Un fatto è ora limpido e chiaro: né
futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato,
presente, futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del
passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempo
esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del
passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del
futuro l’attesa. (Sant’Agostino)
C’è una tristezza di nidi
(Notte di San Silvestro 2005)
C’è una tristezza
di nidi vuoti tra rami spogli
a forcella contro il cielo
e una cantilena lenta di pioggia
sul volto attonito di una bimba
scampata allo tsunami impietoso
lì sulle coste della Thailandia
e in TV a un passo da noi
In questo tramonto che sa di morte
e inneggia alla vita
con spari di fine anno
e brindisi in attesa dei calici levati
C’è una tristezza di nidi vuoti
sotto uno scrosciare innocente di pioggia
e il volto smarrito della bimba nei miei occhi
tra mille auguri per l’anno che muore
e sorrisi di speranza per un sole
senza tramonto sui nostri domani.
Stranito il volto della bimba nei miei pensieri.
Occhi di mandorla spalancati
sul vuoto di un dolore che non so capire
C’è una tristezza
di nidi vuoti tra rami spogli
a forcella contro il cielo
e una cantilena lenta di pioggia
sul volto attonito di una bimba
scampata allo tsunami impietoso
lì sulle coste della Thailandia
e in TV a un passo da noi
In questo tramonto che sa di morte
e inneggia alla vita
con spari di fine anno
e brindisi in attesa dei calici levati
C’è una tristezza di nidi vuoti
sotto uno scrosciare innocente di pioggia
e il volto smarrito della bimba nei miei occhi
tra mille auguri per l’anno che muore
e sorrisi di speranza per un sole
senza tramonto sui nostri domani.
Stranito il volto della bimba nei miei pensieri.
Occhi di mandorla spalancati
sul vuoto di un dolore che non so capire
- perché
Dio dei prati e delle tempeste
perché calici di pianto in gole bambine -
Voci luci voci
e il volto attonito della bimba
i suoi occhi spalancati
su un cielo ferito che piange
il suo dolore distante e smisurato
il suo dolore
e il volto attonito della bimba
i suoi occhi spalancati
su un cielo ferito che piange
il suo dolore distante e smisurato
il suo dolore
C’è uno scintillio di calici
Il minuto di silenzio
Il battimani la musica
Il ballo
Un tintinnio di cristalli
E una bimba con occhi spalancati
Il minuto di silenzio
Il battimani la musica
Il ballo
Un tintinnio di cristalli
E una bimba con occhi spalancati
nei
miei occhi truccati a festa
per questo anno che sta per finire
per questo anno che sta per cominciare
tra le mie labbra che ridono auguri
le mie labbra che sorseggiano spumante
per questo anno che sta per finire
per questo anno che sta per cominciare
tra le mie labbra che ridono auguri
le mie labbra che sorseggiano spumante
le
mie labbra truccate di speranza
e strette di mano e baci sulle guance e
- piacere siamo qui
a festeggiare a raccontarci
a progettare i 2005 propositi
per il migliore anno che verrà -
e strette di mano e baci sulle guance e
- piacere siamo qui
a festeggiare a raccontarci
a progettare i 2005 propositi
per il migliore anno che verrà -
da
fare impallidire le stelle
che assenti in frantumi di pioggia
piangono la gioia del mondo
e nascondono un dolore
in questo secondo a mezzanotte
in questo secondo dopo mezzanotte
e l’attimo che scocca ad inondare
di straziato non-ricordo i giorni passati
che assenti in frantumi di pioggia
piangono la gioia del mondo
e nascondono un dolore
in questo secondo a mezzanotte
in questo secondo dopo mezzanotte
e l’attimo che scocca ad inondare
di straziato non-ricordo i giorni passati
in
collisione con quelli futuri
e mille occhi spalancati di bimbi
in quel volto di bambina inerme
di smarrito stupore
e mille occhi spalancati di bimbi
in quel volto di bambina inerme
di smarrito stupore
E
un cielo d’opale
che ignora il nostro vivere o morire
che ignora il nostro vivere o morire
(ignora
il nostro vivere o morire?)
