giovedì 12 luglio 2018

Il mondo cambia nel mondo che resta - quarta parte


Il tuo tempo è irrimediabilmente passato e non ha neppure gettato i semi perché oggi fiorissero. Tu sei stato buon seminatore. Il tuo tempo, invece, è stato spazzato via, sradicato. Cosa è rimasto del tuo tempo?
                                                 Il tuo tempo…
Quel tempo aveva, come ogni tempo, abissi e vette.
Non bisogna afferrare code di rimpianti né accendere lumini alla nostalgia.
Occorre fermarsi sotto i lampioni dei ricordi, certo, per sfruttare ogni accenno di luce prima che il buio ci faccia perdere il contorno delle cose. Per evitare inciampi. E le dispersioni del cuore. Per evitare inutili rincorse al passato mentre incombe il futuro.
Del resto, i “ri-cordi” sono pezzi di cuore che ritornano al cuore e lo ripropongono ancora e ancora (cor-cordis) senza la possibilità concreta di riattualizzare il passato.  Questo tu mi ha insegnato con il tuo esempio: portandoti nel cuore le persone, non le cose. Le voci, non gli oggetti.
Purtroppo oggi ci sono troppo chiasso e scarsa luce. E pessimi esempi. 
Sembra che tutti non riescano più a guardarsi intorno per incontrarsi, per parlarsi, sicuri dell’ascolto dell’altro, e per scoprire nuove realtà, oltre la propria. E innamorarsi. A dieci (tenerissimo il primo innamoramento) come a cento anni (dolcissimo l’ultimo). E incantarsi a guardare il mare, e perdersi nel numero infinito delle stelle. Sembra che nessuno ci faccia più caso. Che nessuno se ne accorga
(‘ma oltre ogni delusione per tanta indifferenza devo impormi di continuare lo stesso… devo sforzarmi di andare avanti… devo ancora guardare ascoltare e imparare per riprendere a scoprire… parlare… raccontare…’)
Sono i giovani, con la luce o la disperazione negli occhi, ad insegnarmi tutto quello che non so… è così nuovo il loro mondo… così difficile e amaro… così bisognoso di ascolto e di comprensione…
Ci separano anni di rapidissime trasformazioni, che hanno accorciato spazi e tempi di conoscenza, ma hanno dilatato a dismisura le distanze del cuore.
Sempre più il mondo cambia. Oggi, sin dal primo incontro tra una ragazza e un ragazzo si va a letto insieme e ci si presenta, quando si ha almeno un minimo di voglia di conoscere l’altro/a, all’alba del giorno dopo, quando si deve andar via. Non esistono più le famiglie tradizionali: madre, padre, figli. Dopo aver ottenuto la legge sulle separazioni e sul divorzio a metà degli anni Settanta, le famiglie si sono allargate, le coppie mischiate con figli da ambo le parti, convivenze più che matrimoni, coppie di fatto, anche tra uomini, anche tra donne. Diritti giustamente rivendicati e ottenuti, ma quanta confusione tra sesso, amore libero, impegno duraturo, condivisioni di responsabilità, coraggio di presentarsi al mondo nella veste della propria identità e libertà. Ma tutto questo quasi mai viene vissuto oggi con onestà d’intenti. E il gap generazionale si dilata sempre più, nonostante l’apparente omologazione (così tanto paventata e preconizzata da Pier Paolo Pasolini già dagli anni Sessanta). 
Eppure sono convinta, grazie alla mia infanzia, che non è impossibile incontrarsi tra generazioni diverse. Da sempre giovani e vecchi si incontrano a metà strada… come è accaduto tra me e te.
Fili invisibili di sentimento, tra ribellione e bisogno d’amore, legano le generazioni senza spezzarsi mai…
Per fortuna, caro papà, i sogni dei vecchi e quelli dei bambini prima o poi s’incontrano in quanto i vecchi camminano verso il passato, per riscoprire il bambino che sono stati, e i bambini corrono verso il futuro, per diventare subito grandi…
                                                  Oggi non più?
Sono, nonostante tutto, ottimista. Potrebbe capitare ancora.
                            A metà strada l’incontro. Nel presente l’incontro.
In quel nostro lontano presente il nostro lontano incontro: io lanternina a guardare stupita e innamorata la tua immensa lanterna magica, di fiabe e di poesia
               (non parlava Pirandello dei lanternoni da cui prendere luce?...)
Bello ritrovare insieme il filo perduto: vecchi, giovani, adulti e bambini a percorrere un pezzo di strada… insieme… finché l’alba non ci sorprenderà a salutare il nuovo giorno solo per loro e… a perderlo ai nostri occhi per sempre…
È forse questa l’ultima speranza di chi come me conta ormai anni e ancora anni. La speranza di quanti siamo invecchiati all’ombra di un sogno che guida ancora i nostri incerti passi, nonostante oggi agli anziani non rimanga che una solitudine di nidi vuoti oltre ogni possibile attesa: i bimbi che non nascono e i giovani che vanno via.
Osservo il nostro mondo alla deriva di tutti i naufragi (papà, a questo riguardo il filosofo ed economista francese Serge Latouche ha scritto un bellissimo saggio Il pianeta dei naufraghi 1), e mi si stringe il cuore. Ecco perché, nonostante tutto, amo questa condizione di vita già vissuta, in cui è stata possibile la meraviglia, è stata possibile la gioia. La semplicità del cuore. La pienezza di una risata sincera. La dignità.
Forse è più facile farsene una ragione di tutte le discrepanze che si avvertono nella propria vita e nel mondo quando sopraggiunge la vecchiaia.
Da te ho imparato ad amare i giovani, con te ho imparato ad amare i vecchi.
(…)       
        Il Tempo, però, si fa Futuro solo negli occhi delle nuove generazioni.
Al vecchio spetta accettare il presente e tentare di precorrere, con creatività, immaginazione e fantasia, il futuro che più non gli appartiene.
(E sorrido a quel “pre-correre” che mette in difficoltà la mia stampella che arrossisce perché sa che sto barando, ma non troppo!).
E non ho mai smesso di parlare con i giovani dei loro sogni.  Con i vecchi dei nostri sogni! Guai a perderli per strada! Si finirebbe col parlare solo di guai di malattie di morte. Viva i sogni! Abbasso i cattivi pensieri!

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