giovedì 15 marzo 2018

“Il dono sacro del pensiero intuitivo”: la creatività (parte conclusiva)


Tutto questo ci porta all’“esperienza dell’io” (Fromm): una più ampia e profonda consapevolezza di sé che comporta una maggiore consapevolezza dell’altro da sé, degli altri. Senza confondere con nessun altro l’identità dell’“io sono”, ma comprendendo ogni altro diverso da sé. Perché, come Fromm dice, “io sono te senza perdere me stesso, anzi rafforzandomi nel mio io”. E mi rafforzo nella “capacità di accettare il conflitto” e la tensione che inevitabilmente l’incontro dell’“Io” con l’altro comporta. “I conflitti sono la fonte della meraviglia, dello sviluppo della forza, di quello che una volta si soleva chiamare <carattere>. L’accettazione del conflitto, dunque, è un atto creativo perché ci pone verso l’altro e la stessa vita, non con il nostro “Io” che deve vincere, ma con un “Io” che, per il solo fatto di scoprire ed accettare l’altro diverso da noi, o la nostra vita diversa dalle nostre aspettative, ci dà la possibilità di sperimentare e accettare l’esistenza di una realtà sconosciuta fino a che il nostro “Io” non l’abbia guardata con occhi non più suoi. Ecco perché Fromm dice: “molti muoiono senza essere mai nati, mentre la creatività ci fa rinascere infinite volte”. Per Fromm, dunque, la creatività significa “aver portato a termine la propria nascita prima di morire” attraverso “l’intensa certezza di sé”, pur nella incertezza di sé come essere immutabile. Abbandonare questa certezza significa avere il coraggio del dubbio. E della fede in tutto ciò che è rivedibile, trasformabile, dilatabile all’infinito. La certezza è la morte della nostra mente. Coraggio e fede sono alla base del pensiero creativo e, quindi, alla base della vita stessa. Educare alla creatività è per Fromm educare alla vita. Ecco perché la creatività è una sfida, non una conquista. Rollo May afferma, infatti, che la creatività è una sfida che impegna il pensiero a produrre qualcosa di nuovo. Gli artisti e i creativi, perciò, amplificano l’esperienza umana. Per Rollo la genesi dell’atto creativo consta di 4 momenti:
1°) L’“incontro”: con il mondo, attraverso i cinque sensi. Compreso il sesto senso, cioè: sensibilità e intuizione, da cui scaturisce spesso l’idea. L’incontro viene potenziato dallo “sforzo volitivo” (atto di volontà) o “impegno”.
2°) L’“intensità dell’incontro”: significa essere totalmente presi (assorbimento, concentrazione, battito cardiaco accelerato, dimenticanza del cibo, del tempo, dello spazio, della fatica). Intensa consapevolezza di ciò che si vuole o si sta creando.
3°) L’estasi: uno stato di totale dimenticanza di sé, quasi un andar fuori dal corpo, totale appagamento, gioia, esaltazione.
4°) Produzione: realizzazione dell’idea.
Alfred Adler afferma che la creatività serve alla persona per esprimere al massimo grado sé stessa come “compensazione” a qualche limite o complesso che non riesce a superare altrimenti: è il caso di Giacomo Leopardi o di Ludwig von Beethoven e di molti altri artisti.
      Per Carl R. Rogers il processo creativo è terapeutico perché ha una potente forza
      curativa in quanto aiuta l’uomo a realizzare sé stesso attraverso la valorizzazione
      delle sue potenzialità.
Occorrono, però, 3 condizioni interiori perché sia possibile mettere in luce il pensiero creativo:
A. Apertura all’esperienza: estensibilità, libertà di giudizio, comprensione.
B. Un luogo interiore di valutazione. L’appagamento interiore indipendentemente dalle lodi o dalle critiche, meno che mai dal successo (che molti purtroppo inseguono spasmodicamente in ogni campo che dà visibilità).
C. La capacità di giocare con gli oggetti e i concetti”.
 Sembra una condizione meno importante. In realtà è decisamente la forma più leggera e ridente della creatività. Giocare con le idee, le parole, i concetti, le forme, i colori, gli oggetti; formulare ipotesi assurde, esprimere il ridicolo, il paradossale; usare sapientemente l’ironia o l’autoironia, sollecitare il senso dell’umorismo rivelano senza dubbio una visione estremamente creativa della vita. Offrono mille e mille possibilità di esprimersi e comunicare. “La capacità di giocare” nella vita pur sapendo che la vita non è un gioco.
Carl Rogers parla ancora di “creatività costruttiva” e di “sicurezza psicologica”, intesa anche come “libertà psicologica”. “Accettare ogni persona come valore in sé”, non condizionato da discriminazioni di alcun genere in “un clima libero”, sereno, privo di giudizi e soprattutto di pregiudizi. Di qui la “comprensione, partecipazione, condivisione”. Ma, secondo lo studioso, esiste purtroppo anche la creatività distruttiva: la follia creativa; il genio maledetto, incompreso, solitario, chiuso agli altri.
Per Abraham Maslow la creatività è la vera “motivazione” che spinge l’essere umano a realizzare sé stesso con una “esperienza al vertice” (volare alto): pura ebbrezza (dimenticarsi delle inibizioni, dei condizionamenti, delle angosce, delle paure…). Per questo psicologo esiste la “creatività primaria” (“la grande opera esige un grande talento”), la “creatività secondaria” (quella che realizza i ponti, le strade, le nuove automobili, le opere scientifiche o quelle letterarie e artistiche, utilizzando le idee altrui), la “creatività integrata” (che è la sintesi delle prime due e che realizza delle buone opere senza difficoltà e con buoni risultati).