tra
una tenerezza di nidi vuoti
e
una tristezza di pioggia sul silenzio
dell’anno
appena cominciato
sui
domani senza senso
(e
il nuovo giorno
più
vuoto
del
giorno prima)
Petali bianchi
(15/ 12/ 2007)
Si sfarina al setaccio di giorni
di candore e distanti
un cielo stupito di petali bianchi
che assordano un silenzio
di strade stranite e stremate
In soffici cristalli si perdono occhi
allo stupore di sognante Cabiria
persa nello sfarfallio incantato
di notti di nebbia colme di poesia
Un’innocenza leggera quasi di neve
bussa ai miei pensieri infreddoliti
che sbriciolano sensi ricordi nostalgie
per farne cibo allo scricciolo affamato
che solitario mi pigola dentro
Con bicchieri colmi di neve
e liquore di dolce melograno
inebriante profumo di vino
mi corre incontro l’infanzia
con braccia di bracieri accesi
e una fiaba tra labbra sapienti
che ardevano di acceso carbone
stupito chiarore di occhi bambini
(sorriso di magiche parole
mio nonno…
attenta e distratta mia nonna ascoltava)
Mia madre occhi maliosi era
solo canzone delusa da mordere
in lontananze d’attesa e dolore
Al freddo di vetri appannati
si spétala anche oggi un sogno
che accende la notte di comete
(tra poco sarà Natale
e i figli torneranno
in un assalto del cuore
forse il disgelo)
Vortica il tempo
(I
gennaio 2008)
Come piuma di vento
vortica di anni il tempo
lasciando sulla curva delle spalle
pesanti amarezze e disinganni
Stanotte mi sono tenuta stretta
ancora un’illusione come in passato
per non fare naufragio annaspando
a pelo d’acqua e non soccombere
ancora e ancora
Notte di San Silvestro
al chiarore del camino
con scintille acrobate
che sanno di stelle e sogni
e pensieri sparsi e ricordi
di albe tenere e lontane
quando incanto era la vita
Stanotte mi sono tenuta
stretta la pena di essere viva
senza la mano/carezza di mia madre
gli occhi/luce dei miei figli lontani
Solo il nido caldo dell’anima
a comprenderli tutti
Auguri a te e a te e a te
a te presente a te assente
a te dimenticato ignorato
pianto e ricordato mai cancellato
Stanotte ho truccato occhi e labbra
per truccare il tempo e barare
un’attesa che risposte non avrà
Ore come gocce d’eterna giovinezza
quando sapevo di vivere cent’anni
nel catturare ancora la malizia
di uno sguardo innamorato
Quando sapevo che avrei riso
di stagioni deluse e di finta allegria
di ogni ignorata imperfezione
Solo più tardi l’infamia del tempo
ho registrato solo più tardi
all’ombra dimidiata ed offesa
di una ferita che ha sgranato
di nero e di sangue le vesti
(dove era sorriso e certezza)
in un abisso senza fine
di inabissato dolore
Stanotte tra braccia di tenerezza
ho stretto
l’amore ad una voce dei figli di mia figlia
tirannia
di baci cui felice mi arrendo
inganno
di tempo che rimane
D’azzurro ho vestito
il nuovo anno
per un volo nuovo
a restituirmi il tempo
che spezza catene e ritrova
nuvole
leggere come veli d’oro fino
per
il desiderio di restituirmi agli anni
raccontarmi e raccontare quanti nel tempo
ho perduto presenti ai miei giorni più di allora
(nella clessidra della mente granelli
di me franano)
Poesia per un anno
(31 dicembre 2009)
… Non è più dato. Non è più nostro
il batticuore di aspettare mezzanotte, aspettarla
finché mezzanotte entra nel suo vero
tumulto,
nella frenesia di tutte le ore, di tutte
le ore.
Non è più dato. Uno solo è il tempo, una
sola
la morte, poche le ossessioni, poche
le notti d’amore, pochi i baci, poche
le strade
che portano fuori di noi, poche le
poesie.
(Milo
De Angelis)
C’è un vento che mi riporta voci
lungo tetti che sanno la mia sera
in un fragore di domande
senza risposte da ricevere.
È lunga questa notte della lunga
attesa
ora che riposti sono tutti i sogni
in forzieri con chiavi e chiavistelli.
Assalto di voci al richiamo di
sentieri lontani
lastricati di rose rossi gelsi e vive
parole.
Strade deserte ora
illuminate allora dall’ardente luna
oggi pallida d’illusioni stanca di
silenzi.
S’insinua tra pensieri in croce
il ricordo di una festa d’altri tempi
a triplicare la gioia del compleanno
il primo giorno dell’anno:
voce di fiaba. occhi severi.
ironiche battute.
A spiare di risate e facezie e storie
ogni nuova luna al rinnovato stupore
di sentirci vicini e diversi nelle
attese.
