Ricomincio a parlare d’amore in un clima di grande tensione a livello mondiale per gli innumerevoli motivi che noi tutti conosciamo. Ma è proprio quando qualcosa ci manca che l’andiamo a cercare per colmare quel vuoto che ci procura tanto malessere e tanta apprensione, mista a grande amarezza. Mi piace cominciare da un distico di Primo Leone, mio difficile e amato compagno per circa mezzo secolo, due versi che sono, a mio parere la più bella dichiarazione d’amore: Avrei voluto inventare l’amore/ per offrirtene il brevetto. E continuo ancora con lui con una poesia che invoca il silenzio, quello buono, quello dell’intimità del cuore-due in uno, perché, diceva, “con Lina non serve gridare”. Il titolo? “Se torna il silenzio”: Se torna il silenzio/ al di là della strada/ allora parleremo piano/ muovendo appena le labbra/ e il respiro sarà breve/ come la distanza/ fra le nostre mani./ Se torna il silenzio/ parleremo con gli occhi,/ antichi gesti/ fioriti sulla pelle,/ ma saremo pronti/ poi/ a chiuderlo/ in fondo ad un armadio/ per guardarlo/ dopo/ quando l’ansia sarà placata/ sotto le lenzuola/ vinte/ e segnate/ dal nostro amarci. Quante poesie d’amore Primo mi ha dedicato e quante io continuo a dedicargli. Eccone ancora una. “PER SAPERE” il titolo. (a Lina) la dedica: Ti vestirò di pane e fiori/ E di fragranza dolce/ Di prato e di fresco mattino/ Ti vestirò di pane/ Per sapere il tuo cuore/ Ti vestirò di fiori/ Per sapere il tu amore/ Per mangiarti/ Con la mia fame di te/ Per coglierti/ Petalo su petalo/ Mio pane quotidiano/ Mia primavera./ Ti vestirò di pane/ Soffice e caldo/ Per i denti del mio cuore// Ti vestirò di fiori/ Per le mie mani ansiose./ E sulla mia pelle/ Pane e fiori / La festa non avrà mai fine. (da: Per oro e per sempre, silloge di poesie a due voci, SECOP edizioni 2017). E dalla stessa silloge avrei potuto recuperare una mia poesia in risposta, ma desidero proporvi dei versi recenti per testimoniare “l’amore che non muore”: Luna perlata/stupita/velata/ - come dicono/ quelli che guardano il cielo/ e forse pregano -/ Nell’incanto notturno prato/ di quasi primavera inventata/ trepidano lucciole di stelle/ “che nel pensier mi fingo”/ e il dentro/fuori è ancora vetro/ a escludermi da stagioni/ e giorni/ e ore/ (di cui ho perso il conto/ nella continua lotta a vincere/ smarrimenti e buie notti di follia/ con le parole lunari/lunatiche/ abrase dalle ore estranee/ all’universo amato/ e perduto in un solo attimo)./ E mi giungono voci/ senza pensieri/ - solo tremore e danno -/ Non è più con noi il cielo./ La terra nemica./ Incombe la notte dei silenzi/ oltre il vetro a proteggermi/ - forse -/ e sento il respiro del mondo/ fermarsi senza respiro./ Tra tante corone di spine/ e di rose/ ci flagella di paura/ quella di un virus/ che in ginocchio ci piega/ denudando fragilità e coraggio/ (e ci scopre inermi e fieri/ a invocare un Dio dimenticato/ da una umanità incredula/ e forse mai recuperata)./ E la luna di madre-perla guarda/ indomita e guerriera/ riverberando ricordi lontani:/ Io e te a parlare dai lucernari/ del suo bianco mistero/ a raccontarci ferite dell’anima/ incanti e amori e ci sapevamo/ Invincibili Immortali/ Ora non più / (E forse è solo questo ciò/ che oggi veramente conta./ O forse… la Speranza). Ed ecco una poesia inedita di Raffaella, la mia primogenita: È che dell'amore si contano le conseguenze./ Sempre dopo viene di casa il suo nome/ e mai prima lo sai chiamare./Te ne accorgi quando il mare/ ha cancellato le impronte/ e sulla sabbia s'ammucchiano scure alghe recise./ È che se balli al centro del cuore non hai peso né faccia./ Ma se ti sposti cadi e cammini sbilenco/ con il cuore sulle spalle./Ha ragione la tartaruga a camminare piano/ che l'equilibrio è precario/ e se si ribalta il cuore non si rialza./ Ma piano non è il tempo dell'amore/ che il tempo non conosce/E ha battito accelerato per definizione./ E in un battito di ciglia vive./E in battito