E fu
così che il suo proprietario incominciò a ricevere una richiesta dopo l’altra.
Tutti
avrebbero voluto trovarsi lì, durante le operazioni di ripopolamento e, per non
deludere nessuno, il sindaco ebbe l’idea del secolo: il favoloso ‘Camping della
Spianata’, che venne allestito, per la circostanza, sulla piana dove prima sorgeva
una scuola dell’Infanzia, poi abbattuta.
Una
sera un vento dispettoso, e con uno spiccato senso dell’umorismo, fece cadere
due lettere all’insegna, approntata alla buona, e più realisticamente il camping
diventò “della Spiata”.
L’idea
dell’albergo portò un vecchio lestofante, senza scrupoli, a chiedere al sindaco
il permesso di trasformare il tutto nel mega reality ‘La grande ordinanza’, una
sorta di format televisivo come il primo ‘Grande fratello’ o ‘L’isola dei
famosi’, per mostrare in diretta i momenti salienti della procedura di
ripopolamento.
L’idea
venne respinta, a pedate!
E per
fortuna ci fu, anche, chi pensò che quell’albergo fosse poco accogliente e i forzati
dell’amore dovevano, in qualche modo, ricevere un incoraggiamento.
E fu
così che dall’Olanda arrivarono i fiori più belli che si fossero mai visti, per
abbellirne i balconi, le stanze, i corridoi e il viale antistante. E i musicisti
pensarono di riempire l’aria con il suono di fisarmoniche, violini e chitarre. Arrivarono
anche i cioccolatini di rinomate fabbriche di cioccolato.
E,
mentre tutto sembrava prendere il giusto avvio, per il povero sindaco arrivò il
momento di sfornare un’altra ordinanza che, questa volta vietava, come nella già
citata fiaba della Bella addormentata,
più che l’uso di fusi e arcolai, l’uso, ahi lui!, di preservativi o di altri
mezzi contraccettivi, perché, sui social, a qualche salutista geniale era venuto
in mente di sottolineare la necessità di fare sesso protetto per non contrarre
malattie!
A Solo di Sotto calava la quiete per
qualche giorno, e poi altri tam tam infestavano la piazza virtuale, come quando
un vecchio sociologo tirò in ballo il rischio innamoramento.
Altro
delirio mediatico: una cosa ingiusta se fosse capitata a chi non doveva
capitare e che, per questa ragione, andava regolarizzata. Molti volevano che il
sindaco chiarisse a chi fosse lecito che capitasse.
Ma chi
erano quelli giusti? Tutti quelli liberi? Quelli non impegnati emotivamente?
Quelli che non si erano mai innamorati prima?
E fu
così che il sindaco, questa volta, si rifiutò. Non avrebbe vietato ogni forma
di innamoramento tra le coppie predestinate perché, in una presa di coscienza realistica,
capì che, se il sesso poteva essere considerato una pratica, l’amore non era
certo una formalità burocratica!
E
chiarì ai suoi concittadini che, pur in quello stato di cattività, ognuno
avrebbe mantenuto la libertà di sentimenti e di emozioni.
La
data si avvicinava e Solo di Sotto
si animava di striscioni, fotografie degli amanti, di frasi ben auguranti e
persino di poesie d’amore scritte sui muri.
A
qualcuno sembrò che già buona parte della lattiginosa gramigna si stesse
cancellando.
E giunsero
in un baleno i giorni di giugno e la sera prima del momento glorioso e Solo di Sotto era in festa. Suonava la
banda e, come per le grandi feste patronali, per le strade si salutavano gli
emigrati all’estero, tornati per l’evento.
Rossi
cocomeri, giunti dal Salento, trionfavano di sangue sulle lunghe tavolate di
una sagra veramente sacra e accendevano le bocche come lanterne fiammeggianti.
Per
l’occasione venne convocata anche la Luna.
Una
lunghissima fiaccolata formò una scia luminosa di speranza lungo il corso
principale e, tra canti e balli di ogni matrice propiziatoria, si attese l’alba
di quel giorno nuovo.
E
l’estate arrivò, 21 giugno, solstizio d’estate: Solo di Sotto respirava l’atmosfera rivoluzionaria di Woodstock,
senza rock né spinelli, ma fiori tra i capelli e una dolce strana euforia
nell’aria. Una voglia sottile di vita.
La
gente si abbracciava sorridendo e tutti si sentivano, già, un po’ felici.
L’alba
si fece giorno, mentre la sera esplose di rosso nel cielo. Era stato convocato
anche il più straordinario dei tramonti.
Alle
21,45 le coppie incominciarono a sfilare sul tappeto rosso da notte degli Oscar,
mentre un corteo di gente li seguiva per incoraggiarli e sostenerli.
Nuova
processione di santi non ancora santi, ma in procinto di far miracoli.
Presto,
avrebbero raggiunto le loro fiorite alcove, fieri come gli ultimi uomini sulla
Terra, a cui spettava il compito di ripopolare il pianeta, se non addirittura
l’universo.
