Tutto
questo ci porta all’“esperienza dell’io” (Fromm): una più ampia e profonda
consapevolezza di sé che comporta una maggiore consapevolezza dell’altro da sé,
degli altri. Senza confondere con nessun altro l’identità dell’“io sono”, ma
comprendendo ogni altro diverso da sé. Perché, come Fromm dice, “io sono te
senza perdere me stesso, anzi rafforzandomi nel mio io”. E mi rafforzo nella
“capacità di accettare il conflitto” e la tensione che inevitabilmente
l’incontro dell’“Io” con l’altro comporta. “I conflitti sono la fonte della
meraviglia, dello sviluppo della forza, di quello che una volta si soleva
chiamare <carattere>. L’accettazione del conflitto, dunque, è un atto
creativo perché ci pone verso l’altro e la stessa vita, non con il nostro “Io”
che deve vincere, ma con un “Io” che, per il solo fatto di scoprire ed
accettare l’altro diverso da noi, o la nostra vita diversa dalle nostre
aspettative, ci dà la possibilità di sperimentare e accettare l’esistenza di
una realtà sconosciuta fino a che il nostro “Io” non l’abbia guardata con occhi
non più suoi. Ecco perché Fromm dice: “molti muoiono senza essere mai nati,
mentre la creatività ci fa rinascere infinite volte”. Per Fromm, dunque, la creatività
significa “aver portato a termine la propria nascita prima di morire”
attraverso “l’intensa certezza di sé”, pur nella incertezza di sé come essere
immutabile. Abbandonare questa certezza significa avere il coraggio del dubbio.
E della fede in tutto ciò che è rivedibile, trasformabile, dilatabile
all’infinito. La certezza è la morte della nostra mente. Coraggio e fede sono
alla base del pensiero creativo e, quindi, alla base della vita stessa. Educare
alla creatività è per Fromm educare alla vita. Ecco perché la creatività è una
sfida, non una conquista. Rollo May afferma, infatti, che la creatività è una
sfida che impegna il pensiero a produrre qualcosa di nuovo. Gli artisti e i
creativi, perciò, amplificano l’esperienza umana. Per Rollo la genesi dell’atto
creativo consta di 4 momenti:
1°) L’“incontro”: con il mondo,
attraverso i cinque sensi. Compreso il sesto senso, cioè: sensibilità e
intuizione, da cui scaturisce spesso l’idea. L’incontro viene potenziato dallo
“sforzo volitivo” (atto di volontà) o “impegno”.
2°) L’“intensità dell’incontro”:
significa essere totalmente presi (assorbimento, concentrazione, battito
cardiaco accelerato, dimenticanza del cibo, del tempo, dello spazio, della
fatica). Intensa consapevolezza di ciò che si vuole o si sta creando.
3°) L’estasi: uno stato di totale
dimenticanza di sé, quasi un andar fuori dal corpo, totale appagamento, gioia,
esaltazione.
4°) Produzione: realizzazione
dell’idea.
Alfred Adler afferma che la
creatività serve alla persona per esprimere al massimo grado sé stessa come
“compensazione” a qualche limite o complesso che non riesce a superare
altrimenti: è il caso di Giacomo Leopardi o di Ludwig von Beethoven e di molti
altri artisti.
Per Carl R. Rogers il processo creativo è
terapeutico perché ha una potente forza
curativa
in quanto aiuta l’uomo a realizzare sé stesso attraverso la valorizzazione
delle sue potenzialità.
Occorrono, però, 3 condizioni
interiori perché sia possibile mettere in luce il pensiero creativo:
A. Apertura all’esperienza: estensibilità, libertà di giudizio,
comprensione.
B. Un luogo interiore di valutazione. L’appagamento interiore indipendentemente dalle lodi o dalle critiche,
meno che mai dal successo (che molti purtroppo inseguono spasmodicamente in
ogni campo che dà visibilità).
C. La capacità di giocare con gli oggetti e i concetti”.
Sembra una condizione meno importante. In
realtà è decisamente la forma più leggera e ridente della creatività. Giocare
con le idee, le parole, i concetti, le forme, i colori, gli oggetti; formulare
ipotesi assurde, esprimere il ridicolo, il paradossale; usare sapientemente
l’ironia o l’autoironia, sollecitare il senso dell’umorismo rivelano senza
dubbio una visione estremamente creativa della vita. Offrono mille e mille
possibilità di esprimersi e comunicare. “La capacità di giocare” nella vita pur
sapendo che la vita non è un gioco.
Carl Rogers parla ancora di
“creatività costruttiva” e di “sicurezza psicologica”, intesa anche come
“libertà psicologica”. “Accettare ogni persona come valore in sé”, non
condizionato da discriminazioni di alcun genere in “un clima libero”, sereno,
privo di giudizi e soprattutto di pregiudizi. Di qui la “comprensione,
partecipazione, condivisione”. Ma, secondo lo studioso, esiste purtroppo anche
la creatività distruttiva: la follia creativa; il genio maledetto, incompreso,
solitario, chiuso agli altri.
Per Abraham Maslow la creatività è la
vera “motivazione” che spinge l’essere umano a realizzare sé stesso con una
“esperienza al vertice” (volare alto): pura ebbrezza (dimenticarsi delle
inibizioni, dei condizionamenti, delle angosce, delle paure…). Per questo
psicologo esiste la “creatività primaria” (“la grande opera esige un grande
talento”), la “creatività secondaria” (quella che realizza i ponti, le strade,
le nuove automobili, le opere scientifiche o quelle letterarie e artistiche,
utilizzando le idee altrui), la “creatività integrata” (che è la sintesi delle
prime due e che realizza delle buone opere senza difficoltà e con buoni
risultati).
