domenica 3 ottobre 2021

Domenica 3 ottobre 2021: ricordando sabato 2 ottobre e l'AMORE che protegge...

Angeli Custodi e Festa dei Nonni: un abbinamento che in me suscita tanta tenerezza. Da bambina non solo era rassicurante recitare la sera e la mattina la preghiera dedicata al proprio Angelo Custode “Angelo di Dio che sei il mio custode”, perché, come i miei nonni mi dicevano, alla nascita di ciascuno di noi il buon Dio mette accanto un angelo che lo guidi per tutta la vita, ma rea bellissimo cantare una canzoncina deliziosa con mamma accanto al nostro lettino: Angioletto del buon Dio/ che fai tu vicino a me?/ Che fai tu vicino a me?...// Sono l’Angelo del Signore/ son vicino al tuo cuore,/ quando vegli e quando dormi/ sempre sempre sto con te/ sempre sempre sto con te… E io sentivo per davvero la carezza delle sue ali ad avvolgermi tutta. Andavo così incontro al giorno sicura che niente avrebbe potuto farmi male. Poi, avevo con me sempre i miei nonni materni, anche quando mamma dovette andare via per seguire babbo nei suoi vari trasferimenti nelle “stazioni” da comandare come maresciallo dei carabinieri, e la loro protezione è stata sempre avvolta da ali di tenerezza mista a fermezza, tra allegria, qualche lacrima e pazienza infinita. Poi, il tempo è volato più delle ali degli angeli e mi sono ritrovata mamma di quattro bimbi (più uno mai nato, che è sempre nel mio cuore), a cui ho insegnato preghierine e canto. Un ricordo: Ombretta cantava, seduta sulle sue ginocchia e la testa tra le nuvole: Anginetto del mio mio/ vieni tu vicino a te?/ vieni tu e stai con te?...// Sono gelo del Signore/ sto picino al mio cuore/ quando cegli e quando mormi/ sempre sempre sto con me/ sempre sempre vai con te/ ne ne ne…   E da anni sono nonna anch’io con i miei due nipotini da amare con centuplicato amore. Ma la festa dei nonni ha date recenti e oggi mi ritrovo con due Angeli Custodi al mio fianco. Sono loro a proteggere i miei passi e il mio sorriso nei giorni lunghi da indossare e brevi da vivere e ogni inciampo potrebbe essere fatale. Sono loro a rimuovere pietre e a prevenire inciampi ed è a loro che dedico questi versi appena sgorgati dal cuore: Braccia di lago e di spuma argentata/ la carezza che consola/ e inventa ali per pesci/ che non sanno volare.//  Bianca cipria e viso di clown/ snidate con mani di piuma/ oltre la paura che avanza/ e teme il buio dei fantasmi/ lontani e mai vinti./ Per vincere ogni mio affanno/ moltiplicate occhi e passi/ contro il tempo/ che mi uncina le spalle,/ mentre vado recitando preghiere/ aggrappata alla sua treccia/ di neve addormentata/ contro i miei capelli di miele/ inventati/ di nonna mai invecchiata/ in un inganno di sole/ che spiana rughe e dolore/ all’ombra accesa / dei vostri anni fioriti/ di prato e di allegria…/ (e avrò ancora di tenerezza/ nelle ali/ colme di ogni vostro domani). Mi piace, però, essere in ottima compagnia con i miei cari amici poeti. Marco Zanchi, Maestro d’Amore e di Felicità, nel suo libro L’alfabetiere delle filastrocche felici (SECOP edizioni 2021) scrive alla lettera “N”: “NONNI”: Parole morbide son nonna e nonno/ come gli orsetti che abbracci nel sonno/ e se al risveglio li trovi già là/ comprendi cos’è la felicità/ Averli che gioia è una gran dote/ loro lo pensano di ogni nipote/ ma se lontani in terra o lassù/ urla il tuo amore forte di più. E Francesca Petrucci: 2 ottobre La giornata degli Angeli Custodi-Festa dei nonni. … e tu esisti./ Col tuo eterni sospiro/ Tra le cose./ Che anima e sorregge/ Questo gemito di giovinezza  Anita la nonna materna Angelo tutelare della mia casa. E Assunta Braì con “Due volte madre”: Eri lì quando io vidi la luce/ e tu due volte madre diventasti/ ancora prima che di neve antica/ si colorassero i tuoi lunghi capelli/ vicina rimanesti per tanti anni/ madre fosti tu sola, solo tu/ tu che curavi il corpo e il cuore mio/ tu che asciugavi lacrime di bimba/ e consolavi adolescente inquieta.// Di luce si riempirono i tuoi occhi/ grigi e ormai del tempo stanchi/ quando vedesti il frutto del mio grembo…// In un freddo novembre te ne andasti/  dicendo quieta “Eccomi Signore!”/ Non terminasti la coperta bianca/ che preparavi per un’altra culla,/ né io ebbi la forza di finirla. E dalla pagina del carissimo amico Matteo Gelardi, diventato nonno da un mese con la sua amatissima Anna, rubo queste parole, inviategli da una carissima amica di Pistoia. Sono parole realistiche e a tratti amare perché capovolgono il punto di vista e mettono al centro dell’attenzione i nipoti, vissuti dalla loro nonna. L’autrice, infatti, ricorda tutte le tappe del suo essere madre e della fatica di esserlo nella consapevolezza che i figli poi devono andare via per realizzarsi nella vita senza i genitori. Ma l’arrivo di un nipotino è esplosione di gioia per un dono piovuto dal cielo, senza meriti e senza sofferenze. Solo dono d’amore Come è meraviglioso far circolare tutto quello che “è bello e sa di buono” ma ecco il testo “I NIPOTI”: “I nipoti sono come un’eredità: li ricevi senza meriti. Senza aver fatto nulla per quello, all’improvviso cadono dal cielo… senza dover attraversare i dispiaceri dell’amore, senza gli impegni