d'ali muore. Mentre di Ombretta, la mia secondogenita, tra i tanti fumetti amorosi e autoironici che lei realizza divertendosi e divertendo, ho recuperato una frase piccola ma tenerissima di quando era bambina, a me dedicata: Il mio amore per te è l’unica certezza che ho nella vita! GRAZIE per aver scelto di volermi bene! Ombretta. E giù lacrime di commozione per tanta purezza di cuore, convinta assolutezza, dolcissima gratitudine, insolita nella comunicazione amorosa di figlia alla madre. E Daniela, la mia ultimogenita, dà con le seguenti parole d’amore l’ultimo saluto a suo padre: Mi piace salutarti, papà, con queste parole… parole che ho sepolto in fondo al cuore, perché il tempo ha spighe di grano e falce d’acciaio contro le intenzioni e campi di girasole al tramonto per le mie emozioni. E, alla scoperta del tuo cuore fragile, ho opposto il mio orgoglio, la mia rabbia – che ora non cerca più ragioni – la mia indifferenza. Ora sei inno alla vita, forza dirompente dell’attimo, sei riscatto e coraggio, sei scoperta, bisogno, rimpianto, sei tutti gli abbracci che non ti ho più dato, sei ferita di parole, silenzio assordante, incredibile assenza; sei i miei occhi e la sfrontatezza di osare, la mia ironia, sei curiosità e spinta ad imparare, sei ogni cosa che non ti ho saputo raccontare. Sei la pace desiderata - disperatamente cercata - alla guerra, che non ha più senso, ora… adesso che della guerra sono rimaste solo le macerie… ma, ora, i tuoi sogni, appena scoperti, sono le ali del mio domani. Ti strigo a me, come “un neonato che quando stringe con il suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di suo padre, lo tiene stretto per sempre”. Anche qui lacrime a non finire. L’amore sconfina nelle lacrime? Probabilmente avviene molto più spesso di quanto si creda. Soprattutto nei rapporti conflittuali in cui c’è troppo amore inespresso. E ci si accorge troppo tardi di quanto ci sia venuto a mancare il non detto. Anche Giuliano, l’unico maschio della nidiata (con un figlio, Livio, purtroppo, mai nato), rivolse al padre l’ultimo saluto con lo stesso rimpianto, la stessa scoperta postuma, riservata alla genialità difficile e folle di chi amiamo e da cui temiamo di non essere ricambiati solo per afasia di parole non del cuore. “La tua era la voce”, così Giuliano scrisse all’alba di quella triste giornata del 4 giugno di oltre 13 anni fa: La tua era la voce tonante che faceva tremare i muri, i vetri; era quella che ci faceva scappare nelle nostre stanze a cercar rifugio. Ma era anche la furiosa dolcezza del rimprovero giusto, perché lo so che, anche nei tuoi ostinati silenzi, soffrivi per le nostre sconfitte e gioivi per le nostre vittorie. Ci hai voluto bene, papà, lo so, lo sappiamo. Ed hai voluto bene a nostra madre, tua compagna di vita per la vita, delicato fiocco di neve all’apparenza fragile, capace però di arginare ogni possente irruenza del tuo vulcano sempre acceso. Ho la maglietta di Kurt Cobain addosso. Il primo CD dei Nirvana me lo hai regalato tu. E sei stato tu ad avvisarmi della morte violenta del loro cantante. Ero venuto a trovarti a scuola, come spesso facevo di ritorno dall’università, e mi dicesti: “Hai letto? Il cantante dei Nirvana si è tolto la vita!”. E, appena hai visto la mia reazione sconvolta, hai aggiunto: “vabbè che l’ultimo disco non era un granché, ma la sua reazione mi sembra esagerata!”