sabato 14 luglio 2018

Il mondo cambia nel mondo che resta - quinta parte


Ecco, a quelli della mia età non rimane che sperare, al di là di ogni inevitabile cambiamento, che rimanga intatto il cuore. Solo nel cuore i sogni sono veri. Che le nuove generazioni lo sentano battere dentro, forte e vero.
I bambini non hanno bisogno delle nostre preghiere. Essi stessi incarnano la gioia di vivere.
I giovani, invece, vanno scoperti, ascoltati, conosciuti, compresi, amati, perché non si disperdano come foglie al vento, non siano flutti di mare in tempesta, non conoscano il naufragio delle stelle d’agosto col capo piegato in un cespuglio e braccia ferite di nero e di morte.
       Perché s’innamorino eternamente come fanno i ciliegi a primavera
          Solo così l’umanità può contare ancora albe e ancora tramonti
                       E rinascere oltre la notte e le perdute sere
So che dentro viviamo innumerevoli primavere proprio come i ciliegi del tuo antico campo che, fiorivano col primo tepore del sole e s’addormentavano con le prime farfalle di neve.
Tra tante trasformazioni, il cuore dell’uomo rimane immutato e immutabile. Nella sua dimensione di bene e di male. Si deve cercare il BENE
                                                             IL BENE
(domani possiamo morire… bisogna essere buoni oggi, tu dicevi)
Ho bisogno di crederlo per non trasformarmi in un legnetto di grigio rimpianto alla deriva. Ho bisogno di sognare ancora. Ma forse i giovani si stupiscono dei nostri sogni. E non sanno che non bisogna mai perdere la capacità e la volontà di sognare
(il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni, così Paulo Coelho)
Occorre imparare ad amare la vita, soprattutto quando ci si accorge che è già passata. Che siamo al capolinea.
Ama la vita così com’è
Amala pienamente, senza pretese;
amala quando ti amano o quando ti odiano,
amala quando nessuno ti capisce,
o quando tutti ti comprendono. (…)
Amala nella piena felicità,
o nella solitudine assoluta.
Amala quando sei forte,
o quando sei debole.
Amala quando hai paura,
o quando hai una montagna di coraggio. (…)
amala anche se non è come la vorresti.
Amala ogni volta che nasci
ed ogni volta che stai per morire.
Ma non amare mai senza amore.
Non vivere mai senza vita!
(Madre Teresa di Calcutta, stralci di “Ama la vita”)
           
