miei fronzoli a buon mercato. E che pure mi sorride divertito e pieno di comprensione. 
Come faccio a saperlo? Per i prodigi che mi concede. 
Illusione? Presunzione? Dabbenaggine? Forse. 
Ma, intanto, una cosa è certa e mi capita per davvero: ogni volta che avverto intensamente il bisogno di pregare (sia pure a mio modo), o di ricordare e di riproporre un pensiero, una voce, un qualcosa che mi riporti ad una persona conosciuta e amata, ma persa nell’infinito, ecco che un prodigio si compie ed io sento tutta la riconoscenza per Chi permette che il miracolo si avveri. 
Sì, ogni volta mi accade che, mentre cerco un appiglio, un qualcosa per parlare di… ecco che, dall’oceano di carte che allaga la mia mansarda, affiora come per incanto un foglio dimenticato che scivola tra le mie mani, una frase lasciata in una delle innumerevoli agende che cospargono il mio tavolo, una foto, una canzone, un oggetto. Coincidenze? Prima ne ero sicura. Poi le coincidenze sono diventate talmente tante da non poterle più etichettare così. Sarebbe un’offesa a tutti quelli che permettono che questi prodigi accadano. Ed è giusto che tale magia io sappia   riconoscere per sentire dentro di me gioia e gratitudine per la sua totale gratuità.
Ieri, per esempio, pensavo ai Santi e ai Defunti e mi rammaricavo come sempre di non saper più pregare né per gli uni e né per gli altri. Eppure, mi martellava dentro la parola Preghiera per definire l’uno e l’altro giorno. Con mia grande sorpresa. Con mio grande dispiacere.
E… improvvisamente… sento l’urgenza di prendere una cartella/contenitore di appunti, pagine di giornali, ritagli di notizie, che sono solita conservare. Una delle tantissime cartelline verdi e rigonfie fino all’inverosimile, impilate su tutti i ripiani della mia casa. Ed ecco da quella cartellina, presa a caso, finire tra le mie mani una pagina di un vecchissimo numero della rivista <Donna Moderna>, a cui un tempo ero abbonata (regalo di inizio anno… di mio marito, Primo Leone, con l’intento di farsi ricordare di settimana in settimana per gli anni a venire. E ciò è accaduto fino all’anno della sua morte, dieci anni fa!).
Ebbene, con immensa meraviglia, leggo: “Un balsamo per l’anima”. Si tratta della risposta di Diego Dalla Palma ad una lettrice, che lo seguiva come me sulla sua Pagina di consigli per la bellezza del corpo e dell’anima. Nella lettera, una tale Myriam gli chiedeva cosa ne pensasse della preghiera, visto che il noto visagista faceva spesso riferimento a questa pratica del cuore, come base per il benessere psico-fisico di una persona.
Ecco la risposta di Dalla Palma, per cui conservai la pagina tanti anni fa e che oggi mi commuove ancora e ancora “sento mia”:
“La preghiera è un balsamo. Non conta a chi è rivolta: conta quanto ci si crede. Conta l’intensità con cui si prega. Conta il trasporto dell’anima. Ci si ama un po’ anche attraverso la preghiera. Anche l’ateo, ne sono convinto, a modo suo crede in certe entità e le cerca quando lo spirito ha bisogno di nutrirsi. Nulla, a volte, dà più ristoro di una preghiera. Ognuno può pregare a modo suo. Personalmente, prego sovente. Quasi ogni giorno ricorro a questa preghiera.
Dio, concedimi la saggezza di mio padre e la fierezza di mia madre: l’onestà e l’umiltà di lui; il fiuto, l’intuito, il coraggio e l’energia di lei. Lasciami un po’ di innocenza nell’anima. Dammi la possibilità di essere chiaro e sincero con il mio prossimo senza, per questo, ferirlo. Fammi provare le gioie e i godimenti della carnalità coniugandoli con l’appagamento dello spirito. Concedimi il misticismo gioioso soprattutto quando sono triste e malinconico. Dammi i giusti segnali per capire chi mi sta accanto e fa sì che costui sia motivato dall’amore. Evitami, se puoi, tutto ciò che mi fa apparire ridicolo e meschino. Dammi la forza per sorridere sui miei malanni e di pensare a chi sta peggio. Fammi amare il prossimo anche quando non sento di amarlo. Dammi il senso del perdono e fa sì che mi perdonino le tante persone che, a volte ho, involontariamente, ferito. Anche se gli anni passano inesorabili, fammi sentire i rumori dell’estate come fosse ieri. Lasciami curiosare nella vita come ho sempre fatto. Fammi incontrare coloro che m’insegnino qualcosa di umanamente elevato. Più in là, quando dovrò lasciare questo mondo, fammi un regalo. Concedimi di essere laggiù, a sud, dove il sole morente tinge di fuoco i confini e l’effluvio di zagare e rosmarini ti fa sentire vicino all’Olimpo. Fammi trovare lì, dove le risate dei semplici si confondono con il frinire delle cicale. Quando la falce si staglierà contro la luna della mia ultima notte, fa sì che una persona umile veda la mia anima volare verso il cielo. Sorrida. Chiuda gli occhi. E lo tenga segreto”.
Meravigliosa preghiera, che avrei voluto scrivere io, tanto mi prese e mi commosse allora, quando la lessi per la prima volta, tanto mi ha emozionato appena l’ho ritrovata. Preghiera, che sottoscrivo in toto. Anche per il riferimento al Sud che mi appartiene con i suoi colori, i suoi odori, i suoi suoni, le sue preghiere. Umili e vere.
Ho conosciuto personalmente Diego dalla Palma nel 1992, in una crociera realizzata proprio dalla rivista <Donna Moderna> per un viaggio nelle isole greche con molti altri vip: Alberto Bevilacqua, Maria Rita Parsi di Lodrone, Ivan Graziani con la famiglia, altri cantanti e musicisti, attori e comici televisivi. Fu un’esperienza unica. Indimenticabile.
Diego Dalla Palma accompagnava sua madre dappertutto con una tenerezza protettiva infinita. A Santorini ci facemmo delle foto proprio con lui e sua madre, la signora Agnese, sempre vivace e sorridente. Bellissimi i suoi consigli sulla bellezza interiore.
Straordinaria l’amicizia con Alberto Bevilacqua sempre pronto a chiacchierare in maniera magica e sorprendente della sua Parma e non solo.
Molto profonde le risposte di Maria Rita Parsi alle mie domande per l’intervista che le feci e che in seguito pubblicai.
Semplice, sincero, alla mano il compianto Ivan Graziani con la moglie Anna e i figli.
Crociera vissuta da me e Primo con grande entusiasmo e straordinario coinvolgimento con tutti gli altri prima della mia caduta, da cui non è stato più possibile “rialzarmi”.
Ma molte persone care dal Cielo mi hanno protetta e continuano a farlo.
Di qui anche oggi la mia Preghiera. Non nel cimitero, ma nella mia casa. E soprattutto nel mio cuore. Certo, ho detto che non so più pregare, ma ho preso in prestito da Diego la sua. Ed è sua perché non ha usato virgolette e perché rispecchia fedelmente la sua personalità, il suo pensiero.
Una preghiera speciale, che io dedico ai miei cari, vivi e defunti, in una Comunione d’amore senza fine.
E a quanti hanno la bontà e la pazienza di leggere quanto scrivo.
Penso che sia una preghiera che tutti dovremmo imparare a recitare per non perdere mai il profumo della Terra e l’azzurro sconfinato del Cielo…


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