Oggi vivo piano rimpianto e nostalgia
Il tempo si porta via l’ultimo minuto
dal vecchio calendario
al fiorire del giorno nuovo
dove altri velieri lasciano la rada
per navigare a vista
in un franare di stelle e canto di
pioggia
Con ansia indifferente
interrogo la cabala
per trarne ancora i temuti auspici
(e respiro attimi di un’alba dischiusa
sul mistero di nuovi mari ignari di
coralli)
Buio cielo di fine dicembre
(31/12/2010)
Fare
variazioni su un tema
è il fulcro della creatività
(Robert Hofstadter)
Questo tempo mercuriano
squarcia il cielo di fine dicembre
Cielo distratto e lontano
a riportarci a casa prima
della mezzanotte
Spartiacque minutizzato
tra il vecchio e il nuovo anno
tra ieri e domani
tra il dato certo
e l’antica incertezza
del tempo che verrà
E la speranza bambina
di verde vestita
e una risata buffa
che gioca a far dispetti
a mescolare le carte
a mettere punto e accapo
Non ci restano che le stelle
a migliaia inventate stanotte
oltre le nuvole dell’attesa
e gli occhi del vecchio anno
carichi di tristezza per un
presagio che non vuole dire
Cerchiamo soli e costellazioni
e segni divini per assicurarci
la benevolenza del cielo
lontano e distratto
indifferente al nostro sogno
d’afferrare almeno un sogno
L’impossibile respiro trattenuto
dei giorni che si fecero amore
a restituirci un percorso a ritroso
tra ricordo e nostalgia e la stanca
delusione del tempo che non ritorna
Pure brindiamo al nuovo anno
con vino frizzante petardi stelle
filanti
e volti di bambini nei bicchieri
e una festa d’abbracci e di sorrisi
Auguri!
Auguri! Auguri!
perché tutto sappia di bello e di
buono
s’affretti a rendere chiaro il nuovo
giorno
(avremo vinto l’invidia degli dei?)
Vento gelido di fine anno
(1 gennaio 2011)
Di tutto restano tre cose:
la certezza
che stiamo sempre iniziando, la certezza
che abbiamo
bisogno di continuare,
la certezza che saremo
interrotti prima di finire.
Pertanto, dobbiamo fare dell’interruzione
un nuovo cammino,
della caduta un passo di danza,
della
paura una scala,
del sogno un ponte,
del bisogno un incontro
(Fernando Pessoa)
Scuote i miei pini di fine dicembre
un vento gelido in gara con la pioggia
aghi di neve su lucernari infreddoliti.
Dal camino acceso fumo bislacco sale
come i miei pensieri in cerca di cielo.
Ancora un anno attraversa il tempo
e ci lascia sgomenti perché già finito
nello spazio di un amen recitato male.
Anno difficile da vivere da dimenticare?
Anno deluso di parole taciute e di silenzi?
Anno tranquillo come specchio d’acqua?
Pantano di neri ricordi l’anno che va via
Anno di rare attese sul fondo profondo
della nostalgia più dell’incauto incanto
da rivelare all’omertà di muri alberi gatti
attenti a non tradire il segreto tormento
di compleanni lisi e progetti cancellati
di un tempo irrimediabilmente finito.
A mezzanotte si leveranno calici frizzanti
di amici a farci compagnia e ognuno avrà
in cuore
una pena un desiderio una speranza
Salutare il nuovo anno raggranellare puzzle
di progetti e un’allegria d’auguri alla salute
Ridere e leggere la cabala è d’obbligo come
gli scongiuri perché i Lari proteggano la casa
e i suoi abitanti e i suoi ospiti di
passaggio.
E la preghiera perché nel buio della notte
fiorisca oltre la pioggia un ramo di stelle
a restituirci la luce solo un’idea di luce
da far brillare per i giorni che verranno…
(la speranza a illuminare il buio e gli occhi)
Quasi stazione di posta
(22 dicembre 2011)
Mi piace questa atmosfera d’attesa
che sa di neve e di camini accesi
dove scintillano arrivi come doni
a colmare giorni di lontananze
non di assenza
o distonie ignorate
E tu non sai perché accade
il canto che più non t’appartiene
oltre l’abbandono che ti trafigge
il respiro di madre
senza più braccia da cullare
Ma sai che ora tornano
rondini anomale al nido d’inverno
che si scalda di parole
e fremita d’abbracci
in un volare di piume
come sogni addormentati
all’alba di un risveglio
E come uccelli di passo
verranno per andare via
Quasi stazione di posta
il tuo insaziato cuore
non approdo di lunghe stagioni
cui hai rinunciato dal tempo
del primo volo verso cieli lontani
Pure ritornano
Dai loro passi brevi nel giardino
sai che è Natale
Tu ci sei come allora
a spiare sguardi d’ansia
che celi d’ironia dietro il cancello
di rare intese
(mi piace quest’atmosfera d’attesa
che sa di rinnovato candore
Infanzie esplodono
nell’epifania di un solo giorno
che nei miei occhi si colma di LUCE)
Verrai con passo leggero
(31 dicembre 2012)
Io non so come,
anche quest’anno è stato
orrendo
di massacri e di morti,
ma so che verrà l’alba
eterna, la luce che attende
ogni creatura, fatta a immagine
di
Dio, canto dell’universo.
