venerdì 29 ottobre 2021

Venerdì 29 ottobre 2021: L' AMORE in incanti di POESIA continua ad emozionarci...

Riprendo a parlare di AMORE e di POESIA, che ancora ci incantano e ci emozionano, riportando due belle poesie d’amore di Filippo Mitrani dalla sua silloge BRINE, che va ben oltre la tenerissima dedica al nipotino Pierpaolo, meravigliosa luce accesa nei suoi giorni. La prima è un trionfo d’azzurro, il colore che dona felicità al poeta e lo colma d’amore per la natura, la vita, e la sua esaltazione infinita, in tutte le sue immense declinazioni: Policromia in azzurro/ Azzurri i boschi, il lago, la collina,/ azzurre le luminarie della festa,/ le voci amiche - impermeabili ai pensieri -/ azzurri i miei travestimenti,/ gli applausi, i sorrisi senza viso,/      azzurri questi vuoti,/ azzurro ogni respiro e battito d’attesa,/ azzurra la ragione e la spericolata fantasia./     Azzurro./ Azzurro, soltanto azzurro/ concerto ininterrotto di emozioni/ che azzurri ha reinventati arcobaleni/ e azzurri tinge spazi e azzurri i tempi./ Azzurro-azzurro che dilata il sogno/   e incanta oggi il mio futuro. E poi, come non parlare d’amore con Filippo, un uomo-poeta intriso d’amore in ogni sua percezione del mondo? Il titolo di questa sua seconda poesia, infatti, è “Parlo d’Amore”: Un fico d’India/ appollaiato sotto il muretto di sostegno/ ed una collinetta sbavata di bitume/ inutile risulta del cantiere./ Chiuso da tempo. Parlo d’amore/     certo/      parlo d’amore./   La collinetta/ vestita di erba alta e di gramigna/ s’ergeva a fiero bosco di betulla/   e sorrideva al ceppo/   per nulla intimidito/ del fico d’India nato così, per caso./ Audace il verde delle foglie/     irte di spine/   sfrontate, irriguardose/ e i frutti belli inturgiditi di colore./     Terra rimossa./     Un fico d’India./ Livido asfalto. Parlo d’amore/     certo/ d’amore parlo. E mi sorprende e m’incanta questo amore testardo che rivendica il suo spazio tra “foglie irte si spine” e il “livido asfalto”. Così tanta è la forza dell’amore? Mi chiedo e vi chiedo! E intanto mi accorgo che una splendida poesia di Luisa Varesano, altro pilastro della letteratura, declinata anche in inglese, francese e tedesco, Autrice preziosa della SECOP e mia carissima amica di penna e di incanti, si intitola “V Fiore - Amore” e recita così, quasi in risposta alla poesia d’amore di Filippo: Non fu l’amore/ una rosa rossa/ non fu una zolla/ di terra smossa/ e nemmeno un bacio sensuale/ o un corpo sudato/ adagiato su un letto/ disfatto.// L’amore/ fu un ritmo di danza/ fu uno sfiorare di ciglia/ fu un abbraccio silenzioso/ lo sguardo d’un figlio/ la domanda d’un bambino/ il rischio/ d’un destino.// L’amore/ fu una spina/ conficcata nel petto/ fu un canto/ alla ricerca di senso.// L’amore/ mi schiuse alla vita/ dopo il terrore/ della caduta.// L’amore/ bello e fecondo/ mi riscattò/ dall’inganno immondo/ in un lavacro/ lento e profondo./ L’amore lieve/ l’amore giocondo/ l’amore sacro/ salvò il mio mondo./ Non fu l’amore/ a fugare il dolore./ Fu il dolore/ a forgiare l’amore. Sì è una risposta chiara a Filippo ma anche ai nostri interrogativi: spesso è il dolore “a forgiare l’amore”. Non a caso, la grande poetessa Mariella Bettarini, a cui mi lega profondo affetto, sostiene che “si diventa poeti” in seguito ad una “ferita”. Potenza sconfinata del dolore, dunque. E qui si potrebbe aprire un dibattito davvero molto interessante e salutare per tutti noi (potremmo riservarlo al nostro “Retino”, non appena i tempi saranno maturi… che ne dite?). E ancora una poesia “possente” (che riecheggia nel titolo e nei versi di altre poesie da me riportate sul blog) per l’emozione che suscita e il canto estremo tra immagine e parola, come tutte le poesie che Luisa Varesano ha inserito in questa sua nuova sorprendente e originalissima silloge, intitolata fiore e canto. Questa seconda poesia ha per titolo “Epilogo”: Ed ecco dall’acqua/ profonda e scura/ sollevarsi il guerriero/ in possente armatura.// “Chi sei?”/ gli chiesi tremante/ “tu che possiedi/ la spada tonante?”/ “Colui che Distilla”/ udii voce grave/ “Colui che purifica/ e filtra ogni goccia./ Colui che travasa/ lenisce e rabbocca.// Vieni con me/ ti porto al tuo sposo/ dove potrai/ trovare riposo.