Ho ritrovato tra le
mie vecchie agende, che sto rivedendo per fare un minimo di ordine tra le carte
e i pensieri, una pagina scritta di mio pugno, ma senza firma e senza data, con
un incipit che sembra non appartenermi e un “corpo” di scrittura che sembra
mio, come mia sembra la conclusione. Non ricordo, comunque, di averla mai
scritta. Pure, mia è la grafia, mio il nome e cognome della scrittrice
protagonista della storia narrata, mie le poche correzioni, ma anche le
numerose integrazioni.
Il mistero di tutto
ciò mi incuriosisce e mi affascina. Come mi affascina il contenuto dello
scritto che ora trascrivo nella speranza di venire a capo del mistero, grazie
anche all’aiuto di qualche lettore/lettrice che si dovesse avventurare tra
queste mie pagine. Potrebbe esserne l’autore/autrice. Ma desidero avere punti
di riferimento certi e attendibili. Altrimenti, riterrò giusto appropriarmene
con “piena avvertenza e deliberato consenso”! Come un tempo remoto studiavamo
al catechismo per capire la gravità di un peccato (sic).
Rivendicherei così
la “maternità” del testo (carico di anni), senza se… e senza ma…
E mi piace riportare
questa pagina oggi, perché mi sembra oltremodo attuale e pertinente, visto che
viviamo in un tempo in cui ci sono due modi contrastanti di affrontare il
mondo: o urlando contro tutto e tutti, più a sproposito che a proposito, oppure
vivendo nella solitudine e nel silenzio, per libera scelta o perché i più forti, con la
loro indifferenza o violenza, costringono i più deboli a subire l’emarginazione, sociale e
psicologica, con la loro conseguente morte relazionare e sociale.
La lettura di questo testo, pertanto, potrebbe
aiutarci a riflettere e a intraprendere un nuovo cammino di vera Attesa e di
Speranza… in una Umanità migliore.
“Il Silenzio e la Solitudine
bussarono alla porta. Entrarono velocemente. Ispezionarono ogni angolo della
casa. Scelsero lo studio per sedersi. Erano nudi, inermi. Confusi. Non sapevano
se si amassero oppure si odiassero.
Un groviglio di
linee inestricabili, tracciate in un marmo rude e inerte.
La scrittrice Angela
De Leo li vide. I loro occhi puntati su di lei la spaventarono. Sembravano
scavare per carpire ogni sua intima vibrazione, anche la più recondita.
-
Che volete? -
chiese Angela, mentre si accingeva a scrivere sulle pagine bianche di un
quaderno di scuola.
Non ci fu risposta.
Un ammiccamento di sguardi. Cielo e terra confusi.
-
Che volete? -
chiese ancora.
Non si mossero.
Mormorarono: - Noi staremo qui.
Una ridda di
pensieri trafisse l’aria. Rimbalzò per la stanza. Vorticò. Aspettava di essere
ordinata.
Il foglio bianco a
righe era lì davanti a lei, che non riusciva ad afferrare una sola parola. Si
sentiva affranta, avvolta dal nulla, in un deserto bruciante di sabbia, mentre
il vento, senza pietà, disperdeva le lettere dell’alfabeto.
Solitudine e
Silenzio, sempre stretti in un abbraccio contraddittorio e testardo, godevano
della sua disperazione, compiaciuti della loro ennesima vittoria. Si scoprirono
forti.
‘i veri potenti del
mondo siamo noi’, si dissero. ‘Gli uomini non riescono a vincerci. Davanti a
noi ingrigiscono, si consumano fino a diventare un mucchietto di cenere’.
Poi, rivolgendosi ad
Angela:
- Puoi anche chiudere il quaderno. Come
vedi, non disponi più neanche dell’alfabeto. Ormai sei nostro ostaggio. Da oggi
dovrai soltanto guardarci e contemplarci e sperare che la stanchezza ci vinca e
ci faccia addormentare. Non esultare, però, la tregua sarebbe breve.
-
Mio Dio! - gridò
la scrittrice. - Non ho via di scampo!
Davanti a lei
scorrevano le immagini di uomini e donne che, come in processione, giravano per
le strade del paese, gravati da fardelli pesantissimi. Schiene curve. Volti
corrucciati. Sembravano diventati di pietra. Trascinavano sé stessi. Non
comunicavano neppure col vicino. Non un gesto. Non una sillaba. Si muovevano a
fatica. E distanti.
Ad un tratto, Angela
si accorse che in realtà erano divisi da muri altissimi, su cui erano scritti i
loro nomi, ormai svuotati di significato. Accanto sfilavano le loro storie:
amori vissuti, angosce dilatate, speranze disarmate.
Sul selciato, su cui
avanzavano lentamente, i detriti dei dirupi gridavano:
-
I vostri sogni
sono morti perché non avete le parole per dirli. Ma consolatevi. Tanto, lo
sapete, i sogni portano alla follia.
-
No, questo no! -
gridò ancora Angela con voce disperata e determinata.
Guardò le pagine
vuote, prese la penna. Doveva concentrarsi e combattere. Con piglio deciso aprì
le mani e imprigionò le parole smarrite. Cominciò così a raccontare, riempendo
fogli su fogli: di sé, degli altri, dell’universo che sembra indifferente ad
ogni cosa, e dell’amore che si rinnova anche quando si scontra con la morte, e
della morte sconfitta dall’amore. Mutuo scambio. Reciproco dono.
E, mentre scriveva,
i piccoli orti diventarono campi immensi, gli infiniti si concentravano in un
punto. La Luce tornava.
Angela posò la
penna, guardò davanti a sé.
La Solitudine e il
Silenzio non erano più nudi. Indossavano abiti meravigliosi. Le cui linee
contorte erano diventate morbide, eleganti.
I due amanti sembravano
sorridersi per il desiderio di comunicare che sentivano nascere dentro come un
nuovo germoglio di vita.
Con occhi lucidi di
commozione le dissero:
-
Hai vinto tu. Andiamo
via. Ritroveremo insieme la giusta strada, a costo di perdere la nostra
identità che è come una ferita.
La scrittrice chiuse
gli occhi per un istante. I suoi personaggi erano vivi. Le tenevano compagnia e
avrebbero fatto compagnia anche agli altri. Ne fu consolata.
Fu allora che in un
angolo della stanza scorse, tra i tanti libri, Apollo, che le porgeva la lira,
segno di canto e di rinnovato amore, e nascondeva l’arco foriero di morte,
deponendo le frecce nella faretra.
Forse non era stata
un’allucinazione”.
Mia o non mia, non
ha importanza. Ritengo questa pagina molto significativa. Importante è che la
sua scrittura e la sua lettura abbiano compiuto il prodigio di ricreare un’intesa,
il senso dell’Armonia e della reciprocità tra gli uomini.
“E l’Armonia vince
di mille secoli il Silenzio” (parafrasando appena Ugo Foscolo). L’armonia del ritrovarsi insieme, attraverso
la scrittura che sollecita alla lettura e quest’ultima che spinge a
confrontarsi attraverso la prima, in una coralità di intenti.
L’una e l’altra,
portate tra la gente, riabituano alla bellezza, alla solidarietà, alla
speranza, alle tante facce della verità, e vincono ogni possibile perdita di
senso, ogni possibile Solitudine.
E il Silenzio cede
il posto alle infinite voci del passato e del presente, che sorridono al futuro…
Stupenda!Grazie!
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