giovedì 7 settembre 2017

Sintesi della PREFAZIONE A SCRITTURE D’AMORE di Roberta Lipparini


scritture-d'amore

Da sempre si scrive d’amore, in prosa e in versi; da sempre l’amore è il sentimento più cantato anche perché è il più vissuto sotto tutti i cieli. Niente di nuovo, quindi, sotto il sole. Eppure i  versi di Roberta Lipparini, in Scritture d’amore, la raccolta poetica pubblicata con la Secop edizioni, creano un incanto particolare. Sono appunto “nel canto”, che è musica, sonorità, sogno, sussurro, armonia. Mistero che si dilata in un “altrove” che è realtà, ma va oltre. Segreto rivelato, nudo, eppure con un pudore particolare che lo vela e disvela, come perdita e resurrezione, con grazia, con impeto, con arguzia. Con amore. Con tanto amore. Con quel sentimento che tutto può e tutto ottiene.
Eppure qui tutto dona e si dona perché non pretende la reciprocità, ma solo di ESSERE. E di essere riconosciuto in quanto tale. Con una sua identità. Una sua definizione.
     Ecco, Roberta Lipparini è dentro questo sentimento. Lei non canta l’amore. Canta sé stessa, impastata d’amore. Canta le sue emozioni e le sue attese, le sue illusioni e delusioni, il suo donarsi senza ricevere, il suo vivere senza vivere. E non ci offre poesie d’amore, ma “scritture d’amore”. Perché la scrittura non vola come la poesia, ma è più solida, più materica, più concreta.  Rimane. Documenta la vita e il suo contrario. Si fa testimonianza di qualcosa d’incancellabile, perché scritto. Come l’amore, appunto. Incancellabile, se è “SCRITTURA” D'AMORE.
     La scrittura, per chi la ama, è sacra. È la traduzione in parole scritte del pensiero. Quelle stesse parole che volerebbero se non fossero fissate con segni indelebili su pietra, tronchi d’alberi, su carta. Scriverle è volontà di trattenerle per tramandarle perché la memoria si può affievolire, si può perdere. E anche la voce si può affievolire, si può perdere. Ed il cielo è immenso per poterle riafferrare, le parole, che volano e vanno lontano. E, si sa, la poesia si serve di parole “alate”. Meglio affidarle alla scrittura.
     Anche la nostra scrittura personale, allora, è sacra. Di qui la nostra ansia di ESSERE anche attraverso la parola scritta.     Un’ansia che Roberta Lipparini rivela sin dalle prime poesie: ansia delle parole, ansia di amare e di amarsi anche attraverso le parole, ma soprattutto la sua è ansia di essere amore: Appena entrata/ avrebbe cercato qualcuno da amare// Per un dettaglio/ una parola (…) Cercava l’amore sempre/ appena entrava/ in una stanza;
A volte vorrei dargli un nome// A volte avrei bisogno/ di una definizione/ di un battesimo/ della nostra relazione (…) Un verbo, un dire/ una forma per questo sentire// Ma quel nome non lo trovo/ e rimango/ inconsistente di suono/ spoglia di lettere/ più sola/ senza quella parola…  
     Paradossalmente, però, l’autrice rimane senza “quella parola” che darebbe più consistenza al suo sentimento.
     Si delinea così la storia di un “amore folle”, di cui è stata insuperata maestra Alda Merini. Un amore talmente grande da immolarsi sull’altare del non-amore dell’altro. Ma Roberta lo racconta con leggerezza, con sorridente ironia, appena appena accennata nella carezza lieve dei versi che si rincorrono e si dilatano in alcune sorprendenti rime baciate, alternate, sospese e poi riprese immancabilmente nell'ultimo conclusivo verso.
Rime che volteggiano e danzano e danno le ali alla malinconia e al tormento, per metterli in fuga:
Mi hai dato ali fragili amore mio// Fissate alla mia schiena/ con un pezzetto di cera/ mentre ero assorta/ e credevo/ mi stessi baciando le spalle...          
Ma la poesia che è in Roberta non si arrende perché lei sa perdere e sognare. C’è una freschezza di bimba in queste rime così dolci, cadenzate, armoniose che, anche quando parlano dell’inverno, ci regalano una primavera, un respiro chiaro, quasi una filastrocca, una quasi fiaba:
Ancora. Ancora./ Un’altra/ Ancora/ Un’altra fiaba. E poi ancora una/ Fammi toccare la punta della luna/ Fammi vedere il fondo del mare/ Ancora. Ancora/ Continua a raccontare…
     E la reiterazione di quell’“Ancora” (l’anafora e l’allitterazione sono molto usate da Roberta Lipparini) ricorda tanto la curiosità bambina che impone al raccontafiabe di continuare a narrare perché il sogno ad occhi aperti continui.
La fiaba. Il sogno. E Roberta è creatrice di sogni. La sua accesa fantasia le permette di colorare il grigiore della quotidianità.          

Roberta Lipparini è, dunque, una poetessa raffinata, dal versi lievi e sapienti, delicati e forti, lirici e ironici, chiari e profondi, in un percorso di scrittura ardente e appassionato, lucido e temerario, fiabesco e folle. Incentrato sul qui e ora e sull’altrove, su un presente unico e irripetibile come unico e irripetibile è il suo sentimento d’amore che lo pervade e lo eterna.  

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