mercoledì 30 marzo 2022

30 marzo 2022: "un vescovo vestito di bianco"... per ricordare un evento epocale che ha cambiato il volto della chiesa...

E oggi desidero solo ricordare un avvenimento che ha cambiato il volto della chiesa, il mio percorso di Fede...
‌("Un vescovo vestito di bianco"
‌Da far tremare le vene e i polsi...
‌Lui, Papa Francesco, il vescovo vestito di bianco?
‌E qui, nonostante io non sia assolutamente in grado di scrivere una pagina di storia con la obiettività, la concretezza  e il rigore della ricerca storica, sento la necessità, se non l'urgenza, di essere testimone di una ipotesi di memoria storica da prendere per mano per farci io e lei discreta compagnia.)
Per la prima volta nella storia della chiesa un Papa ha avuto il coraggio di denunciare tutti i mali de "La Casta meretrix" (attribuita ai Padri della Chiesa) di ieri e di oggi; mali per i quali ha chiesto anche pubblicamente perdono, attirandosi le ire in Vaticano e fuori dei prelati, teologi e laici, tra i più agguerriti e tradizionalisti. Una vera e propria denuncia di eresia e di "Atti sacrileghi" da parte di oltre cento teologi e storici della chiesa di tutto il mondo, animosi, moralisti, integralisti. E i laici non sono stati da meno. Ma nessuno scalfisce la volontà di Bergoglio di essere testimone della volontà di Dio Padre di salvare i Suoi figli sparsi in tutto il mondo contro una chiesa chiusa nella sua "turris eburnaa" che ancora oggi non include, non accoglie, non salva e redime.
‌Non a caso, nel terzo segreto di Fatima, si parla di una Chiesa che ferisce Cristo per eccesso di mondanità e di colpe materiali e spirituali, così dolorose per il Cuore Immacolato di Maria, la Sua tenerissima Madre, da sempre impegnata a combattere il Male nel mondo
(ecclesiastico e non).
Sì. La chiesa di ieri aveva altre connotazioni di autoritarismo, dogmatismo, serpeggiante ipocrisia farisaica tra il predicare e l'agire, da farsi perdonare.
‌‌(E, infatti, fin dagli anni
‌Sessanta del secolo scorso, io ragazzina romantica e ribelle, per anni imbrigliata nei ruoli di beniamina, aspirante, giovanissima in un'Azione Cattolica che non capivo perché a me del tutto estranea, scappai  a gambe levate da una Madre Chiesa (Una Santa Cattolica Apostolica Romana), che ci catechizzava settimanalmente, in maniera ingenua e ripetitiva ma con  formule e precetti indiscutibili, ad opera di quelle che noi chiamavamo "le signorine della parrocchia", consacrate a Gesù, e non vi feci più ritorno per via del suo autoritarismo ottuso, del suo dogmatismo in contrasto con il libero arbitrio che predicava, della sua serpeggiante ipocrisia tra il "predicare" e l'"agire".