// Non è ancora questo/ il mare che cerchi./ È un mare più grande/ più calmo e sicuro/ è azzurro turchese/ non è mai scuro. E la rima ci culla in un incantevole mare “azzurro turchese”, quasi una ballata, quasi una ninnananna dal sapore antico, ma vicina al cuore fino ad impregnare di sé l’anima. E di “Acque amate” parlano anche le poesie di due straordinarie fotografe, discepole dell’immenso Giovanni Gastel, nel suo studio di Milano, ricche di vis poetica, come vedremo. Ho tratto dal loro libro Acque amate, appunto, firmato anche da Giovanni Gastel, due tra le più significative poesie che sono un canto d’amore per il mare Adriatico di Senigallia (Delia Biele) e per il lago di Como (Giulia Caminada). La poesia di Delia ha per titolo “La vastità del mare” ed è decisamente filosofica. Ci aiuta a pensare e a riflettere: Quali varchi dovremo ancora attraversare/ naufraghi in ogni dove col pensiero/ affacciati sul mare/ confine dell’umanità/ a mani nude ci prepariamo alla lotta/ immersi nei nostri dolori/ accarezziamo l’onda/ sperando di partire/ o di tornare? La poesia di Giulia s’intitola “Il mondo emerso”: Come tazza dal bordo irregolare,/ come fantasia senza geometria di una stoffa,/ come calligrafia rotta da un tratto/ o energia che sprigiona da un gesto./ Non è più l’occhio/ ma la mente che vede./ Parca di parole/ ascolta il ticchettìo/ della pioggia di primavera,/ partecipe dello splendore dell’universo. Sono versi che corredano le splendide foto di Delia e Giulia, sotto la evidente ispirazione del loro Maestro, non solo per le immagini ma anche per le parole. L’intero Progetto piacque tanto al grande Giò, il quale sul libro scrisse solo un anno fa: … Sono acque tormentate e serene sono scrosci e bagliori. Sono macchine per pensare queste splendide fotografie. Brava Giulia, brava Delia. Con grande stima. Giovanni Gastel. E ancora mare e ancora amore per questa distesa azzurra che ci regala fremiti di emozione purissima, in cui ritroviamo, ciascuno con la sua storia, gli “istanti” imperituri delle nostre vite. Questa volta è di scena lo splendido golfo di Gaeta con la poesia   “La baia dell’antica Villa Ariana” di Antonio Scatamacchia, altro caro amico-poeta di Roma, editore di una Rivista letteraria di grande pregio <Dialettica tra le Culture>, fondata dalla carissima e sempre rimpianta Silvana Folliero, scrittrice, poetessa, critico letterario di grande valore. La poesia di Antonio così recita: L’onda imperla la battigia/ Con ricami di telline/ Tu passante premi impronte sulla rena/ Che il mare non cancella/ Sovrapposte a tante/ Si confondono con la storia./ Sinusoidi di luce si riflettono/ Sulle ondine di sabbia/ Attraverso centimetri d’acqua/ E il sussurrio del mare disegna cadenze/ Interminabili del respiro del mare./ La tua figura affanna il vortice della sabbia/ E trasporta a riva conchiglie d’altri tempi./ La linea dell’orizzonte s’avvicina in una culla/ Che disegna una nenia/ Giunta appena spenta sull’asciutta riva./ Discorre lenta una vela/ Mentre il tremore del tempo/ Non affatica anzi si dondola quieto/ Nell’atmosfera iridata/ Dietro una protezione di colline/ Da selve a semicerchio/ A chiudere in una bolla sferica/ Gli istanti della vita. (25 sett.2021 Antonio Scatamacchia). Quanta tenerezza nella dettagliata descrizione da parte di Antonio di questo angolo di paradiso che percepisce poeticamente come “culla” e sente, con una bellissima sinestesia, come ninnananna che va a spegnersi “sull’asciutta riva”, mentre una “vela discorre lenta nel dondolio del tempo che non affatica”, anzi restituisce “attimi puri” alla vita. E di una giovanissima studentessa di quinto ginnasio, ma col sacro fuoco della poesia impresso nelle vene sin da bambina, ecco una poesia d’amore, piena di sogni e di speranze in un futuro ancora tutto da scrivere. Si chiama Maria Elena Varesano. È solo un caso di omonimia con la grande Luisa Varesano, ma a quanto pare promette molto bene come quest’ultima. La sua poesia s’intitola appunto “L’amore”: Lamentarmi, attribuire la colpa agli altri/ è ciò che mi rimane: tu mi dici./ Non convincerti di questo,/ non subire per ciò che sei,/ per quello che vuoi dimostrare,/ non cercare di nasconderti dalle lacrime, dalla sofferenza/ perché il presente è premessa del futuro,/ perché un giorno quando dalla tua clessidra/ cadrà l’ultimo granello di vita,/ il denaro, l’invidia, l’odio/ si dissolveranno nel nulla./ Ed è proprio in quell’oblio che davanti all’Eterno/ conterà solo lui, lui l’amore./ Allora non indugiare:/ Ama, ama più che puoi!