del matrimonio, senza i dolori della maternità. Un nipote è davvero sangue del tuo sangue. Con l’età arriva la nostalgia di qualcosa che hai avuto e che è svanito sottilmente insieme alla gioventù. Mio Dio, dove sono andati i figli? Sono diventati quegli adulti problematici che sono i figli di oggi, che hanno suocero e suocera, coniuge, lavoro, appartamento e doveri, non riconosci in alcun modo i tuoi figli perduti. Sono uomini e donne. Non sono più quelli che ricordi. E poi, un bel giorno, senza che ti venga imposta alcuna agonia della gravidanza o del parto, il dottore mette un bambino tra le tue braccia… completamente gratis. Senza dolore, senza piangere, quel bambino per il quale sei morta di nostalgia, simbolo della tua giovinezza, lungi dall’essere uno sconosciuto, è uno dei tuoi figli che ti viene restituito. E la cosa strana è che tutti riconoscono il diritto di amarlo con stravaganza.  Sono sicura che la vita ci dà nipoti per compensarci per tutte le perdite che derivano dalla vecchiaia. Sono amori nuovi, profondi e felici che arrivano ad occupare quel luogo vuoto e nostalgico lasciato da esplosioni giovanili. E quando abbracci un bambino e lui, ancora addormentato, apre un occhio e dice: “Nonna!”, il tuo cuore esplode di felicità, come il pane nel forno!  È una pagina che va letta e meditata in un giorno di amore oblativo e protettivo come quello dei nonni, che ricevono sempre è comunque dal Cielo un dono meraviglioso e assolutamente gratuito. Poi, David la Mantia: Quando un nonno muore, è come se bruciasse una biblioteca, come se il tempo versasse l’acido nella tua giornata, cancellasse le labbra e oscurasse le palpebre. Se tante storie con lui si congedano, ricorda le mani che ti strinsero, rendile di tutti, fai della memoria scaffali per nuove avventure. E, infine, la storia più tenera che potessi scoprire è quella di Michele Carniel. Ascoltatela: Quando il morbo di Alzheimer cominciò ad importunare mia nonna, io avevo quasi 30 anni. Mi accorsi che qualcosa non andava quando, alle 10 di una mattina qualunque, iniziò ad apparecchiare la tavola per il pranzo, ma la cosa che più mi preoccupò fu che, tutto d’un tratto, non si ricordò più come si preparava il ragù. La aiutai ugualmente quella mattina a mettere le posate ed i piatti in tavola ed una volta finito mi sedetti e cominciai ad osservare lo spaesamento che la perseguitava, con i miei occhi che stavano subendo, impotenti, la sconfitta della mia seconda madre. Nonostante le prime avvisaglie del male, il suo sguardo rimase di una dolcezza intatta, fu per questo particolare che cominciai a fregarmene del ragù. Era così bella mia nonna, sorrideva ad una vita che smetteva da quel momento di sorriderle. La vedevo ugualmente serena, e questo risorgimento emozionale mi scaldava con la stessa efficacia di una minestra calda. Dopo qualche mese disimparò anche il mio nome, un giorno ero Giampietro, in un altro Attilio, ma non disimparò mai come si sorrideva, mostrandomi una schiera di denti bianchi come la purezza, e tutti suoi ancora. Mia nonna si chiamava Italia, di secondo nome Libera, era nata nel 1922, proprio nell’anno dove il nostro Paese perse la propria di libertà, una curiosa coincidenza. Non me ne è mai importato nulla degli effetti collaterali di quel male che la stava trafiggendo, quando non sapeva dove fosse il bagno la accompagnavo, quando mi diceva di aver visto un gatto in camera fingevo di controllare ovunque, anche dentro gli armadi, dimostrandole che quel gatto sconosciuto si era dileguato come un ladro impaurito. Era tornata di colpo bambina, ed io non avrei mai permesso a niente e a nessuno di scalfire quella innocenza, sebbene fosse generata da un dolore subdolo e vigliacco. Per me erano sufficienti la genuinità del suo sorriso e la carezza che non mancava mai di distribuirmi quando andavo a trovarla: “caro tu e Dio”, mi ripeteva. Se n’è andata in un giorno inutile del giugno 2008, lasciando il mio mondo orfano del suo essere piuma, così delicata e leggerissima. Ha onorato la vita vivendola, non subendola. Ora mi trovo al cimitero, seduto ad osservare la sua foto, circondato da un esile vento che promette un autunno scintillante, nonostante questa vita fatta di un niente a portata di mano e di un futuro che mi chiede di rateizzare pure la felicità; penso alla vita di mia nonna, onesta e laboriosa, e penso a quanto mi manca il suo sguardo sincero e innamorato. Rifletto anche sulla poliedricità del male, sul fatto che non mi sentirò mai preparato abbastanza ad accogliere il dolore. Resto un uomo indifeso e indifendibile, con le mani protese in avanti, nel tentativo di proteggermi non so bene da cosa. Mi auguro soltanto di avere la stessa dignità di mia nonna Italia quando il tempo mi verrà a bussare sulle scapole, di riuscire a subire la vendetta del cielo e smettere una volta per tutte di sorvegliarlo. Vinta dalla commozione, chiudo qui. Le lacrime mi impediscono di continuare ad attraversare tanto amore, tanta poesia. Grazie, Michele. A domani? Forse. Spero di farcela a concludere il percorso sulle nostre poesie d’amore…

 

 

 

 

 

 

 

  

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