Immenso.
Intimo. Spietato. Pietoso. Dilatato all’infinito. Piccolo quanto il quadrato
azzurro del lucernario sul mio letto. Non ha strade il cielo. Né spine né rose.
Di giorno ha il sole. Luce e calore. Di notte ha le stelle e un mistero di
luna. Ma le stelle come i sogni muoiono ad ogni alba. E nell’alba si accende un’allegria
che si fa speranza per il nuovo giorno. Ma il giorno insegue presto il suo
tramonto. E la notte sopravviene, invasa da una malinconia di luna nuova e dal
brulicare delle permanenti stelle. Tentiamo di contarle, le stelle. Ci illudiamo
di poterle contenere negli occhi, di afferrarle col retino dei desideri, il
nostro acchiappasogni, perché nella notte ci facciano compagnia, illuminino il
buio, mentre da qualche altra parte, nell’universo, sono già spente.
È come
imprigionare tra le dita i desideri e vederli, nostro malgrado, scivolare via,
già colmi di illusioni deluse.
È un’ombra
di cielo il cielo senza stelle. Una parvenza di cielo il cielo senza sogni. E i
desideri, che dalle stelle prendono il nome (de-sidera), si tingono di colori
già spenti. Come la stessa vita senza sogni, senza desideri.
Ma c’è
chi sa accendere di luce anche un cielo senza sogni e senza stelle. E far
rinascere i desideri delusi, spezzati, in quell’ombra di cielo, sagomato,
coperto di nuvole, definito da terrazzi, e finito in precipizi di buio e di
fango. Di pietre, detriti, buche d’asfalto più pericolose dei buchi neri a
divorarlo, il cielo.
Senza
più mistero né allegria.
C’è chi
si copre gli occhi per non vedere lo scempio del cielo, ma spia attraverso le
sottili fessure delle dita le sottili lamelle di sole a dare un segno di luce,
un senso obliquo o verticale al cielo.
È un
cielo che si sfoglia come un fiore, in un ricamo di intenzioni, di domande e
risposte attese, quasi un amore che attende conferma. Un ricamo di giorni come un
calendario che si apre alla vita.
Ma… non è un ricamo d’ombre e di sole la vita?
Apparentemente
semplice, la vita, come respirare sotto questo quadrato di cielo, che
imprigiona il tempo. Tutto qui. Non ci sono orizzonti o respiri altri.
Apparentemente
complicata, la vita, quasi una fiaba tra bene e male, con inevitabile lieto
fine: “E vissero tutti felici e contenti”.
Ma la
fiaba vera della vita è un sole allo zenit che cancella le ombre solo per qualche
minuto appena. Poi, ecco di nuovo l’ombra ad inseguire invano il sole per
dissolversi nel suo splendore.
Occorre
cogliere l’attimo quando non ci sono le ombre ad offuscare il blu del cielo, il
verde dei prati, l’azzurro del mare. A rendere temibile e insidioso il bosco
dei nostri passi lungo i sentieri non battuti della vita.
Occorre
vivere le emozioni quando il sole col suo splendore immacolato è allo zenit. Quando
anche tu tocchi il punto più alto del cielo e ti sembra di sfiorarlo con un
dito.
Quanto
complicata la vita!
L’attimo
del sole allo zenit è passato e tu sfiori soltanto un’illusione. Il cielo è
sempre oltre. Il tuo attimo non ha imprigionato il cielo. Né l’amore. Il cielo,
come l’amore, rimane sempre più su.
E i
nostri occhi stupiti stanno a guardare il cielo, con le sue luci e le sue
ombre, con i suoi giorni e le sue notti. Con il suo sole e le sue stelle. E un
mistero di luna a mescolare le carte… Esaltazione. Disperazione. Progetti. Ricordi.
E sogni che fanno parte del cielo e non sono cielo, fanno parte del cuore e non
sono cuore, fanno parte della mente, ma non sono la mente.
Fanno
parte della vita, ma non sono la vita.
Perché
la vita non t’appartiene.
Tra la
vita e la morte uno scintillio di luce allo zenit del cielo…
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