martedì 11 dicembre 2018

11 dicembre 2018: "Il Silenzio e la Solitudine"


Ho ritrovato tra le mie vecchie agende, che sto rivedendo per fare un minimo di ordine tra le carte e i pensieri, una pagina scritta di mio pugno, ma senza firma e senza data, con un incipit che sembra non appartenermi e un “corpo” di scrittura che sembra mio, come mia sembra la conclusione. Non ricordo, comunque, di averla mai scritta. Pure, mia è la grafia, mio il nome e cognome della scrittrice protagonista della storia narrata, mie le poche correzioni, ma anche le numerose integrazioni.
Il mistero di tutto ciò mi incuriosisce e mi affascina. Come mi affascina il contenuto dello scritto che ora trascrivo nella speranza di venire a capo del mistero, grazie anche all’aiuto di qualche lettore/lettrice che si dovesse avventurare tra queste mie pagine. Potrebbe esserne l’autore/autrice. Ma desidero avere punti di riferimento certi e attendibili. Altrimenti, riterrò giusto appropriarmene con “piena avvertenza e deliberato consenso”! Come un tempo remoto studiavamo al catechismo per capire la gravità di un peccato (sic).
Rivendicherei così la “maternità” del testo (carico di anni), senza se… e senza ma…
E mi piace riportare questa pagina oggi, perché mi sembra oltremodo attuale e pertinente, visto che viviamo in un tempo in cui ci sono due modi contrastanti di affrontare il mondo: o urlando contro tutto e tutti, più a sproposito che a proposito, oppure vivendo nella solitudine e nel silenzio, per libera scelta o perché i più forti, con la loro indifferenza o violenza, costringono i più deboli a subire l’emarginazione, sociale e psicologica, con la loro conseguente morte relazionare e sociale.
La lettura di questo testo, pertanto, potrebbe aiutarci a riflettere e a intraprendere un nuovo cammino di vera Attesa e di Speranza… in una Umanità migliore.
“Il Silenzio e la Solitudine bussarono alla porta. Entrarono velocemente. Ispezionarono ogni angolo della casa. Scelsero lo studio per sedersi. Erano nudi, inermi. Confusi. Non sapevano se si amassero oppure si odiassero.
Un groviglio di linee inestricabili, tracciate in un marmo rude e inerte.
La scrittrice Angela De Leo li vide. I loro occhi puntati su di lei la spaventarono. Sembravano scavare per carpire ogni sua intima vibrazione, anche la più recondita.
-         Che volete? - chiese Angela, mentre si accingeva a scrivere sulle pagine bianche di un quaderno di scuola. 
Non ci fu risposta. Un ammiccamento di sguardi. Cielo e terra confusi.
-         Che volete? - chiese ancora.
Non si mossero. Mormorarono: - Noi staremo qui.
Una ridda di pensieri trafisse l’aria. Rimbalzò per la stanza. Vorticò. Aspettava di essere ordinata.
Il foglio bianco a righe era lì davanti a lei, che non riusciva ad afferrare una sola parola. Si sentiva affranta, avvolta dal nulla, in un deserto bruciante di sabbia, mentre il vento, senza pietà, disperdeva le lettere dell’alfabeto.
Solitudine e Silenzio, sempre stretti in un abbraccio contraddittorio e testardo, godevano della sua disperazione, compiaciuti della loro ennesima vittoria. Si scoprirono forti.
‘i veri potenti del mondo siamo noi’, si dissero. ‘Gli uomini non riescono a vincerci. Davanti a noi ingrigiscono, si consumano fino a diventare un mucchietto di cenere’.
Poi, rivolgendosi ad Angela:
    - Puoi anche chiudere il quaderno. Come vedi, non disponi più neanche dell’alfabeto. Ormai sei nostro ostaggio. Da oggi dovrai soltanto guardarci e contemplarci e sperare che la stanchezza ci vinca e ci faccia addormentare. Non esultare, però, la tregua sarebbe breve.
-         Mio Dio! - gridò la scrittrice. - Non ho via di scampo!
Davanti a lei scorrevano le immagini di uomini e donne che, come in processione, giravano per le strade del paese, gravati da fardelli pesantissimi. Schiene curve. Volti corrucciati. Sembravano diventati di pietra. Trascinavano sé stessi. Non comunicavano neppure col vicino. Non un gesto. Non una sillaba. Si muovevano a fatica. E distanti.
Ad un tratto, Angela si accorse che in realtà erano divisi da muri altissimi, su cui erano scritti i loro nomi, ormai svuotati di significato. Accanto sfilavano le loro storie: amori vissuti, angosce dilatate, speranze disarmate.
Sul selciato, su cui avanzavano lentamente, i detriti dei dirupi gridavano:
-         I vostri sogni sono morti perché non avete le parole per dirli. Ma consolatevi. Tanto, lo sapete, i sogni portano alla follia.
-         No, questo no! - gridò ancora Angela con voce disperata e determinata.
Guardò le pagine vuote, prese la penna. Doveva concentrarsi e combattere. Con piglio deciso aprì le mani e imprigionò le parole smarrite. Cominciò così a raccontare, riempendo fogli su fogli: di sé, degli altri, dell’universo che sembra indifferente ad ogni cosa, e dell’amore che si rinnova anche quando si scontra con la morte, e della morte sconfitta dall’amore. Mutuo scambio. Reciproco dono.
E, mentre scriveva, i piccoli orti diventarono campi immensi, gli infiniti si concentravano in un punto. La Luce tornava.
Angela posò la penna, guardò davanti a sé.
La Solitudine e il Silenzio non erano più nudi. Indossavano abiti meravigliosi. Le cui linee contorte erano diventate morbide, eleganti.
I due amanti sembravano sorridersi per il desiderio di comunicare che sentivano nascere dentro come un nuovo germoglio di vita.
Con occhi lucidi di commozione le dissero:
-         Hai vinto tu. Andiamo via. Ritroveremo insieme la giusta strada, a costo di perdere la nostra identità che è come una ferita.
La scrittrice chiuse gli occhi per un istante. I suoi personaggi erano vivi. Le tenevano compagnia e avrebbero fatto compagnia anche agli altri. Ne fu consolata.
Fu allora che in un angolo della stanza scorse, tra i tanti libri, Apollo, che le porgeva la lira, segno di canto e di rinnovato amore, e nascondeva l’arco foriero di morte, deponendo le frecce nella faretra.
Forse non era stata un’allucinazione”.
Mia o non mia, non ha importanza. Ritengo questa pagina molto significativa. Importante è che la sua scrittura e la sua lettura abbiano compiuto il prodigio di ricreare un’intesa, il senso dell’Armonia e della reciprocità tra gli uomini.
“E l’Armonia vince di mille secoli il Silenzio” (parafrasando appena Ugo Foscolo).  L’armonia del ritrovarsi insieme, attraverso la scrittura che sollecita alla lettura e quest’ultima che spinge a confrontarsi attraverso la prima, in una coralità di intenti.
L’una e l’altra, portate tra la gente, riabituano alla bellezza, alla solidarietà, alla speranza, alle tante facce della verità, e vincono ogni possibile perdita di senso, ogni possibile Solitudine.
E il Silenzio cede il posto alle infinite voci del passato e del presente, che sorridono al futuro…



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