E siamo giunti a metà giugno in un percorso velocissimo che tiene costantemente conto di quelli che abbiamo visto andare via senza possibilità di ritorno e di quelli che si sono affacciati alla vita, come mia figlia Ombretta. Ma so, per esempio, che nei giorni scorsi di alcuni anni fa è nata una bimba, oggi ragazzina, Nicole, che porta il nome del nonno Nicola, primo amatissimo marito di mia sorella Anna Maria. Una bimba da me subito amata perché ci scambiavamo baci da lontano appena fu in grado di capire questo nostro primo gioco d’amore. Poi, via via che è cresciuta, l’ho sentita sempre più fragile e forte, sensibilissima e desiderosa di piccole confidenze, forse anche di rassicurazioni. Per lei, nata di giugno, ho scritto “In presa diretta col cuore”: Tu che mi vieni incontro/ con i tuoi occhi di luna/ raccogli ad una ad una/ fresie e giunchiglie/ che profumano i nostri giorni/ d’intese/ sempre attese/ sempre vive anche a distanza./ Non ne possiamo fare senza./ Siamo ogni giorno/ in presa diretta con il cuore/ dove sono sigillati baci di ciliegie/ e sorrisi di papaveri in festa/ per il sogno che non muore/ per l’amore che resta/oltre gli anni, il tempo, la cesta di ogni sorpresa/ mai vuota e sempre di meraviglie accesa./ (ci attendono ancora/ nuovi giorni insieme/ per non dimenticare/ quanto sia bello amare)
E ancora una culla in questo giugno che si spegne e rinasce. Si
tratta di un cugino che vive nel paese dei miei suoceri nel Salento, Surbo
(Lecce): Aureliano, il figlio più
giovane di zia Margherita (per tutti Tita), sorella minore di nonna Uccia, e
zio Armando. Gli altri due figli: Claudio (il maggiore, che purtroppo non c’è
più) e Ada, bravissima scultrice, artista dalle mani d’oro. Aureliano ha
compiuto gli anni ieri e non ci incontriamo da anni, ma siamo sempre in contatto
e intenzionati a ritrovarci in un abbraccio. Per lui ho scritto pochi ma
sentiti versi per l’affetto che mi lega da anni a tutta la famiglia. “La nostra
giovane gioia”: Ci inseguiva la nostra
gioia giovane/ nel nostro incontrarci d’estate/ tra case che in una stessa
strada/ si abbracciavano/ bastava farsi ciao con un saluto condiviso/ e un sorriso
di benvenuto in tutte le case/ di famiglia, in quella Via Manzoni/ di tanti
anni fa./ Oggi ogni cosa il silenzio avvolge/ e accesi ricordi e nostalgie
sconvolge/ (come organo di chiesa vibra il nostro cuore/ in ogni fibra che si
fa anima/ e ci unisce ancora come allora)
E urna e culla ho incontrato nel giorno che non avrei mai
voluto salutare, il 23 giugno di un anno fa. Anno e giorno che non riesco a
perdonare perché mi ha rapinato della sorella tanto amata. Peccato per il
compleanno di Michele, il marito di Isabella, figlia di Anna Maria e papà
adorato di Nicole e Francesco. A lui andrà il mio pensiero il giorno 23, ma
sarà purtroppo abbinato a un dolore che non ha fine. A lui voglio dedicare
alcuni versi come risarcimento e con tanto affetto. “Di te non so”: Non so di te pensieri e sogni/ cuore
pulsante in equilibrio/ testimonianza silenziosa della geometria dell’esistenza./
Di te non so/ l’architettura dei giorni passati/ e dei mondi attraversati/
prima dell’incontro con una donna/ provata dal dolore da bambina/ e segnata
nell’anima più d’ogni altro segno./ Non so di te/ quello che hai provato/ ad
accoglierla tra le tue braccia/ per asciugarle lacrime e ridarle un sorriso/ di
figlia, di madre, di compagna di vita./ Eppure so dei tuoi silenzi/ che mi
raccontano storie del passato/ oggi nei tuoi occhi ritrovato…
Del dolore che non passa non riesco ora a parlare. C’è e
rimarrà. Ma tra i fogli ritrovati qualche giorno fa c’è un’accorata lettera che
l’anno scorso mia figlia Raffaella dedicò a sua zia. A sua insaputa, la voglio
trascrivere perché è una lettera d’amore che descrive ancora di più e ancora
meglio cosa sia stata e chi per tutti noi Anna Maria: Ho conosciuto la prima volta il dolore a sei anni. Eravamo andati a
comprare i grembiulini per l’imminente inizio della mia prima elementare, e,
rientrando a Bitonto, allora non c’erano nemmeno i telefonini, scoprimmo la
tragedia che aveva colpito la nostra famiglia e vidi piangere mio padre per la
prima volta: zio Nicola non c’era più e tu, mia splendida zia di soli 28 anni,
eri diventata di colpo vecchia. Avevi Nicoletta in pancia e Isa in braccio, poi
un mare di gente che piangeva ad ogni angolo di casa. Venni ad accovacciarmi ai