(Elio
Fiore)
Verrai con passo leggero e fragore d’auguri.
Sarai al rintocco di mezzanotte l’ospite
atteso.
Ingabbiato sul quadrante del tempo
perduto
avrai un grido d’inizio e fine su tutti gli
orologi.
Dura linea di confine tra ieri e domani sarai
e discrimine abusato tra speranza e
timore
Coraggio
Paura Ricordo
il pianto nascosto e il sorriso esibito.
Pacche sulle spalle e battuta d’arresto
sulla scena che ricomincia dall’attesa
(mi
fingo una sazietà di giorni perfetti).
- Canterai
un inno alla vita nei bicchieri
e dipingerai di verde brindisi e auguri
e una tristezza per poco dimenticata -
Gli amici c’impediranno di pensare
e il cielo sarà negli occhi un oceano
di stelle da scrutare per gli auspici
tra le nostre mani avide di prodigi.
Sull’uscio in silenzio saluterai chi
non conta più il tempo dalle ore
ma dal posto occupato nel cuore.
E lievi con le loro ali d’oro e d’argento
I morti accarezzeranno l’anima sperduta
allevieranno ogni minima smisurata pena
prima che l’anno accenda la luce dell’alba
(alba del nuovo anno)
Natale romano
(alba del 26 dicembre 2013)
Roma saluto triste di notturno silenzio
spazio di stazione solitaria fioche luci
battito del cuore ansia divisa
condivisa con la figlia persa nel labirinto
di strade senza vie d’uscita… dell’Urbe
Persa
L’incontro
il sorriso l’abbraccio
Pena non detta Ferma su volti stanchi
vicini
lontani nello spazio tra noi
Ci raccontiamo muti accadimenti
e taciuti tormenti urlati con gli occhi
e lingue diverse conosciute ignorate
temute
tenute
a freno dalla notte.
Domani sarà Natale
Altre voci altri occhi altri inganni
Presenze Mute
Chiassose
Insieme
attraversiamo il giorno
(il
giorno atteso dell’Attesa)
Ci traghetta un desiderio d’amore
al ritorno scontato e mai uguale
di un Natale d’alberi di plastica
vestiti di luci spogli di speranze
a concludere l’anno dai mille richiami
e un solo riscatto illusione di pace
sotto l’antica cometa che ci vuole
buoni e pacificati col mondo
per una Notte sola.
(Solo
per una notte?)
Calda atmosfera di rosse candele accese
nella casa lontana ci accoglie mio figlio
cappuccio rosso e bianco di finta neve
che s’accende e riverbera luce dorata
a racchiudere svariati sogni trasognati
intimità risate parole raccontatescoltate
confidate a mezz’aria e un coro d’angeli
in sordina su nuove intirizzite realtà.
Mezzanotte
Scendono a farci compagnia ombre
di mai sopito amore eterno rimpianto.
