martedì 22 marzo 2022

Martedì 22 marzo 2022: conclusione di "JACOPO E VITALIA, UNA STORI D'AMORE" di Angelica Grivèl Serra...

E così, dopo alcuni giorni di silenzio sull’ultima parte di “JACOPO E VITALIA, UNA STORIA D’AMORE” di Angelica Grivèl Serra, silenzio dovuto ad altre scritture altre urgenze improcrastinabili, ritorno a proporre la breve conclusione dell’amorevole/amorosa reciprocità tra un figlio (Jacopo) e una madre (Vitalia) per scoprire, ancora una volta, la duttilità della scrittura di Angelica.

“Vitalia siede, gli spalti accesi di volti e delle luci che sì, funzionano a meraviglia. Ma lei piomba di nuovo nella paura. Le persone sapranno davvero riconoscere il talento del figlio, la passione sincera che gli ravviva il cuore? E Jacopo riuscirà a difendere quella sua volontà impetuosa dalle insidie di un ambiente così, intriso di tranelli e briganti, stanco di nocche consunte su porte sbarrate? Quante volte gli avrà detto:

‘Ma non è che mi diventi come loro, tu che sei gentile?’.

E lui: ‘Tranquilla, ma’. Vedrai, vedrai. E capirai che non lo divento, come loro. Lo sai perché? Perché sono come te’.

L’Anfiteatro ormai straborda di umanità. E mentre l’acciottolio di parole si attutisce sino a spegnersi, Vitalia raccoglie i pensieri, li annoda altrove. Tende tutta la pienezza dello sguardo laggiù, sul palco, dove la promessa dello spettacolo prende atto. Jacopo è in scena. Vitalia strizza gli occhi, a istinto giunge le mani.

Poi sente ridere, ridere, ridere ancora.

E l’ansia dilegua.”

Già l’incipit di questa ultima parte “Vitalia siede” è una dichiarazione di tregua ai tumulti del cuore che ben presto ricominciano a tambureggiare nel petto della mamma alla vista degli “spalti accesi” dai volti degli spettatori, ma anche dalle “luci” sapientemente posizionate da suo figlio a dare risalto alla visualizzazione di un pubblico pronto e in attesa di godersi lo spettacolo che sta per cominciare. La paura “piomba” sui pensieri di Vitalia (e il verbo fa sentire tutto il peso del piombo, riportandomi alla Bottega del Mistero, che forse neppure Angelica ha dimenticato, e all’innocenza dei piccoli che tra il chilo di piombo e il chilo di piume ravvisano la pesantezza nel piombo e la leggerezza delle piume, dimenticando che si tratta pur sempre del peso di un chilo…), riafferra la donna a causa del  timore che la gente non dia il giusto valore al talento di suo figlio, ignorando quanti sacrifici gli costa oggi l’opportunità di salire su quel palcoscenico con tutta la “cassetta degli attrezzi” della sua creatività e dell’esperienza acquisita in anni di studio e di gavetta. Ha paura di “tranelli e briganti” (una sineddoche bellissima per dire di quanti potrebbero approfittare della sua “gentilezza”, della sua bontà d’animo)

Angelica offre ai lettori uno spaccato di grandissimo coinvolgimento psicologico, entrando nel cuore della donna e nel suo tumultuoso fondersi con il groviglio dei suoi pensieri. Fino all’inizio dello spettacolo, dopo una superba metafora “l’acciottolio dei pensieri” e dopo che “la promessa dello spettacolo prende atto” (la promessa che si attualizza e si fa concreta, viva e vibrante sulla scena). Risente per un attimo le parole di suo figlio a rassicurarla: lui non mi lascerà snaturare dalla fama e dal successo, non diventerà come loro “perché sono come te”. È da lei che ha preso l’imprinting, che ha direzionato tutta la sua vita, passo dopo passo, conquista dopo conquista. E a lei lo restituisce regalandole una certezza. Una verità incontrovertibile. Quale dimostrazione migliore del reciproco amore?

Vitalia, intanto, “strizza gli occhi, a istinto giunge le mani” ed è preghiera!

“Poi sente ridere, ridere, ridere ancora”.

“E l’ansia si dilegua”.

Su due righi (anche lo spazio parla, come Paul Eluard c’insegna, e sigla la riconquistata serenità, per lo scrosciare delle risate, simili a lunghi applausi).

“C’è un tempo per ogni cosa… un tempo per piangere e un tempo per ridere…” (dal libro del Qoèlet - Qo 3,1 -11). A volte, però, pianto e riso si mescolano perché rivelano pienezza di sentimenti, la stessa vita. L’attimo perfetto, in sé conchiuso. A sigillare un amore eterno.

E Angelica Grivèl Serra è pienamente consapevole di ciò perché certa della sua scrittura, che nulla concede al pressapochismo, alla distrazione, all’inesattezza. Tutto s’incastona meravigliosamente nell’algoritmo tra forma e contenuto non per doveroso calcolo, ma per libertà di scelta, creatività, talentuoso sentire dell’anima… Angela

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