La vittoria delle vittorie
È
la perdita di tutto.
Non
si possiede in eterno
Ciò
che si è perduto?
(Brand di Ibsen)
Non
so se stamattina, nei nostri percorsi d’anima, sia più giusto pensare alle
perdite o al possedere in eterno ciò che non
si è mai perduto, fare silenzio o gridare per il tuo apparente silenzio che
conta un anno, mia amatissima sorella. Ma fai un rumore assordante che è
impossibile ignorare. C’è una canzone del cantautore Diodato, che sta vincendo in questi ultimi anni parecchi premi
importanti, secondo me meritatissimi, “Fai rumore” (ha vinto al Festival di
Sanremo 2020), dal cui testo estrapolo qualche verso che mi rimanda immediatamente
a te: Che fai rumore qui/ E non so se mi
fa bene/ Se il tuo rumore mi conviene/ Ma fai rumore, sì/ Chè non lo posso
sopportare/ Questo silenzio innaturale/ Tra me e te… E la tua assenza è
presenza più che mai. E tu lo sai. Non da oggi, ma da sempre. Io e te avevamo
urgenza di stare insieme per piangere e ridere insieme. È stato così sempre. Da
quando nascesti al mondo e al mio amore. E anche stamattina, adesso sei venuta
a salutarmi come una credenza popolare vuole: “se viene una farfalla gialla nel
giardino è il saluto di una persona cara che non c’è più”. E la farfalla gialla
è una presenza costante nel mio giardino, che guardo dalla finestrella della
mia camera da letto e guardo dalla finestrella di fronte alla mia scrivania,
dove sono seduta in questo momento. Lo so qualcuno/a scettico/a sorriderà a
queste mie fanfaluche, ma non importa, l’importante è crederci e il dolore si
stempera, si addolcisce. La stessa cosa mi accade di notte, nelle lunghe ore di
dormiveglia che ho sempre vissuto e vivo per una atavica insonnia che vinco
guardando e parlando con le stelle. Ebbene, ce n’è una che attendo con ansia perché
non manca mai di brillare tra le foglie cuoriformi che vibrano nell’aria e crea
giochi di luce luminosi che i giapponesi sintetizzano in una parola “komorebi”.
Quella luce mi fa compagnia, mi conforta, mi aiuta a sopravvivere alla
solitudine notturna. E, cosa più importante, in quella stellina luminosa
abbraccio te, Anna Maria mia, e il tuo primo amatissimo compagno di vita per un
tempo molto breve, Nicola, e mamma con babbo, e Primo e le mie due suocere con
mio suocero, i nostri nonni materni e paterni… Siete tutti insieme a farmi
compagnia. Siete il mio “tempio sacro” degli affetti più cari e tenaci che
sopravvivono al tempo e allo spazio. Fate parte di me. Vivete con me. In me.
Poi,
ecco anche qualche lucciola vagante, solo qualcuna in verità: altra luce a
farmi compagnia. Ho bisogno di luce, sempre. E le lucciole mi hanno sempre
incantata come se dal cielo piovessero stelle e andassero ad abitare la siepe,
illuminandola anche del mio stupore. E anche le lucciole mi riportano a te. Ti ricordi
di quando ogni anno andavamo a Chianciano noi sorelle accompagnate da Gianni e
lungo il viale che dal nostro albergo ci portava direttamente alla piazza
centrale del paese? C’erano tante lucciole nelle siepi che percorrevano con noi
il lungo viale, smentendo quanto Pasolini avesse preconizzato nei primi anni
Settanta del secolo scorso, dicendo che per l’inquinamento atmosferico le
lucciole a breve sarebbero sparite, e invece erano davvero tante e noi ci
fermavamo incantate ad osservarle. Io sistematicamente ne ricavavo simboli e
segni, che univano la terra al cielo attraverso la luce stellare delle
lucciole. La luce che portano sulla coda non gli serve per illuminare la via
che hanno davanti a sé, ma per lasciare una scia perché gli altri possano
seguirle e scoprire tutte le bellezze delle siepi e dei boschi e dell’intero Creato
con il suo incanto, il sogno, l’armonia di tutta la natura. E Gianni spegneva
il mio enfatico entusiasmo poetico con la sua razionalità e le sue conoscenze
scientifiche: portano la luce sulla coda per favorire l’accoppiamento d’estate
che è per oro la stagione degli amori. Va bene, ribadivo io, purché ci sia di
mezzo l’amore. E si rideva del mio romanticismo esagerato e, per lui,
esasperante. Si rideva. Ma poi cosa ti vado a scoprire nei cassetti della
memoria? Una sua poesia intitolata “Il buio della lucciola”. Eccola: Esposte al
vento/ petali di astragole fluttuano/ rincorrendosi tra le braccia/ riarse dei
mandorli// - qui c’erano fiori - dice il vento spezzando un ramo.// Ma i petali