tuoi piedi e ti dissi che non ti avrei mai lasciato, mai. Sei stata la mia
mamma in seconda e a volte in prima, quando venivo a rifugiarmi su da te nei
momenti dei tormenti adolescenziali che intuivi, capivi, lenivi in perfetta
corrispondenza d’amore. La tua casa sempre aperta ai momenti di vita, da quando
riuscisti a risalire, con la forza di una leonessa indomita, dal buco nero in
cui l’indicibile dolore ti aveva scaraventata. Eri tornata di nuovo a quella
vita vitale attiva dinamica che ti eri ripresa e che ti aveva portata a
ricostruire tutto da capo con una forza sovrumana. Casa come cuore aperto a noi
di casa e di cuore, ma anche a chi finiva per diventare di casa e di cuore. Tu eri
tornata alla vita e alle feste alle canzoni all’allegria al chiasso alle risate,
tante. Sei stata sempre un punto di riferimento, il volo di una canzone con la
tua voce unica ineguagliabile. Fino a quando sono cambiati gli anni e le nostre
età e inevitabilmente i nostri ruoli e io per fortuna c’ero per te con piccole cose
che tu sapevi trasformare in dono di straordinario valore: come il set di
trucchi che ti regalai ad un compleanno e tu ogni mattina ti facevi bella e mi
ringraziavi come se ti avessi preso a palloncino la Luna. Dalle torte alle
tovaglie, dai libri ai giochi, mi hai insegnato una infinità di cose. Sei stata
la maestra che poi ho imparato ad essere e nel libro che avrei dovuto
presentare domani te lo avevo scritto: eri il mio faro speciale che mi aveva
spiegato che giocare era per i bambini fondamentale, l’esperienza per
eccellenza, la cosa più seria del mondo. E tanto è stato perché avevi alunni
felici che ti amavano. Avrei dovuto portarti il libro, ma ero convinta che
anche questa volta, dopo le innumerevoli volte che la vita ti aveva strattonata
in malo modo, ce l’avresti fatta ancora e avrei potuto dedicarti il libro a
casa tua, magari sotto il pergolato. L’amore è folle e cancella l’evidenza dei
fatti. Io non speravo, ero certa e tu dopo aver letto la dedica mi avresti
detto ancora una volta: “Grazie, amore mio”.
Ma tra i fogli venuti fuori all’improvviso sono emerse dal
passato alcune poesie, che Anna Maria scrisse parecchi anni dopo la perdita del
suo amatissimo Nicola. Sono le prime poesie di una rinascita da lei voluta a
denti stretti per amore delle sue figlie, Isabella e Nicoletta. Più tardi ebbe
la forza di trasformarle in canzoni. Eccole. “Svegliarsi al mattino”: Svegliarsi al mattino/ i sogni sul cuscino/
intorno una tristezza/ nessuna tenerezza./ In un letto troppo grande/ rotolare
coi pensieri/ che non ti sembrano veri/ le ferite sono tante.// E sai/ che non
si può fermare il mondo/ sul tuo uomo senza domani./ E puoi pure contare i
giorni/ tanto lui non tornerà/ tanto lui non tornerà.// Svegliarsi e capire/
non sai più soffrire/ e ti arrendi alla realtà/ tanto niente cambierà./ In una
sorta di emozione/ sai trovare la maniera/ aspettare che si faccia sera/ di
regalarti una canzone.// La la la la…//
Svegliarsi ogni giorno/ e inventare un nuovo sogno/ e la vita passa via/ e con
lei la tua poesia/ e con lei la tua poesia!!!
E, ancora, per la Giornata della Donna. “DONNA”: Donna,/ non hai più/ quel vestito che sa/ di
schiavitù.// Ma, donna,/ resta per te/ la sofferenza che fa/ decidere.// Ma tu
volevi/ un mondo che/ non condannasse/ a scegliere/ un ruolo che/ non fa per
te/ nella tua vita/ di donna.// Donna,/ chi mai saprà/ quanto sa d’amaro/ la
tua libertà.// Ma donna,/ io credo in
te/ nella tua idea più bella/ ESISTERE.
E, infine, ecco un inno salvifico. “TU PUOI RICOMINCIARE”: E ti aspetterà il silenzio nella tua
casa/ e ti accorgerai che c’è la neve in ogni cosa/ e ti ritroverai
indifferente e senza fiori!// E brillano le stelle/ nascono i bambini/ ogni
sorriso è un segno…/ puoi dire basta al tuo dolore!// E ti guarderai in ogni
piega del tuo cuore/ e ti accorgerai che hai mani grandi per l’amore/ e ti
ritroverai a volere un’altra storia!// E s’accende il fuoco/ rinascono
speranze/ e col nuovo giorno/ tu puoi,/ tu puoi RICOMINCIARE!
(Anna Maria De Leo è
nata a Bitonto-Bari, dove vive e insegna nella Scuola Elementare. Ha composto e
musicato numerose canzoni. Ha anche musicato testi poetici di autori italiani e
iugoslavi).
E, per oggi, mi fermo qui. Non posso continuare. Piango di
commozione. Alla prossima con tutto il mio amore. Angela/lina
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