In amari calici lo champagne saluta
anche questo Natale e scivola in gola
a spegnere l’arsura di un’angoscia
che sfiora di baci il nostro ritrovarci
SOLI
senza preghiere e senza canti
senza miracoli e senza prodigi
senza stelle né incanti
Non più come un tempo magica
questa Notte
Ma una tenerezza che scalda il cuore
infila l’uscio sotto la pioggia e il
vento
vola verso Sud e allaccia nodi a nodi
in un
ritrovato alone di mistero
(che non si spezzi questa gomena d’amore
chiedo al miracolo del Natale)
Si va
(1
gennaio 2014)
Insieme o da soli
si va con passo lento o leggero
Si va lungo strade a segnare nuovi
domani
in un’ansia di mistero mai svelato
neppure con le stelle un fremito d’ali
i numeri della cabala vincenti
Si va ad una stessa meta evitando
la pietra il dirupo il canto della
Parca
il fiore appena nato il pianto del
salice
Si va lontano ogni giorno di più
dal giorno incontrato quando era
appena l’alba
e s’ignorava il tramonto
Si va lontano dalla casa la culla la
madre perduta
e uno scroscio di pianto a trattenerla
e ciglia chiuse
a non vederla andar via
Si va e non si hanno più appigli per
rimanere
nessuno a trattenerti perché a nessuno
più si appartiene
Si va e si è soli anche quando si è in
tanti e si lasciano orme
alla deriva di tutti gli oceani mai attraversati
non un garrire di stormi sul franare
della sera
passeri infreddoliti e sperduti e un
timore d’alberi
da contare per ritrovarne l’ombra e
una voce
Si va perché si deve andare e non
serve indugio
l’attesa di un cenno a trattenere
catene senz’addii
e senza resurrezioni per il terzo
giorno dimenticato
Si va senza voltarsi indietro perché
ci attende chi
ci ha preceduto lasciando un’ombra
lunga alle spalle
cancellato ogni ieri per non donarsi
un perdono per
non dirsi una nostalgia di carezze
ignorate e perdute
fino all’altra riva prima che il buio
ci assalga
E si va…
ancora si va
Insieme o da soli
si va con passo stanco e annebbiato
e la solitudine ci assale con balzo
felpato
uno stridore di treni in partenza alla
stazione
un fremito di paura sfiora l’ipotesi e
la meta
il senso devastato del saluto in un
silenzio di neve
Si va senza lasciarci occhi di ritorno
una speranza d’incontro d’altro tempo
una voce d’allegria per non farsi male
Si va col rimpianto del tempo finito
di un minuto appena per darsi un
sorriso
per dirsi di un cielo scompaginato di
buio
Ma c’è come un respiro che ci fa vivi
e ci consola
anche se si disperde nell’aria
invisibile della sera
filo d’aquilone dei nostri giorni
disperati
a tirarci su a darci un altro scampolo
di sollievo
Si va e si è soli anche quando si è in
tanti
e si lasciano orme sull’erba e sulla
sabbia
sulla riva del pianto e del dolore
e appendiamo parole ai rami secchi per
vederli fiorire
Si va perché si deve andare e non
serve fermarsi
e darci altro tempo…
E si va… incontro alle ombre e poi
viene la notte
con passo stentato a ghermirci il
sogno…
Pure si va… e ci vince l’ansia di
scoprire se c’è un altro cielo
per ricominciare al riparo delle ore
che ci vinsero
e riaprire il paniere di stelle da
ricontare per… rinascere dei.
E
si va…
(per ricominciare?)
Tramonto di dicembre
(20 dicembre 2014)
Scroscio improvviso tra nuvole
che insanguinano il cielo di stracci
e dipingono su lucernari di rugiada
un arcobaleno che sorride
Un ricamo d’argento
la chioma dell’ulivo giovane
contro il verde lucertola della siepe
e luminarie in festa attesa di Natale
Piove una musica di silenzio
e lo sguardo ha fari puntati
su alberi infreddoliti in letargo
Foglie protestano un sentimento
che le trattiene al ramo
- Non
vogliamo morire!
Non ci dimenticare!
Ci sarà per noi la primavera
Ci riconoscerai!
Non saremo più gialle e d’oro antico
O rugose come volto disprezzato
Ritorneremo bambine
Avremo vesti di smeraldo
E fiori tra i capelli -
Ma è ancora dicembre
(lontana la resurrezione)
Ascolta il cielo e tenero sorride
Sa del tempo e delle stagioni
del ritorno di erbe e di foglie
del miracolo del loro respiro…
(non è vana l’Attesa)
Che anno è?
(2015)
Poco mi serve.
Una crosta di pane,
un ditale di latte,
e questo cielo
e
queste nuvole
(Velimir Chlebnikov)
Che anno è?
È l’anno acchiappanuvole
acchiappastelle acchiappasogni
L’anno bello buono bravo
capovolto carezzevole
condivisibile
delicato dolce
elegante
funambolo fantasioso
fantastico fiducioso
Gioioso
imprevedibile imprendibile
incorreggibile introvabile
indicibile impossibile
Importante
incoerente impertinente
Luminoso
Magico
Meraviglioso misterioso
noncurante nuovo di zecca
Pazzo
Quieto
È l’anno rinato
romantico
sognatore
sorridente e sornione
sorprendente
Tenero tenero tenero
Unico
veggente
Viaggiatore e viandante
vanesio e vincente
zingaro
zuzzurellone
Chi non lo vorrebbe un anno così?
Io lo farei durare almeno
trecentosessantacinque dì!
(da: Angela De Leo, L’ora dell’ombra e della riva, SECOP edizioni, Corato-Bari 2015)
Mancano
gli ultimi tre anni perché la raccolta di poesie è stata pubblicata appunto nel
2015. E non sono riuscita a ripescare le poesie di fine anno di questi ultimi
tre, ma domani, giuro, scriverò quella del 2019, ad un secolo dalla nascita di
mia madre.
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