giovedì 17 marzo 2022

Giovedì 17 marzo 2022: ancora su "JACOPO E VITALIA, UNA STORIA D'AMORE" di Angelica Grivèl Serra...

E oggi riprendo con la scrittura di Angelica Grivèl Serra per nuovi spunti di riflessione sullo stesso testo “JACOPO E VITALIA, UNA STORIA D’AMORE”, perché un testo così va sviscerato a lungo, va centellinato, assaporato, metabolizzato.

Riparto dall’inizio: “Furtiva e vigile, Vitalia osserva dall’angolo” (ed ecco immediatamente l’accostamento fascinoso di due termini: uno antico - furtiva - che mi riporta alle atmosfere romantiche di “una furtiva lagrima” dall’Elisir d’amore del grande compositore dell’Ottocento Donizzetti, e l’altro, antico certamente, - vigile - che però perdura, attraversando i secoli fino a noi. “È una parola che viene da lontano”, sostiene il mio carissimo amico e mentore Vito Di Chio, “documentata nel sanscrito e con radici indoeuropee: vig è il fonema di partenza, da cui sgorga sia vigeovigor = aver vigore, essere pieno di vita che vigil, = “che è sveglio”, “che tiene sveglio”; vigilo, vigilare, essere attento, prendersi cura sollecita dell’altro”.

Le mie conoscenze sono meno profonde e antiche. Io parto dal latino vigere: aver vigore e, quindi, essere forti e pronti a vigilare, per dare sicurezza. Si avverte subito, come felicemente mi suggerisce Vito, “il prendersi cura dell’altro”, ma è una parola che “rinvia all’essere vigile nella notte interiore, che tocca la nostra esistenza e che ognuno di noi ogni tanto sperimenta con diverse modalità…” (Vito Di Chio).

Ed è quanto avviene appunto a Vitalia (mai nome fu più giusto: nomen omen): “furtiva e vigile”, nascosta e attenta.

E Angelica continua: “Manca poco più di un’ora all’inizio”, parlando dello spettacolo che Jacopo, il figlio di Vitalia, terrà sul palcoscenico, mentre lei, nel “retropalco” sente il respiro della vita che” si affaccenda “in un brulicare di voci esigenti, richiami affrettati e strascichii di molti passi, perlopiù assorti in un andirivieni che ormai, dopo la frenesia di quattro giorni di prova”, si vanno stemperando perché conoscono a memoria quel percorso. E ci sembra di essere lì e di ascoltare quelle voci “esigenti”, quei “richiami affrettati”, quei passi che si fanno eco di altri che sopraggiungono e che passano come onde che si rimescolano ad ogni “andirivieni” assorto.

Ci troviamo a Cagliari ed è l’ora del tramonto che per un attimo distoglie Vitalia dalla sua trepida “vigilia”, rendendola meno cogente, anzi ricordandole che la sua bellezza languida, che si riverbera nelle luci dell’Anfiteatro, diventa un segno di complice buon auspicio, quasi un “in bocca al lupo”, sussurrato a lei più che a suo figlio, che non ha il tempo di trepidare ormai, per dissipare ansia ribollente e “assilli di mille paure”. Ed ora siamo passati dal retropalco all’interno del cuore e della mente della donna e ne avvertiamo i conflitti interiori che solo una madre, sola, ed emotivamente coinvolta, vive nel silenzio di sé. Ed è proprio in questa pausa di silenzi che sopraggiunge alla sua vista l’oggetto di tanto trepidante vagare con lo sguardo: Jacopo, diventato adulto di sé stesso, ma ancora piccolo negli occhi e nel cuore di sua madre, che in quella voce sicura e ferma scorge finalmente l’adulto che è diventato, andando oltre la tenerissima immagine di lui dodicenne, che “l’adulto trasfigura” (e come non sottolineare questa perla psicologica, che solo in questa espressione trova la sua compiutezza, la sua ragione d’essere  straordinaria e letterariamente in fuga verso il futuro da altri non ancora lontanamente ipotizzato?), mentre silenziosamente “gemmava” (verbo sinestetico di rara bellezza che incanta più del tramonto), lungo il sentiero fiorito dei suoi ventitré anni e dell’età ormai adulta…

Ma anche oggi mi fermo qui perché quello che segue diventa uno spettacolo nello spettacolo, teatro nel teatro, come accadde al diciassettenne Giovanni Gastel che scrisse nel suo romanzo Duetto Profano (SECOP edizioni, Corato-Bari, 2017) un romanzo nel romanzo, dimostrando una maturità d’ingegno e di scrittura di gran lunga superiore a quella a quella dei tanti scrittori ricchi di anni e di esperienza letteraria. Riprenderemo a parlare di Angelica Grivèl Serra quanto prima ancora con questo testo superlativo. Alla prossima. Angela

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