non ascoltano/ affranti contemplano la lucciola morente/ che ieri illuminò la
notte/ offrendo la sua luce/ al buio. Bellissimi versi dal sapore amaro, come è
nelle corde di Gianni Brattoli, ma con una chiusa generosa che oggi mi fa
pensare a te. E, del resto, la memoria è fatta di ricordi. E il ri-cor-do ha al
centro il “cor”, cioè il “cuore”, all’inizio il rafforzativo “ri” e alla fine
il “do” che io interpreto come “dono”. Dunque, nella poesia di Gianni ciò che
ferisce risana. Ed è una speranza, anche se lui non lo confermerà mai. Io e te,
invece, sappiamo o vogliamo che sia così. Vogliamo che oggi sia un giorno di
ri-cor-do che ci prenderà tutti per mano perché sia cantata non la fine, ma l’inizio,
non il buio della notte, ma la carezza del giorno. E carezze d’anima sono le
parole che i tuoi nipoti di Roma, che non potranno essere presenti, ti
desiderano darti: C’è un silenzio che fa
più chiasso di mille parole di mille persone… È il silenzio del tuo “Ombrettina
bella!” quando mi sapevi da mamma e venivi a trovarmi con un regalino, una
focaccia o semplicemente con il tuo sorriso più bello che per me era il regalo
più prezioso! C’è il silenzio dei tuoi teneri e gioiosi commenti sotto i miei
racconti che ti facevano tanto ridere… C’è un silenzio, nel cuore e nell’anima,
della tua risata che faceva eco alla mia… delle tue espressioni buffe… del tuo
modo di raccontare le cose con ilarità anche quelle più tragiche! Ho sempre
pensato di aver ereditato da te questa autoironia che ci caratterizza e che
condividevamo, nei nostri incontri, a dispetto delle circostanze e dei nostri
anni… “Zia, che volevi scrivermi con il tuo Bszzzmm?” e giù a ridere… “Zia, ma da
dove le ricicci tutte le foto dei periodi dove sono più brutta che mai?”… e il
tuo “Sei sempre stata bellissima!”… E tu, zia, sei stata e sarai sempre
bellissima nella voce di chitarra che tanto amavo… bellissima nelle tue
esplosioni di risata… bellissima nei racconti… nelle tue torte dei compleanni…
nella tua pazzesca creatività che ti rendeva unica ai miei occhi. Mi manchi… ma
sono certa che le nuvole e il tramonto e l’alba la luna la pioggia e l’azzurro
del cielo ridono e cantano con te… e questo mi rende felice. (Ombretta).
È già passato un anno da
quando ci ha lasciati, eppure il suo sorriso continua a vivere nei nostri cuori
come se fosse ieri. Zia Anna Maria, presenza dolce e luminosa, capace di
portare serenità anche nei momenti più difficili. La vita non le ha risparmiato
il dolore, ma non ha mai smesso di sorridere, di ridere, di incitare a farlo in
una esplosione di canto e di allegria. La seconda mamma di tutti noi, i suoi
nipoti che trovavamo sempre rifugio sicuro a casa sua… Zia Anna Maria ci ha
insegnato che la forza non si misura con il rumore, ma con la capacità di
affrontare la sofferenza con grazia e amore. Gentilezza autentica, la sua
presenza un dono. Continueremo a portarti con noi, zia cara, in ogni gesto
buono, in ogni sorriso donato, proprio come facevi tu. Tuo nipote Giuliano.
Orme d’infanzia mi
attraversano il cuore. La tua casa era il nostro rifugio sicuro, tempio di
risate a crepapelle, di giochi inventati e profumo di pandispagna sempre ‘appena
sfornato’. Conoscevo a memoria tutte le tue canzoni, adoravo il tuo modo
raggiante e ruggente di afferrare la chitarra e la vita. La tua la più bella
risata mai conosciuta, a contrastare la malinconia e la durezza, a volte
spietata, della vita. Grazie per il tuo coraggio, che volava come piuma
nonostante fosse armatura. Grazie per essere stata sempre presente nonostante
le distanze di tempi e di spazi. Grazie per i tuoi racconti interrotti e
risolti in risata dirompente e fragorosamente coinvolgente. Grazie per tutta la
leggerezza e la forza e la passione con le quali riempivi le nostre vite. Grazie
per essere stata la sorella speciale di mamma, grazie per la vostra
meravigliosa complicità. E grazie per aver portato zio Gianni anche nella mia
vita, per me un ‘nuovo’ papà. Sei scolpita nel cuore, zia Anna Maria. (manchi
tanto, ma questo lo sai già…).
Daniela
Piango.
Non sono forte come te. Tu mia roccia, mio sostegno, mio faro luminoso in mezzo
a flutti e marosi, con la tua generosità con la tua forza e la tua allegria, mi
vieni incontro sempre e mi salvi…
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