Ma un
trambusto strano incominciò a far rumoreggiare la folla e la frase:
‘Fermateli!
Sindaco, Fermateli!’, saltava sulle teste di tutti.
E fu
così che quella bomba di parole raggiunse il palco d’onore, allestito per
varare con una bottiglia di champagne lo straordinario evento.
Una
giovane mamma sudamericana, giunta lì per il gran giorno, con il suo bambino al
seno e il suo accento straniero, si avvicinò al microfono, che poco prima aveva
raccolto le parole trionfanti del sindaco, e disse:
‘Di
chi saranno le mammelle? Avete pensato a tanti particolari. Avete detto
miliardi di parole. Discutete animatamente da mesi, ma non ho ancora sentito
una sola parola sui prodotti di questa storia. Ora andranno lì dentro e, se
tutto va bene, qualche spermatozoo raggiungerà il suo ovulo. Inizierà a
formarsi una vita.
Un bambino.
Bambini
che avranno bisogno di mammelle e di latte, di attenzioni, di cure, di una
famiglia, di amore. Tutti a preoccuparsi di tornare come prima, dopo i tre mesi
di coprifuoco. Tutti a dire niente amore, solo sesso! Ma niente sarà più come
prima, altrimenti il sindaco avrà fallito e questo paese avrà fallito e tutti
noi che siamo venuti qui, perché avevamo bisogno di credere ancora nella vita,
avremo fallito.
Lo
scopo non è restare ‘incinti’, come avete scritto o detto.
Lo
scopo di questa follia è avere bambini. Formare famiglie. Avere una speranza di
futuro. Se questo miracolo accadrà, di chi saranno le mammelle? Chi diventerà
padre e madre? Chi non apparterà mai più solo a sé stesso? Chi dovrà stare
sveglio, in allerta, con il cuore allarmato sempre, per una piccola cosa o per
la più grande? Penso che voi state solo giocando. Credete di stare a girare un
film, di fare uno show televisivo e poi tutti a casa? La follia non è un
coprifuoco rosso, ma una mancanza di lungimiranza del dopo. Fermatevi ora. Non si
vada avanti. Di chi saranno le mammelle?’.
E fu così che tutti caddero in un silenzio
profondo. Si fermarono i violini e la gente si guardò sgomenta. La festa aveva
tinto il suo colore nell’aspro sapore della tragedia.
La
notte scivolò via, silenziosa, e nessuno dormì un solo istante. Tutti gli occhi
sgranati verso una risposta.
Il
cielo si riempì di punti interrogativi e la notte più breve dell’anno lasciò il
posto ad un’alba livida di paura, senza alcuna risposta”.
Raffaella
Leone
Un breve
commento da parte mia a questo splendido, significativo, ironico ma quanto
profondo, racconto di mia figlia Raffaella, con imprevedibile, ma giusta
conclusione.
Per questo,
il mio commento alla fine.
Ho ritenuto
opportuno postarlo sul mio blog per dare maggiore visibilità ad una riflessione
davvero molto importante, in una società che non si ferma ormai più davanti a
niente, neppure di fronte ad aberranti soluzioni di compromesso e di comodo, anche
su questo delicatissimo versante dell’esperienza umana sul nostro “pianeta alla
deriva”: tipo l’utero in affitto o la concessione di un pezzo di terra per vent’anni
a chi decide di mettere al mondo il terzo figlio.
Io di
figli ne ho avuti quattro, quasi cinque (per via di un aborto spontaneo a oltre
quattro mesi di gravidanza: provata nel corpo e nell’anima e un rimpianto senza
fine) e non li ho mai programmati, ma profondamente amati e difesi sino dal
primo istante in cui avevo certezza che mi stessero fiorendo sotto il cuore. Ed
erano tempi in cui bisognava programmarli per non averne! Non più di due,
massimo tre!
Programmare
un figlio? No, grazie. Non ho mai saputo fare calcoli di alcun genere in vita
mia.
Ma, prima
di fare proposte, proclami, affermazioni (spesso dettati da incompetenza e
ignoranza), scelte di vario tipo (il più delle volte dettate da egoismo), che
non siano frutto di un atto d’amore, sarebbe bene approfondire, dal punto di
vista psicologico quantomeno, quali danni potremmo procurare ad un bambino, a
cui viene tolta la madre, suo primo indispensabile sostentamento di vita e di amore
per la vita, e fonte del “senso di fiducia” verso il mondo (Erikson).
E tutto
questo oggi accade nelle nostre società super tecnologizzate e informate - si dice - per mille, da me non condivisibili, ragioni che neppure la ragione
riconosce…
E mi
fermo qui. Ma sono del parere che servirebbero incontri, dibattiti, studi seri e profondi, non moralistici ma etici, a vasto raggio.
Per avere il coraggio di parlarne con franchezza, cognizione di causa e
lungimiranza.
Perché
ne va di mezzo il futuro dell’intera umanità.
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