E che cosa è una rosa, ora si sa, ora, passata l’età delle rose. Sullo spino ne brilla ultima una. È tutta sola tutti i fiori ha in sé. (J.W. Goethe)
Siamo in pieno terzo millennio. L’età delle
romantiche rose è già passata. E anche delle ben più solari mimose. O
fioriscono ancora col loro delicatissimo persistente profumo di donna? Non so.
Fino a ieri ero convinta che le lotte femministe avessero conquistato diritti,
resi inalienabili da alcune leggi in favore delle donne dal Sessantotto in poi,
e che la “questione femminile”, che aveva messo “in discussione l’intera
società nel suo divenire storico, nelle sue strutture economico-politiche, nei
suoi contenuti culturali” (Chiara Saraceno 1971), non avesse più alcun senso,
dati gli equilibri personali e collettivi faticosamente raggiunti. Oggi, a
distanza di circa cinquant’anni, tutto mi sembra ancora precario, discutibile,
spaventosamente lontano dai nostri sogni e progetti di allora. Tante sono le
donne, umiliate, offese, ferite, distrutte, che ancora oggi la cronaca ci fa
conoscere e ce le rende amiche in un moto di solidarietà postuma e di
indignazione virale, spesso però senza destinatari e senza voce.
Ma oggi non voglio parlare di loro, di cui
giustamente si parla così tanto. Voglio attardarmi
sulle altre donne. Quelle che hanno raggiunto tutti i loro sogni di
autorealizzazione, i loro ideali, i loro progetti di vita. In realtà, sono
ancora squarci di luce nel buio di ogni silenzio. Ma si fanno sempre più spazio
e hanno raddoppiato anni di giovinezza e moltiplicato esperienze di lavoro a
tutti i livelli e rifiutato imposizioni, rivendicato il loro diritto ad essere
“PERSONA”. Con intelligenza, cultura, competenza, non disgiunte dall’esercizio
cuore. Affermano con forza la loro creatività e colorano il mondo con i mille
pastelli della loro fantasia e immaginazione. Molte oggi scrivono. Ed hanno
riconoscimenti nel piccolo paese o in tutto il mondo.
È di queste donne che voglio parlare. Miscuglio
sapiente di dolcezza e fermezza, di fragilità e forza, di vulnerabilità e
coraggio, di tenerezza e aggressività, di intuito e razionalità. Di
intelligenza di anima e di cuore. Misteriose e chiare. Semplici e complicate.
Lunatiche e pazienti. In perenne attesa di un accadimento e insofferenti ad
ogni accadimento previsto o annunciato. Amano l’imprevedibile, l’imponderabile,
l’inarginabile. Amano emozionarsi al mistero incantato della luna piena perché,
oltre Lilith, la luna nera che le rende notturne e imprendibili, hanno anche
occhi di splendore e vesti chiare, e pensieri luminosi e lontani. E, così, tra
ricami di madreperla e ciglia socchiuse afferrano la realtà e la trasformano,
con sensibilità e stupore, in un altrove che ha luogo tra le stelle e si fa
innocente o sensuale palpito di poesia.
Certo, non sono nate oggi. Hanno ereditato i
germogli dei loro innumerevoli fiori dalle tante donne forti che in tempi
difficili e ostili hanno avuto il coraggio di osare con i loro talenti. E di vincere. Tralascio le donne
dell’antichità greco-latina o quelle del nostro meraviglioso Rinascimento per
ricordare alcune più vicine a noi. Unico faro di scrittura narrativa e poetica,
che ci illumina tutte.
Virginia Woolf, la madre di tutte le scrittrici. La britannica
Jane Austen, le francesi Simone de Beauvoir e Marguerite Duras, e in Italia Sibilla
Aleramo, scrittrice e poetessa. Matilde Serao, giornalista e scrittrice. Grazia
Deledda, Nobel 1926. Gianna Manzini e il motivo della solitudine femminile.
Natalia Ginzburg, e le piccole vicende d’ogni giorno. Elsa Morante e la sua
visione poetica della storia. Anna Maria Ortese dalla impronta bontempelliana
del “realismo magico” e del surrealismo fantastico e persino saggistico. Oriana
Fallaci e le sue coraggiose cronache di guerra e le sue interviste ai potenti
della terra, i suoi romanzi autobiografici, spesso di forte denuncia sociale. Dacia
Maraini e il suo battersi per i diritti delle donne e di quanti non hanno voce.
E, con lo stesso spirito, non ultima la nostra Maria Marcone…
E, tra le poetesse, la statunitense Emily Dickinson,
la francese Judith Gautier, la polacca Wislawa Szymborska, la serba Desanka
Maximovic, e, via via, fino alla nostra grande Ada Negri e poi ancora Amelia
Rosselli, Antonia Pozzi, Silvana Folliero, Margherita Guidacci, Patrizia Valduga
e Patrizia Cavalli, Vivian Lamarque, Bianca Maria Frabotta, Paola Lucarini, Mariella
Bettarini, Maria Luisa Spaziani, Alda Merini… L’elenco sarebbe ancora
lunghissimo e giungerebbe a racchiudere le tante autrici della SECOP Edizioni,
le quali rappresentano, nelle diverse tipologie testuali, un interessante esempio
di scrittura al femminile nel panorama letterario italiano e straniero dei
nostri giorni.
È vero. L’età delle
rose è forse passata, ma sullo spino spunta una gemma, forse l’ultima. Io,
però, non ne sono convinta perché in essa coesistono tutti i fiori possibili. E
la luna illumina ancora il deserto del nostro tempo e i prati, scintillanti di
rinnovata rugiada, fioriti sulla nostra anima di infinita e mai spenta Poesia.
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