Jean Paul Guilford, per quanto riguarda il pensiero creativo, parla di “attitudini innate” in dotazione di esseri umani privilegiati, le cui caratteristiche  sono: flessibilità comportamentale, fluidità ideativa, capacità immaginativa, mobilità del pensiero, scorrevolezza associativa, espressiva, comunicativa; facilità argomentativa e compositiva; saper problematizzare la vita e scoprire una vasta possibilità di ipotesi di soluzione; senso critico costruttivo; comprensione degli altri, originalità nelle risposte ai quesiti, ma anche originalità comportamentale, elaborazione più complessa dei semplici dati a disposizione, capacità di progettare, predittività, sensibilità estetica, capacità mnemonica, percezione, attenzione, concentrazione, senso profondo della vita e del destino.
Inoltre, la flessibilità è “spontanea” oppure “adattiva” (in funzione di una situazione particolare o problematica di maggiore o minore difficoltà).
Le caratteristiche innate, poi, fanno parte delle “intelligenze multiple” teorizzate da Gardner: intelligenza emotivo-espressiva, intelligenza logico-matematica, intelligenza figurativa e intelligenza musicale, intelligenza pratico-organizzativa, intelligenza speculativa, ecc. (simbolica, semantica…).
Daniel Goleman mette l’“intelligenza emotiva” alla base della creatività. E sostiene che ci può rendere “felici”.
Edwuard De Bono ha scritto molti libri sul pensiero laterale o divergente o parallelo, sinonimi del pensiero creativo. Quest’ultimo ci rende “attraenti”.
Egli ha messo a punto la teoria dei “sei cappelli per pensare”: bianco, rosso, nero, giallo, verde e blu (probabilmente in riferimento alle intelligenze gardneriane).
Perché i cappelli? “Perché un cappello può essere messo o tolto facilmente e deliberatamente” - dice.
Il cappello bianco. Evoca la carta (…) e sta ad indicare le <informazioni>. (…).
Il cappello rosso. Pensate al rosso come al fuoco e al calore. Questo colore rappresenta le emozioni, gli stati d’animo e l’intuito. Questo è un cappello molto importante. (…). Il cappello rosso dà accesso alle emozioni e ai sentimenti, li legittima e fornisce ad essi uno spazio ufficiale. (…).
Il cappello nero. È una parte molto importante della nostra cultura della riflessione, sia nella discussione sia altrove, ad esempio nell’istruzione. (…)
Il cappello giallo. È quasi del tutto trascurato. Quando usiamo il cappello giallo andiamo alla ricerca dei valori, dei vantaggi e dei motivi per cui una certa soluzione dovrebbe funzionare. Questo aspetto positivo del pensiero viene perlopiù ignorato. Dobbiamo sviluppare la “sensibilità al valore” senza la quale la creatività rischia di essere una perdita di tempo. (…).
Il cappello verde. (…). È il cappello produttivo. È il cappello generativo. È il cappello creativo. (…). Il cappello verde esorta a proporre idee, alternative, possibilità e progetti. (…) il cappello verde è un invito alla creatività. (…).
Il cappello blu. Pensate al cielo e a una visione d’insieme. Il cappello blu è come il direttore d’orchestra. Il suo ruolo è organizzare gli altri cappelli e governare la riflessione. Il cappello blu riguarda il controllo del processo”.
Esistono, infine, molti tipi di creatività. Tra le più sorprendenti forme di creatività c’è quella scientifica, di cui ci parla Henry Eyring, che parte dal “lampo dell’intuizione” per giungere alla “ricerca della ricorrenza”, delle “variabili” e delle “analogie”, della dimostrazione della applicabilità di quanto intuito.
Ci si chiede: è più importante l’idea o la dimostrazione della sua applicabilità? L’idea astratta oppure quella realizzata? Le contrastanti teorie al riguardo sono numerose. Emozione pura o quella vissuta nella concretezza dell’esperienza?
Intanto, è bene non dimenticare che esistono molte altre forme di creatività perché tutti possiamo realizzarci in quella che ci è più congeniale. La propensione innata e la passione ci aiutano a scoprirla per essere quello che “sentiamo di essere nella parte più profonda e più vera di noi. Senza legacci, steccati, sovrastrutture. E non c’è realizzazione più giusta e più bella. Essere sé stessi al meglio di sé. Con consapevolezza. Con fierezza. Con amore. Amandoci e amando.
E, così, c’è la creatività psichico-intellettiva (ricchezza e molteplicità della vita mentale) e quella manuale e pratica (manufatti, ricami, ecc.). Creatività organizzativa (si pensi al manager illuminato) e creatività esecutiva (si pensi all’attore: ha un copione, ma l’interpretazione è sua e lo rende unico e grande). Creatività estetica, filosofica, letteraria. Conversazionale. Creatività come risposta rivoluzionaria all’ambiente e quella onirica e dell’inconscio. La creatività poetica, diversa dalla stessa creatività letteraria per via del senso del ritmo, della musicalità, dell’armonia. Creatività come sensibilità all’“incontro” con l’altro.
“Pensare l’impensabile su rotte mai affrontate” (De Bono) ci offre la possibilità di affrontare tutti i mari e attraversare tutti gli oceani e spiccare tutti i voli possibili fino a perforare i cieli e andare oltre e sentirsi rigenerati in un sussulto di anima che si fonde e si confonde col Creato.  
E qui diventa inevitabile il nostro Inno alla Vita.

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