        (nessuno muore del tutto se c’è qualcuno che ancora lo ama)
Per risorgere bisogna rimanere vivi nella memoria di chi ci ha amato, ci ama. Ma è prima necessario che chi ci ricorda rimanga egli stesso vivo. Nella consapevolezza di sé e del proprio passato. Ma
Per essere vivi occorre abitare sé stessi. Occorre accettare d’intraprendere il viaggio dentro di sé che ci spaventa tanto perché ci mette di fronte a noi stessi (Antonella Boralevi).
E abitare noi stessi significa afferrare tutto il coraggio possibile per intraprendere quel viaggio nei meandri più profondi della nostra anima, in cui si annidano tutti i bandoli dispersi della nostra identità. Occorre denudarsi. E guardarsi e farsi guardare in tutte le pieghe/piaghe più riposte della propria pelle e del proprio cuore.
Per questo, io, parlando di te, ho dovuto necessariamente parlare di me, nel bene e nel male, perché solo così si è credibili in quanto autentici, veri e, perciò, si riesce a universalizzare la propria esperienza di vita. Soprattutto nella sua
         IMPERFEZIONE e nei suoi ERRORI perché questa è l’UMANITA’
(…)
Per riconoscerci, dunque, è necessario scoprirsi, accendere i fari sui ritrovati ricordi perché si facciano memoria di noi e degli altri, individuale e universale, in un andare a ritroso in quella galleria personale, dove spazio e tempo si azzerano per sconfinare in un “luogo” che ci spaurisce perché cela il mistero di noi e lo attualizza con spietata crudeltà. I fari illuminano quanto avevamo a fatica dimenticato, quanto ci eravamo illusi di azzerare, quanto ci era sembrato giusto soffocare nelle spire della “camera oscura”, dove si aggirano le nostre ombre. Quelle del passato e quelle del presente, in una confusa sarabanda di tempi luoghi azioni situazioni.
                                                   Soprattutto le ombre
                               (analizzate a fondo da Carl Gustav Jung),
che avevano reso buio il nostro cielo, condizionato comportamenti nel nostro personale naufragio, in uno scrosciare di pianto da non dire. Occorre imparare a convivere con le nostre ombre se vogliamo salvarci dai sensi di colpa e dai rimorsi. Le lacrime non devono fare rumore se vogliamo essere accettati dagli altri. Se vogliamo accettarci. Per questo le ascoltiamo di notte. Le accogliamo e soffochiamo nel cuscino. Eppure sarebbe bello scoppiare in lacrime di fronte al mondo e dire ecco la mia fragilità, ecco il mio coraggio
(“e quanto è bello chiagnere”, dirà Filumena Marturano dopo una vita di lacrime ingoiate e occhi di ostinato silenzio).
E sono convinta che si può scrivere con autenticità solo delle esperienze vissute in prima persona. Ed essere credibili. Altrimenti è solo una costruzione logica o fantastica, ma priva di verità. Ed è quest’ultima che rende universale la nostra storia privata. Soprattutto quando fa male perché ognuno può ritrovare sé stesso in quella ferita. In quel pianto.
Tutto il resto è letteratura per mentire e mentirsi. Divertendosi e divertendo anche. Indicando mondi irreali perché si imparino gli sconfinati spazi della creatività, della fantasia e della immaginazione. E sono stata e sono la prima ad inchinarmi alla grandezza immaginifica dell’uomo. Ma sconfiniamo anche dalla realtà. Che è tanto più vera quanto più ci appartiene e appartiene alla gente che si dibatte in mille contraddizioni e si riconosce nelle qualità e nei limiti, nelle conquiste e negli errori, nell’ideale di quello che vorrebbe essere, e nel reale di ciò che è. E i ricordi servono anche a questo. A darci la nostra giusta dimensione nel tempo e nello spazio.
     E oggi è soprattutto tempo di memoria e di verità, se vogliamo salvarci.
Ci sono, infatti, ricordi luminosi che non abbiamo mai dimenticato, che mettono in fuga le nostre ombre e ci aiutano a riafferrare il senso della vita con maggiore gioia di vivere. Soprattutto quando gli anni sono tanti. E ci sorprende come ladro di sogni il disincanto.
È bene, allora, farci illuminare e riscaldare dalla tenerezza di quei ricordi, se vogliamo rinascere e non solo sopravvivere a noi stessi: volti voci richiami per mettere in fuga la pioggia che batte con piede cattivo sui nostri pensieri e fare spazio all’arcobaleno che ogni scrosciare d’acque porta con sé.
                       E ogni notte si fa Alba Mattino Tramonto Sera
Poi, si ricomincia. In una scia di luci-ombre-luci… senza fine…
(…)
                       E scoprire che il cuore è Cuore dappertutto
    Come il Sogno, la Bellezza, la Poesia. Basta saperli scoprire ogni giorno.
Nata in una primavera oscurata dalla guerra, fosti tu, mio caro papà, a prenderti cura, del germoglio che si sarebbe dischiuso per far fiorire al mondo una donna fortunata. Oggi so di esserlo a tutto tondo.
                                   Non mi ritengo più rapinata dalla vita
Anche dalla vita e non solo dagli dèi ho avuto tanto. Il dono immenso della creatività che fa immensa ogni minuscola cosa. Ogni più piccola scoperta. Ogni esperienza. Intorno a me, nonostante tutto, scopro sempre e ancora tanta Fiaba. Era là a sorriderci quando insieme ce la inventavamo: era nella natura, nella nostra casa, nelle nostre parole, nei nostri sogni e nella inesausta speranza che illuminava di prato i nostri giorni.
                                       E anche ora mi accompagna
(bisogna guardare il mondo con gli occhi del bambino nel giorno delle sue prime albe… solo così non s’invecchia neppure a cento anni…
la vécchjə tənèvə cìnd’ànnə e sə ‘mbarèvə angòurə
la vecchia aveva cento anni e aveva ancora voglia d’imparare… la curiosità allunga la vita…
vivrò cent’anni e avrò sempre voglia di sognare di credere di amare’…)
                                                          (fine)
NB. E mi fermo qui. Ma vorrei precisare che quanto ho riportato in queste brevi pagine è forse quanto di più amaro e disincantato abbia scritto nel mio libro perché, in realtà, molte sono le pagine che fanno ridere, piangere, commuovere, riflettere, così come accade nella vita. E in questo mio ampio “zibaldone” vive la vita, in cui ciascuno di noi potrebbe ritrovarsi e riconoscersi, dai tre ai cento anni. Perché ogni esperienza esistenziale, che trascini con sé i sentimenti, positivi o negativi, insiti nel nostro cuore, è di tutti e di ciascuno.

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