/ Risanati dalla prigione del quotidiano,/ prendi in mano le redini della tua vita/ e va’ oltre il confine della parola,/ va’ dove il sentimento ti conduce,/ percorri con semplicità il sentiero della vita,/ ascolta i tuoi sogni/ e corri da loro! Come non dare spazio su questo blog a versi così maturi e ricchi di esortazioni ad amare e a liberarsi dalle catene delle banalità quotidiane, che fanno a pugni, quasi per gioco, con i brevi anni di Maria Elena? Lei, che ama tanto la parola, si prefigge con determinazione di superarla solo in nome dell’amore, con una dose in più d’amore, sentimento che alimenta i sogni e che spinge gli innamorati a raggiungerli per realizzarli in tutta la pienezza di ciò che chiamiamo vita. Per contrasto vengo rapita e ispirata da una poesia che pure parla d’amore e di vita in maniera del tutto diversa, come si evince già dal titolo “COME SE FOSSIMO MORTI” del bravissimo cantautore, musicista e poeta, Mauro Massari, a cui mi lega un grande affetto e tanta stima per tutto quello che fa (concerti a livello internazionale, per esempio,…) nonostante i suoi giovanissimi anni: Non vedo baci e nemmeno caffè/ in questo risveglio bianco/ di lenzuola e lino stirato/ Proust e Boll sul tavolino/ il mio tabacco rovesciato/ i bicchieri sporchi di ieri sera/ la mia unica colpa./ Soffro il tempo mischiato e perso/ nel continuo aspettare/ mi affaccio all’assoluto/ così come alla fine/ sei cresciuta/ camminando scalza/ e ne hai le forme sotto i piedi// dici/ dico/ Che a prescindere da te/ non lo è mai stato./ Poi i miei polsi, i tuoi bracciali, l’uva sopra la testa/ ancora il bianco/ dei muri,/ del tuo vestito, della mia camicia,/ del divano, fare l’amore/ fare la spesa al supermercato tu/ chiamalo pure niente./ A chi importa? Mi brucia/ le labbra la sigaretta dell’insonnia.// “Mi piaceva vederti/ sorridere”  ti ho detto./ “Come se fossimo morti”. Insolita visionaria immediata irridente poesia eppure intrisa d’amore, mai del tutto accettato e rivelato nella sua intensità di essere. Mauro mi ricorda tanto il solitario eroe dei film western (sul tipo di Gary Cooper o Clint Eastwood) che, dopo aver fatto giustizia dei suoi nemici e amato l’unica donna che conta nella sua vita, monta in sella e si allontana, lasciandosi tutto alle spalle ma portandosi per sempre nel cuore annidato il suo amore. Il titolo e la conclusione di questa poesia mi hanno riportato, intanto, alla silloge poetica POESIE PER MAMMA ELDA di Mariella Bettarini, scritta dopo la morte della sua amatissima Madre. E per oggi vorrei concludere proprio con questo altro tipo d’amore, quello filiale e imperituro di Mariella Bettarini, spesso da me citata con grande affetto e ammirazione, verso la sua meravigliosa “Mamma Elda”. Scelgo la VI poesia della II sezione: Racconti e ricordi. Eccola: poi tutto si va/ stemperando - il tempo porta via - cancella/ e già ricordo ormai poco e fra breve/ tutto sarà passato// vite/ di niente - tempo vanamente/ sottratto alla dimenticanza - buio:/ di noi a chi importa? a chi dire memorie - e/ perché?// tra poco sarai solo un nome/ sopra una lapide -/ eppure moltissimo/ avevi amato - dato di te - Maestra/ nell’amore - grande Anima e grande Cuore -/ e per questo - anche se/ destinata alla dimenticanza - tu indimenticabile  Mariella Bettarini è tra le più grandi poetesse del nostro tempo. Con uno stile del tutto personale, ricco di reminiscenze classiche e parole nuove nella necessità di essere sempre presente al proprio tempo, oggi più che mai. E si concede e ci concede giochi di parole tra presente-passato-futuro con ampi spazi tra i versi e le parole isolate che dicono tutto il non detto (vedi Paul Eluard), e con i trattini che frantumano i pensieri, già frantumati nell’anima senza più la presenza fisica di sua madre, tempio insuperato d’Amore. Versi brevi e brevissimi e versi lunghi e lunghissimi per parlare di Lei, una donna straordinaria nella sua semplicità vocazionale ad amare incondizionatamente… Indimenticabile. Indimenticata. Alla prossima con ancora POESIE D’AMORE…    

 

 

 

 

 

1 commento:

  1. Angela cara, ti avevo promesso di far tesoro dei preziosi versi che ci hai donato, e delle profonde riflessioni che tu, sempre, ne ricavi. Ecco questa mia poesia... Nata all'alba.

    In estatica contemplazione//

    La vedi /
    quella sutura sulla luna?/
    È lì che nascono i poeti //

    Lacrime di stelle le parole /
    non c’è parto senza dolore /
    si fanno bolle di sapone//

    Ogni cielo ha la sua culla//

    Scoperchiano i dormitoi neri/
    dei giorni /
    e nascono i poeti //

    Li vedi?/

    Mariateresa

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