martedì 6 novembre 2018

Un figlio non è merce di scambio: "Coprifuoco rosso" (seconda parte)


E fu così che il suo proprietario incominciò a ricevere una richiesta dopo l’altra.
Tutti avrebbero voluto trovarsi lì, durante le operazioni di ripopolamento e, per non deludere nessuno, il sindaco ebbe l’idea del secolo: il favoloso ‘Camping della Spianata’, che venne allestito, per la circostanza, sulla piana dove prima sorgeva una scuola dell’Infanzia, poi abbattuta.
Una sera un vento dispettoso, e con uno spiccato senso dell’umorismo, fece cadere due lettere all’insegna, approntata alla buona, e più realisticamente il camping diventò “della Spiata”.
L’idea dell’albergo portò un vecchio lestofante, senza scrupoli, a chiedere al sindaco il permesso di trasformare il tutto nel mega reality ‘La grande ordinanza’, una sorta di format televisivo come il primo ‘Grande fratello’ o ‘L’isola dei famosi’, per mostrare in diretta i momenti salienti della procedura di ripopolamento.
L’idea venne respinta, a pedate!
E per fortuna ci fu, anche, chi pensò che quell’albergo fosse poco accogliente e i forzati dell’amore dovevano, in qualche modo, ricevere un incoraggiamento.
E fu così che dall’Olanda arrivarono i fiori più belli che si fossero mai visti, per abbellirne i balconi, le stanze, i corridoi e il viale antistante. E i musicisti pensarono di riempire l’aria con il suono di fisarmoniche, violini e chitarre. Arrivarono anche i cioccolatini di rinomate fabbriche di cioccolato.
E, mentre tutto sembrava prendere il giusto avvio, per il povero sindaco arrivò il momento di sfornare un’altra ordinanza che, questa volta vietava, come nella già citata fiaba della Bella addormentata, più che l’uso di fusi e arcolai, l’uso, ahi lui!, di preservativi o di altri mezzi contraccettivi, perché, sui social, a qualche salutista geniale era venuto in mente di sottolineare la necessità di fare sesso protetto per non contrarre malattie!
A Solo di Sotto calava la quiete per qualche giorno, e poi altri tam tam infestavano la piazza virtuale, come quando un vecchio sociologo tirò in ballo il rischio innamoramento.
Altro delirio mediatico: una cosa ingiusta se fosse capitata a chi non doveva capitare e che, per questa ragione, andava regolarizzata. Molti volevano che il sindaco chiarisse a chi fosse lecito che capitasse.
Ma chi erano quelli giusti? Tutti quelli liberi? Quelli non impegnati emotivamente? Quelli che non si erano mai innamorati prima?
E fu così che il sindaco, questa volta, si rifiutò. Non avrebbe vietato ogni forma di innamoramento tra le coppie predestinate perché, in una presa di coscienza realistica, capì che, se il sesso poteva essere considerato una pratica, l’amore non era certo una formalità burocratica!
E chiarì ai suoi concittadini che, pur in quello stato di cattività, ognuno avrebbe mantenuto la libertà di sentimenti e di emozioni.
La data si avvicinava e Solo di Sotto si animava di striscioni, fotografie degli amanti, di frasi ben auguranti e persino di poesie d’amore scritte sui muri.
A qualcuno sembrò che già buona parte della lattiginosa gramigna si stesse cancellando.
E giunsero in un baleno i giorni di giugno e la sera prima del momento glorioso e Solo di Sotto era in festa. Suonava la banda e, come per le grandi feste patronali, per le strade si salutavano gli emigrati all’estero, tornati per l’evento.  
Rossi cocomeri, giunti dal Salento, trionfavano di sangue sulle lunghe tavolate di una sagra veramente sacra e accendevano le bocche come lanterne fiammeggianti.
Per l’occasione venne convocata anche la Luna.
Una lunghissima fiaccolata formò una scia luminosa di speranza lungo il corso principale e, tra canti e balli di ogni matrice propiziatoria, si attese l’alba di quel giorno nuovo.
E l’estate arrivò, 21 giugno, solstizio d’estate: Solo di Sotto respirava l’atmosfera rivoluzionaria di Woodstock, senza rock né spinelli, ma fiori tra i capelli e una dolce strana euforia nell’aria. Una voglia sottile di vita.
La gente si abbracciava sorridendo e tutti si sentivano, già, un po’ felici.
L’alba si fece giorno, mentre la sera esplose di rosso nel cielo. Era stato convocato anche il più straordinario dei tramonti.
Alle 21,45 le coppie incominciarono a sfilare sul tappeto rosso da notte degli Oscar, mentre un corteo di gente li seguiva per incoraggiarli e sostenerli.
Nuova processione di santi non ancora santi, ma in procinto di far miracoli.   
Presto, avrebbero raggiunto le loro fiorite alcove, fieri come gli ultimi uomini sulla Terra, a cui spettava il compito di ripopolare il pianeta, se non addirittura l’universo.