‌Quanti dubbi allora, quante perplessità e quanti rifiuti nella incoscienza dei miei verdi anni. Ma quanto conforto oggi, accanto allo sgomento per ciò che è esploso improvvisamente come un fungo malefico ad intossicare il nostro pianeta, un virus che ha nome di corona come quella di spine a trafiggere il capo di Gesù agonizzante, perché quello stesso "vescovo vestito di bianco... tremulo e stanco" sta avendo da solo la forza di riportarmi alla sua Chiesa, addossandosi come Cristo tutti i peccati  della "Casta meretrix" e quelli del mondo intero.)
‌27 marzo 2020, ore 18,30 il Papa francescano ha voluto un incontro ecumenico in piazza San Pietro per pregare tutti, in tutte le latitudini e longitudini del mondo, contro il coronavirus. Piove a dirotto e il colonnato del Bernini non offre alcun riparo ai fedeli solo virtualmente assiepati. E il piccolo palco in mezzo alla piazza deserta offre al Vescovo di Roma debole riparo in quel vuoto allucinato da colmare di preghiere.
‌È lui a portarci in salvo in mezzo ai marosi della tempesta sollevatasi alle nostre spalle all'improvviso, esortandoci a "non aver paura", come Cristo ai suoi sgomenti discepoli sulla barca, in cui Gesù, a poppa ("la parte della barca che affonda per prima") e non a prua, dormiva sereno e fiducioso confidando nell'amore del Padre che non abbandona mai suo figlio.
‌Fatto storico epocale sotto gli occhi di tutti, credenti e non credenti, nell'abbraccio di tutte le chiese e di tutte le religioni, di tutti i popoli della Terra in un sol popolo fatto di umanità sgomenta e sofferente, solitaria e invisibile, ma presente col cuore, con l'anima. Un'anima universale desiderosa finalmente di sincera Solidarietà e di vera Pace.
‌Sotto un cielo catramato, basso e opprimente, che ha aperto tutte le sue cateratte di lacrime torrenziali sulla stupita Cupola di San Pietro,
Io, testimone, come miliardi di altri miei simili, attraverso la televisione, unico mezzo di comunicazione per un evento mondiale, in tempo di coronavirus, a commuovermi fino alle lacrime che si mescolano idealmente a quella pioggia battente che scroscia a secchiate sulla Capitale, nel vedere il vescovo vestito di bianco attraversare, invecchiato stanco claudicante affannato triste, quel diluvio che simbolicamente sta lavando i peccati della sua Chiesa  e dell'umanità intera. Lui, l'agnello sacrificale, determinato a vivere sino in fondo il suo sacrificio per pregare il Crocifisso salvifico (pare abbia salvato Roma dalla peste nel sedicesimo secolo) e la dolente Madre di Cristo, entrambi esposti sul sagrato della Basilica, nella Speranza di portarci in salvo, oltre ogni paura, ogni smarrimento, oltre ogni assenza di fede e di valori eterni, dimenticati. E il suo volto stanco e indifeso somiglia tanto a quello del Cristo sulla croce lignea in pianto irrefrenabile sulla Soglia di Pietro. Sul nostro pianeta "opaco del male" (Pascoli). E la benedizione "urbi et orbi", impartita per la prima volta nel rispetto della libertà di ogni persona, di tutti e di ciascuno, a rendere concreto il libero arbitrio di una scelta, di una volontà di essere e di riconoscersi nella propria fragilità e nel proprio coraggio.

