domenica 25 marzo 2018

L’insopprimibile urgenza di Poesia


E dopo Cris Chiapperini, l’Amico senza aggettivi perché li contiene tutti, ecco un altro Poeta senza uguali:

GIORGIO BARBERI SQUAROTTI, grande critico letterario piemontese, autore di Letterature e Antologie della Lingua Italiana tra le più quotate e studiate nei Licei e nelle Università. Saggista rivoluzionario e coraggioso, è anche straordinario poeta. Compianto e rimpianto Maestro, a cui generazioni di docenti e studenti devono molto, e soprattutto mio meraviglioso Amico. Vivo nel cuore.

Mnemòsine

Les neiges d’antan? No, quella viva, ardente
nel tuo fulgore che la primavera
scopre, e quest’anno non ha ancora visto
nube né stormi ostili; e nuda ti offri
alla parola che è (sappiamo) uguale,
a quel punto, alla vita, perché i nomi
si sciolgono col giungere del primo
favonio, e tu rimani sulla pagina,
appena un poco sorridendo apri
sul volto la cortina dei capelli,
sollevando le tue mammelle, giri
lentamente il tuo fianco, poi inizi
a narrare la notte nel bosco…,
o la lotta nell’alba col demonio
che ti aveva donato anelli e pomi
d’oro: - Dammi una ciotola di latte,
disse con voce allegra, e segna tutto
sul conto della segretaria, quella
che, se non sbaglio, ha il nome di Mnemòsine.
Avellino, 27 aprile 2011
Nel tuo sogno vero
                  (per Giorgio Bàrberi Squarotti)
Non è concesso ai lunghi calendari
la pausa breve del fulmine che cancella il cielo,
della lama improvvisa e annunciata
a portare la triste novella
che lacera di sgomento la perdita e il silenzio.
Non è concesso l’attimo di sospensione
che indugia sulle voci del passato
e rifiuta il brulicare della vita
che occuperà di segni ogni domani.
Alita dolore, dolore soltanto.
E i tuoi libri, le tue lettere, i tuoi incanti?
Li hai lasciati in eredità alle amate strade
delle tue langhe solitarie in bicchieri
di barbera a celebrarne il canto?
O a chi le percorrerà ignaro e senza storia?
Li hai portati con te dove è più chiaro
il senso il tempo la memoria?
Anche davanti all’Eterno hai minimizzato
il tuo lento incedere di pianto?
O solo a Lui, così grande nella tua anima
da non volerne pronunciare il nome,
hai affidato ogni (in)certezza ogni rimpianto?
Ricuciti ora col filo smeraldino
della tua mai spenta Speranza
sono ricami di stelle
nel buio di giorni senza sogni.
I Grandi come te irradiano Luce
e rimangono eterni nel cuore
della mai perduta Parola.
Sono richiami arditi a continuare
nella culla del verso che mai muore
e che nel sogno vero ad ogni alba
rinasce… e si fa Poesia.
                           
Mariella Bettarini, splendida amica mia di anni e di penna. Fiorentina. Raffinata e sensibilissima poetessa, che ha improntato di sé almeno cinquant’anni della nostra storia poetico-letteraria fino ai nostri giorni. Scrittrice, saggista, traduttrice. Per anni, con Gabriella Maleti, ha diretto (e instancabilmente continua a dirigere) la Casa Editrice Gazebo e la rivista culturale <L’area di Broca>.
*
disperante (sperata)
                                 sperando
(disperata) m’assediano
camini di legno
                                          giobbole
e la sembianza della solitudine
salita in fumo
ritrarsi
(auto-ritrarsi)
                     autoritratto
o auctoritas
la scrittura
scrivente dell’amore
                                    la
scrittura
scrivente del suo sé
(da Vegetali figure, 1983)

Scrivente del suo sé
                    (a Mariella Bettarini)
Avremo mai il tempo
che ci è mancato
e che abbiamo strappato dalla carne
in notti insonni di solitudini
a sfamare quei balestrucci
che ci pigolano dentro
ed hanno ruggito di leone
e graffio di pantera?
Avremo una lettera da cercare,
una sillaba che rimane impigliata
imbrigliata tra i capelli e sotto le unghie,
e districarla col pettine a mille denti
per farne parola di ostia e di grano,
di chicchi d’uva e di mosto e miele?
Di piuma in volo
da afferrare con le mani e riporla
sotto i cuscini dell’infanzia,
col fiocchetto rosa e il blu dell’errore
che si fa cielo e mare e orizzonte?
(uccello del paradiso che dentro fremita
in cerca degli invisibili fili di spine e di seta
che di luce e di ombra lievitarono
dalla intricata matassa che nessuno
seppe dipanare per scrivere: io sono)

Gabriella Maleti, fotografa, poetessa, scrittrice, che ha lasciato una immensa eredità d’affetti e un vuoto di parole che nessuna scrittura può colmare. Io, Gabriella e Mariella avevamo la stessa età, geografie e storie diverse, stili e contenuti più o meno diversi, ma quanto uguale il nostro amore per la vita, la bellezza, l’Arte della parola, spesso intrisa di silenzio.

Niente è più vago e
più certo di una qualsiasi
forma incerta di suono che
- simile al giorno come è differente ogni giorno -
rompe differita il silenzio
così da fermarsi sul proprio suono
e diventare silenzio.

Allo stesso modo
ogni silenzio è interrotto dalla parola
per ridiventare
silenzio.
(parola e silenzio, Gazebo, Firenze 2004)

Silenzio che assorda
                          (per te, Gabriella)
il giorno che sfila l’ultima nuvola al cielo
per farne un colibrì di colori
sul campo di un foglio fiorito
di quasi primavera
a te negata.
Senza rumore una neve tardiva
copre un silenzio di giardini
dove la coperta perduta negli anni
aveva antichi ricami di brina
che domani si scioglierà di sole
- sogni di nonna Speranza dimenticati -
Senza rumore fu il tuo andare via
da me ignorato
e non ci furono parole di consolazione
solo un canto di strano addio
su parole vere e mai più ascoltate
in quella tua Firenze che mi accolse
con le campane di Santa Croce
sui miei tetti di capinera a racchiudere
il suono lento delle voci da scrivere
(prima che ci vinca della parola il silenzio)
E sopraffatta dall’emozione, almeno per questa notte, mi fermo qui…

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