. Grazie per il tuo senso dell’umorismo sempre pungente. Grazie per la tua sconfinata passione per la musica, il cinema, l’arte tutta. Grazie perché davi da mangiare ai gattini. Grazie per i tuoi quadri, le tue foto, i tuoi racconti; grazie per il pane caldo la mattina e il caffè che mi preparavi. Ti dedico una canzone che ti piaceva tanto. Te la dedico per salutarti, genio maledetto, e per ringraziarti ancora una volta per l’ultimo dolcissimo saluto a mamma. Grazie per l’ultima emozione a tua disposizione che le hai dedicato. Grazie per avercela fatta. Grazie per questo regalo prezioso, papà. Oggi più che mai ho bisogno di te, avrò il tuo sguardo e avrò i tuoi occhi e sarò bello, sarò forte, camminerò come un uomo, nessuno potrà farmi più del male… La canzone è del mio eroe di sempre e per sempre, che spesso paragonavo a te. “VAI A LETTO; ORA PAPA’/ SI STA FACENDO TARDI// ORA FINALMENTE CAPISCO/ TUTTE LE COSE CHE/ AVRESTI VOLUTO E NON/ HAI MAI POTUTO DIRE”. Buon viaggio, papà. Giuliano. E mi è sembrato giusto partire dalla nostra famiglia perché è il miracolo d’amore che più conosco, conosciamo, avendolo vissuto insieme, nel bene e nel male, per oltre quarant’anni. Con tutte le possibili sfaccettature che raccontano questo sentimento, che è perdizione e salvezza, soprattutto in seno al nido familiare, dove più ci si ama e più ci si ferisce. Nella propria casa e fuori nel mondo, attraversato in fuga e riattraversato in un ritorno che non ha mai fine. E non finisce. Oggi, 26 settembre, ricordiamo tutti la tragedia della morte prematura di Nicola Parisi, di soli anni 33, rapinato all’amore della sua giovane sposa, mia sorella Anna Maria, alla sua adorata bimba Isabella di soli nove mesi, alla seconda bimba annidata ancora sotto il cuore della sua donna disperata, e a tutti noi che gli volevamo bene. E Anna Maria oggi, dopo 47 anni da quel terribile giorno, lo ricorda ancora così: INDIMENTICABILE (26 settembre 1974-26 settembre 2021). Per anni, disperata, ho pianto la tua morte e ti cercavo nella nostra casa, per le strade, nel paese, nei sogni. Tu non c’eri e mi sentivo morta anch’io… oggi, invece, sento che tu sei VIVO e ti ritrovo nel volto, nello sguardo e nel sorriso di Nicole. Nelle sue espressioni e nella sua bontà d’animo. Tu sei in Francesco, nel suo amore per gli animali, nella sua creatività, nel suo essere deciso, preciso, e caparbio. Ti ritrovo nei suoi gesti affettuosi e nel suo amore per i nonni. E sei anche in Sofia, nel suo essere completa e capace di realizzare con le mani tante cose. Sei nella sua determinazione, nella sua volontà e nel suo cimentarsi in mille attività con passione e senso di responsabilità. E, infine, ti ritrovo in Andrea, “ballerino come te, capace di inscenare macchiette spiritose e divertenti. Sei nella sua voglia di affermarsi ed anche nelle sconfitte che lo fanno soffrire tanto! Abbiamo quattro nipoti meravigliosi e tu hai lasciato, in ognuno di loro, parte di te! Hai comunque lasciato in me un grande vuoto. Sei andato via troppo presto e adesso io sono una vecchia signora, che ti ricorda sempre… E tu ancora un ragazzo! Con Gianni parlo spesso di te e lui sta ad ascoltarmi, perché ha la tua stessa sensibilità d’animo. È un bravo compagno di vita nonostante il nervosismo che gli riviene dal passato. Nonostante tutto, sono stata fortunata! Annamaria. Nicola era un artista, un pittore originale e molto apprezzato, un ballerino provetto e un ragazzo innamorato. Gianni è uno scrittore appassionato, un poeta suo malgrado, un uomo capace di silenzioso amore oblativo per Anna Maria le sue figlie e i suoi adorati nipotini. Ma si prodiga anche per qualsiasi persona abbia bisogno di lui. Infine, nella nostra casa è di casa l’Arte in genere, l'arte della parola, della fotografia, del restauro (Pino), della scrittura, la poesia. È un “marchio di qualità”, un dono grandissimo, dobbiamo ringraziare i nostri antenati, mio nonno Mincuccio in primis. Scriviamo tutti. E tutti abbiamo una nostra connotazione stilistica. Ma quello che più conta: sappiamo amare ancora prima di ricevere amore. E questo ritengo sia il dono più grande che è reperibile a chiare lettere nel nostro DNA. Ma domani oltrepasso i confini di noi per proporre poesie e brani d’amore di amici poeti e scrittori della nostra Casa editrice e non. A prestissimo e… buona domenica di sole e di prodigi, che mi stanno facendo versare lacrime di commozione e di felicità. A prestissimo. Angela
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