Invecchiato, ma indomito, testardo e determinato, con tutta la croce di Cristo sulle sue stanche spalle, affronta lo scroscio impetuoso/impietoso, la solitudine spettrale di una Roma devastata e tormentata, il peso del "silenzio assordante" e  dei propri anni, della sofferenza mondiale di uomini "ammutoliti e smarriti, fragili e disorientati", e  degli imponenti paramenti sacri e dell'Ostensorio, che lo  fanno barcollare ma che rifrange miracolosamente i colori del dolore e della rinascita nell'azzurro di tutti i cieli e di tutti i mari.

Fatto storico di immensa portata storica, il cui significato ecumenico rimarrà per millenni nella storia di ciascun uomo e nella Storia dell'intera Umanità.
La memoria è testimonianza storica, oltre il tempo e lo spazio, oltre il ricordo personale che non "vince di mille secoli il silenzio", ma si fa racconto, confidenza, intimità, trasmissione di una emozione forte e intensa dai genitori ai figli e da questi ai nipoti.
E l'emozione, che ci assale nelle nostre case, registra ancora
un atto d'amore e di sacrificio,  riportandoci a Dio, atei e cristiani, agnostici e credenti, musulmani ed ebrei... all'unico Dio simile ad ogni altro Dio. Ci riporta alla  fede perduta e ritrovata in Lui oppure alla semplice fede nell'Uomo,  nella Natura, nella Terra Madre, nella Bellezza, nell'Arte, nella Musica. Ci riporta alla riscoperta del Vangelo e non solo, alla riscoperta di Cristo, Dio d'amore e Perdono, in ogni atto che sa di preghiera e di "cura" per il prossimo, vicino e mai lontano anche se respira ai confini del mondo.
E dopo tanto affannoso salire sul monte del dolore e del pianto, dei morti a migliaia incontrati nel suo calvario personale, ecco il momento della tregua, della sospensione, del fermarsi. Dello stare raccolto e in silenzio davanti al Santissimo. Francesco seduto e tutto racchiuso nel suo dialogo fiducioso col Padre.
La sua tregua è simile al nostro fermarci in casa di questi giorni di morte e di dolore, per ritrovarci nel dialogo fiducioso e affettuoso con la famiglia. Oggi non più tale. Un fermarci salutare per riscoprirci e ritrovarci nelle nostre fragilità e contraddizioni, nelle nostre paure e nei nostri inganni, nei  sensi di colpa contro i nostri simili, contro la Natura, contro la Bellezza, contro l'Amore, contro la Vecchiaia, la Disabilità, la Povertà. Contro contro contro... E non ce ne rendevamo conto. E non sapevamo di circondarci di nemici invisibili per giustificare il nostro egoismo, l'individualismo egocentrico ad oltranza, creandoci il deserto intorno. Una desertificazione del cuore protesa a distruggere invece di costruire.
Ignoravamo di perdere la nostra umanità in un mondo dimentico del passato. E senza la memoria storica è impossibile costruire un futuro migliore. La massa anonima, che più non ci somiglia, ha fretta di afferrare il futuro e soffoca tutto il presente.
Questo fermo obbligato è la tregua necessaria per ricominciare.  Per ridare valore a quanto necessario, essenziale, utile al nostro benessere psicofisico e spirituale. Per ritrovare le vie della terra verso nuovi orizzonti di incontri e le vie del Cielo per ritrovare Dio.
Per ri-nascere. E oggi soprattutto per ri-sorgere. Dopo tanta cenere e distruzione e lutto.
Durante la benedizione "urbi et orbi" le campane delle chiese di Roma si mescolano al suono delle sirene delle ambulanze. Musica di morte e di vita. E gli occhi di Francesco sono due pozze infinite di com-passione, di pietas, di contrizione, ma anche di tremula Speranza. Dopo tanto diluviare di lacrime.
Non a caso, Francesco è tornato il giorno dopo, in Santa Marta, a parlare di pianto.
"È tempo di passione e di lacrime" ha detto.
E le lacrime lavano tormenti e paure per prepararci all'incontro con l'altro tra ramoscelli d'ulivo e colombe di pace.
E nella tregua tutti ci siamo "ritrovati importanti e necessari" oltre l'indifferenza che uccide più di ogni altro Male, in quanto abbiamo bisogno gli uni degli altri perché,
... " nessuno si salva da solo".
(E nella profezia della salvezza la Vergine sorride perché sa che oltre la morte Suo Figlio è risorto per testimoniare nei secoli dei secoli la gloria del Padre...).
Che si creda o meno al terzo segreto di Fatima, che si creda o meno al mistero del nostro nascere, vivere e morire in un universo disorientato e distante, disperato nella disperante certezza che dopo tutto finisce nel nulla, il nulla che è più spaventoso del vuoto, in quanto il vuoto ci serve dopo ogni pienezza raggiunta per ricominciare..
Che si creda o meno in un Cielo sapiente e perfetto, regolato dalle leggi della Attrazione universale, identificabile con l'Amore, Lui è là ad attenderci nei secoli dei secoli.

E non importa se Francesco sia la vittima designata o il marinaio che ci conforta con la sua sola certezza di salvezza, esortandoci a "non aver paura", importa il suo abbraccio, commosso e universale, di "Consolazione" a spronarci alla Carità, alla Fede, alla Speranza... 


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