Ma un trambusto strano incominciò a far rumoreggiare la folla e la frase:
‘Fermateli! Sindaco, Fermateli!’, saltava sulle teste di tutti.
E fu così che quella bomba di parole raggiunse il palco d’onore, allestito per varare con una bottiglia di champagne lo straordinario evento.
Una giovane mamma sudamericana, giunta lì per il gran giorno, con il suo bambino al seno e il suo accento straniero, si avvicinò al microfono, che poco prima aveva raccolto le parole trionfanti del sindaco, e disse:
‘Di chi saranno le mammelle? Avete pensato a tanti particolari. Avete detto miliardi di parole. Discutete animatamente da mesi, ma non ho ancora sentito una sola parola sui prodotti di questa storia. Ora andranno lì dentro e, se tutto va bene, qualche spermatozoo raggiungerà il suo ovulo. Inizierà a formarsi una vita.
Un bambino.
Bambini che avranno bisogno di mammelle e di latte, di attenzioni, di cure, di una famiglia, di amore. Tutti a preoccuparsi di tornare come prima, dopo i tre mesi di coprifuoco. Tutti a dire niente amore, solo sesso! Ma niente sarà più come prima, altrimenti il sindaco avrà fallito e questo paese avrà fallito e tutti noi che siamo venuti qui, perché avevamo bisogno di credere ancora nella vita, avremo fallito.
Lo scopo non è restare ‘incinti’, come avete scritto o detto.
Lo scopo di questa follia è avere bambini. Formare famiglie. Avere una speranza di futuro. Se questo miracolo accadrà, di chi saranno le mammelle? Chi diventerà padre e madre? Chi non apparterà mai più solo a sé stesso? Chi dovrà stare sveglio, in allerta, con il cuore allarmato sempre, per una piccola cosa o per la più grande? Penso che voi state solo giocando. Credete di stare a girare un film, di fare uno show televisivo e poi tutti a casa? La follia non è un coprifuoco rosso, ma una mancanza di lungimiranza del dopo. Fermatevi ora. Non si vada avanti. Di chi saranno le mammelle?’.
 E fu così che tutti caddero in un silenzio profondo. Si fermarono i violini e la gente si guardò sgomenta. La festa aveva tinto il suo colore nell’aspro sapore della tragedia.
La notte scivolò via, silenziosa, e nessuno dormì un solo istante. Tutti gli occhi sgranati verso una risposta.
Il cielo si riempì di punti interrogativi e la notte più breve dell’anno lasciò il posto ad un’alba livida di paura, senza alcuna risposta”.
                                                                                   Raffaella Leone
Un breve commento da parte mia a questo splendido, significativo, ironico ma quanto profondo, racconto di mia figlia Raffaella, con imprevedibile, ma giusta conclusione.
Per questo, il mio commento alla fine.
Ho ritenuto opportuno postarlo sul mio blog per dare maggiore visibilità ad una riflessione davvero molto importante, in una società che non si ferma ormai più davanti a niente, neppure di fronte ad aberranti soluzioni di compromesso e di comodo, anche su questo delicatissimo versante dell’esperienza umana sul nostro “pianeta alla deriva”: tipo l’utero in affitto o la concessione di un pezzo di terra per vent’anni a chi decide di mettere al mondo il terzo figlio.
Io di figli ne ho avuti quattro, quasi cinque (per via di un aborto spontaneo a oltre quattro mesi di gravidanza: provata nel corpo e nell’anima e un rimpianto senza fine) e non li ho mai programmati, ma profondamente amati e difesi sino dal primo istante in cui avevo certezza che mi stessero fiorendo sotto il cuore. Ed erano tempi in cui bisognava programmarli per non averne! Non più di due, massimo tre!
Programmare un figlio? No, grazie. Non ho mai saputo fare calcoli di alcun genere in vita mia.
Ma, prima di fare proposte, proclami, affermazioni (spesso dettati da incompetenza e ignoranza), scelte di vario tipo (il più delle volte dettate da egoismo), che non siano frutto di un atto d’amore, sarebbe bene approfondire, dal punto di vista psicologico quantomeno, quali danni potremmo procurare ad un bambino, a cui viene tolta la madre, suo primo indispensabile sostentamento di vita e di amore per la vita, e fonte del “senso di fiducia” verso il mondo (Erikson). 
E tutto questo oggi accade nelle nostre società super tecnologizzate e informate - si dice - per mille, da me non condivisibili, ragioni che neppure la ragione riconosce…
E mi fermo qui. Ma sono del parere che servirebbero incontri, dibattiti, studi seri e profondi, non moralistici ma etici, a vasto raggio. 
Per avere il coraggio di parlarne con franchezza, cognizione di causa e lungimiranza.
Perché ne va di mezzo il futuro dell’intera umanità.   










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