“… le masserie lucide di calce e di silenzi, essere
il brusio/ delle finestre, il richiamo misterioso dei pozzi, se potessi/ essere
la memoria di tutti i fili d’erba, essere io lo sguardo/ il suono, il confine
del vento.” (Paolo Polvani, “Il confine del vento”).
Una bellezza da riempire gli occhi, la bocca e
tutti i sensi per conficcarsi nello sguardo intenso del poeta in una panica
trasfigurazione e personificazione: essere il brusio delle finestre, il
richiamo misterioso dei pozzi, la memoria di tutti i fili d’erba, lo sguardo il
suono, il confine del vento. Ed è tutta qui la Bellezza, in questi versi di una
suggestione profonda e lieve, che risuona di arcane melodie lungo la lunga meraviglia
del Creato.
E Meraviglia del Creato sono le tele di Enzo
Morelli con la delicatezza raffinata e lieve che le contraddistingue. La Murgia
è un canto di luce e di colori. È il miracolo della natura che vince il
silenzio delle pietre e l’ostilità di una terra siticosa e aspra, dove la
ferula s’inghirlanda della madreperla rosata delle lumache e i papaveri ridono
spavaldi nell’umiltà dell’erba appena fiorita. Gli ulivi sono giganti dai
tronchi feriti e dai rami verdeggianti che promettono una Pace che tarda a
venire e una Speranza che brilla a tratti nello sguardo stanco di perdute
stagioni, dove una stretta di mano era patto di lealtà. Solo gli ulivi ne
conservano il dignitoso ricordo, nell’abbraccio che non teme la violenza del
mondo.
“… Apparteniamo all’inganno/ illusi nel rievocare/
(da) bellezze ancestrali/ indivisibili.// Eppure la bellezza/ è in agguato/
carica di stupore e meraviglia/ di grazia e serenità./ Fraterna…” (Enzo Quarto, “Se ci fosse la luce, sarebbe
bellissimo”).
Ecco, “apparteniamo all’inganno” ormai. E il poeta
la declina come una cosa certa, inconfutabile e amara, tanto da vanificare ogni
“ancestrale bellezza” nella consapevolezza della sua illusione. Pure, la
bellezza è là, pronta ad assalirci con la sua presenza incontrovertibile, “carica
di stupore e meraviglia”, soprattutto quando la scopriamo in un nuovo stato di
grazia e serenità che ci affratella. Abbiamo bisogno di riscoprire la sua Luce.
“… seguii a lungo il volo del fenicottero/ i
pensieri si dispersero/ l’immenso mi confondeva/ la bellezza palpitava…”. (Anna Santoliquido, “Palpiti”).
È il momento della pura contemplazione, in cui si
avverte come uno smarrimento, un ritrovarsi altrove, dove l’immenso è vertigine
e volo perché la bellezza è palpito vivente, frammento d’estasi a renderci
immortali. E riecheggia nell’aria “M’illumino d’immenso” di ungarettiano
splendore.
“… solo
svagato guardiano di stoppie,/ corro a chiudere l’acqua/ mentre forte s’avverte
nell’aria/ un selvatico odore di timo e di lavanda.” (Alberto Tarantini, “I
miei vecchi in giardino”).
Sono i versi conclusivi di una tenerissima poesia
in cui il ricordo struggente dei propri “vecchi” si aggira tra le arse “stoppie”
del giardino di casa, un tempo verdeggiante per le amorevoli cure della padrona,
attenta a non perdere neppure l’esile filo d’erba. La bellezza è ancora là,
accesa di lacrime nella memoria del figlio, “solo svagato guardiano”, che si
adopera come può, mentre risente forte come allora “un selvatico odore di timo
e di lavanda”.
“… Lo
stendardo della/ mia vita/ sventola illuminato/ da un minuscolo/ raggio di
sole/ come speranza di verità” (Monica Tommasicchio, “Vincere la paura”).
Svettanti di fierezza questi versi che
puntualizzano la bellezza di ogni verità, sospesa al vessillo di giorni che si
colmano di Luce e di Speranza.
“… Magari… di
tanto in quando,/ potessi inzuppare solo l’indice dentro questo vortice/
ascoltare quel silenzio, commuovermi prima/ e tacere poi su tutto il resto.”
(Carlotta Zanobini, “Poca Cosa è dire magari”).
Infine, ecco un ottativo liberatorio e generoso della
poetessa verso sé stessa. Una esclamazione che fa del vortice della bellezza
che l’assale un calamaio di colori e di emozioni, in cui intingere “indice” per
“ascoltare quel silenzio” e commuoversi… perché la bellezza è anche e
soprattutto emozione. Di più: commozione. Ci rende fragili e forti. Ci lascia
senza parole…
Il Libro d’Arte si chiude qui e lascia anche me
senza parole, anch’io vinta da tanta bellezza. Ci sono altre note critiche a
corredarlo, ma lo scrigno si chiude a testimoniare nel tempo il Sogno della
Bellezza “dipinta e parlata” (Mario Sicolo) a donarci ancora occhi di “stupore
e meraviglia” (Enzo Quarto).
La serata, però, ha avuto ampi momenti di rara
commozione per la presenza delle figlie di Michele Campione; per la Relazione attenta
e affettuosa di Nicola Pice in ricordo del grande giornalista e poeta; la Presenza
di Vito Signorile e la sua straordinaria lettura della poesia di Alessandra
Campione; il Racconto molto suggestivo e dettagliato di Lucia Anelli sulle tele
dei tre Pittori, anche attraverso una profonda lettura psicologica delle
immagini; la Recita molto partecipe di alcune poesie dei vari Autori presenti
da parte di alcuni Lettori in maniera emotivamente coinvolta e convincente; il
Saluto orgoglioso di Cettina Fazio Bonina,
le Foto-ricordo, gli Abbracci…
Vorrei solo concludere con una riflessione: non siamo
cercatori di Bellezza, come da qualche parte si continua a dire, perché, a mio
parere, la bellezza è ovunque. Basta guardarsi intorno per venirne sommersi. Abitiamo
in un Paese che è un Museo d’Arte a cielo aperto. Abbiamo e siamo la Bellezza
declinata in tutti i modi: bellezza naturale, architettonica, pittorica,
poetica, musicale, artistica nel senso più ampio e compiuto. Dobbiamo, perciò,
recuperare solo gli occhi di stupore perché tanta bellezza ci penetri dentro e
ci renda migliori, più vicini al Creato e a Dio.
Piango di dolore e di rabbia quando vedo bambini, ragazzi,
giovani e adulti, con gli occhi affondati nelle immagini dei tablet, ignorare
il mondo che li circonda: si perdono gli occhi degli altri, i sorrisi, le
parole. Si perdono l’azzurro del mare, i petali di un fiore, il colore del
vento quando sfiora l’erba dei prati, il mistero delle stelle nel silenzio del
loro incanto. Si perdono la vita nel suo dinamismo, nel suo viaggio alla
scoperta del mondo per incontrare gli altri e capire sé stessi.
Gli occhi. Sono gli occhi che vanno cercati come il
più grande tesoro per ripercorrere la nostra storia quasi fossimo nati alla
Luce e alla Bellezza nel nostro primo giorno di vita…
Non possiamo rassegnarci al buio dell’Anima, al
silenzio del Cuore…
Angela
De Leo
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