Jean Paul Guilford, per quanto
riguarda il pensiero creativo, parla di “attitudini innate” in dotazione di
esseri umani privilegiati, le cui caratteristiche sono: flessibilità comportamentale, fluidità
ideativa, capacità immaginativa, mobilità del pensiero, scorrevolezza
associativa, espressiva, comunicativa; facilità argomentativa e compositiva;
saper problematizzare la vita e scoprire una vasta possibilità di ipotesi di
soluzione; senso critico costruttivo; comprensione degli altri, originalità
nelle risposte ai quesiti, ma anche originalità comportamentale, elaborazione
più complessa dei semplici dati a disposizione, capacità di progettare,
predittività, sensibilità estetica, capacità mnemonica, percezione, attenzione,
concentrazione, senso profondo della vita e del destino.
Inoltre, la flessibilità è
“spontanea” oppure “adattiva” (in funzione di una situazione particolare o
problematica di maggiore o minore difficoltà).
Le caratteristiche innate, poi, fanno
parte delle “intelligenze multiple” teorizzate da Gardner: intelligenza
emotivo-espressiva, intelligenza logico-matematica, intelligenza figurativa e
intelligenza musicale, intelligenza pratico-organizzativa, intelligenza
speculativa, ecc. (simbolica, semantica…).
Daniel Goleman mette l’“intelligenza
emotiva” alla base della creatività. E sostiene che ci può rendere “felici”.
Edwuard De Bono ha scritto molti
libri sul pensiero laterale o divergente o parallelo, sinonimi del pensiero
creativo. Quest’ultimo ci rende “attraenti”.
Egli ha messo a punto la teoria dei
“sei cappelli per pensare”: bianco, rosso, nero, giallo, verde e blu
(probabilmente in riferimento alle intelligenze gardneriane).
Perché i cappelli? “Perché un
cappello può essere messo o tolto facilmente e deliberatamente” - dice.
“Il
cappello bianco. Evoca la carta (…) e sta ad indicare le
<informazioni>. (…).
Il cappello rosso. Pensate al rosso come al fuoco e al calore. Questo colore rappresenta
le emozioni, gli stati d’animo e l’intuito. Questo è un cappello molto
importante. (…). Il cappello rosso dà accesso alle emozioni e ai sentimenti, li
legittima e fornisce ad essi uno spazio ufficiale. (…).
Il cappello nero. È una parte molto importante della nostra cultura della riflessione, sia
nella discussione sia altrove, ad esempio nell’istruzione. (…)
Il cappello giallo. È quasi del tutto trascurato. Quando usiamo il cappello giallo andiamo
alla ricerca dei valori, dei vantaggi e dei motivi per cui una certa soluzione
dovrebbe funzionare. Questo aspetto positivo del pensiero viene perlopiù
ignorato. Dobbiamo sviluppare la “sensibilità al valore” senza la quale la
creatività rischia di essere una perdita di tempo. (…).
Il cappello verde. (…). È il cappello produttivo. È il cappello generativo. È il cappello
creativo. (…). Il cappello verde esorta a proporre idee, alternative,
possibilità e progetti. (…) il cappello verde è un invito alla creatività. (…).
Il cappello blu.
Pensate al cielo e a una visione d’insieme. Il cappello blu è come il direttore
d’orchestra. Il suo ruolo è organizzare gli altri cappelli e governare la
riflessione. Il cappello blu riguarda il controllo del processo”.
Esistono, infine, molti tipi di
creatività. Tra le più sorprendenti forme di creatività c’è quella scientifica,
di cui ci parla Henry Eyring, che parte dal “lampo dell’intuizione” per
giungere alla “ricerca della ricorrenza”, delle “variabili” e delle “analogie”,
della dimostrazione della applicabilità di quanto intuito.
Ci si chiede: è più importante l’idea
o la dimostrazione della sua applicabilità? L’idea astratta oppure quella
realizzata? Le contrastanti teorie al riguardo sono numerose. Emozione pura o
quella vissuta nella concretezza dell’esperienza?
Intanto, è bene non dimenticare che
esistono molte altre forme di creatività perché tutti possiamo realizzarci in
quella che ci è più congeniale. La propensione innata e la passione ci aiutano
a scoprirla per essere quello che “sentiamo di essere nella parte più profonda
e più vera di noi. Senza legacci, steccati, sovrastrutture. E non c’è
realizzazione più giusta e più bella. Essere sé stessi al meglio di sé. Con consapevolezza.
Con fierezza. Con amore. Amandoci e amando.
E, così, c’è la creatività psichico-intellettiva
(ricchezza e molteplicità della vita mentale) e quella manuale e pratica (manufatti,
ricami, ecc.). Creatività organizzativa (si pensi al manager illuminato) e
creatività esecutiva (si pensi all’attore: ha un copione, ma l’interpretazione
è sua e lo rende unico e grande). Creatività estetica, filosofica, letteraria. Conversazionale.
Creatività come risposta rivoluzionaria all’ambiente e quella onirica e
dell’inconscio. La creatività poetica, diversa dalla stessa creatività
letteraria per via del senso del ritmo, della musicalità, dell’armonia. Creatività
come sensibilità all’“incontro” con l’altro.
“Pensare l’impensabile su rotte mai
affrontate” (De Bono) ci offre la possibilità di affrontare tutti i mari e
attraversare tutti gli oceani e spiccare tutti i voli possibili fino a
perforare i cieli e andare oltre e sentirsi rigenerati in un sussulto di anima
che si fonde e si confonde col Creato.
E qui diventa inevitabile il nostro
Inno alla Vita.
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